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sabato 1 febbraio 2020

Alcune note di sociolinguistica

Il quadro di riferimento per comprendere l'architettura della lingua italiana.

Quando si parla dei vari registri della lingua italiana in chiave didattica si può fare ricorso a tre elementi per descrivere la situazione:

- italiano popolare ( per parlare di italiano delle fasce culturali meno colte con influenze dialettali, regionali e colloquialismi vari)
- italiano standard ( italiano di uso comune e prevalente nella comunicazione quotidiana)
- italiano aulico\formale ( parlato da parte della popolazione colta).

Quindi in un corso di lingua sarebbe molto utile potere sempre produrre un enunciato che si possa compiere in queste tre modalità:
ad esempio: dammi la macchina, me dai la macchina, la macchina ( italiano popolare)
- mi puoi dare la macchina? Mi presti\ presteresti la macchina? ( italiano standard)
- scusami, saresti così gentile da prestarmi la macchina? scusami, mi presteresti gentilmente la tua macchina? ( italiano formale).

Nell'usare queste varianti linguistiche abbiamo anche la presenza della forza dell'enunciato come viene spiegato nella teoria degli atti linguistici. Qui la forza di un enunciato si ritrova con il tempo e il modo verbale, l'intonazione del parlante, l'uso di alcuni avverbi, segnalatori di intensificazione, giustificazione di un atto linguistico.
In pratica, il parlante quando esprime un atto linguistico possiamo osservare la presenza di tre elementi:
- il fatto di dire ( i suoni che sta emettendo, ossia l'atto locutorio)
- il fatto di avere delle intenzioni dicendo quello che dice ( atto illocutorio)
- il fatto di avere una conseguenza nella replica dell'altro ( atto perlocutorio).
Ad esempio:
1. ora vado via ( atto locutorio)
2. intendo dire che sono stato già abbastanza tempo e ho bisogno di una pausa ( atto illocutorio)
3. fai presto ( le mie intenzioni non vengono ratificate) atto perlocutorio
4. ( hai ragione) ( le mie intenzioni vengono ratificate) atto perlocutorio

Nella lingua italiana ci vari livelli di analisi in termini sociolinguistici:

- livello diatopico ( il nostro italiano dipende dalla nostra regione o territorio di appartenenza)
- livello diafasico ( l'italiano dipende dalle situazioni e contesti vari)
- livello diamesico ( l'italiano dipende dal mezzo tecnico o meno con il quale parliamo)
- livello diacronico ( l'italiano dipende anche dalle variazioni del tempo)
- livello diastratico  ( l'italiano dipende anche dal nostro ambiente sociale e culturale)

A mio modo di vedere, osservo una predominanza in questo periodo storico per il livello diastratico e per il livello diamesico. Il piano diastratico dipende dal fatto che parlanti con livelli culturali molto differenziati parlano in modo diverso e questo ha un impatto negativo in termini di percezione del parlante. Questo avviene anche in assenza di consapevolezza da parte del parlante.
Il livello diamesico è rilevante oggigiorno per il fatto della comunicazione online fatta di app e computer, i quali modificano la natura e la forma della comunicazione nel senso profondo.

La peculiarità dell'italiano risiede nel fatto di essere una lingua sempre marcata in termini diatopici anche quando è di tipo standard. La non marcatezza all'interno dei parlanti italofoni è molto rara.
Osserviamo adesso alcuni cambiamenti, tendenze nell'italiano contemporaneo.

- Il presente con valore di futuro.
Domani vado al cinema ( questo uso è ormai accettato da tutti, almeno per i gradi bassi e medi di formalità).

Il trapassato remoto ( ebbi amato, fui mandato)
Questo tempo è poco usato, soltanto in testi scritti molto accurati, testi ufficiali, romanzi storici e tradizionali. Appartiene ad uno standard ormai in via di abbandono.

Il passato prossimo e passato remoto.

Il passato prossimo è in grande espansione, soprattutto nelle regioni settentrionali in Italia così come nei testi più informali. Il passato remoto è usato da parlanti colti in contesti formali in riferimento ad eventi lontani. E' diventato un marcatore di un registro "alto" in queste occasioni.
Il passato prossimo diventa sempre più standard.
L'imperfetto viene spesso usato nel periodo ipotetico nell'uso orale della lingua: " se lo sapevo, non venivo" invece di " se l'avessi saputo, non sarei venuto"
- imperfetto ludico: giochiamo: tu eri il medico ed io ero la paziente.
l'imperfetto di cortesia con la forza di attenuazione: volevo del pane. Questo è l'uso più diffuso e più vicino ad una standardizzazione.

Il futuro è spesso sostituito dal presente: domani vado a Roma.
Il futuro perde dei riferimenti nell'esprimere eventi del futuro ma acquista nuovi usi nei valori modali:
- futuro epistemico ( esprime una congettura)
Quanti anni ha Marco? Sarà sui 30.
Futuro deontico ( esprime un obbligo: la domanda verrà presentata....)

I modi verbali:

L'indicativo al posto del congiuntivo in alcune subordinate: credo che hai torto ( credo che tu abbia torto); immagino che tu mi chiedi scusa ( immagino che tu mi chieda scusa).
In pratica la subordinata viene trattata come una coordinata. Il quadro generale è quello di una preferenza di una coordinazione piuttosto che le subordinazione.

Il condizionale è più vitale del congiuntivo ne in alcune forme complesse viene sostituito con l'imperfetto indicativo. Es: non pensavo che mi avrebbero bocciato
- non pensavo che mi bocciavamo.
Il condizionale nelle citazioni: il nostro attaccante sarebbe in trattativa
attenuazione: mi darebbe un passaggio?

L'infinito è in espansione: nelle istruzioni tenere lontano dagli occhi, non gettare oggetti.
foreigner talk: andare avanti, girare a destra.

"Che" la congiunzione passe-partout.

La congiunzione CHE nell'uso comune può tradurre frasi con il valore di:
- relative temporali ( il giorno che ci siamo incontrati) il giorno in cui\ nel quale\ quando
relative causali: sbrigati che è tardi; sbrigati perché è tardi
relative finali: vieni, che ti lavo ( vieni così ti lavo)
consecutive: vieni che ti possa lavare ( viene affinché ti possa lavare).

Il "che" è la congiunzione più diffusa negli strati bassi e sta risalendo verso l'uso standard.

Pronomi: lui, lei, loro invece di egli, ella, essi\esse)
All'orale egli è raro, ella è scomparso. Allo scritto egli resiste accanto a lui e lei.
EGLI è connotato in testi formali e scritti.

a lei- le

a lui- gli

Uso molto diffuso della particella NE
questo\codesto\quello si riduce a questo e quello
Ciò all'orale è sostituito con questo.
Allo scritto ciò è molto presente.

Partitivo preceduto da preposizione
es: sono andato al cinema con degli amici

La preposizione PER come modo per introdurre le finali invece di affinché, si usa molto per, perché

per introdurre le subordinate causali ( giacché, poiché) si usa siccome, dato che, visto che.

Il lessico
( quantificatori: un mondo, un mucchio, un sacco)

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