mercoledì 28 luglio 2010

lunedì 19 luglio 2010

COSA CI RENDE DIVERSI

Modi di essere differenti

1. Che cosa sia educato o maleducato e come definiamo un comportamento appropriato
2. I giorni di feste e come vengono festeggiati
3. Come si mostra rispetto e come si mostra disprezzo per qualcuno
4. Cosa sia un comportamento umile o rischioso
5. Cosa ci rende orgogliosi e cosa ci mette in imbarazzo o ci causa un senso di vergogna
6. Cosa, quando e come mangiamo e beviamo
7. Cosa indossiamo, quando e dove li indossiamo
8. Cosa troviamo divertente o triste
9. Cosa vendiamo o compriamo,quando, come e con chi lo facciamo
10. Come vediamo e ci comportiamo di fronte alla malattia e alla salute
11. Quanto stiamo vicini fisicamente l’uno dall’altro
12. Come e quando ci tocchiamo l’uno con l’altro ( se si toccano le persone)
13. Come e quando si salutano le persone
14. Quante volte sorridiamo, a chi sorridiamo e cosa significa il nostro sorriso
15. Come, con chi e quante volte usciamo fuori per divertirci
16. Come e in quale situazioni dobbiamo fare la coda o aspettare il proprio turno
17. Quante volte cambiano lavoro o facciamo un trasloco e dove e perché
18. Come parliamo con una persona straniera, con un superiore o con un nostro subordinato, ecc.
19. Quale tipo di comportamento può dirsi etico e quale tipo di comportamento non è etico
20. Cosa significa essere amichevoli o non amichevoli
21. Il ruolo conferito alle tradizioni e ai riti
22. In cosa crediamo
23. Quali sono i nostri valori
24. Il nostro senso comune delle cose
25. Quali sono gli scopi della vita
26. Il ruolo di Dio e delle altre religioni
27. La capacità di una persona di dirigere la propria vita o se manca di determinazione
28. Il ruolo positivo o non positivo della “privacy”
29. Cosa e chi sono puliti o sporchi
30. Cosa è bello o brutta
31. Il ruolo della propria individualità
32. Il ruolo dell’uomo e della donna e come si devono comportare tra di loro
33. Il ruolo dell’armonia all’interno di un gruppo
34. La relazione e gli obblighi verso i membri della nuova famiglia e tra amici
35. Il ruolo della competitività tra le persone
36. Le classi sociali di appartenenza
37. I livelli di istruzioni
38. La gerarchia professionale nel lavoro
39. Chi decide e in quali circostanze
40. Come viene vissuto il tempo e utilizzato
41. La pianificazione del tempo è importante o non importante
42. L’importanza di pensare/preparare il futuro
43. Come viene vissuta l’anzianità e come viene valutata
44. Cosa si dovrebbe dire in modo diretto e cosa in modo indiretto
45. Quale tono di voce dobbiamo avere
46. Con chi parliamo e con chi non parliamo
47. L’espressione della faccia e i comportamenti non verbali e i gesti
48. Il tipo di conversazione in termini di formalità o informalità
49. Cosa si dovrebbe dire e cosa deve rimanere non detto
50. Quanto siamo aperti o chiusi a diffondere delle informazioni

Esistono tantissimi modo di differire l’uno con l’altro senza per forza appartenere ad un gruppo culturale differente.

Adattato da Global Competence: 50 training activities for succeeding in international business, Jonamay Lambert, Selma Myers and George Simons Editors Amherst, Mass.: HRD Press, 2000

VALORI CULTURALI in intercultura

Valori culturali

Riflettete sull’importanza nella vostra cultura dei seguenti valori. Indicate con un doppio (V) i valori che ritenete importanti, un solo (V) quelli che ritenete di seconda importanza. Non mettete nessun (V) vicino a quelli che non ritenete importanti. Se volete potete anche aggiungere altri valori se non sono presenti nella seguente lista.

Individualismo
Classe sociale/gerarchia
Mascolinità
Soldi e beni materiali
Modestia e umiltà
Tempo e puntualità
Fede e destino
Aggressività
Responsabilità di gruppo
Rispetto per gli anziani
Ospitalità
Rispetto per la natura
Uguaglianza per le donne
Religione e spiritualità
Obbedienza alle autorità
Istruzione universitaria
Ordine

Eguaglianza
Consenso unanime
Riservatezza
Qualità
Fare da sé
Fiducia
Reputazione sociale
Competizione
Armonia nel gruppo
Successo di gruppo
Famiglia
Sicurezza
Onestà/sincerità
________________________
________________________
________________________
________________________

Alcuni risultati provenienti da partecipanti ad un seminario di intercultura:

Germania
•ordine
•formalità
•qualità
•meticolosità
•autorità


Stati Uniti
•fiducia in se stessi
•libertà
beni materiali
•competizione
•apertura

Francia
•istruzione universitaria
•autorità
•rispetto per le persone anziane
•qualità
•formalità

Inghilterra
•correttezza e giustizia
•tradizione
• Contributo per la comunità
•senso dell’umorismo

Spagna
according to published books:
Negociar a lo español, Villemoes,
Kjaerbeck, Bovet, et al

•la fiducia
•personalizzare
•la gerarchia
•l’improvvisazione
•il fattore tempo

Culture globali (testo di Gannon)

•lealtà verso la famiglia, gli amici, la propria città o villaggio o regione
•evitare l’incertezza
•apertura
•individualismo e orgoglio
• la qualità della vita
•passione e emozioni

methodology of Ron Scollon for intercultural research

Methodology : contrastive observation

Perhaps, the most crucial aspect of all studies of interdiscursive communication is that of contrastive observation. We want to know not only what do people do but also how might they have done otherwise. The surest way to learn how someone might have done otherwise is to contrast their action with the actions of people in other places, at other times, or in other groups.
We can have four type of data and he can be called:
1. Member's generalizations
2. Neutral observation
3. Individual member's experience
4. Observer's intentions with members

In the first case, the researcher is concerned with getting an answer to the question:
what do people in this group say is the meaning of this action? That is, the idea is to see what people themselves say about what they are doing. Of course, we are aware that people can easily give rationalizations of their actions and behaviour that are wide of the mark of reality. Nevertheless, it is crucial in intercultural communication to know how the ingroup, the members of the society or group, themselves characterize their own actions.

etnopragmatica ed antropologia linguistica

Che cos'è l'antropologia linguistica?



L'invenzione dell'antropologia linguistica risale al 19 diciannovesimo secolo negli Stati Uniti dove nascono alcuni paradigmi di ricerca: emerge l'idea di Boaz del linguaggio come codice essenziale in quanto ci permette di avere una finestra sul mondo. L'antropologia vede nel linguaggio una modalità di accesso a quella parte invisibile nell'umano. Dopo, giunge un nuovo paradigma: il linguaggio come azione, e come forma di organizzazione della società.

Lo studio degli Speech events o eventi linguistici come indicatori del linguaggio pensato come azione. Da qui, esce fuori l'analisi conversazionale, la quale vede la conversazione come fare sociale. Il linguaggio viene visto come elemento dinamico e non come un mondo già prestabilito, piuttosto fa parte di un mondo sociale. Quindi, possiamo quasi vedere un'analisi sociale tramite l'impiego del linguaggio.

L'idea dell'etnopragmatica nasce dal desiderio dall'incontro di due pratiche culturali, ossia l'idea dell'etno dall'etnografia della comunicazione, ma anche dall'idea di etnoteoria, ossia la modalità di studiare un gruppo sociale di individui in una data comunità ma ricollegandosi all'idea di persona, alla teoria della propria vita sociale, come viene espresso dall'espressione inglese “what we are about”. Questo approccio antropologico al nostro essere sociale conferisce una modalità di indagare sul come le persone si pensano, si vedono e si percepiscono all'interno di una comunità.

Geertz e Mauss hanno introdotto il concetto del “le moi”, diventato dopo concetto di persona come maschera. Quindi, un ruolo importante riveste l'etnoteoria dell'azione, in quanto ogni cultura ha dei modi concreti e veri di capire come “essere al mondo”.

Praticamente, per giungere ad una maggiore comprensione del ruolo del linguaggio nella realtà sociale, bisogna compiere questo viaggio dell'andirivieni tra il famigliare e lo sconosciuto, portando ad essere strano quello che è famigliare e viceversa.

Husserl parla di “atteggiamento naturale” del mondo, ossia del come il mondo va da sé. Questo mondo è fatto di valori, di cose, di estranei, di nemici, di amici e di colleghi.

Quindi, la questione è di capire che cos'è che ci rende umano e allo stesso tempo ci distingue dall'essere al mondo tra italiani e francesi? Come si vedono o si percepiscono le persone all'interno della comunità linguistica italiana e francese(questo lo aggiungo io).

A questo punto emerge il concetto di “agency”, di agentività, vale a dire il nostro avere il controllo delle nostre azioni e parole, le quali hanno un riscontro sulle altre persone e sono oggetti di valutazione (praticamente), ossia il “fare” deve essere “efficienza” sulle cose.

Altro ruolo molto importante è quello svolto dalla pragmatica, la quale ha cambiato il modo di fare linguistica, in quanto ha portato alla ribalta la nozione del fare del linguaggio ( tralasciando forse l'aspetto estetico della lingua) (personalmente credo che lo studio dell'espressività nelle lingue sia un modo di occuparsi dal punto di vista estetico la lingua).

Con la pragmatica entrano in pieno canone le massime di Grice con il concetto di Face (faccia) di Goffman. Secondo Duranti, le mancanze della pragmatica sono da ricercare nel fatto che non indaghi il fenomeno del ' che cosa permette al linguaggio di fare quello che il linguaggio fa? Cosa rende possibile questo discorso (conferenza accademica, per esempio) . Se prendiamo l'esempio dei saluti, la domanda da porsi è: quali sono le condizioni che rendono possibili questo tipo di scambio? Quindi dal punto di vista antropologico, bisogna pensare al contesto, agli oggetti, al come veniamo guidati nel mondo. Una collocazione importante ricopre l'intersoggettività, in quanto rivela un concetto ampio dell'essere sociale e dell'essere insieme. Elementi come “la comprensione reciproca” o “la condivisione della comprensione” vanno da sé nel nostro mondo, mentre il solo studio della linguistica rende la lingua solitaria.

Possiamo dire che nei vari paradigmi che hanno caratterizzato il pensiero dell'antropologia linguistica, la costante ha visto il linguaggio come un medium non neutrale, il che ha portato alla relatività linguistica, dove la lingua non è mai neutra nel codificare l'azione.

Le domande al centro della riflessione di Duranti sono: In che modo la nostra disciplina di studio ci aiuta o ci ostacola nella nostra comprensione del nostro essere al mondo? Che cosa si nasconde dietro il linguaggio? Come possiamo utilizzare al meglio le teorie locali e quelle accademiche per capire le condizioni universali di quello che siamo?

L'intersoggettività, l'intenzionalità esistono come universali oppure esistono prima il conflitto e la diversità prima di giungere ad una certa normatività?

Quindi, il nostro punto di partenza vede sempre la lingua come rivelatore o specchio di un gruppo sociale in divenire.

venerdì 2 luglio 2010

code switching

La commutazione di codice come strategia interlinguistica di gestione della conversazione

Tra le funzioni più rilevanti dal punto di vista discorsivo da parte del code–switching vi è senz’altro la segnalazione di un cambiamento del numero dei partecipanti all’interazione; detto in altro modo, il passaggio da un sistema linguistico ad un altro rappresenta l’espediente più classico per segnalare la volontà di parlare con un altro interlocutore, diverso da quel con il quale si è parlato sin ora. Tale pratica è facilmente interpretabile, anche per parlanti con poche risorse linguistiche.
Per esempio, nel prossimo frammento di conversazione, la commutazione verso l’italiano indica un allargamento dei partecipanti anche alla intervistatrice, diventando lei la nuova destinatario del messaggio. Il code–switching è un meccanismo linguistico molto variabile che serve per allargare oppure restringere il numero dei partecipanti all’atto comunicativo. Tuttavia, sembra emergere nel corpus raccolto, una prevalenza per il cambio di destinatario del messaggio. Sarà sempre l’intervistatrice ad essere esclusa con l’uso della lingua twi, codice condiviso da parte di tutti gli altri partecipanti all’interazione. Quindi, la lingua twi riveste il ruolo di we–code, vale a dire di codice da impiegare per le relazioni interne alla comunità.(Gumpertz, 1982:66). L’italiano viene adoperato in modo ricorrente per comunicare con la cittadinanza bergamasca, e in tale situazione l’italiano serve per allargare la costellazioni dei partecipanti. Nel corpus, l’italiano sarà utilizzato per rendere diretta destinataria del messaggio la nostra intervistatrice, abbandonando in tal modo il suo ruolo di bystander. Avvolte, la commutazione di codice serve per evidenziare un commento, una sequenza secondaria da quelle più significative, rivelando un suo ruolo di organizzatrice della conversazione. Nel parlato monolingue si è soliti segnalare la presenza di sequenze secondarie per mezzo dell’intonazione o di altri tratti prosodici, ma presso il parlante plurilingue la possibilità di sfruttare l’effetto contrastivo derivante dall’accostamento di sistemi linguistici diversi rappresenta una strategia efficace ed accessibile. Il passaggio da un topic all’altro rientra spesso nella pratica del code–switching, rendendo più fluida il procedere dell’interazione. Spesso prevale nelle comunicazioni plurilingue, una commutazione in senso contrastivo rispetto all’andamento della conversazione. Per esempio, i temi afferenti l’arrivo in Italia e le pratiche per ottenere il permesso di soggiorno sono stati stipulati in lingua italiana, in quanto i nostri partecipanti hanno dovuto sviluppare una certa domestichezza con l’italiano, nell’assolvere a questi problemi. Per tutto ciò che riguarda lo stile di vita del paese originario, si riscontra un utilizzo del twi.
Anche se i nostri dati non ci permettono di determinare i topic tramite la lingua, sembra che l’inglese venga impiegato in modo neutro, vale a dire impiegato per quei argomenti che vengono vissuti come privi di coinvolgimenti emotivi.
Nell’ambito dei contesti, sembra che la commutazione di codice sia molto ricorrente sia all’inizio che alla fine degli episodi interattivi, il tutto durante i saluti di incontro o di commiato.
In questi casi, la lingua prescelta è il twi, la quale marca la differenza tra il momento della conversazione e quello del rituale dei saluti , momento decisivo nel definire i rapporti tra gli interlocutori; sembra che l’uso del twi accorci le distanze tra di loro, dimostrando che entrambi appartengono alla comunità ghanese o ne condividono gli stessi valori, e di conseguenza favorisce un rapporto di solidarietà.
Una delle coppie adiacenti che ritroviamo con molta frequenza sarà la domanda in twi “wo ho te sen? ( come stai?). letteralmente il tuo corpo come sta? Tale domanda rappresenta una formula di entrata ( Goffman, 1971; 1988), un saluto d’incontro per mezzo del quale due interlocutori confermano la reciproca disponibilità a dare inizio ad un’interazione una funzione che ha svuotato di significato il significato primo della domanda. Altro campo d’applicazione del code–switching è rappresentato dalla riproduzione di precedenti frammenti di conversazione in senso narrativo, vale a dire in modo da esplicitare la sequenza dei vari enunciati prodotti. Questo tratto permette di evidenziare la polifonia presente in ogni testo narrativo. ( Bachtin 1979).
La commutazione rende possibile il padroneggiare la conversazione, aggiungendosi già all’ampia scelta di strategie presenti per il monolingue e quindi diventa un asso nella manica del parlante plurilingue.

questionario per classe di pragmatica

Scenario N.1: ridare soldi indietro

Immagina che una delle tue amiche che conosci già da alcuni anni ha l’abitudine di chiedere in prestito dei soldi e di restituirli solo dopo un certo periodo di tempo. Infatti, sembra che lei sia stata in ritardo non solo con te nel ridarti i soldi che gli avevi prestato, ma anche con altre persone. Due settimane fa, lei ti ha chiesto in prestito 20 euro e ancora una volta non ti ha ridato i soldi subito come ti aveva promessa. Hai deciso di aspettare ancora qualche giorno, ma adesso sei tu che ti trovi nella situazione ad avere veramente bisogno di soldi. Adesso devi chiedere alla tua amica di ridarti i soldi prestati.

Scenario N2: chiedere dei soldi in prestito

Immagina che tu abbia dimenticato di fare colazione e adesso ti prepari a fare pranzo presso la mensa dell’Università. Quando stai cercando i tuoi soldi per pagare, ti rendi conto che hai dimenticato di portare con te il tuo portafoglio. A causa del tuo impiego del tempo, hai giusto il tempo per mangiare ma non abbastanza tempo per poter tornare a casa e prendere i tuoi soldi prima della lezione. Proprio in quel momento, ti avvedi che c’è un tuo collega maschio del tuo corso che conosci già da qualche anno che si è seduto vicino. Hai deciso di chiedergli in prestito i soldi per il pranzo.

Scenario N3: prendersi un giorno di permesso

Immagina di essere un dottorando che lavora per un progetto di ricerca di un professore maschio con il quale hai avuto molte lezioni prima di fare questo progetto. Il tuo lavoro si dovrebbe svolgere nella stanza del professore ogni martedì e giovedì. Purtroppo, il prossimo martedì hai un importante colloquio con un eventuale datore di lavoro. Il colloquio di lavoro coincide con il tuo orario di lavoro, quindi devi prenderti un giorno di permesso per potere andare al colloquio. Tu devi chiedere al tuo professore il permesso di prenderti un giorno di permesso.

Scenario N 4: compiti a casa più lunghi del previsto

Immagina che tu abbia avuto un raffreddore la scorsa settimana. Quest’ultimo è stato abbastanza forte da farti rimanere a casa e farti riposare ma non abbastanza forte da farti andare a vedere un dottore. Sebbene il tuo raffreddore sia sparito ora, non ti sarà possibile consegnare in tempo il compito per domani di una tua lezione. Il tuo professore donna ha detto chiaramente che non ci saranno scuse valide per chi consegna in ritardo i compiti di casa senza una ragione valida. Sebbene, tu non hai un certificato medico per scusarti, non ti puoi permetterti di prendere uno zero per il tuo compito. Pensa che tu conosca il professore solo per le ore svolte in classe. Tu vuoi chiedere al professore donna di lasciarti consegnare il compito in ritardo.

Scenario N 5: Essere puntuali

Immagina che tu sei un professore all’università. Nella tua classe, l’attività di gruppo e la partecipazione attiva è un elemento importante. Dall’inizio del semestre, uno tuo studente maschio è continuamente in ritardo. Soltanto alcune volte è arrivato puntuale alla lezione. Altri studenti nella classe sembrano essere disturbati dai ritardi dello studente. Dopo la classe, tu devi chiedergli di arrivare puntuale alle prossime lezioni.

Scenario N 6: presentazione

Immagina che tu sei un professore all’università. Per il tuo corso, tu richiedi una presentazione personale sul materiale trattato in classe. La presentazione vale per 40% del voto finale e richiede anche la dimostrazioni di alcuni esperimenti. Oggi è il primo giorno delle presentazioni, ma a causa di un problema tecnico con il materiale da presentare, tu pensi che sarà necessario fare lezioni al posto delle presentazioni in modo da coprire il tempo prima di riprendere l’esame. Comunque, l’ultima a presentare i lavori è una studentessa la quale ha portato con se vari strumenti e attrezzatura elettronica. Quindi, tutto questo materiale non servirà per la presentazione di oggi.
Come professore, tu vuoi chiedere a lei di posticipare la presentazione per la prossima lezione.

Educazione linguistica e potere

Educazione linguistica e potere

La capacità di padroneggiare gli strumenti linguistici di una data comunità linguistica necessita di una qualche forma di addestramento, che possiamo definire come educazione linguistica.
Il vero problema con l'educazione linguistica riguarda il suo accesso per i membri di una data comunità. In società fortemente stratificate e con classi sociali molto diversificate, le diversità linguistiche sono funzionali alla conservazione dei dislivelli interni, le classi o gruppi egemoni devono necessariamente esercitare un controllo sull'apprendimento linguistico.
Come aveva notato Gramsci nei suoi quaderni dal carcere (Quaderno 29, 1975), il parlante continua ad essere sottoposto ad un controllo linguistico, in quanto oltre alla “grammatica immanente di ogni linguaggio, esiste anche una grammatica non scritta detta grammatica “normativa”, ed è costituita dal controllo reciproco, dall'insegnamento reciproco, dalla “censura” reciproca, che si manifestano con domande come : “cosa hai inteso, o cosa vuoi dire?”, “ Spiegati meglio”, con la caricatura e la presa in giro; tutto questo complesso di azioni e reazioni confluiscono a determinare un conformismo grammaticale, vale a dire a stabilire “norme” e giudizi di correttezza o di scorrettezza, ecc”.