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venerdì 27 novembre 2020

ANALISI Violenza contro le donne, le 10 frasi stereotipate da eliminare dal nostro linguaggio Da 'Datti ai fornelli' a 'Donna con le palle' le espressioni sessiste

Frasi stereotipate da analizzare per capire le ragioni della violenza di genere.



Questo articolo nasce dalla volontà di capire le dimensioni pragmatiche e culturali insite in alcune espressioni linguistiche legate fortemente alla violenza linguistica subita da parte di molte donne nel contesto culturale italiano. L'intento è quello di decifrare il contesto culturale figlio di queste espressioni tramite gli strumenti della pragmatica linguistica e delle dimensioni culturali.

L'articolo prende le mosse da un articolo intitolato " Violenza contro le donne, le 10 frasi stereotipate da eliminare dal nostro linguaggio" presente nel sito dell'Ansa del 24 Novembre 2020.

In questo articolo troviamo come prima espressione linguistica in collegamento con il rapporto tra donne e lavoro: "datti ai fornelli" 

Questo enunciato da vedere come un atto linguistico di tipo direttivo con la finalità di spingere l'interlocutore femminile a compiere una determinata azione sociale con l'ausilio di un atto linguistico compiuto con un forte grado di imposizione risultato della distanza sociale presente tra i due generi in sintonia con la dimensione culturale di tipo " mascolinità" dove sono gli uomini ad essere assertivi e ambiziosi mentre le donne devono mostrarsi modeste e ben intenzionate. In questo contesto culturale, l'uomo deve prevalere perché per lui il lavoro prevale sulla famiglia mentre la donna troverebbe un migliore equilibrio di vita dedicandosi di più al benessere della propria famiglia come modalità per aumentare i benefici per la sua faccia positiva intesa come volontà di essere riconosciuta da parte degli altri membri della società e forse implicitamente dalla stessa famiglia. In pratica sarebbe il modo per essere soddisfatti per la donna creando per la propria famiglia un'adesione ad una dimensione culturale con un orientamento temporale a breve termine perché le donne devono essere sempre uguale a se stesse. In altri termini, l'assenza di una prospettiva a lungo termine nella vita socio-culturale italiana impedisce alla donna di aderire ad una nuova dimensione culturale in cui la donna e l'uomo "bravi" sono coloro che si adattano bene alle circostanze. Per dirla in altro modo, si può affermare che è una forma di tradizione di tipo "sacrosanta" che non può essere modificata in quanto i "fornelli" sono la metafora della cucina come unico luogo per la donna dove potere mostrare i propri talenti nel mondo maschile in modo da creare delle emozioni positive all'interno del proprio nucleo famigliare. La faccia positiva di una donna si può ottenere soltanto in adesione alla dimensione culturale di tipo " soddisfatti" per l'uomo. Questa espressione "datti ai fornelli" è una forma di violazione della massima di relazione perché la donna in questa mansione non rende il suo contributo rilevante in termini di principio di cooperazione (Grice, 1975).

 Un'altra espressione presente nel articolo dell'Ansa è quella che recita " con chi sei stata per fare questo lavoro? "

Questo enunciato è una forma di domanda retorica per creare distanza sociale con l'altro interlocutore tramite un atto linguistico rappresentativo in cui il locutore esprime le sue credenze, ossia la sua visione della realtà in termini culturali. Questo è una domanda con un forte grado di imposizione capace di colpire fortemente la faccia negativa ( bisogno di autonomia e di non essere impedito) della donna. Questa espressione mette in luce che non c'è il rispetto della massima di qualità perché la donna non sta dicendo la verità. Questa domanda implica l'adesione ad una società ad alto indice di distanza sociale perché non hai bisogno di legittimare la tua presenza in un quadro culturale di questa natura. Di fondo si accetta la corruzione presente all'interno della propria gerarchia lavorativa. Per queste donne, le relazioni sono più importanti dei compiti come indica la dimensione culturale di tipo " collettivismo". Inoltre, esiste una attitudine moralistica verso la sessualità concepita come un atto performativo in sintonia con la dimensione culturale di tipo " mascolinità". Infine, mi sento in sintonia con la dimensione di tipo " vincolati" perché le cose non dipendono dal mio volere. 

 La prossima espressione da prendere in esame sarà: " una donna con le palle"

Questa espressione linguistica rappresenta un modo per affermare che tale donna rispetta la massima di quantità e di relazione in termini di principio di cooperazione. Questa espressione indica una volontà di conferire faccia positiva ad una donna eliminando la sua dimensione biologica di genere. In sostanza, le qualità insite nella dimensione di tipo " femminilità" vengono rimosse per creare un collegamento diretto con la dimensione di tipo " mascolinità" evidenziando la sua assertività e ambizione con una mentalità che colloca il lavoro come prevalente sulla famiglia, capace di lottare e di non piangere, di gestire i fatti e non le emozioni. Questo modo di conferire faccia positiva per una donna potrebbe essere percepito come un riconoscimento per l'identità professionale, ma allo stesso modo potrebbe essere un attacco forte per la propria identità esistenziale di genere femminile. 

La prossima espressione è " la mia capa\collega è acida, avrà il ciclo" come forma di forte minaccia per il bisogno di tutelare la propria faccia negativa da parte di quella donna. In altri termini, il suo comportamento linguistico mette in crisi la massima di tatto massimizzando i benefici per la capa\collega e massimizzando i costi per il sottoposto di genere maschile. Tale espressione mette in luce un'adesione ad una dimensione culturale di forte evitamento dell'incertezza perché si mostra intolleranza verso le persone divergenti. Di fatto, la capa\collega è percepita come un "out-group" come tratto della dimensione culturale di tipo " collettivismo" in cui il mantenimento dell'armonia come tratto tipico di tanti contesti al maschile di tipo "in-group" viene messo in rilievo. Questo comportamento mette in crisi il parametro che vede nelle relazioni un dato importante ( collettivismo". Infatti in questa espressione si ritrova la dimensione di "mascolinità" denunciando l'impossibilità della donna di gestire le emozioni in ambito professionale senza fare ricorso ad un approccio emozionale. Si resta legati ad un orientamento temporale a breve termine perché ci sono delle linee universali di comportamento nel bene o nel male delle situazioni. Questa espressione manifesta una non-volontà di essere collocati nella dimensione di tipo " vincolati" dove risulta difficile dirsi felice, con poca propensione a ricordare le emozioni positive. Questa espressione mette in crisi la massima di tatto in cui la capa\collega fa pagare dei costi eccessivi con un forte grado di imposizione non usuale tra le due persone. Di fronte ad un tale attacco al bisogno di faccia del sottoposto maschile, si usa il concetto "ciclo" come fenomeno naturale culturalizzato, ossia la donna viene collocata ampiamente nella dimensione di tipo " mascolinità" dove è lo sguardo maschile a descrivere il comportamento femminile. 

Passando all'amore come possesso si vede come la donna sia percepita come un tassello per creare quell'adesione tipica italiana ad una dimensione culturale di forte evitamento dell'incertezza come viene confermato in questa frase " se non stai con me, non può stare con nessuno" intesa come forte grado di imposizione per manifestare l'impossibilità di pagare qualsiasi costo per la propria faccia negativa da parte dell'uomo. Questo enunciato mette in luce come tale forma d'indisponibilità per proteggere i propri diritti e dovere femminile di rimanere fedele alla stessa persona sia una forma per ottenere faccia positiva per la donna. In sostanza, l'appartenere a qualcuno come prassi per guadagnare faccia per rendere il contributo della donna nella coppia di tipo rilevante. Questa espressione possiede molti elementi di una dimensione culturale di alta distanza sociale perché il mio grado di imposizione intesa come potere non va giustificato perché i rapporti tra i generi sono di tipi ineguali. Una dimensione culturale molto importante è il forte evitamento dell'incertezza perché c'è molto stress e ansia di fronte all'incertezza relazionale da combattere in modo persistente, con un bisogno di chiarezza e di avere regole emotive da rispettare. Inoltre, vige un'adesione culturale ad un orientamento temporale a breve termine perché esiste una stabilità della persona nella coppia come sempre uguale a se stessa, le tradizioni sono sacrosante, la vita famigliare di coppia è guidata da imperativi. Il possesso in amore è legato allo stesso modo alla dimensione culturale di tipo "soddisfatti" perché cerca nel controllo una propria soddisfazione nella propria vita.

 Un'altra espressione come " perché non hai risposto subito al telefono?" rappresenta una minaccia molto forte al mio dovere di difendere la mia faccia negativa ( intesa come bisogno di autonomia da tutelare). In altre parole, è un modo per dire che la tua non risposta al telefono è percepita come una minaccia al mio bisogno di faccia positiva ( necessità di riconoscimento) da parte maschile. Questa espressione si colloca nella dimensione culturale di forte evitamento dell'incertezza perché si vive con una forte presenza di stress, emozioni, ansietà, nervosismo con un bisogno emotivo di regole nella coppia da rispettare. La dimensione di tipo " mascolinità" si ritrova con il parametro di dovere essere assertivo mentre la donna deve mostrarsi ben intenzionata nei confronti dell'uomo. La dimensione culturale con un orientamento temporale a breve termine si ritrova nel fatto che ci sono dei comportamenti da seguire nel bene o nel male nelle varie situazioni, in cui la donna deve essere al servizio dell'uomo come tratto implicito in questa data espressione. L'uomo con il controllo trova il modo per aderire alla dimensione di tipo " soddisfatti" evidenziando una sensazione di controllo nella propria vita mentre la violazione di questo parametro colloca immediatamente l'uomo nella dimensione di tipo " vincolati" perché non posso dirmi felice, le cose non dipendono da me e ho poca propensione nel ricordare delle emozioni positive. Tale espressione è una ricerca di adesione alla massima di qualità rendendo il proprio contributo rilevante e la massima di maniera in sintonia con la necessità di evitare l'oscurità e l'ambiguità impliciti nella non risposta al telefono. 

Un'altra espressione è " vestita\truccata così non esce" segnala una grossa minaccia per il bisogno di faccia negativa dell'uomo con il comportamento vestimentario ed estetico della donna, la quale deve subire questo atto linguistico molto forte con valore di tipo " commissivo". Lui cerca di massimizzare i benefici da questa minaccia massimizzando allo stesso tempo i costi per lei. Insomma è una forma di violazione della massima di maniera con un comportamento ambiguo alla luce del punto di vista maschile. Di nuovo abbiamo la presenza di una adesione ad un forte evitamento dell'incertezza, alla distanza sociale tra le due persone, la dimensione di tipo " mascolinità" si ritrova in una differenza di genere in termini di ruolo sociale tra l'uomo e la donna. Per la donna truccarsi è un modo per valorizzare il proprio bisogno di faccia positiva comunicando un'adesione ad una dimensione culturale di tipo " soddisfatti" perché si sente felice, con un certo controllo della propria vita e una tendenza a ricordare le emozioni positive. 

In seguito, nell'articolo dell'Ansa ritroviamo presenti attacchi all'autostima con delle espressioni come " zitta, a nessuno importa quello che dici". Questo è un grosso attacco al mio bisogno di faccia positiva poiché è un attacco alla mia identità esistenziale mettendo in discussione la mia capacità di rappresentare il mondo. Questa espressione segnala il contenuto informativo veicolato dalla donna come di tipo irrilevante perché il proprio contributo non è pertinente. Poi ritroviamo un forte evitamento dell'incertezza perché si evidenzia una intolleranza verso le idee divergenti poiché la differenza è pericolosa. Di fondo, la donna è vista come incompetente di fronte allo sguardo collettivo esterno. In questa espressione, la dimensione di tipo " collettivismo" si ritrova nel fatto di mantenere l'armonia\status quo come prevalente perché parlare per se stessa non è un dato positivo ma bensì come un tratto di cui vergognarsi. Per il mantenimento della coppia la parola " io" è una parola eliminata perché la protezione attiva della relazione è un dato più rilevante. La donna non deve mostrarsi assertivi ma bensì ben intenzionata come un tratto tipico della mascolinità. L'orientamento temporale a breve termine è presente perché ci sono delle linee universali nelle situazioni nel bene o nel male. La vita famigliare viene guidata da imperativi come tratto unico per l'uomo di essere culturalmente "soddisfatto" in sintonia con una sensazione di controllo della propria vita.

Un'altra espressione è " nessuno ti crederà" per rappresentare in modo lampante la violazione della massima di qualità perché tu  non puoi provare quello che dici. Questo atto linguistico di tipo " dichiarativo" manifesta come il locutore eserciti un certo suo potere all'interno di un determinato ambito di vita relazionale con la presenza di un forte evitamento dell'incertezza segnalando l'intolleranza verso delle idee divergenti così come una forma di incompetenza di fronte alla faccia collettiva di una presunta comunità esterna. Inoltre, ritroviamo un orientamento temporale a breve termine perché ci sono linee di comportamento nelle varie situazioni e si è chiaramente collocati nella dimensione di tipo " vincolati" perché la libertà di parola non è di prima necessità.

 La seguente espressione " sei pazza, non è mai successo, ti inventi tutto" rivede la pazzia come modo per mostrare un'intolleranza verso persone divergenti e incompetenti come tratto tipico della dimensione culturale di forte evitamento dell'incertezza. " sei pazza" è anche un modo per segnalare una incapacità nel gestire le proprie emozioni come tratto tipico della femminilità e anche un modo per manifestare un'adesione alla dimensione di tipo "vincolati" perché la sua libertà di parola non è essenziale. Questo enunciato rappresenta una forte minaccia al mio bisogno di tutelare la mia faccia negativa rientrando nello schema della violazione della massima di qualità perché non puoi dire ciò che non puoi provare. In aggiunta ritroviamo il tutto condito dalla presenza di ambiguità e irrilevanza nel proprio contributo come forma di violazione della massima di maniera. In questo enunciato si rimane fedeli alla dimensione culturale di forte evitamento dell'incertezza con la presenza di un orientamento temporale a breve termine e con un'adesione alla dimensione culturale di tipo "vincolati".

La prossima espressione presa in esame sarà: " se mi lasci, mi uccido"

Questo enunciato è un atto linguistico di tipo commissivo per affermare un forte grado di imposizione da parte del locutore. In sostanza, è un atto di forte grado di imposizione perché si crede che sia una violazione del dovere dell'altro di restare con la stessa persona. In termini di cortesia linguistica, l'obiettivo di questo atto è di minimizzare i costi sia per se stessi così come per l'altro interlocutore.

Di fondo si cerca l'obbedienza del partner con o senza legittimità in sintonia con una dimensione culturale con forte distanza sociale. In questo enunciato è molto forte la presenza di un forte evitamento dell'incertezza perché l'incertezza nella coppia viene vissuta come una grossa minaccia vissuta con molta ansia e nervosismo. Bisogna salvare questo "noi coscienzioso" ad ogni costo come tratto tipico presente nella dimensione di tipo " collettivismo". L'orientamento a breve termine è presente perché si crede nella stabilità della persona come sempre uguale a se stessa in tutte le situazioni. La dimensione culturale di tipo " vincolati" è essenziale perché senza di lei non sono più propenso a ricordare le emozioni positive.

 La seguente espressione viene collegata al mondo delle minacce: " se lo dici, ti ammazzo" 

Questa espressione è un enunciato che mette in luce come questi due verbi siano portatori di due atti linguistici molto diversi, vale a dire se la donna "dice, afferma" mostra una capacità di descrivere il suo reale allora ci sarà l'atto commissivo come promessa/minaccia nei confronti dell'altro locutore. Questo enunciato è composto da un grosso grado di imposizione per colpire la faccia positiva dell'altro. Questo enunciato implica la forza della massima di quantità perché rendere il proprio contributo troppo informativo è molto pericoloso. 

Il concetto di vittimizzazione è presente nelle seguenti espressioni " l'hai provocato, cosa indossavi, eri ubriaca". Nell'enunciato " l'hai provocato" ritroviamo una minaccia al mio bisogno di rimanere fedele alla mia faccia negativa. Per l'uomo possiamo vedere una violazione della massima di maniera rendendo il tuo contributo come persona di tipo ambiguo e oscuro. Insomma, avviene una forma di cambiamento di scena culturale tra gli interlocutori. La dimensione di tipo "mascolinità" viene coinvolta perché vige una differenza elevata tra i due generi poiché prevale un'attitudine moralistica verso il sesso e pertanto il suo comportamento viene visto come un atto performativo. In questa espressione ritroviamo un collegamento con un orientamento temporale a breve termine perché ci sono linee di guida universali in questo tipo di situazione perché il parametro sottostante è: "la tradizione è sacrosanta". L'espressione " eri ubriaca" è un atto di minaccia al bisogno di faccia negativa da parte dell'altro interlocutore. In altri termini, si afferma che non si sta rispettando il tuo dovere di aderire alla massima di maniera evitando l'ambiguità del tuo comportamento. Di fondo c'è poca considerazione per il proprio benessere come tratto tipico della dimensione di forte evitamento dell'incertezza. Il senso di vergogna insito in questo enunciato riporta l'atto linguistico nella dimensione di tipo " collettivismo" poiché le donne dovrebbero consumare moderatamente l'alcool come tratto della dimensione di tipo " femminilità". Sempre in questa espressione, abbiamo la dimensione temporale a breve termine perché abbiamo delle linee universali di comportamento da rispettare nelle situazioni sociali. Di fatto, l'implicito è un'adesione ad una cultura di tipo " vincolati" perché si offre poca importanza al tempo libero e si è poco propensi a ricordare le emozioni positive. 

Per concludere si potrebbe sostenere che l'articolo trova una sintesi infelice nell'espressione " troppo amore acceca" come se l'inizio della nostra civiltà occidentale si collocasse una dimensione culturale di tipo " femminilità" in cui all'inizio era l'amore come il dato di fatto iniziale del nostro vivere, del nostro modo di comunicare la nostra umanità e che tale adesione primaria debba poi essere nascosta per dare rilievo invece alla dimensione di tipo " mascolinità" da parte di numerosi uomini. 



https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2020/11/17/violenza-contro-le-donne-le-10-frasi-stereotipate-da-eliminare-dal-nostro-linguaggio_a6a2c72b-2276-476e-91f4-f0b233a81617.html

https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2020/11/17/violenza-contro-le-donne-le-10-frasi-stereotipate-da-eliminare-dal-nostro-linguaggio_a6a2c72b-2276-476e-91f4-f0b233a81617.html

 

 

donne sul lavoro Questo lavoro non è adatto ad una donna”  , (“Datti ai fornelli”) (“Con chi sei stata per fare questo lavoro?” Una donna con le palle”  , “La mia capa/collega è acida, avrà il ciclo”

 

L’amore come possesso

Certe espressioni come “Se non stai con me, non puoi stare con nessuno" e "Perché non hai risposto subito al telefono? Vestita/truccata così non esci”.

 

Attacchi all’autostima

Spesso le donne che vivono una situazione di violenza hanno difficoltà ad uscirne perché il maltrattante le umilia al punto da distruggere la forza e l'autostima necessarie per lasciare la relazione tramite espressioni come "Zitta, a nessuno importa quello che dici", "Nessuno ti crederà" o ancora "Sei pazza, non è mai successo, ti inventi tutto".

Le minacce

Il timore per la propria incolumità e quella dei loro affetti scaturito da minacce e ricatti come "Se mi lasci, mi uccido", "Se lo dici, ti ammazzo", “Se provi a sentire ancora X (amico/collega), vedrai che succede” è uno dei motivi per cui molte donne rimangono in situazioni di abuso o evitano di denunciare i propri aggressori.

La vittimizzazione

Si ricerca spesso un movente o una giustificazione del reato nei comportamenti o nell’abbigliamento della donna. "L’hai provocato”, "Cosa indossavi?" e “Eri ubriaca” sono solo alcuni esempi.

 

Il delitto passionale e il ritratto dell’aggressore

Gli eventi dall’epilogo più grave vengono narrati come “delitti passionali”, dei gesti folli dovuti al “troppo amore” o giustificati dalla gelosia come qualcosa che “acceca”. Inoltre, spesso l’aggressore viene ritratto come una persona per bene per suscitare empatia nei suoi confronti, ad esempio “Sportivo, credente e ottimo lavoratore: il ritratto di X”. "Crediamo che il linguaggio abbia un ruolo centrale nel cambiamento culturale necessario per avere uno sguardo diverso sul fenomeno della violenza di genere. Non parliamo di VITTIME parliamo di DONNE, in stato di temporaneo disagio. Il termine “vittima” infatti stigmatizza la donna in un ruolo passivo e ignora la forza di cui è portatrice quando intraprende il faticoso percorso di uscita dalla violenza” dichiara la Presidente Manuela Ulivi.

 

 

https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2020/11/17/violenza-contro-le-donne-le-10-frasi-stereotipate-da-eliminare-dal-nostro-linguaggio_a6a2c72b-2276-476e-91f4-f0b233a81617.html

 Articolo molto interessante per il linguaggio

 

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. L'origine di questa giornata risale al 25 novembre 1960, quando nella Repubblica Dominicana le sorelle Mirabal, considerate rivoluzionarie, furono assassinate per ordine del dittatore Trujillo.

È stato però solo nel 2000 che le Nazioni Unite hanno dedicato questo giorno alla sensibilizzazione sulla violenza contro le donne. Ancora oggi, la violenza contro le donne ha le dimensioni di una pandemia globale: 1,2 miliardi di donne nel mondo, ovvero una donna su tre, l’ha subita (fonte: ONU).
La violenza è fisica, abusi, sevizie, botte, fino a morire: il femminicidio, un termine che leggiamo, viviamo, pronunciamo purtroppo con grande frequenza ma che non deve mai assuefarci, sapendo che le vittime non sono numeri ma donne, persone e che il dolore non finisce se non dopo un lungo percorso. C'è poi una violenza fatta di parole, pressioni, umiliazioni e intimidazioni e colpevolizzazioni che è entrata nella nostra quotidianità - per strada, a casa, al lavoro, sui social media - e nessuna può dirsi al riparo, una violenza che può essere subdola, talmente reiterata da neppure farci più caso (le espressioni sessite al lavoro, ad esempio). La conseguenza di questo linguaggio 'comune' è una forma di violenza psicologica che danneggia fortemente, giorno dopo giorno, l’autostima delle donne. Le parole hanno il potere anche di rafforzare certi pregiudizi e giustificare comportamenti aggressivi. Sono infatti proprio i modi di parlare, spesso radicati in vari pregiudizi, a diventare modi di pensare e vanno combattuti, eliminati, devono essere l'obiettivo di una battaglia culturale da compiere tutti, quotidianamente, non pensando che sia una piccola cosa. E' una prima rivoluzione culturale da fare insieme, uomini e donne (si anche le donne perchè a volte certe espressioni di routine, certe frasi fatte le sentiamo pronunciare persino dalle donne).
“Se consideriamo che il linguaggio è il filtro principale attraverso il quale percepiamo il mondo, è evidente che influenza il modo in cui ci relazioniamo e formuliamo giudizi sugli altri. La parola ha un grande potere e purtroppo ci sono molte espressioni quotidiane che confermano il pregiudizio subconscio secondo cui gli uomini sono intellettualmente, fisicamente e moralmente superiori alle donne” osserva Sara Grippo, nel team di didattica di Babbel che sostiene la associazione Donne in rete contro la violenza, D.i.Re e La Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano (CADMI) , il primo centro di accoglienza nato in Italia. 
Ecco una lista di espressioni che feriscono: è un linguaggio che dobbiamo lasciarci alle spalle tutti, sapendo che le parole, le frasi fatte sono frutto di quel retaggio culturale che è il primo ostacolo all'equità di genere alla quale aspiriamo da decenni.

Sul lavoro

Diverse espressioni utilizzate nel mondo del lavoro sminuiscono le capacità delle donne. Alcune espressioni trasmettono il messaggio che certe posizioni lavorative siano adatte solo agli uomini come nel caso di “Questo lavoro non è adatto ad una donna” e che il ruolo delle donne debba essere confinato alla cucina (“Datti ai fornelli”). Inoltre secondo alcuni modi di dire le donne possono arrivare in alto solo usando il loro corpo (“Con chi sei stata per fare questo lavoro?”). Quando poi una donna dimostra le sue competenze la si paragona a un uomo “Una donna con le palle”. Inoltre le donne sul posto di lavoro vengono talvolta considerate frustrate e acide: “La mia capa/collega è acida, avrà il ciclo” ne è solo un esempio.

L’amore come possesso

Certe espressioni come “Se non stai con me, non puoi stare con nessuno" e "Perché non hai risposto subito al telefono?" possono sembrare espressioni di amore e preoccupazione, quando in realtà rivelano l'intenzione di avere il controllo sull'altra persona. Vi sono poi altre espressioni che più esplicitamente dimostrano l’intento di controllo, come “Vestita/truccata così non esci”.

Attacchi all’autostima

Spesso le donne che vivono una situazione di violenza hanno difficoltà ad uscirne perché il maltrattante le umilia al punto da distruggere la forza e l'autostima necessarie per lasciare la relazione tramite espressioni come "Zitta, a nessuno importa quello che dici", "Nessuno ti crederà" o ancora "Sei pazza, non è mai successo, ti inventi tutto".

Le minacce

Il timore per la propria incolumità e quella dei loro affetti scaturito da minacce e ricatti come "Se mi lasci, mi uccido", "Se lo dici, ti ammazzo", “Se provi a sentire ancora X (amico/collega), vedrai che succede” è uno dei motivi per cui molte donne rimangono in situazioni di abuso o evitano di denunciare i propri aggressori.

La vittimizzazione

Si ricerca spesso un movente o una giustificazione del reato nei comportamenti o nell’abbigliamento della donna. "L’hai provocato”, "Cosa indossavi?" e “Eri ubriaca” sono solo alcuni esempi.

Il delitto passionale e il ritratto dell’aggressore

Gli eventi dall’epilogo più grave vengono narrati come “delitti passionali”, dei gesti folli dovuti al “troppo amore” o giustificati dalla gelosia come qualcosa che “acceca”. Inoltre, spesso l’aggressore viene ritratto come una persona per bene per suscitare empatia nei suoi confronti, ad esempio “Sportivo, credente e ottimo lavoratore: il ritratto di X”. "Crediamo che il linguaggio abbia un ruolo centrale nel cambiamento culturale necessario per avere uno sguardo diverso sul fenomeno della violenza di genere. Non parliamo di VITTIME parliamo di DONNE, in stato di temporaneo disagio. Il termine “vittima” infatti stigmatizza la donna in un ruolo passivo e ignora la forza di cui è portatrice quando intraprende il faticoso percorso di uscita dalla violenza” dichiara la Presidente Manuela Ulivi.

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