( traduzione mia del testo di Marc Porée)
https://theconversation.com/cinq-lecons-sur-la-distance-en-litterature-138996
Finché durerà la pandemia, dovremo accettare l'idea di vivere a distanza l'uno dall'altro. Il nuovo modus vivendi, che è ormai già nostro, si rivela inseparabile dal mantenimento di gesti volti alla protezione del nostro spazio e da altre misure di "distanziamento" fisico che, per la maggior parte di noi, erano del tutto sconosciute fino a poche ma lunghe settimane fa. Una ragione in più per tornare ad una forma di distanziamento che chiameremo "letteraria", ben nota agli specialisti del settore. Teorizzata da Brecht o Chklovski, implementata in Kafka o Proust, la distanza è indubbiamente insita nell'atto stesso di scrivere. A patto di aggiungerci, senza timore del paradosso, che la stessa letteratura rappresenti anche il miglior antidoto ai pericoli del distanziamento sociale.
Dimentichiamo per un attimo le librerie, le quali purtroppo non hanno avuto la possibilità di rimanere aperte durante il confinamento. Cerchiamo di non pensare troppo alla devastazione economica causata dalla crisi del corona virus per il mondo editoriale. Ricordiamoci che i libri ci tengono compagnia. È pur vero che più si frequenta la letteratura, più si è colpiti dalla portata del sapere insito nel testo letterario. La letteratura ci parla spesso della malattia, la morte, il lutto così come della vita ovviamente. Più sorprendente, è notare nella letteratura una conoscenza in termini di distanza e distanziamento.
Le leggi della prossemica
Nel 1966, l'antropologo canadese E.T. Hall gettò le basi per una nuova disciplina scientifica, la "prossemica", intesa come comprensione dell'uso dello spazio e delle distanze sociali. Il modo in cui occupiamo lo spazio quando siamo con gli altri è costitutivo della nostra identità è stato il punto di partenza del testo The Hidden Dimension. La "dimensione nascosta" del titolo è quella dello spazio vitale necessario per l'equilibrio di tutti gli esseri viventi, animali o umani. Nell'uomo questa dimensione diventa interamente culturale, poiché è correlata a una civiltà o una nazionalità.
Ciò che i francesi o gli italiani percepiscono come "vicino" o "distante" differisce, a volte in modo significativo, dalla percezione degli inglesi o dei nordamericani. Tra gli anglosassoni, il disagio è palpabile in caso di stretto contatto con il loro interlocutore, mentre i latini sembrano meno attenti al rigoroso rispetto dei confini della loro privacy - la distanza di sicurezza psicologica è fissata a 1,80 m negli Stati Uniti e nel Regno Unito, mentre è 1,50 metri in Germania e Belgio e 1 metro in Francia.
Ciò che si applica per le relazioni interpersonali, con le modalità della conversazione, si ritrova in termini di alloggio, di spostamenti, ecc. Fondamentalmente, Hall distingue sul piano fisico partendo da pochi centimetri a dieci metri, quattro tipi di distanza, dall'intimo al pubblico, ogni categoria viene valutata secondo due metodi (vicino e distante). Hall come uomo colto, coinvolge W.H. Auden o Thoreau o Kafka per appoggiare le sue grossolane analisi comparative. Hall non cita Isaac Asimov, il cui romanzo The Naked Sun, pubblicato nel 1956, mettendoci paura sembrava aver integrato in anticipo tutte le regole del distanziamento fisico e sociale di giorni odierni. Nel giro di due, tre mesi, la distopia immaginaria è diventata la nostra esistenza quotidiana.
Un mondo di distanziamento fisico
In uno spazio-tempo che è quello della fantascienza e dei cicli robotici, Asimov immagina un pianeta colonizzato, Solaria, i cui abitanti, educati dalla nascita nella fobia del minimo contatto, ufficialmente per paura delle infezioni microbiche, vivono nell'isolamento e scarico sui robot la cura di gestire le loro incombenti e vaste proprietà. I rapporti sessuali, rimasti ancora necessari per la procreazione, diventano una forma di lavoro ingrato. Invece, l'unica comunicazione accettata, di tipo olografico, viene compiuta senza pudore e l'esposizione della nudità è prassi quotidiana.
Il romanzo di Asimov, esulando dal suo contesto iniziale della guerra fredda, continua a parlarci. In particolare, avverte di possibili deviazioni, con accenni di discriminazione, di misure intese a combattere l'attuale crisi sanitaria.
Quando sappiamo che alcune categorie sociali sono più colpite di altre dal Covid-19, chissà se prima o poi non si cercherà di bandirle dallo spazio sociale per proteggersi a tutti i costi? È da temere che i messaggi martellati sui gesti di difesa per mantenere il distanziamento sociale da mettere in atto, l'ingiunzione, ripetuta ovunque, di mantenere le "sue" distanze, alla fine lasceranno il segno, rafforzando l'era del sospetto in cui siamo entrati.
Queste manovre di evitamento sociale che ci ritroviamo a mettere in pratica e che possano rimanere in atto sul lungo termine, diventano un campo impossibile da non trattare per la letteratura.
È inconcepibile, per come viene concepita la letteratura, che non si intrometta nel resistere alla pressione collettiva di "Viviamo a distanza l'uno dall'altro". Lo farà sotto forma di un racconto, di una una favola che si concentrerà, soprattutto, sulla schiacciante necessità di contatti che il confinamento ha portato alla luce negli animali sociali che siamo. Senza trascurare le giuste critiche - letterarie, ovviamente - di tutto ciò che è probabile che avvenga mascherato dalle contingenze, al riparo da misure opportunamente chiamate di "barriere". Niente di meglio della letteratura per combattere le distanze sociali in malafede.
L'Amore da lontano
Continuiamo con queste frasi famose che riempiono le storie della letteratura. "Chiudersi nella propria torre d'avorio" è certamente una frase famosa. Ma sappiamo che sia stato Sainte-Beuve, noto critico e poeta nel suo tempo libero ha comporre questa frase per evocare il carattere combattivo e pubblico di Victor Hugo, in opposizione a uno dei suoi contemporanei, Alfred de Vigny dicendo: "E Vigny, più segreto, / Come nella sua torre d'avorio, prima di mezzogiorno , faceva ritorno (1837). Questo concetto dovrebbe essere maggiormente ampliato, soprattutto alla luce di una letteratura altezzosa e disimpegnata da combattere in cui prevale la tendenza ad allontanarsi dalle vicissitudini del mondo.
Di tutt'altro genere è la formulazione attribuita al poeta troubadour dell'Aquitania Jaufré Rudel, nel XII secolo, in riferimento a "L’amour de loin" (amor de lonh). Il Principe di Blaye, Rudel si innamora della principessa di Tripoli di cui aveva sentito parlare. Quindi si arruola per compiere la seconda Crociata, si ammalò e morì tra le braccia della principessa che non aveva mai visto, alla quale aveva dedicato una buona parte della sua opera poetica.
A sua insaputa, Rudel avrà adoperato la poesia e la lirica amorosa nel suo viaggio, sulla scia di una apologia della distanza, associata alla divinizzazione dell'oggetto amato, collocata su un piedistallo. Un percorso ripido che sperimenterà una serie di momenti di massima elevazione: l'amore cortese tra la Signora e il suo trovatore; il Romanticismo del XIX secolo; ma anche la poesia di Breton e Aragon.
Un residuo di questo tropismo rimane in ciò che Vincent Kaufmann chiama "l'ambiguità epistolare" al lavoro ritrovata nella corrispondenza, di tipo amorosa, di Flaubert o Kafka. Sembrano richiamare a gran voce la presenza della persona amata, le loro lettere si nutrono, di fatto, della loro distanza, al punto da temere che il loro ritorno alla vicinanza, mettendo fine al pretesto della scrittura epistolare, sospenderebbe il sentimento di amore per loro. Si potrebbe credere che lo scrittore, mostruoso o disumano in questo, dia deliberatamente la preferenza, non all'incarnazione, ma alla distanza "grazie alla quale il testo letterario può compiersi" ...
Distacco e pensiero critico
Ansioso di rompere con la tradizione del teatro epico, secondo la tipologia di Aristotele, Berthold Brecht teorizzò dagli anni '36 in poi il Verfremdungseffekt, o effetto di distanziamento. Infatti, ha sollecitato agli spettatori delle sue opere di smetterla con l'empatia ("Glotzt nicht so romantisch"), ma anche con l'illusione referenziale e delle peripezie dell'azione drammatica. Tutto è buono per suscitare, nel pubblico ma anche tra gli attori, un salutare riflesso di distacco come preludio verso una consapevolezza critica.
Scollarsi dalla cosa che si vorrebbe imporre, svezzarsi dall'intrigo sentimentale, è l'obiettivo dichiarato. Di fronte allo spettacolo che provoca l'alienazione, si elabora uno "spettatore emancipato" (Rancière). Eliminando i croupier dal naturalismo borghese, il drammaturgo marxista usa il distanziamento, senza mai perdere di vista il rapporto della sua parola d'ordine con il manifesto dei formalisti russi. Già nel 1917, quest'ultimo, Viktor Shklovsky in primis, sosteneva lo stesso tipo di rottura creativa. Lo "straniamento", che implica l'allontanamento sia delle parole tribali sia della percezione di routine, ha effettivamente rivitalizzato la poesia moderna. Ma chi può seriamente credere che i poeti, russi o no, abbiano aspettato fino al 1917 per attuare la de-familiarizzazione degli usi della lingua e del mondo battezzato "ostranenia"?
Ansioso di rompere con la tradizione del teatro epico, secondo la tipologia di Aristotele, Berthold Brecht teorizzò dagli anni '36 in poi il Verfremdungseffekt, o effetto di distanziamento. Infatti, ha sollecitato agli spettatori delle sue opere di smetterla con l'empatia ("Glotzt nicht so romantisch"), ma anche con l'illusione referenziale e delle peripezie dell'azione drammatica. Tutto è buono per suscitare, nel pubblico ma anche tra gli attori, un salutare riflesso di distacco come preludio verso una consapevolezza critica.
Scollarsi dalla cosa che si vorrebbe imporre, svezzarsi dall'intrigo sentimentale, è l'obiettivo dichiarato. Di fronte allo spettacolo che provoca l'alienazione, si elabora uno "spettatore emancipato" (Rancière). Eliminando i croupier dal naturalismo borghese, il drammaturgo marxista usa il distanziamento, senza mai perdere di vista il rapporto della sua parola d'ordine con il manifesto dei formalisti russi. Già nel 1917, quest'ultimo, Viktor Shklovsky in primis, sosteneva lo stesso tipo di rottura creativa. Lo "straniamento", che implica l'allontanamento sia delle parole tribali sia della percezione di routine, ha effettivamente rivitalizzato la poesia moderna. Ma chi può seriamente credere che i poeti, russi o no, abbiano aspettato fino al 1917 per attuare la de-familiarizzazione degli usi della lingua e del mondo battezzato "ostranenia"?
Decantare il materiale dei ricordi
"Un'emozione ricordata nella tranquillità, nella quiete" ("emotion recollected in tranquillity"). Così la poesia è definita secondo William Wordsworth, il più proustiano dei poeti inglesi. È spesso a distanza dall'evento che il poeta si accampa, mescolando e decantando il materiale dei suoi ricordi. Né troppo vicino, né troppo lontano. Allontanandosi dal presente della scrittura, l'emozione si purifica dalla sua violenza e si converte in qualcos'altro, dove l'inquietudine non ha del tutto abbandonato il posto.
È vero, in generale, della poesia elegiaca, così come nella collezione di Michel Deguy,A ce qui n’en finit pas. Thrène (1995) stampato su pagine non numerate. La morte della moglie viene rimandata al limite della coscienza, dove la distanza diventa irrevocabile e la perdita irreparabile, e restituita nel presente ad una vedovanza chiamata a durare, interminabilmente. I romanzieri si ritrovano nella stessa barca quando si tratta di ripristinare l'impatto causato da un disastro, naturale o terroristico.
Dopo il crollo delle torri del World Trade Center e le milioni di visualizzazioni per l'anonimo uomo che salta da una delle finestre dell'edificio per cadere nel vuoto, saranno passati cinque anni prima che Don DeLillo possa farne una figura amata da lontano e un romanzo eponimo venuto fuori con la distanza del tempo.
"Un'emozione ricordata nella tranquillità, nella quiete" ("emotion recollected in tranquillity"). Così la poesia è definita secondo William Wordsworth, il più proustiano dei poeti inglesi. È spesso a distanza dall'evento che il poeta si accampa, mescolando e decantando il materiale dei suoi ricordi. Né troppo vicino, né troppo lontano. Allontanandosi dal presente della scrittura, l'emozione si purifica dalla sua violenza e si converte in qualcos'altro, dove l'inquietudine non ha del tutto abbandonato il posto.
È vero, in generale, della poesia elegiaca, così come nella collezione di Michel Deguy,A ce qui n’en finit pas. Thrène (1995) stampato su pagine non numerate. La morte della moglie viene rimandata al limite della coscienza, dove la distanza diventa irrevocabile e la perdita irreparabile, e restituita nel presente ad una vedovanza chiamata a durare, interminabilmente. I romanzieri si ritrovano nella stessa barca quando si tratta di ripristinare l'impatto causato da un disastro, naturale o terroristico.
Dopo il crollo delle torri del World Trade Center e le milioni di visualizzazioni per l'anonimo uomo che salta da una delle finestre dell'edificio per cadere nel vuoto, saranno passati cinque anni prima che Don DeLillo possa farne una figura amata da lontano e un romanzo eponimo venuto fuori con la distanza del tempo.
Tra desiderio e nostalgia
Finiamo con Marcel Proust, il più wordswordiano tra i romanzieri francesi. L'arco monumentale disegnato per la Recherche, dalla prima all'ultima frase del ciclo, parla di distanza e di ricordi. Sin dalle prime pagine, con l'evocazione del rito del coricarsi ("de bonne heure"), appare la tensione, nel narratore, tra desiderio di prossimità e desiderio di distanza. Ogni sera, quando torna l'ora di andare a letto, al pensiero del bacio che la madre di Marcel darà sulla sua guancia, prima di lasciarlo molto rapidamente, quest'ultimo sperimenta un misto di impazienza e apprensione: “molto prima del momento in cui avrei dovuto andare a letto e rimanere, senza dormire, lontano da mia madre e mia nonna ”. Questo dice tutto dell'ansia dell'abbandono, della temuta distanza dalla madre; ma il ripristino dell'agentività del desiderio tramite la scrittura prevale, come prova con quest'altra formulazione, al culmine del paradosso, anche qui: "In modo che questa buona sera che amavo così tanto, arrivavo a desiderare che arrivasse il più tardi possibile, per prolungare il tempo di riposo quando mia madre non era ancora venuta. "
Finiamo con Marcel Proust, il più wordswordiano tra i romanzieri francesi. L'arco monumentale disegnato per la Recherche, dalla prima all'ultima frase del ciclo, parla di distanza e di ricordi. Sin dalle prime pagine, con l'evocazione del rito del coricarsi ("de bonne heure"), appare la tensione, nel narratore, tra desiderio di prossimità e desiderio di distanza. Ogni sera, quando torna l'ora di andare a letto, al pensiero del bacio che la madre di Marcel darà sulla sua guancia, prima di lasciarlo molto rapidamente, quest'ultimo sperimenta un misto di impazienza e apprensione: “molto prima del momento in cui avrei dovuto andare a letto e rimanere, senza dormire, lontano da mia madre e mia nonna ”. Questo dice tutto dell'ansia dell'abbandono, della temuta distanza dalla madre; ma il ripristino dell'agentività del desiderio tramite la scrittura prevale, come prova con quest'altra formulazione, al culmine del paradosso, anche qui: "In modo che questa buona sera che amavo così tanto, arrivavo a desiderare che arrivasse il più tardi possibile, per prolungare il tempo di riposo quando mia madre non era ancora venuta. "
È impossibile rendere più trasparente il desiderio di allungare l'attesa, di differire il più tardi possibile l'ottenimento del bacio ambito. E se la letteratura non facesse che compiere una tale operazione, vale a dire lasciarsi alle spalle un tempo che è esso stesso collocato tra desiderio e nostalgia? All'altra estremità della catena, arrivata all'ultima pagina del libro, la costatazione è la seguente: lo spazio può pur sempre lasciare il posto al "Tempo" (ultima parola del testo), ma la distanza non scompare; la distanza temporale, cessa di essere solo un intervallo, per segnare una rottura, per diventare di tipo ambientale, vacanze del mondo interiore in cui le epoche "così distanti" del Temps Retrouvé, e il mondo con esse, si depositano e si ricompongono tutte in una volta . La Recherche o la distanza come opera per eccellenza per Proust.
Per finire un'ultima cosa: la difesa e l'illustrazione della distanza in letteratura non invalida una scelta apparentemente opposta, quella della prossimità. Il vicino e il lontano, restano distanti all'unisono.
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