Secondo Hofstede (2001), la cultura va
definita come la programmazione collettiva della mente, dove 'mente'
va intesa insieme come:
− testa che
pensa
− cuore
che sente
− mani
che agiscono
con le relative conseguenze in termini
di credenze, di sentimenti e di abilità.
In questo modello, possiamo risalire
alla programmazione mentale di un gruppo osservando i suoi
comportamenti e/o le sue pratiche di vita ma i valori culturali o la
stessa cultura non possono essere colti come valori in sé.
Nel modello di Hofstede, i valori (
sono tendenze generali nella preferenza per qualcosa) sono i fini a
cui tendiamo e perciò rivestono un carattere popolare, positivo e
negativo, lungo direttive come il bene vs brutto, sicurezza vs
pericolosità, razionalità vs irrazionalità, logico vs paradossale.
Questi valori hanno due proprietà:
l'intensità e la direzione.
Se sottoscriviamo un valore, il nostro
coinvolgimento può essere maggiore o minore ( una questione di
intensità) e possiamo ritenerne il risultato buono o cattivo ( una
questione di direzione).
I valori non sono osservabili ma lo
diventano soltanto quando diventano delle pratiche di tipo culturali.
Inoltre, i valori non vivono
nell'isolamento l'uno con l'altro ma formano un sistema di valori o
gerarchie. Infine, tali valori si distinguono tra
- valori desiderati, quelli che si aspira effettivamente
- valori desiderabili, quelli cui si dovrebbe aspirare
I valori desiderati hanno una qualche
connessione con i fatti, mentre i valori desiderabili ( il ' si
dovrebbe' ) sono prossimi all'ideologia piuttosto che ai fatti ( '
devo' o ' devi').
Tra i numerosi termini usati per
narrare le manifestazioni visibili della cultura, Hofstede (2001:10)
ne cita tre, che insieme ai valori (invisibili) coprono tutta la
cultura:
- rituali
- eroi
- simboli.
Potremmo definire i rituali quelle
attività collettive tecnicamente inutili per ottenere degli scopi
desiderati ma che sono ritenuti socialmente necessari per collegare
l'uomo alla collettività.
Le cerimonie laiche o religiose e i
saluti, ad esempio, hanno questo tipo di funzionalità.
Ad un secondo livello, troviamo gli
eroi, personaggi veri o immaginari che posseggono caratteristiche
ambite dalla cultura e quindi offrono modelli di comportamento.
Possiamo fare come esempio quello di Valentino Rossi, Madre Teresa e
Asterix.
All'ultimo livello, ritroviamo i
simboli, le parole, i gesti, figure e oggetti i cui significati
spesso complessi sono riconosciuti solo da chi condivide quella
cultura. Se è vero che simboli, eroi e riti sono visibili a tutti,
il loro significato culturale è però invisibile e interpretabile
solo all'interno della cultura. Se guardiamo da un occhio esterno, la
bandiera è solo un pezzo di tela colorata, e una parola è solo un
rumore.
I valori e le pratiche, all'interno di
un dato sistema costituiscono la cultura, ossia la programmazione
collettiva della mente. Sia per il gruppo sia per l'individuo, la
stabilità della programmazione culturale è grande,
nonostante i cambiamenti siano senz'altro possibili. Come gruppo,
l'origine e la stabilità vanno ricercate in una serie di fattori
ecologici, fisici e sociali che sono influenzati dalla forza della
natura e dell'uomo, e che dall'altra parte influenzano le norme
sociali, che a loro volta portano allo sviluppo e al mantenimento di
istituzioni con particolari strutture e funzionamenti.
Elementi stabilizzanti della cultura
Influenze esterne
forze della natura
forze dell'uomo: commerci, dominazioni,
scoperte scientifiche
↓
Origini →
Norme della società →
conseguenze
fattori ecologici:
sistemi di valori strutturazione
geografia
dei maggiori gruppi della e funzionamento
storia
popolazione delle
istituzioni:
demografia
famiglia
igiene
sistemi educativi
alimentazione
religione
economia
sistemi politici
tecnologia
legislazione, ecc.
urbanizzazione
↑
rafforzamento
Un altro punto di notevole interesse è
l'aspetto storico in quanto parafrasando Hofstede 2001:12) “ la
cultura come programmazione della mente è anche cristallizzazione
della storia nella testa, nel cuore e nelle mani della presente
generazione”.
Come per il gruppo, così anche per
l'individuo la programmazione mentale tende alla stabilità.
Adesso passiamo ad un esempio di
“operatività” tratto dal modello di Hofstede
comparando i vari modi di pensare, sentire e agire identificando
cinque dimensioni lungo le quali si dispongono le culture prese in
esame:
la distanza dal potere, che
considera quanto i membri meno potenti di una organizzazione, un ente
o un'istituzione accettano e si aspettano che il potere sia
distribuito in modo diseguale; vengono in tal modo messi a fuoco il
grado di disuguaglianza con cui funziona una particolare società e
la dipendenza emotiva dalle persone più potenti;
l'evitamento dell'incertezza,
che considera quanto una cultura programma nei suoi membri la
tolleranza nei confronti di situazioni non strutturate, nuove,
sconosciute, imprevedibili; viene in tal modo individuato il grado di
controllo che una società tenta di esercitare su quanto è
incontrollabile;
l'individualismo, che, di contro
al collettivismo, considera il grado con cui l'individuo sa badare a
se stesso o rimane integrato nel gruppo, costituito di norma dalla
famiglia;
la maschilità, che, di contro
alla femminilità, considera la distribuzione tra i due generi dei
ruoli emotivi; vengono messe in contrasto ' dure' società maschili a
' tenere' società femminili;
l'orientamento temporale, che
considera quanto a lungo una cultura programma i propri membri ad
accettare il differimento della gratificazione dei propri bisogni
materiali, sociali ed emotivi.
Di questi dati ne estrapoliamo soltanto
quelli che riguardano la nozione di individualismo:
- riguardo alla personalità: la normalità sta nel confronto piuttosto che nella ricerca dell'armonia, e si è incoraggiati ad esprimere la felicità piuttosto che la tristezza;
- in famiglia: i matrimoni sono basati sull'amore piuttosto che concordati, e si cerca la privacy piuttosto che la compagnia;
- a scuola: l'iniziativa individuale viene incoraggiata piuttosto che scoraggiata, e lo scopo dell'istruzione è imparare a imparare piuttosto che imparare a fare;
- in generale: si mette in luce l'attrazione del divertimento piuttosto che del dovere, il senso di colpa piuttosto che il senso di vergogna.ReferencesGeert Hofstede, Culture's Consequences: Comparing Values, Behaviors, Institutions and Organizations Across Nations. 2nd Edition, Thousand Oaks CA: Sage Publications, 2001