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martedì 25 febbraio 2020

APPUNTI DAL TESTO INSEGNARE LA PRAGMATICA IN ITALIANO L2 DI ELENA NUZZO E PHYLLISIENNE GAUCI

Partendo dalle premesse introdotte da Nuzzo (2012) sulla rilevanza della pragmatica si pone in luce che per sapere usare una lingua efficacemente e in modo adeguato ( culturalmente aggiungo io) alle diverse situazioni e' necessario imparare la componente pragmatica presente nella comunicazione umana, vale a dire sviluppare la capacita' di mettere in relazione le parole che usiamo con il contesto in cui ci troviamo nel momento in cui le usiamo. Sapere fare e usare la lingua significa concentra sulle funzioni della lingua in una data situazione socioculturale.
Il quadro teorico vede gli enunciati intesi come azioni sociali dove la grammatica e il lessico non sono sufficienti per usare efficacemente e adeguatamente alle varie situazioni. Prendiamo ad esempio un parlante non nativo d'italiano intento ad ascoltare musica ad alto volume e ad un certo punto si sente rivolgere la protesta:

" non e' un po' altina?"

In questa interrogativa ritroviamo  " non e' " come interrogativa negativa, " un po'" e l'aggettivo alterato come elementi lessicali di mitigazione.
Probabilmente con l'aiuto del contesto potrebbe capire l'enunciato ma difficilmente potrebbe formulare una protesta simile senza compiere un atto linguistico troppo diretto, brusco o percepito come scortese del tipo " la musica e' troppo alta". Immaginiamo un non nativo che proponga ad un nativo italiano una serata al cinema utilizzando l'enunciato " vai al cinema stasera?" invece di usare un più appropriato " vieni al cinema stasera ?".
La realizzazione degli atti linguistici e la deissi spaziale sono fenomeni di interesse della pragmatica. Nella prospettiva pragmatica si può' osservare la lingua da due angolature opposte e complementari, ossia osservando il contesto agire sulla lingua o come la lingua influenza il contesto.
Austin riflette sul rapporto tra gli enunciati descrittivi e quelli non descrittivi. I primi possono essere veri o falsi mentre gli altri sono valutabili in termini di felicita' o infelicita' dell'atto.

Se dico " qui c'è' lo zucchero" posso verificare se e' vero o falso.

Se dico " ti ringrazio" posso valutare se sia felice o infelice potere dire questo enunciato.

Questa dicotomia verrà superata con una teoria più complessiva degli atti linguistici: tutti gli enunciati hanno un significato e hanno una specifica forza illocutiva, ossia " fanno" qualcosa.

Dicendo "qui c'è lo zucchero" non solo informo l'interlocutore della presenza dello zucchero, ma lo sto invitando a servirsene se lo desidera. Insomma, alla luce del contesto, uno stesso enunciato può compiere azioni diverse in contesti diversi: può avere forze illocutive diverse a seconda della situazione comunicativa in cui viene prodotto.
L'enunciato " qui c'è' lo zucchero" può essere interpretato:
- portalo a casa
- può essere una richiesta ( portalo alla nonna)
- può essere una offerta ( prendilo).

Ad esempio, i seguenti enunciati possono essere tutti utilizzati per protestare con una persona che non ha rispettato il suo turno nella fila.

1. scusi, ci sarei prima io.
2. non vede che siamo in fila?
3. Rispetti la fila per favore.
4. c'è' sempre chi fa il furbo.
5. Il signore con la giacca verde e' l'ultimo della fila.

Negli enunciati 1,2,3 l'intenzione di comunicare la protesta risulta più esplicita che negli altri enunciati dove invece e' necessario fare delle inferenze che portino a individuare l'effettiva forza illocutiva. Occorre sciogliere le implicature prodotte dal parlante, il quale esprime in modo non trasparente le proprie intenzioni comunicative. Grice ( 1975, 89) chiama le implicature le proposizioni che in determinati contesti intendono comunicare qualcosa di diverso da quello che dicono. Solitamente, i partecipanti a uno scambio verbale non mostrano particolari difficoltà nel risalire da un'implicatura alle corrispondente intenzioni comunicative. Questo e' dovuto secondo Grice dal fatto che la conversazione umana, intesa come comportamento finalizzato, sia di tipo razionale e guidata dal " principio di cooperazione". Tale principio prevede che si dia il proprio contributo alla conversazione nel modo richiesto, al momento opportuno, dallo scopo o dalla direzione dello scambio comunicativo in cui si e' impegnati. Queste non sono norme prescrittive ma bensì sono punti di riferimento condivisi, cosicché l'ascoltatore presume che la violazione sia soltanto apparente ed e' automaticamente ridotto a cercare il significato " reale" dietro a quello in superficie.
In altre parole quando cerchiamo di dare un senso ad un enunciato che, nel contesto, non ci sembra interpretabile, la nostra ricerca e' inconsciamente guidata dal tentativo di rendere quell'enunciato pertinente, informativo, vero o comunque conforme al " principio di cooperazione". In genere, le violazioni vengono intenzionalmente sfruttate al fine di ottenere effetti comunicativi particolari e spesso rispondono alle ragioni della cortesia.

Dalla filosofia alla linguistica applicata notiamo come tali studi mettono in rilievo l'importanza della situazione concreta di enunciazione nell'interpretazione degli atti linguistici. Questo dato e' di grossa rilevanza viene solitamente trascurato nella formulazione filosofica della teoria che tende a considerare l'atto linguistico come un'entità astratta e isolata. Il legame tra atti linguistici e contesto d'enunciazione mette in luce la pluralità o polisemia illocutiva dell'atto, ovvero la possibilità per uno stesso enunciato di comunicare allo stesso tempo più forze illocutive, spesso organizzate in modo gerarchico ( Kebrat-Orecchioni, 2001, p.46). Tale pluralità suggerisce che la forza di un enunciato possa essere il frutto di negoziazione tra i partecipanti allo scambio comunicativo, mentre la concezione atomistica tende ad ignorare il ruolo dell'interlocutore nella produzione degli atti linguistici. Nella realtà, l'andamento di una conversazione implica ampie variazioni nell'interpretazione dei singoli enunciati e quindi nell'attribuzione delle forze illocutive che si esplicitano, si negoziano e si stabiliscono nel corso dello scambio. Esistono degli aspetti interazionali dell'uso del linguaggio, considerando ogni atto in rapporto alla sua collocazione entro le sequenze conversazionali in cui e' inserito e non trascurando la relazione tra parlante e ascoltatore. Molto interessante e' l'attenzione riporta sulla delimitazione dell'atto. In questo modo viene introdotta la nozione di macro-atto ( Ferrara, 1985, p141).  Infatti diversi atti linguistici dotati singolarmente di forze illocutive differenti possono essere compresi e interpretati solo tenendo conto dell'entità di un " macro-atto" sottostante allo scambio e garante della sua coerenza pragmatica. Analogo e' il concetto di speech act set ( Olshtain, Cohen, 1983, p.18-20). Questi atti sono utilizzati in combinazione per veicolare nel complesso una determinata forza. Ad esempio, la parlante VAL nel compiere un macro-atto di richiesta di consiglio prima chiedendo un'informazione ( lei conosce dei gruppi...) poi fornendo un'informazione sua ( io avrei già una lista) e infine formulando la vera richiesta di consiglio ( lei potrebbe darmi un consiglio).  Un altro aspetto nella produzione pratica e' la variazione d'intensità, detta anche modificazione della forza illocutiva ( Bazzanella, Caffi, Sbisa', 1991), ( Bazzanella, Gili Fivela, 2009). Si e' infatti notato che gli atti linguistici possono contenere oltre alla propria forza illocutiva, anche degli indicatori di intensità ( modificatori) che segnalano la volontà del parlante di modificare l'intensità della forza illocutiva dell'atto nel senso dell'attenuazione o dell'accrescimento. Per esempio, l'espressione " per favore" nell'enunciato " un biglietto della metropolitana per favore" prodotto da un parlante all'edicolante: questo atto ha la funzione di segnalare che il parlante sta compiendo una richiesta ma al tempo stesso serve a mitigarne l'intensità'.

Le ragioni della cortesia.


Partendo dall'interrogativo: Perché negli scambi comunicativi ci preoccupiamo di modificare l'intensità degli atti linguistici adoperando delle formulazioni poco chiare? Sembra opportuno ritenere che la ragione per tale ricorso alla "sofisticazione' degli atti linguistici risieda nel perseguimento di un obiettivo diverso dalla chiarezza. Tale obiettivo si ritrova nel rispetto delle norme della cortesia.
La più nota teoria della cortesia linguistica prodotta da Brown e Levinson ( 1987) descrivono la cortesia come un continuo lavoro di tutela della faccia propria e altrui, da parte di tutti i membri di una comunità di parlanti. Ogni individuo sostengono Brown e Levinson possiede una "faccia" ossia un'immagine pubblica, emotiva e sociale, che si divide tra due impulsi tra loro opposti: la volontà di essere apprezzati e di fare parte di una collettività ( faccia positiva) e quella di conservare autonomia e libertà d'azione, di difendere il proprio 'territorio' ( faccia negativa). Entrambi gli aspetti della faccia degli interlocutori possono essere messi in pericolo quando si agisce con le parole. Ad esempio la formulazione di una critica costituisce una forte minaccia per la faccia positiva del destinatario mentre un ordine danneggia molto la faccia negativa imponendogli un certo comportamento.
I complimenti gratificano la faccia positiva del destinatario, dall'altro determinano un'invasione nel suo territorio e quindi ne minaccia la faccia negativa.Le scuse e i ringraziamenti danneggiano soprattutto la faccia del parlante. Pertanto e' compito dell'interlocutore compensare tali atti con una risposta adeguata, per esempio accogliendo il ringraziamento o minimizzando l'oggetto delle scuse. In genere, gli individui cooperano e presuppongono l'altrui collaborazione, per la reciproca tutela della faccia, nella consapevolezza che il mantenimento della propria dipende dall'attenzione nei confronti di quella dell'altro e viceversa.
Le norme della cortesia richiedono di usare dei mezzi linguistici per modulare gli atti di parola al fine di non risultare troppo impositivi o troppo distaccati e poco collaborativi. Piu' grave e' il rischio per la faccia maggiore e' la tendenza a privilegiare la scarsa trasparenza dell'intento comunicativo e modificare l'intensita' della forza illocutiva dell'atto prodotto. I fattori che determinano il rischio sono la relazione con l'interlocutore e la situazione comunicativa, ossia il contesto.
Prendiamo ad esempio questi due enunciati formulati da una parlante sul treno:

1. Laura mi presti un attimo il telefono? Il mio l'ho lasciato a casa e volevo avvisare Paolo che arrivo piu' tardi.
2. Senta, mi scusi, ho dimenticato il mio cellulare e devo avvisare un collega che mi aspetta, non e' che magari mi farebbe mandare un messaggino dal suo? Sa abbiamo un appuntamento di lavoro insieme e a questo punto e' meglio che cominci ad andare senza di me. Ci metto un attimo, giusto un sms.
Il primo enunciato funziona bene con un amico mentre il secondo con un estraneo. Al contrario se il primo enunciato fosse rivolto ad uno sconosciuto sarebbe troppo diretto e invadente mentre una formulazione troppo affettata per un amico sarebbe fuori luogo e inadeguata.
In caso di emergenza, una richiesta diretta sarebbe percepita come pertinente anche da parte di uno sconosciuto, il quale sentirebbe come fuori luogo una formulazione indiretta o di tipo cerimoniosa.

Strumenti per osservare l'agire linguistico

Quali sono gli strumenti per raccogliere il materiale linguistico da sottoporre allo studio. I campioni di lingue sono cruciali per fare queste analisi. La situazione ideale sarebbe la raccolta di materiale proveniente da situazioni di parlato spontaneo ( Wolfson, 1983). Tuttavia i limiti di questa tecnica risiedono nella difficoltà di ottenere una certa quantità di dati e l'impossibilita' di controllare delle variabili socio-linguistiche come ad esempio il genere, l'eta' e il livello di istruzione.
Per questo in alternativa alla produzione spontanea si fa spesso a dati elicitati mediante compiti di simulazione, tra i quali possiamo collocare i task interattivi, il role-play e il discourse completion task. I task interattivi sono compiti comunicativi nei quali si richiede ai partecipanti di conversare su di un argomento o di collaborare per il raggiungimento di un obiettivo extralinguistico.
I role-plays sono simulazioni di scambi comunicativi in cui due o piu' interlocutori assumono certi ruoli definiti in base a condizioni sperimentali predeterminate. I role-plays possono essere chiusi o aperti: nel primo tipo, il parlante reagisce ad uno stimolo ( come una situazione viene presentata) senza ricevere risposta dall'interlocutore, mentre nel secondo tipo l'interlocutore partecipa alla conversazione, che si conclude solo quando le due parti raggiungono la conclusione dello scambio.
I limiti del role-plays risiedono nell'assenza di implicazioni per i partecipanti e dall'assenza di un vero contesto. Con il role-play e' possibile controllare le variabili socio-linguistiche e socio-pragmatiche, vale a dire la distanza sociale e il rapporto di potere tra gli interlocutori. Con il DCT ( discourse completion task ci ritroviamo con lo strumento maggiormente adoperato per svolgere queste analisi di tipo pragmatiche. Il DCT consiste in una serie di brevi dialoghi scritti nei quali manca un turno di parola: gli informant sono invitati a scrivere il turno mancante o a scegliere la più adatta tra le opzioni fornite per il completamento. L'uso dei ricordi e delle riflessioni sulle esperienze di uso della lingua vengono raccolti mediante diari, interviste e questionari. In questo modo risulta possibile valutare l'interpretazione che i soggetti fanno delle loro scelte pragma-linguistiche e socio-pragmatiche.

Lo sviluppo delle competenze pragmatiche

La competenza pragmatica presuppone la conoscenza delle norme sociali che regolano l'agire linguistico in una data cultura ( socio-pragmatica), dall'altro la conoscenza delle forme linguistiche associate alle molteplici manifestazioni dell'agire linguistico in quella stessa cultura ( pragma-linguistico). Per esempio, sapere se sia opportuno chiedere l'età di un collega più anziano o quanto ha pagato la sua auto fanno parte delle componenti sociopragmatiche, mentre conoscere le forme linguistiche più' adatte a porre queste domande all'interlocutore appartiene alla componente pragmalinguistiche. Nella cultura italiana, la prima richiesta viene percepita come poco adatta se rivolta ad un interlocutore con cui abbiamo poco confidenza e che abita lontano da noi. Mentre sul piano pragmalinguistico in italiano, la possibilità di ottenere un passaggio e' legata alla possibilità di mitigare una richiesta presentandola come lontano dalla realtà mediante l'uso del condizionale o giustificando in anticipo un rifiuto.
Prendiamo in esame i seguenti esempi:
1. Mi dai un passaggio?
2. Se non e' troppo disturbo ti chiederei un passaggio?
3. Com'è tardi. Mi sa che ho perso l'ultimo treno.

La possibilità' di studiare la capacita' da parte dell'apprendente straniero di acquisire la competenza pragmatica viene definita interlanguage pragmatics o pragmatica interlinguistica. In altri termini quali sono gli elementi pragmatici acquisiti durante l'apprendimento di una lingua straniera. Il nostro presupposto e' quello di partire dall'idea che gli apprendenti di una L2 abbiano come punto di arrivo la norma e le consuetudini pragmatiche dei parlanti nativi di una data lingua. Questa scelta del parlante nativo come modello pragmatico risulta sicuramente problematica sul piano diastratico cosi come sul piano diatopico. Inoltre ci sono delle resistenze da parte dell'apprendente nel conformarsi al parlante nativo. Queste resistenze possono prodursi anche da parte del parlante nativo che considera come inappropriato la completa convergenza dello straniero in termini di comportamenti pragmatici.

Confronto tra parlanti nativi e non nativi

Il confronto tra parlanti nativi e non nativi nella realizzazione di differenti atti linguistici ha fatto emergere alcuni tratti che accomunano i parlanti non nativi nella realizzazione di certi atti linguistici. Ad esempio si e' notato una certa tendenza all'eccesso di esplicitezza e alla prolissità interpretati secondo alcuni studiosi come una risposta alla mancanza di sicurezza nella capacita' di farsi capire o di mostrarsi abbastanza cortesi. In generale, emerge la difficoltà di veicolare la forza illocutiva desiderata o di farlo rispettando le norme della cortesia. Inoltre si e' osservati che anche gli apprendenti avanzati tendono a risultare molto aggressivi e poco capaci di mitigare l'intensità della forza illocutiva che stanno comunicando.
Questa inadeguatezza pragmatica e' spesso all'origine di malintesi nell'interazione con i parlanti nativi. In sintonia con il caso esposto da Beal ( 1992) sulle risposte alla domanda di rito " Hai passato un bel fine settimana?" si può sostenere che spesso i parlanti provenienti da lingue diverse seguono anche norme pragmatiche diverse nel reagire alla stessa domanda posta nella stessa situazione.
Queste situazioni mettono in luce come il trasferimento di norme socio-pragmatiche della propria lingua alla seconda lingua induce il parlante ad agire in accordo con le norme sociali tipiche della lingua/cultura di provenienza, le quali possono essere in conflitto o diverse da quelle della lingua di arrivo. Pertanto succede spesso di considerare alcuni aspetti dell'uso linguistico come indipendenti dalla lingua/cultura di provenienza e di aspettarsi comportamenti linguistici simili ai nostri.
Pertanto i nativi generalmente attribuiscono alla persona o alla sua cultura le ragioni di questi fraintendimenti piuttosto che all'incapacità di fare corrispondere la corretta forma linguistica alle intenzioni comunicative.

Nella prospettiva acquisizionale si e' spesso indagato la capacita' di produrre adeguatamente alcuni atti linguistici, tra cui spiccano il richiedere, lo scusarsi e il protestare.

- Le richieste e proteste nella pragmatica interlinguistica

Alla luce della tassonomia degli atti linguistici proposta da Searle ( 1978), la richiesta fa parte del gruppo dei direttivi, ossia quegli atti mediante i quali il parlante cerca di orientare le azioni del destinatario a vantaggio di quest'ultimo. Secondo il tipo di atto direttivo sarà diversa la distribuzione dei costi: nell'atto del richiedere chi viene selezionato dal parlante come agente dell'azione richiesta deve sostenerne il costo in termini di tempo, sforzo o beni materiali. In sintesi, la richiesta puo' essere descritta come il tentativo di indurre un'altra persona a compiere un'azione di cui e' il richiedente a beneficiare. Kebrat-Orecchioni propone di distinguere il " far fare" e il " far dire".
Secondo il modello della cortesia di Brown e Levinson ( 1987), la richiesta e' tra gli atti che comportano un rischio per la faccia negativa del destinatario e per quella positiva del parlante. Il parlante invade il territorio dell'interlocutore, limitando la sua libertà d'azione e quindi minacciando la sua faccia negativa. D'altra parte, formulando una richiesta, il parlante mette in gioco la propria faccia positiva, dal momento che si mostra poco sensibile alle esigenze dell'altrui privacy.
Il peso di questa minaccia varia in funzione dei fattori: il grado di familiarità e la relazione di potere tra i partecipanti alla comunicazione, la loro valutazione del livello d'imposizione in base all'oggetto della richiesta e la specifica situazione comunicativa. Rispetto alle richieste di beni materiali, le richieste di beni verbali risulta meno minacciose per le facce dei parlanti coinvolti. Secondo Vedder ( 2008) nel caso della domanda informativa il rischio della perdita della faccia e' nullo.
Allo stesso modo chiedere delle informazioni in un negozio rientra tra i compiti previsti da parte del destinatario. In una prospettiva meno segnata dal modello di Brown e Levinson ( 1987) si potrebbe vedere nella richiesta in un ambito più confidenziale, uno strumento di esaltazione della faccia positiva del destinatario. Nel richiedere qualcosa, il parlante mostra di affidarsi all'altro, di contare sulla sua solidarietà e di sottolineare la sua generosità e attenzione verso le esigenze altrui. Tuttavia, nel contesto italiano, la minacciosità per le facce coinvolte resta la componente principale durante l'atto della richiesta. Infatti, i parlanti tendono ad attenuarne l'intensità adottando delle strategie verbali che possono modificare gli enunciati a livello lessicale, morfo-sintattico, conversazionale e prosodico. La differenza essenziale risiede nell'uso dei modificatori per modificare il valore pragmatico di un enunciato agendo sull'intensità della forza illocutiva. Gli apprendenti non nativi usano secondo gli studi di Kasper ( 1989) meno strumenti di modificazione nel produrre la richiesta. Spesso la modificazione interna della richiesta risiede nella produzione di marche di cortesia come " please, per favore". Questi segnali di politeness sono chiari indicatori della forza illocutiva.
Nei lavori di Blum-Kulka ( 1991) si è osservato una certa prolissità nella preparazione dell'atto, evidente soprattutto nelle componenti giustificative della richiesta. Soltanto con una maggiore " espansione pragmatica" vediamo apparire un repertorio pragmalinguistico dove troviamo delle forme di mitigazione e con maggiore presenza di elementi sintattici. Soltanto in livelli molto avanzati gli apprendenti iniziano a modulare il loro agire linguistico in base alle variabili contestuali. Solitamente, gli apprendenti di lingua seconda, inseriti nella comunità di cui acquisiscono la lingua, sviluppano nella formulazione delle richieste una sensibilità ai fattori socio-pragmatici che gli apprendenti di lingua straniera non manifestano neppure in stadi avanzati di competenza linguistica.

Affrontando il tema della protesta ci troviamo di fronte ad un atto espressivo, ossia il parlante esprime un giudizio in relazione a un dato comportamento, evento o situazione. Infatti, nel formulare una protesta il parlante manifesta il suo disappunto, fastidio o censura in risposta ad una azione da cui si sente di subire delle conseguenze negative. Il parlante ritiene che il comportamento dell'interlocutore lo liberi parzialmente dall'obbligo di rispettare le norme sociali e gli offra il legittimo diritto di chiedere riparazione. La protesta cerca in un secondo momento di persuadere l'ascoltatore a compiere un gesto riparatore ( George, 1990, p.58).
Nel formulare una protesta, il parlante mette in pericolo sia la faccia positiva sia quella negativa dell'interlocutore, poiché ne incrina l'immagine pubblica con il giudizio espresso e ne limita la libertà d'azione nel tentativo di indurlo in un gesto di riparazione. La protesta comporta anche un rischio per la faccia positiva dell'autore, che si dimostra poco attento nei confronti del destinatario.
Il grado di intensità della protesta dipende sia dalla gravità del comportamento attribuito al destinatario cosi come dal livello di difficoltà e impegno per ottenere una riparazione.
Nell'ambito della pragmatica interlinguistica, il gesto di protestare ha ottenuto minore attenzione pur essendo un atto molto presente nell'agire sociale delle persone e difficile da realizzare in termini di competenza comunicativa per un parlante di una seconda lingua.
Ad esempio Murphy e Neu (1996) osservano nei parlanti nativi la tendenza a formulare le proteste in modo brusco e aggressivo, criticando esplicitamente l'atteggiamento dell'interlocutore e presentandolo come il solo responsabile dell'evento negativo. Questo atto del protestare risulta difficile anche per apprendenti avanzati perché saper protestare significa essere in grado di dare al proprio malessere, alla propria delusione, ma anche sapere evitare l'imbarazzo dell'interlocutore per non distruggere la relazione sociale. In generale, gli apprendenti quando vogliono protestare si dimostrano come troppo deboli oppure come troppo aggressivi e meno capaci di compiere la protesta utilizzando la giusta dose di tatto e delicatezza.

Imparare ad agire in italiano L2

Questo studio riguarda la produzione di richieste di informazioni e di suggerimenti da parte di sei apprendenti di italiano L2 di livello intermedio/avanzato. Questo studio intende osservare la capacita' di strutturare l'atto di richiesta e gli strumenti linguistici usati per modificare la forza illocutiva.
Nell'acquisizione dell'italiano e' importante padroneggiare la distinzione definito/indefinito, la categoria del numero e del genere, cosi come il sistema verbale con le sue persone, i modi e la durativita'.
Le modalità di analisi

All'interno di ogni richiesta viene analizzata la struttura complessiva dell'atto ( speech act set) per capire come viene costruito nella dinamica interazionale l'uso dei modificatori e il rapporto tra la complessità sintattica degli enunciati e le strategie di costruzione dell'atto.
Secondo la teoria classica degli atti linguistici, il modo più esplicito per veicolare la forza illocutiva della richiesta consiste nell'utilizzare il verbo performativo corrispondente come in questo esempio:

1. Ti chiedo di consigliarmi un libro.

La realizzazione implicita dell'atto avverrebbe tramite l'imperativo del verbo che lessicalizza l'azione richiesta come in questo caso:
2. Consigliami un libro.

Il verbo performativo e la forma imperativa della frase sono dunque degli indicatori di forza tradizionalmente associati all'atto del richiedere. L'evoluzione della teoria degli atti linguistici, soprattutto alla luce dei reali scambi comunicativi, ha rivelato la molteplicità degli indicatori di forza illocutiva e ha accentuato il ruolo del contesto nel definire la forza di un enunciato. Si e' superato in questo modo l'opposizione tra convenzionalità e non convenzionalità per giungere ad un'attribuzione di forza illocutiva in relazione alla dipendenza dell'enunciato dal contesto.

Nel seguente esempio, " vorrei sapere quanto costa....."
l'uso del condizionale non e' necessario per trasmettere il contenuto dell'enunciato che potrebbe essere formulato in questo modo: " voglio sapere quanto costa" ma alla funzione di anticipare un possibile rifiuto facendo apparire come ipotetico e lontano dalla realtà' e quindi più cauto e meno impositivo l'atto della richiesta. All'interno dei modificatori sono stati distinti due tipi principali, ossia i morfo-sintattici che riguardano la struttura grammaticale dell'enunciato e i lessicali. La classificazione degli atti ha la necessita' di fare emergere nella produzione delle informanti, le differenze di ampiezza nel repertorio dei modificatori. La complessità' sintattica e' un dato importante nell'acquisizione della componente pragmatica poiché possiamo rilevare con la complessità sintattica sia la lunghezza dell'unita' di produzione cosi come la quantità di subordinate impiegate.


Differenza di strutturazione dell'atto di richiesta da parte di parlanti nativi e stranieri

Le richieste delle due parlanti native mostrano alcuni schemi regolari e convenzionali per la realizzazione delle richieste di informazioni e suggerimenti. La richiedente fa quasi sempre riferimento in modo esplicito alla natura dell'atto che si accinge a compiere, o all'interno dell'enunciato che costituisce il cuore della richiesta, o in una sorta di pre-richiesta. La richiesta può essere concentrata in un solo turno di parola, ma nella maggiore parte dei casi viene diluita su due o piu' turni. In questa maniera la richiedente dapprima sonda la disponibilità del destinatario a fornire le informazioni o i consigli di cui ha bisogno; poi, quando tale disponibilità viene accordata, entra nel merito, procedendo con gradualità in attesa di successivi riscontri da parte dell'interlocutore.
Le parlanti native tendono a costruire le richieste fornendo pochi dati alla volta, con turni brevi costituiti da enunciati dalla bassa densità informativa ( Pallotti, Ferrari, 2008), le apprendenti non native nella prima rilevazione mostrano una predilezione per richieste nelle quali il contenuto risulta concentrato in un unico turno di parola. Ad esempio, un apprendente che dopo aver salutato introduce immediatamente gli argomenti specifici di suo interesse senza ' preparare il terreno' risulta brusco. La produzione della richiesta all'interno di un unico turno dove troviamo i saluti, l'autoidentificazione e la richiesta appare infelice nell'esecuzione delle richieste secondo il modo nativo di compiere tale atto linguistico. Un modo più appropriato di entrare nel merito della richiesta e' quello di essere generico riservandosi di fornire ulteriori dettagli in seguito.
La possibilità di imparare a ' spacchettare' l'atto della richiesta da parte degli apprendenti nativi risulta essere un modo per conformarsi allo stile delle parlanti native, dove si diluisce la richiesta su vari turni brevi e attendendo ogni volta un riscontro da parte dell'interlocutore. La genericità delle richieste si ritrova con le espressioni ' volere un po' di informazioni, qualche consiglio e volevo un'informazione'.

Come si usano i modificatori

Tutte le richieste delle parlanti native contengono almeno un modificatore della forza illocutiva. Se si considerano i seguenti esempi di materiale linguistico prodotto per compiere una richiesta:

 1. volevo chiederle se lei saprebbe
2. vorrei avere delle informazioni
3. lei non e' che avrebbe per caso
4. avrei già un'idea e se lei potrebbe darmi un consiglio  non lo so
5. allora vorrei sapere
6. buonasera volevo chiedere
7. ciao io sono Aisha e ho bisogno di alcune caratteristiche
8. sono una ragazza del liceo che sta preparando un viaggio a Parigi e vorrei sapere, cioè
9. ciao volevo chiederti siccome mi hanno detto che sei esperto di cellulare
10. volevo sapere delle informazioni a riguardo, non e' che tu hai magari
11. magari lei conosce qualche
12. si sono Eden allora io avrei bisogno di un cd
13. e vorrei chiederli un po' di informazioni se e' possibile
14. non so se mi potevi essere d'aiuto per..... la scelta se ne conoscevi magari qualcuno
15. se mi potrebbe dare una mano.
16. volevo chiederti un po' del viaggio di Verona.

In questo corpus, le produzioni delle apprendenti usano come i nativi maggiori modificatori morfo-sintattici di quelli lessicali. Pertanto si deve ipotizzare la possibilità di imparare prima i modificatori morfo-sintattici nel percorso di acquisizione della lingua.

Il ruolo delle variabili contestuali

Poiché in queste analisi, le apprendenti interagiscono telefonicamente con esperti adulti, esperti coetanei e addetti di negozi e agenzie, osserviamo ora la presenza di eventuali osservazioni nella formulazione delle richieste in relazione al variare dell'interlocutore.
In queste analisi si nota come le parlanti native sembrano adottare strategie leggermente differenti quando si rivolgono agli esperti rispetto a quando interagiscono con i commercianti. Con gli esperti si tende a presentarsi mentre con i secondi non lo si fa mai. Del resto, l'autoidentificazione del chiamante nelle telefonate di servizio e' molto rara tra gli italiani. Inoltre, le ragazze native quando parlano agli esperti tendono a giustificare l'atto con qualche motivo esterno, come la ricerca per la scuola mentre con i negozianti non introducono giustificazioni aggiuntive. Questo si capisce dal fatto che il negoziante ha tra i suoi compiti quello di fornire delle informazioni. Pertanto con gli esperti ritroviamo dei modificatori di tipo lessicali mentre con i venditori ritroviamo soltanto i modificatori di tipo morfo-sintattici. Questo comportamento potrebbe dipendere dal maggiore grado di imposizione nelle richieste presso gli esperti: i modificatori sintattici risultano forse dotati di un potenziale minore di mitigazione rispetto ai modificatori lessicali, i quali consentono di evidenziare un atteggiamento più creativo nella modulazione dell'intensità dell'atto. Un'altra variazione si ritrova nell'uso della forma allocutiva del TU e del LEI in funzione dell'età percepita dell'esperto.
Anche per le apprendenti prevale l'uso di modificatori morfo-sintattici e soltanto quando il grado di imposizione risulta maggiore vengono adoperati i modificatori lessicali.

Rapporto tra pragmatica e grammatica

In questa analisi vediamo come le parlanti native tendono a diluire i loro atti linguistici su vari turni brevi invece le apprendenti tendono ad imporre la richiesta come un blocco unitario che non lascia alternative se non l'accettazione o il rifiuto senza cercare di costruire insieme all'interlocutore un terreno comune per mostrare la nostra cautela nell'invadere il suo territorio. Questo macro-atto della richiesta viene realizzato tramite le mosse iniziali ( apertura, eventuale identificazione e saluti).
In questo studio, le apprendenti producono enunciati che mostrano buona padronanza della sintassi ma scarsa sensibilità alle esigenze pragmatiche della situazione pragmatica poiché sono ansiose di portare a termine il loro compito comunicativo il più velocemente possibile offrendo all'interlocutore tutte le informazioni necessarie sin dal primo turno.
In questo lavoro si mostra che per le apprendenti straniere la competenza grammaticale precede quella pragmatica in quanto solo con il tempo imparano ad usare la competenza grammaticale in modo adeguato sul piano pragmatico. Imparano in altre parole che la realizzazione delle richieste richiede l'uso di enunciati brevi con poca complessità sintattica per consentire di fare dei turni brevi per condensare le informazioni durante lo scambio.


Presentazione di uno studio sull'agire in italiano L2 compiuto da studenti adolescenti maltesi.

I fenomeni pragmatici che si intendono prendere in considerazione sono: i modificatori interni di richieste e proteste.

Le ipotesi di ricerca sono le seguenti:

1. Prima del trattamento didattico gli apprendenti usano i modificatori delle richieste e delle proteste meno frequentemente dei parlanti nativi, e dispongono di una gamma più ristretta di questi strumenti pragmalinguistici.

2. Dopo il trattamento la frequenza e la gamma dei modificatori aumentano maggiormente nei gruppi sperimentali rispetto al gruppo di controllo.

3. La classe con insegnamento implicito ottiene risultati migliori di quella con un insegnamento implicito.
4. Gli effetti del trattamento didattico durano nel tempo.

Con queste ipotesi di ricerca si può vedere come l'obiettivo pragmatico sia quello di vedere cosa fa l'elemento linguistico quando viene usato nell'interazione.

Per ogni atto linguistico viene proposta una situazione nella quale l'interlocutore e' un amico o conoscente e il livello di imposizione e' relativamente alto con  + o - distanza sociale,  con + o - grado di imposizione proveniente dal potere relativo. In altri casi possiamo avere un interlocutore sconosciuto ma con un livello di imposizione minimo ( + distanza, - imposizione).

Le situazioni prese in esame:

Caffè alla macchinetta

descrizione della situazione: durante la pausa a scuola vuoi prendere un caffè al distributore automatico, ma ti accorgi che non hai monete. Vicino al distributore c'è un tuo compagno di classe. Cosa dici?

TU:

amico: eh non lo so. Aspetta che controllo perché anch'io son messo male.

Questa situazione richiede una richiesta con un interlocutore con scarsa distanza sociale ma con un certo grado di imposizione ( -D, +I).

Situazione: camicia da cambiare

descrizione della situazione: hai comprato una camicia per tuo padre, ma quando lui la indossa ti rendi conto che la misura e' sbagliata. Torni al negozio dove l'hai comprato e cosa dici alla commessa?
Questa richiesta e' svolta con una certa distanza sociale e meno grado di imposizione.

Situazione: al bar

descrizione della situazione: al bar ordini un cappuccino, ma ti portano un caffè. Cosa dici al cameriere?
In questa situazione occorre protestare con la presenza di maggiore distanza sociale e meno grado di imposizione.

Situazione: Shopping lento
descrizione: stai facendo shopping con una tua amica che si ferma davanti a tutte le vetrine per almeno 10 minuti. Tu devi ancora comprare molti regali e state camminando già da 2 ore. Cosa dici alla tua amica?
Qui occorre protestare/lamentarsi con meno distanza sociale e più grado di imposizione.

Situazione: libro dimenticato

descrizione della situazione: avevi promesso a un tuo compagno di classe di prestargli un libro, ma l'hai dimenticato a casa. Cosa gli dici quando lo incontri a scuola?
In questa situazione occorre adoperare dei distrattori.

Situazione: bicchiere rotto
descrizione: mentre stai mangiando al ristorante fai cadere a terra il bicchiere che si rompe. Cosa dici al cameriere? Anche in questo caso occorre adoperare dei distrattori.

Situazione: cambiamento di corso

descrizione della situazione: ti sei iscritto a un corso d'italiano, ma dopo le prime due lezioni devi cambiare l'orario del corso a causa di un nuovo impegno che non puoi spostare. Cosa dici al segretario della scuola?
In questa situazione occorre produrre una richiesta con più distanza sociale e meno grado di imposizione.

Situazione: email urgente

descrizione della situazione: e' domenica e devi mandare una email urgente, ma ti accorgi che il computer non funziona. Cosa dici al amico che abita con te?
Questa situazione necessita di una richiesta con meno distanza sociale e più grado di imposizione.

Situazione: Resto sbagliato
descrizione: al supermercato, dopo aver pagato, ti accorgi che la cassiera ti ha dato meno resto di quello che doveva. Cosa le dici?
Occorre protestare con più distanza sociale e meno grado di imposizione.

Situazione: furto di penna

descrizione: all'inizio del corso hai prestato una penna a un amico di classe. Adesso la lezione e' finita e tu vedi che il tuo amico sta mettendo la penna nella sua borsa. Cosa dici?
In questo caso occorre protestare con meno distanza sociale e più grado di imposizione.

Situazione: studente in ritardo
descrizione: arrivi in classe con 20 minuti di ritardo. Cosa dici all'insegnante?
Qui occorre usare dei distrattori

Situazione: cioccolata sul quaderno
Descrizione: durante la pausa hai preso una cioccolata calda al distributore automatico. Mentre torni in classe con il bicchiere pieno, per errore fai cadere un po' di cioccolata sul quaderno di un tuo compagno di classe. Cosa dici?
Anche in questo caso occorre usare dei distrattori.

Nella tabella riferita alle tipologie di richieste prodotte possiamo osservare:

modificatori morfo-sintattici: esempio potresti prestarmi il tuo computer? Uso del condizionale per fare apparire la richiesta come lontana dalla realtà del desiderio/la necessita' del richiedente o l'azione richiesta.

interrogativa negativa: non e' che hai delle monete   Uso dell'interrogativa negativa per fare apparire il richiedente dubbioso sul fatto che l'azione richiesta possa essere compiuta.

Modificatori lessicali   es: per caso hai una moneta?  Questo uso dell'attenuatore permette di fare apparire la richiesta meno impegnativa per il destinatario.

marca di cortesia   es: mi presteresti un euro per un caffè per favore?  In questo modo si fa apparire il richiedente debitore nei confronti del destinatario.

Intensificatore: ho bisogno veramente di un caffè   In questo modo si fa apparire più forte la motivazione che induce il richiedente a fare la richiesta.

In seguito viene proposta la tabella delle tipologie di proteste con i vari modificatori insegnati.

I modificatori morfo-sintattici come il condizionale per fare apparire lontano della realta' il fatto che l'interlocutore sia responsabile dell'azione negativa o che vi possa riparare. Es: mi dovresti ridare la penna.

L'interrogativa negativa come modificatore fa apparire il parlante dubbioso sul fatto che l'interlocutore possa riparare all'azione negativa. Es: non e' che puoi sbrigarti

I modificatori lessicali come l'attenuatore fa apparire l'azione negativa meno grave o la riparazione meno impegnativa per il destinatario. Es: ti sbrighi un po' per favore?

La soggettivizzazione come modificatore lessicale fa apparire l'espressione del giudizio negativo o la richiesta di riparazione come un'opinione personale dell'autore della protesta. Es: credo che mi avete dato il resto sbagliato.

La marca di cortesia come modificatore fa apparire l'autore della protesta debitore nei confronti del destinatario per la riparazione che chiede. Es: puoi controllare per favore?

L'intensificatore come modificatore fa apparire più grave l'azione su cui si esprime il giudizio negativo. Es: il caffè non posso proprio prenderlo ora.

Questi modificatori collegati al contesto consentono agli studenti di capire che facciamo delle richieste o delle proteste in modo differente se parliamo a nostra mamma, all'autista del bus o al preside della scuola. Tuttavia una distanza dai parlanti nativi si riscontra proprio nella diversa sensibilità alle variabili contestuali: mentre nei parlanti nativi l'esigenza di inserire un numero maggiore o modificatore varia in funzione della situazione comunicativa, e in modo particolare di quanto l'atto sia legittimo in quel dato contesto comunicativo, negli apprendenti il ricorso ai modificatori sembra più scollegato dai fattori contestuali: un fenomeno che si nota molto nelle richieste.
Molto suggestiva sembra il caso della marca di cortesia come elemento poco presente nella formulazione delle richieste in italiano mentre molto presente da parte di parlanti non nativi. Per interpretare un tale comportamento linguistico si potrebbe fare ricorso al contesto sociopragmatico italiano dove " per favore" potrebbe essere percepito come un grosso indebitamento in termini di faccia negativa mentre " ti ringrazio" rappresenta un modo per valorizzare la faccia positiva dell'interlocutore, il quale sceglie di essere disponibile e solidale all'interno di un dato contesto comunicativo.

In conclusione, Nuzzo mette in luce come il rapporto tra le funzioni pragmatiche di alcuni elementi linguistici e i fattori contestuali cui sono connesse spesso non risultano sufficientemente chiaro, e quindi rischia di non essere notato da un parlante non nativo. Molti significati pragmatici di forme linguistiche variano in relazione al variare al contesto e pertanto risulta difficile interpretarli e capirne la funzione.  Pare in questo studio che la componente sociopragmatica, vale a dire la conoscenza delle norme sociali che regolano l'agire linguistico in una data cultura risulta difficile da acquisire. Infatti gli studenti sono più sensibili all'apprendimento della componente pragmalinguistica mentre gli studenti continuano a mostrare poca sensibilità per le variabili contestuali.
Insomma risulta chiaro che la pragmatica e' utile e opportuna da insegnare ma occorre ancora indagare molto sugli strumenti più adeguati per farlo.
















 






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