TITOLO: Due di due
AUTORE: Andrea De Carlo
GENERE: romanzo
TRAMA:
E’ la storia dell’amicizia nata tra i banchi di un liceo milanese tra
Mario, il narratore, e Guido. Superate le resistenze iniziali, i due si
frequentano assiduamente e, da lì a poco, diventano inseparabili. Pur
presentando caratteri completamente diversi, hanno in comune la
precarietà del loro futuro e ciò li spinge ad avere bisogno l’uno
dell’altro per completarsi, andare avanti ed essere se stessi.
Mario è
un tipo frustrato, privo di iniziativa. Si trascina nelle sue giornate
vuote e prive di senso. Non ci sa fare con le ragazze; incapace di
suscitare emozioni, è quindi costretto ad accontentarsi degli scarti di
Guido.
Il suo ruolo è limitato ad aiutare Guido a mantenere la
traiettoria scelta, considerata la volubilità dell’amico nel passare da
un obiettivo ad un altro. Infatti Guido possiede un vero e proprio
carisma: ha talento nel cogliere i particolari, manipolare le
situazioni, amplificare i dettagli, ma non vuole sentirsi oppresso dalle
circostanze. Il suo comportamento è davvero imprevedibile. Ciò gli
garantisce il successo con le ragazze ma suscita l’invidia dei compagni
di classe. Un giorno Guido, di fronte all’ennesima incertezza
dell’amico, gli dice: “Lo so come ti senti. E’ come essere dietro un
vetro, non puoi toccare niente di quello che vedi. Ho passato tre quarti
della mia vita chiuso fuori, finché ho capito che l’unico modo è
romperlo. E se hai paura di farti male, prova ad immaginarti di essere
già vecchio e quasi morto, pieno di rimpianti”.
Vivere senza
rimpianti è l’imperativo di Guido e non perde occasione per mettere in
luce il suo spirito da trascinatore: partecipa in prima linea a tutte le
manifestazioni studentesche, cambia regolarmente ragazza, tiene testa
ai professori, diventa attivista in politica, partecipa alle risse,
legge libri di storia per trovare nuovi stimoli da mettere in atto. Odia
la routine, il grigiore di Milano, la civiltà industriale in cui è
costretto a vivere. Si stanca di stare troppo tempo fermo nello stesso
posto, di parlare a lungo di un solo argomento; ama l’improvvisazione e
il divertimento.
Quando Guido decide di lasciare gli studi e di non
partecipare più alle assemblee scolastiche, si avverte il vuoto
nell’aria. Trova lavori saltuari e riesce a eludere il servizio militare
fingendosi pazzo e dando il meglio di sé nel test sulle macchie.
Successivamente
Mario e Guido decidono per una vacanza insieme in Grecia. Anche questa
si trasforma in un’occasione di amicizia, di incontri, di sensazioni
forti, di scelte, di incontri e di addii. Poi Guido si trasferisce a
Londra e Mario, che soffre dell’assenza dell’amico, si lascia trascinare
da un compagno di università in un’avventura allucinante a base di
hashish. Ricoverato in una clinica privata, Mario non ha più le forze
per affrontare la vita fino a quando un lutto in famiglia lo smuove e
finalmente per la prima volta nella sua vita, trova la voglia di
reagire, di far parte del mondo.
Finisce così la prima parte del
libro in cui le debolezze e le incertezze di Mario vengono colmate dalla
sicurezza e dalla spregiudicatezza di Guido.
La sorpresa incredibile
è che nella seconda parte si assiste ad un capovolgimento dei ruoli:
Mario diventa artefice del proprio destino mentre Guido è in balia degli
eventi. Ma procediamo con ordine. Mario perde di vista Guido e scopre
un angolo di paradiso vicino Gubbio; quindi acquista due vecchie case di
pietra e un bel po’ di terreno, deciso ad intraprendere la sua nuova
attività di agricoltore. Quando incontra Martina, decide di applicare la
tecnica del “vetro” e il risultato è garantito: vanno a vivere insieme
in campagna, lontano dalle comodità della città. Ora Mario può prendersi
finalmente cura di qualcuno. Finalmente Guido si fa vivo e va a trovare
l’amico. Gli racconta dei suoi viaggi a Londra, Boston, New York e
Oslo, sempre con ragazze diverse: un infinito peregrinare senza mettere
mai radici. Allora Mario gli propone di rimanere lì nella seconda casa,
disponibile per lui, ma Guido è già proiettato verso l’Australia. In
realtà, però, non sa veramente cosa vuole dalla vita e non riesce più a
trovare alcuna ispirazione nel paesaggio.
Nel frattempo la famiglia di Guido si allarga; nascono due gemelli e lì si trasferisce anche Chiara, la sorella di Martina.
Dallo
scambio epistolare con Guido, Mario comprende che il suo amico è in
preda alla depressione e, tra l’altro, le droghe che assume lo stanno
trascinando inevitabilmente nell’abisso. Quando si rincontrano, Guido è
ridotto davvero male: gli sembra che niente abbia più il minimo
significato. Prima di ripartire, Guido affida a Mario un manoscritto di
200 pagine in cui ha sfogato tutta la sua rabbia contro Milano e contro
la civiltà industriale. Grazie a Mario, Martina e Chiara, il libro viene
pubblicato, Guido recupera un po’ del suo sguardo vigile e trova anche
l’amore di Chiara. Diventa persino padre, ma purtroppo non si tratta di
una rinascita, bensì di una brevissima parentesi positiva. In breve
tempo Guido diventa schiavo dell’alcool, lascia Chiara e vive nella più
totale apatia. L’ultimo tentativo per vincere la malinconia e
riaffacciarsi alla vita è scrivere un altro libro. Poi un giorno giunge
la notizia della morte di Guido in un incidente stradale e Mario si
sente completamente svuotato, come se una parte di sé se ne fosse andata
per sempre. Allora Mario, in preda alla disperazione, ha un impulso da
piromane e dà fuoco alla seconda casa: lo scopo è di vedere una casa
sola, là dove ce n’erano state due.
Mario e Guido sono “due di due”,
come dice il titolo, e in termini matematici dire “2 di 2” vuol dire
considerare l’intero. Quindi, loro due insieme sono complementari.
COMMENTO:
Tutto
il romanzo ruota intorno alla profonda amicizia fra Guido e Mario. E’
un rapporto profondo, sincero, tra due personalità molto diverse: al
carisma eccezionale di Guido, si contrappone l’insicurezza di Mario;
alla sua voglia di evasione dagli schemi e dalle scelte obbligate, si
contrappone la ricerca di stabilità da parte di Mario.
Sinceramente
sono rimasto affascinato da tutti e due: obiettivamente mi riconosco nel
carattere impenetrabile di Guido, nella sua capacità di essere efficace
con poche parole dette al momento opportuno e nei suoi momenti di
totale chiusura verso il mondo.
Non condivido la scelta iniziale di
Mario di limitarsi ad essere l’ombra di Guido solo perché molto sicuro
di sé e dal temperamento vulcanico: non ci si può annullare così, non è
giusto. Credo che ognuno di noi abbia delle attitudini, una vocazione,
un sogno nel cassetto e reputo giusto che esca allo scoperto e trovi un
proprio equilibrio.
Secondo me è stato molto bravo l’autore nel non
far prevalere un personaggio sull’altro; infatti, di solito, quando si
legge un libro, ci si innamora di un personaggio in particolare e tutti
gli altri fanno da sfondo. In questo caso, invece, si rimane affascinati
sia dall’imprevedibilità di Guido che dall’atteggiamento metodico di
Mario, sia dalla vita alternativa dell’uno che dalla ricerca di
stabilità dell’altro. A tale proposito, rende bene la frase di Mario:
"Pensavo a quanto le nostre vite erano state diverse in questi anni, e
anche simili in fondo, due di due possibili percorsi iniziati dallo
stesso bivio...".
Questo libro mi ha portato a riflettere sulle
infinite occasioni che si presentano nella vita e che, a volte, vanno
colte al volo, mentre altre volte, con le dovute considerazioni. Inoltre
mi ha insegnato che le cose non sono mai quello che sembrano. Infatti
Guido sembrerebbe un vero e proprio modello di ragazzo vincente, mentre
Mario un perdente. In realtà, io credo che non si nasca vincenti o
perdenti, ma che ognuno di noi sia un po’ dell’uno e un po’ dell’altro e
che ciò dipenda dallo stato d’animo del momento e dalla situazione che
si sta vivendo. E questo libro ne è l’esempio.
Blog dedicato alla didattica della lingua e cultura italiana in senso antropologico, pragmatico e anche tradizionale.
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martedì 20 febbraio 2018
venerdì 16 febbraio 2018
monologo di benigni
Monologo dal
film "La tigre e la neve" di Roberto Benigni
Su su… Svelti, veloci, piano,
con calma…non v’affrettate.Poi non scrivete subito poesie d’amore, che sono le più difficili, aspettate almeno almeno un’ottantina d’anni.
Scrivetele su un altro argomento… che ne so… sul mare, il vento, un termosifone, un tram in ritardo… ecco, che non esiste una cosa più poetica di un’altra! Eh?
Avete capito?
La poesia non è fuori, è dentro…
Cos’è la poesia, non chiedermelo più,
guardati nello specchio, la poesia sei tu…
… E vestitele bene le poesie, cercate bene le parole… dovete sceglierle!
A volte ci vogliono otto mesi per trovare una parola!
Sceglietele… che la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere.
Da Adamo ed Eva…
Lo sapete Eva quanto c’ha messo prima di scegliere la foglia di fico giusta!
“Come mi sta questa, come mi sta questa, come mi sta questa…” ha spogliato tutti i fichi del paradiso terrestre!
Innamoratevi…! Se non vi innamorate è tutto morto… morto tutto è.
Vi dovete innamorare e diventa tutto vivo, si muove tutto… dilapidate la gioia, sperperate l’allegria, siate tristi e taciturni con esuberanza!
Fate soffiare in faccia alla gente la FELICITÀ! E come si fa? …fammi vedere gli appunti che mi sono scordato… questo è quello che dovete fare…
Non sono riuscito a leggerli! Ora mi sono dimenticato.
Per trasmettere la felicità, bisogna essere FELICI.
E per trasmettere il dolore, bisogna essere FELICI.
Siate FELICI!
Dovete patire, stare male, soffrire… non abbiate paura a soffrire, tutto il mondo soffre! Eh?
E se non avete i mezzi non vi preoccupate… tanto per fare poesia una sola cosa è necessaria… tutto.
Avete capito?
E non cercate la novità… la novità è la cosa più vecchia che ci sia…
E se il verso non vi viene da questa posizione, da questa, da così, beh, buttatevi in terra! Mettetevi così!
Eccolo qua … ohooo… è da distesi che si vede il cielo…
Guarda che bellezza…perché non mi ci sono messo prima…
Cosa guardate? I poeti non guardano, vedono.
Fatevi obbedire dalle parole… Se la parola “muro”, “muro” non vi da retta, non usatela più… per otto anni, così impara!
Chi è questo, boooh non lo so!
Questa è la bellezza, come quei versi là che voglio che rimangano scritti lì per sempre…
Forza, cancellate tutto che dobbiamo cominciare!
La lezione è finita.
Ciao ragazzi, ci vediamo mercoledì, giovedì… Ciao.
sketch divertenti con copioni
http://sebastianogambacorta.blogspot.fr/p/miei-copioni-sono-i-piu-utilizzati.html
"Il Dottore e Pantalone" - Commedia dell'Arte
https://italiano.sismondi.ch/civi/Venezia/Venise/testi/textes_venise/goldoni_servitore.html
Scena seconda
Il Dottore, poi Pantalone.
Dottore: Povero figliuolo, lo compatisco. Non doveva mai il signor Pantalone lusingarlo a tal segno, prima di essere certo della morte del torinese. Vorrei pure vederlo quieto, e non vorrei che la collera me lo facesse precipitare.
Pantalone: (Cossa fa el Dottor in casa mia?) (da sé).
Dottore: Oh, signor Pantalone, vi riverisco.
Pantalone: Schiavo, sior Dottor. Giusto adesso vegniva a cercar de vu e de vostro fio.
Dottore: Sí? Bravo, m'immagino che dovevate venir in traccia di noi, per assicurarci che la signora Clarice sarà moglie di Silvio.
Pantalone: Anzi vegniva per dirve... (mostrando difficoltà di parlare).
Dottore: No, non c'è bisogno di altre giustificazioni. Compatisco il caso in cui vi siete trovato. Tutto vi si passa in grazia della buona amicizia.
Pantalone: Seguro, che considerando la promessa fatta a sior Federigo... (titubando, come sopra).
Dottore: E colto all'improvviso da lui, non avete avuto tempo a riflettere; e non avete pensato all'affronto che si faceva alla nostra casa.
Pantalone: No se pol dir affronto, quando con un altro contratto...
Dottore: SO che cosa volete dire. Pareva a prima vista che la promessa col torinese fosse indissolubile, perché stipulata per via di contratto. Ma quello era un contratto seguito fra voi e lui; e il nostro è confermato dalla fanciulla.
Pantalone: Xe vero; ma...
Dottore: E sapete bene che in materia di matrimoni: Consensus et non concubitus facit virum.
Pantalone: Mi no so de latin; ma ve digo...
Dottore: E le ragazze non bisogna sacrificarle.
Pantalone: Aveu altro da dir?
Dottore: Per me ho detto.
Pantalone: Aveu fenio?
Dottore: Ho finito.
Pantalone: Possio parlar?
Dottore: Parlate.
Pantalone: Sior dottor caro, con tutta la vostra dottrina...
Dottore: Circa alla dote ci aggiusteremo. Poco piú, poco meno, non guarderò.
Pantalone: Semo da capo. Voleu lassarme parlar?
Dottore: Parlate.
Pantalone: Ve digo che la vostra dottrina xe bella e bona; ma in sto caso no la conclude.
Dottore: E voi comporterete che segua un tal matrimonio?
Pantalone: Per mi giera impegnà, che no me podeva cavar. Mia fia xe contenta; che difficoltà possio aver? Vegniva a posta a cercar de vu o de sior Silvio, per dirve sta cossa. La me despiase assae, ma non ghe vedo remedio.
Dottore: Non mi maraviglio della vostra figliuola; mi maraviglio di voi, che trattiate sì malamente con me. Se non eravate sicuro della morte del signor Federigo, non avevate a impegnarvi col mio figliuolo; e se con lui vi siete impegnato, avete a mantener la parola a costo di tutto. La nuova della morte di Federigo giustificava bastantemente, anche presso di lui, la vostra nuova risoluzione, né poteva egli rimproverarvi, né aveva luogo a pretendere veruna soddisfazione. Gli sponsali contratti questa mattina fra la signora Clarice ed il mio figliuolo coram testibus non potevano essere sciolti da una semplice parola data da voi ad un altro. Mi darebbe l'animo colle ragioni di mio figliuolo render nullo ogni nuovo contratto, e obbligar vostra figlia a prenderlo per marito; ma mi vergognerei d'avere in casa mia una nuora di cosí poca riputazione, una figlia di un uomo senza paro la, come voi siete. Signor Pantalone, ricordatevi che l'avete fatta a me, che l'avete fatta alla casa Lombardi verrà il tempo che forse me la dovrete pagare: sí, verrà il tempo: omnia tempus habent (parte).
--------------------------------------------------------------------------------
Il Dottore, poi Pantalone.
Dottore: Povero figliuolo, lo compatisco. Non doveva mai il signor Pantalone lusingarlo a tal segno, prima di essere certo della morte del torinese. Vorrei pure vederlo quieto, e non vorrei che la collera me lo facesse precipitare.
Pantalone: (Cossa fa el Dottor in casa mia?) (da sé).
Dottore: Oh, signor Pantalone, vi riverisco.
Pantalone: Schiavo, sior Dottor. Giusto adesso vegniva a cercar de vu e de vostro fio.
Dottore: Sí? Bravo, m'immagino che dovevate venir in traccia di noi, per assicurarci che la signora Clarice sarà moglie di Silvio.
Pantalone: Anzi vegniva per dirve... (mostrando difficoltà di parlare).
Dottore: No, non c'è bisogno di altre giustificazioni. Compatisco il caso in cui vi siete trovato. Tutto vi si passa in grazia della buona amicizia.
Pantalone: Seguro, che considerando la promessa fatta a sior Federigo... (titubando, come sopra).
Dottore: E colto all'improvviso da lui, non avete avuto tempo a riflettere; e non avete pensato all'affronto che si faceva alla nostra casa.
Pantalone: No se pol dir affronto, quando con un altro contratto...
Dottore: SO che cosa volete dire. Pareva a prima vista che la promessa col torinese fosse indissolubile, perché stipulata per via di contratto. Ma quello era un contratto seguito fra voi e lui; e il nostro è confermato dalla fanciulla.
Pantalone: Xe vero; ma...
Dottore: E sapete bene che in materia di matrimoni: Consensus et non concubitus facit virum.
Pantalone: Mi no so de latin; ma ve digo...
Dottore: E le ragazze non bisogna sacrificarle.
Pantalone: Aveu altro da dir?
Dottore: Per me ho detto.
Pantalone: Aveu fenio?
Dottore: Ho finito.
Pantalone: Possio parlar?
Dottore: Parlate.
Pantalone: Sior dottor caro, con tutta la vostra dottrina...
Dottore: Circa alla dote ci aggiusteremo. Poco piú, poco meno, non guarderò.
Pantalone: Semo da capo. Voleu lassarme parlar?
Dottore: Parlate.
Pantalone: Ve digo che la vostra dottrina xe bella e bona; ma in sto caso no la conclude.
Dottore: E voi comporterete che segua un tal matrimonio?
Pantalone: Per mi giera impegnà, che no me podeva cavar. Mia fia xe contenta; che difficoltà possio aver? Vegniva a posta a cercar de vu o de sior Silvio, per dirve sta cossa. La me despiase assae, ma non ghe vedo remedio.
Dottore: Non mi maraviglio della vostra figliuola; mi maraviglio di voi, che trattiate sì malamente con me. Se non eravate sicuro della morte del signor Federigo, non avevate a impegnarvi col mio figliuolo; e se con lui vi siete impegnato, avete a mantener la parola a costo di tutto. La nuova della morte di Federigo giustificava bastantemente, anche presso di lui, la vostra nuova risoluzione, né poteva egli rimproverarvi, né aveva luogo a pretendere veruna soddisfazione. Gli sponsali contratti questa mattina fra la signora Clarice ed il mio figliuolo coram testibus non potevano essere sciolti da una semplice parola data da voi ad un altro. Mi darebbe l'animo colle ragioni di mio figliuolo render nullo ogni nuovo contratto, e obbligar vostra figlia a prenderlo per marito; ma mi vergognerei d'avere in casa mia una nuora di cosí poca riputazione, una figlia di un uomo senza paro la, come voi siete. Signor Pantalone, ricordatevi che l'avete fatta a me, che l'avete fatta alla casa Lombardi verrà il tempo che forse me la dovrete pagare: sí, verrà il tempo: omnia tempus habent (parte).
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martedì 13 febbraio 2018
ARLECCHINO FINTO SORDO
ARLECCHINO
FINTO SORDO
Arlecchino,
come al solito, non ha proprio voglia
di
lavorare, così decide di fingersi sordo.
Arriva
Pantalone
P.:
Arlecchino! Corri a prendermi la medicina.
A.:
Devo andare in piscina?
P.:
Ma che piscina! Voglio la medicina!
A.:
Devo andare in cucina?
P.:
Ma no, devi andare in farmacia.
A.:
Non conosco nessuna Lucia.
P.:
Ma che Lucia e Lucia! Dì un po’,
Arlecchino, stai diventando
matto?
A.:
No, non sto diventando matto. Sono diventato
sordo.
Da questa mattina non sento più.
P.:
Che cosa?
A.:
Quale rosa? Vi ho detto che sono diventato
sordo.
Sordo! Sordo! Sordo!
P.:
Ah! Se sei sordo ti farò guarire io con questo
bastone.
A.:
No. Aiuto! Ho capito, corro subito in farmacia
test su maschere di carnevale
http://www.nanopress.it/cultura/2015/03/10/quiz-quanto-ne-sai-sulle-tradizioni-e-sulle-maschere-di-carnevale-in-italia-2/58233/
http://www.maestrasabry.it/files/RECITE_VARIE.pdf
http://libreriamo.it/test/carnevale-quale-maschera-sei-scoprilo-con-questo-test/
http://www.maestrasabry.it/files/RECITE_VARIE.pdf
http://libreriamo.it/test/carnevale-quale-maschera-sei-scoprilo-con-questo-test/
lunedì 12 febbraio 2018
Titolo: I simboli, gli eroi, gli slogan e i riti presenti nel tuo paese
Titolo:
I simboli, gli eroi, gli slogan e i riti presenti nel tuo paese.
Obiettivo: sviluppo dell'abilità della
produzione orale e dell'ascolto
Tempo: 20 minuti
Materiali: lavagna e gesso
Procedura: Proponiamo ad una classe
composta da studenti provenienti da varie nazioni di elencare,
tramite una serie di tabelle nel proprio quaderno di classe, una
lista dei seguenti elementi di natura culturale:
3 miti del proprio paese ( ad esempio:
Roberto Baggio e Benigni sono dei miti per numerosi italiani), 3
slogan ( ad esempio: “comunque vada sarà un successo” di
Chiambretti durante un'edizione di San Remo), 3 eroi ( ad esempio:
Garibaldi, Cavour. De Gasperi, Pertini) e per finire 3 rituali
presenti nel proprio paese ( ad esempio: la lettura dei giornali
all'interno di numerosi bar in Italia, portare le paste la domenica,
mangiare dai genitori la domenica, andare al bar sotto casa).
Ogni studente ha 15 minuti per
individuare questi elementi culturali e per spiegare le motivazioni
della sua scelta. Dopo la fase di reperimento di informazioni, gli
studenti saranno chiamati uno alla volta a raccontare ed ascoltare i
temi culturali e le motivazioni di ogni studente. Alla fine dei vari
turni di parola degli studenti, l'insegnante per verificare
l'apprendimento degli studenti chiederà di ricordare il contenuto
culturale presentato da uno studente ad un ulteriore studente.
Attività didattica nata dalla lettura
del testo di Geert Hofstede (2001) Culture's consequences. Second
Edition. Comparing value, behaviours, institutions and organizations
across nations, Thousand Oaks- London- New Dehli, Sage
Publications
sabato 10 febbraio 2018
attività per il carnevale
Conosci alcune tradizioni legate al Carnevale di Venezia?
Quali emozioni ha suscitato il video?
Conosci altri paesi in cui si festeggia il Carnevale? In che modo?
https://libreriamo.it/test/carnevale-quale-maschera-sei-scoprilo-con-questo-test/
http://www.stranita.it/materiali/fatti-da-voi/materiali-su-venezia-1
mercoledì 7 febbraio 2018
martedì 6 febbraio 2018
lunedì 5 febbraio 2018
domenica 4 febbraio 2018
sabato 3 febbraio 2018
travaglio Ghedini materiale audio corpus
alcuni passaggi del video
Travaglio; […]
Se la vittima la famiglia vittima del sequestro di persona non ti
autorizza a mettere sotto [ …
Ghedini; ma non è
vero
Travaglio; tu non
puoi mettere sotto il suo telefono
Ghedini; ma non è
vero è nel 51 comma bis, ma non dica cose false
Travaglio.
Travaglio; [ salvo [
che tu dimostri che quello sequestro lo sta facendo la mafia
Ghedini; [ Non è
vero. NON E’ VERO (scandito lentamente)
Travaglio; ma
avvocato
Ghedini; [ ma non
è vero solo per scopo d'estorsione e nel 630
Travaglio; ma
avvocato non faccia così ma non faccia così anche con me
Ghedini;
ma scusi non faccio così è però
Travaglio;
mi faccia solo finire
Ghedini; ma
va bene ma come faccio non è un pic-nic
[…]
Travaglio; e com'è
possibile che nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario
tutti i procuratori generali abbiano detto le stesse cose che sto
dicendo io
Ghedini; [ ma non
è vero
Travaglio; com'è
possibile che oggi l'associazione magistrati abbia fatto un
comunicato dicendo le stesse cose che dico io […]
venerdì 2 febbraio 2018
temi sull'amicizia terminale esabac
Commento Manzoni sull'amicizia:
Alessandro Manzoni in un brano de I Promessi Sposi. Renzo, tornato al suo paese dopo molto tempo, incontra un vecchio amico e scopre di essere molto più affezionato a lui di quanto credesse: «E, dopo un’assenza di forse due anni, si trovarono a un tratto molto più amici di quello che avesser mai saputo d’essere nel tempo che si vedevano quasi ogni giorno; perché all’uno e all’altro […] eran toccate di quelle cose che fanno conoscere che balsamo sia all’animo la benevolenza; tanto quella che si sente, quanto quella che si trova negli altri»9. Infine, l’amicizia risponde anche ad un bisogno naturale di sostegno e incoraggiamento che tutti provano durante il corso della vita. Cosa c’è infatti, di più gratificante nei momenti di sconforto, che il poter confidarsi con un amico?
commento Guccini:
Un altro grande esponente del significato di amicizia fu il cantautore Francesco Guccini che, nel 1974 con l’album ‘’Stanze di vita quotidiana’’, nella ‘’Canzone per Piero’’ racconta la sua più grande amicizia. Parla, ormai dopo venticinque anni, di ‘’quei giorni spesi a parlare di niente sdraiati al sole inseguendo la vita, come qualcosa capito per sempre’’ e delle ‘’risate più pazze, di sbornie assurde e fantasie’’. In sostanza, la sua vita si è svolta con l’amico Pietro, sono stati adolescenti insieme e adesso stanno invecchiando.
Tutto ciò dimostra che l’uomo non è fatto per stare da solo, e l’amicizia è una delle cose fondamentali che costituiscono la sua vita.
la luna e i falò di Cesare Pavese
la luna e i falò tratta il tema dell' amicizia come sentimento in cui si trova quella protezione che non si è potuto avere dai suoi genitori e crea di conseguenza una grande fiducia tra i personaggi in questione.
http://www.istalcidedegasperi.it/website/phocadownload/articoli/Traccia%20saggio%20Amicizia.pdf
http://www.laspigaedizioni.it/ipromessisposi/Prima%20parte%20-%20Percorsi%20tematici_4.pdf
http://www.istitutochiaravalle.altervista.org/attachments/article/208/UDA%20Amicizia.pdf
canzoni di piero
http://www.fabiosroom.eu/it/canzoni/canzone-per-piero/
Cicerone
Tutti sanno che la vita non è vita senza
amicizia, se, almeno in parte, si vuole vivere
da uomini liberi. […] Allora è vero quanto
ripeteva, se non erro, Architta di Taranto […]
"Se un uomo salisse in cielo e contemplasse
la natura dell'universo e la bellezza degli
astri, la meraviglia di tale visione non
gli darebbe la gioia più intensa, come dovrebbe,
ma quasi un dispiacere, perché non avrebbe
nessuno a cui comunicarla". Così la natura
non ama affatto l'isolamento e cerca sempre
di appoggiarsi, per così dire, a un sostegno,
che è tanto più dolce quanto più è caro l'amico.
CICERONE, De amicitia
Renzo nei promessi Sposi
"Renzo …!" disse quello, esclamando insieme e interrogando. "Proprio," disse Renzo; e si corsero incontro. "Sei proprio tu!" disse l'amico, quando furon vicini: "oh che gusto ho di vederti! Chi l'avrebbe pensato?" […] E, dopo un'assenza di forse due anni, si trovarono a un tratto molto più amici di quello che avesser mai saputo d'essere nel tempo che si vedevano quasi ogni giorno; perché all'uno e all'altro […] eran toccate di quelle cose che fanno conoscere che balsamo sia all'animo la benevolenza; tanto quella che si sente, quanto quella che si trova negli altri. […] Raccontò anche lui all'amico le sue vicende, e n'ebbe in contraccambio cento storie, del passaggio dell'esercito, della peste, d'untori, di prodigi. "Son cose brutte," disse l'amico, accompagnando Renzo in una camera che il contagio aveva resa disabitata; "cose che non si sarebbe mai creduto di vedere; cose da levarvi l'allegria per tutta la vita; ma però, a parlarne tra amici, è un sollievo".
A. MANZONI, I Promessi Sposi, cap. XXXIII, 1827
Quattro amici al bar di Gino Paoli
Quattro amici al bar” è una canzone di Gino Paoli del 1991. Il brano, uno dei suoi maggiori successi, racconta le ambizioni, i sogni e le speranze di un gruppo di amici che crescendo scelgono la certezza di un lavoro fisso e una famiglia. Ma proprio quando gli amici se ne sono andati, arriva una nuova generazione di sognatori.
testo
Eravamo quattro amici al bar
che volevano cambiare il mondo,
destinati a qualche cosa in più
che a una donna ed un impiego in banca.
Si parlava con profondità di anarchia e di libertà,
tra un bicchier di coca ed un caffè
tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi “farò…”.
Eravamo tre amici al bar
uno si è impiegato in una banca,
si può fare molto pure in tre
mentre gli altri se ne stanno a casa.
Si parlava in tutta onestà di individui e solidarietà
tra un bicchier di vino ed un caffè
tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi “però…”.
Eravamo due amici al bar
uno è andato con la donna al mare,
i più forti però siamo noi
qui non serve mica essere in tanti.
Si parlava con tenacità di speranze e possibilità
tra un bicchier di whisky ed un caffè
tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi “sarà…”.
Son rimasto io da solo al bar
gli altri sono tutti quanti a casa
e quest’oggi verso le tre son venuti quattro ragazzini
son seduti lì vicino a me con davanti due coche e due caffè,
li sentivo chiacchierare han deciso di cambiare
tutto questo mondo che non va.
Sono qui con quattro amici al bar
che hanno voglia di cambiare il mondo.
definizione di amicizia in Treccani
amicizia Vivo e scambievole affetto fra due o più persone, ispirato in genere da affinità di sentimenti e da reciproca stima. Nella filosofia greca il termine a. (ϕιλία) si incontra dapprima come concetto fisico in Empedocle con il significato di forza cosmica, e insieme anche di divinità, che spinge in armonica unità gli elementi (aria, acqua, terra, fuoco). Come concetto etico, l’a. nelle prime determinazioni datene dai pensatori antichi (e particolarmente da Platone nel Liside) non veniva ancora nettamente distinta dal concetto dell’ἔρως, cioè dell’amore, della tendenza affettiva in genere. Una prima delimitazione del concetto fu data da Aristotele, che definì l’a. come amore di benevolenza (per cui l’amante vuole, non il bene proprio, come nell’amore di concupiscenza, ma quello dell’amato), caratterizzato altresì dalla reciprocità e dal ‘convivere’, cioè dalla comunanza di ideali e di vita. Dopo Aristotele, il tema fu largamente sviluppato, specie dai peripatetici, dagli stoici e dagli epicurei. All’argomento è dedicata una delle operette filosofiche di Cicerone, il Laelius. Il concetto dell’a. sulla base della definizione aristotelica è stato assunto dal cristianesimo e insieme elevato: al disopra dell’a. naturale e umana vi è quella cristiana, fondata sull’amore fraterno che congiunge gli uomini fra loro e con Dio, Padre comune. Secondo una concezione già manifesta nella Bibbia (dove Abramo è detto «amico di Dio» e questi parla a Mosè come a un amico e Gesù chiama amici, non servi, i discepoli) e che ha risonanze anche fuori del cristianesimo (Filone, mandeismo, manicheismo), esiste inoltre un’a. soprannaturale, divina. S. Tommaso, sviluppando concetti aristotelici e cristiano-neoplatonici (pseudo-Dionigi Areopagita), vede in essa l’essenza della carità infusa, in quanto questa implica la benevolenza mutua tra il giusto, che vuole la gloria di Dio, e Dio che vuole il bene del giusto e gli conferisce la grazia santificante, per cui potrà vedere Dio faccia a faccia. Questa concezione venne fatta propria specialmente dai domenicani tedeschi e acquistò un’importanza speciale nella mistica tedesca del sec. 14°, tra i gruppi degli Amici di Dio.
definizione della parola amicizia nel dizionario Garzanti
1. legame tra persone basato su affinità di sentimenti, schiettezza, disinteresse e reciproca stima: rapporto di amicizia; fare, stringere amicizia con qualcuno; rompere, troncare l’amicizia; amicizia interessata, che mira a un utile, non sincera | buone relazioni: l’amicizia tra due paesi, stati, nazioni | (prov.) patti chiari, amicizia lunga
2. relazione amorosa (quando non la si vuole nominare in modo esplicito)
3. (spec. pl.) persona con cui si ha un legame di amicizia: la cerchia delle amicizie | persona, specialmente influente, con cui si ha una relazione sociale e che può tornare utile: avere amicizie nella magistratura
Alessandro Manzoni in un brano de I Promessi Sposi. Renzo, tornato al suo paese dopo molto tempo, incontra un vecchio amico e scopre di essere molto più affezionato a lui di quanto credesse: «E, dopo un’assenza di forse due anni, si trovarono a un tratto molto più amici di quello che avesser mai saputo d’essere nel tempo che si vedevano quasi ogni giorno; perché all’uno e all’altro […] eran toccate di quelle cose che fanno conoscere che balsamo sia all’animo la benevolenza; tanto quella che si sente, quanto quella che si trova negli altri»9. Infine, l’amicizia risponde anche ad un bisogno naturale di sostegno e incoraggiamento che tutti provano durante il corso della vita. Cosa c’è infatti, di più gratificante nei momenti di sconforto, che il poter confidarsi con un amico?
commento Guccini:
Un altro grande esponente del significato di amicizia fu il cantautore Francesco Guccini che, nel 1974 con l’album ‘’Stanze di vita quotidiana’’, nella ‘’Canzone per Piero’’ racconta la sua più grande amicizia. Parla, ormai dopo venticinque anni, di ‘’quei giorni spesi a parlare di niente sdraiati al sole inseguendo la vita, come qualcosa capito per sempre’’ e delle ‘’risate più pazze, di sbornie assurde e fantasie’’. In sostanza, la sua vita si è svolta con l’amico Pietro, sono stati adolescenti insieme e adesso stanno invecchiando.
Tutto ciò dimostra che l’uomo non è fatto per stare da solo, e l’amicizia è una delle cose fondamentali che costituiscono la sua vita.
la luna e i falò di Cesare Pavese
la luna e i falò tratta il tema dell' amicizia come sentimento in cui si trova quella protezione che non si è potuto avere dai suoi genitori e crea di conseguenza una grande fiducia tra i personaggi in questione.
http://www.istalcidedegasperi.it/website/phocadownload/articoli/Traccia%20saggio%20Amicizia.pdf
http://www.laspigaedizioni.it/ipromessisposi/Prima%20parte%20-%20Percorsi%20tematici_4.pdf
http://www.istitutochiaravalle.altervista.org/attachments/article/208/UDA%20Amicizia.pdf
canzoni di piero
http://www.fabiosroom.eu/it/canzoni/canzone-per-piero/
DOCUMENTO 1
Francesco
Guccini, Canzone per Piero (1)
(Stanze
di vita quotidiana,
1974)
Mio
vecchio amico di giorni e pensieri,
da quanto tempo che ci conosciamo,
venticinque anni sono tanti e diciamo,
un po' retorici, che sembra ieri.
Invece io so che è diverso e tu sai
quello che il tempo ci ha preso e ci ha dato,
io appena giovane sono invecchiato,
tu forse giovane non sei stato mai.
Ma d'illusioni non ne abbiamo avute,
o forse sì, ma nemmeno ricordo,
tutte parole che si son perdute
con la realtà incontrata ogni giorno.
Chi glielo dice a chi è giovane adesso
di quante volte si possa sbagliare
fino al disgusto di ricominciare
perché ogni volta è poi sempre lo stesso.
Eppure il mondo continua e va avanti
con noi o senza e ogni cosa si crea
su ciò che muore e ogni nuova idea
su vecchie idee e ogni gioia sui pianti.
Ma più che triste, ora, è buffo pensare
a tutti i giorni che abbiamo sprecati,
a tutti gli attimi lasciati andare,
ai miti belli delle nostre estati.
[…]
Quei giorni spesi a parlare di niente,
sdraiati al sole inseguendo la vita,
come l'avessimo sempre capita,
come qualcosa capito per sempre.
Il mio Leopardi, le tue teologie,
esiste Dio? (2) Le risate più pazze,
le sbornie assurde, le mie fantasie,
le mie avventure in città con ragazze.
[…]
Le sigarette con rabbia fumate,
i blue jeans vecchi e le poche lire,
sembrava che non dovesse finire
ma ad ogni autunno finiva l'estate.
Poi tutto è andato e diciamo siam vecchi,
ma cosa siamo e che senso ha mai questo
nostro cammino di sogni fra specchi,
tu che lavori quando io vado a letto (3).
.....
da quanto tempo che ci conosciamo,
venticinque anni sono tanti e diciamo,
un po' retorici, che sembra ieri.
Invece io so che è diverso e tu sai
quello che il tempo ci ha preso e ci ha dato,
io appena giovane sono invecchiato,
tu forse giovane non sei stato mai.
Ma d'illusioni non ne abbiamo avute,
o forse sì, ma nemmeno ricordo,
tutte parole che si son perdute
con la realtà incontrata ogni giorno.
Chi glielo dice a chi è giovane adesso
di quante volte si possa sbagliare
fino al disgusto di ricominciare
perché ogni volta è poi sempre lo stesso.
Eppure il mondo continua e va avanti
con noi o senza e ogni cosa si crea
su ciò che muore e ogni nuova idea
su vecchie idee e ogni gioia sui pianti.
Ma più che triste, ora, è buffo pensare
a tutti i giorni che abbiamo sprecati,
a tutti gli attimi lasciati andare,
ai miti belli delle nostre estati.
[…]
Quei giorni spesi a parlare di niente,
sdraiati al sole inseguendo la vita,
come l'avessimo sempre capita,
come qualcosa capito per sempre.
Il mio Leopardi, le tue teologie,
esiste Dio? (2) Le risate più pazze,
le sbornie assurde, le mie fantasie,
le mie avventure in città con ragazze.
[…]
Le sigarette con rabbia fumate,
i blue jeans vecchi e le poche lire,
sembrava che non dovesse finire
ma ad ogni autunno finiva l'estate.
Poi tutto è andato e diciamo siam vecchi,
ma cosa siamo e che senso ha mai questo
nostro cammino di sogni fra specchi,
tu che lavori quando io vado a letto (3).
- Guccini conobbe Piero all’età di nove anni, durante un’estate.
- Sono allusioni alle discussioni filosofico-esistenziali tipiche dell’adolescenza.
- L’espressione è significativa e indica due vite che ora non si incontrano più come in passato.
Cicerone
Tutti sanno che la vita non è vita senza
amicizia, se, almeno in parte, si vuole vivere
da uomini liberi. […] Allora è vero quanto
ripeteva, se non erro, Architta di Taranto […]
"Se un uomo salisse in cielo e contemplasse
la natura dell'universo e la bellezza degli
astri, la meraviglia di tale visione non
gli darebbe la gioia più intensa, come dovrebbe,
ma quasi un dispiacere, perché non avrebbe
nessuno a cui comunicarla". Così la natura
non ama affatto l'isolamento e cerca sempre
di appoggiarsi, per così dire, a un sostegno,
che è tanto più dolce quanto più è caro l'amico.
CICERONE, De amicitia
Renzo nei promessi Sposi
"Renzo …!" disse quello, esclamando insieme e interrogando. "Proprio," disse Renzo; e si corsero incontro. "Sei proprio tu!" disse l'amico, quando furon vicini: "oh che gusto ho di vederti! Chi l'avrebbe pensato?" […] E, dopo un'assenza di forse due anni, si trovarono a un tratto molto più amici di quello che avesser mai saputo d'essere nel tempo che si vedevano quasi ogni giorno; perché all'uno e all'altro […] eran toccate di quelle cose che fanno conoscere che balsamo sia all'animo la benevolenza; tanto quella che si sente, quanto quella che si trova negli altri. […] Raccontò anche lui all'amico le sue vicende, e n'ebbe in contraccambio cento storie, del passaggio dell'esercito, della peste, d'untori, di prodigi. "Son cose brutte," disse l'amico, accompagnando Renzo in una camera che il contagio aveva resa disabitata; "cose che non si sarebbe mai creduto di vedere; cose da levarvi l'allegria per tutta la vita; ma però, a parlarne tra amici, è un sollievo".
A. MANZONI, I Promessi Sposi, cap. XXXIII, 1827
Quattro amici al bar di Gino Paoli
Quattro amici al bar” è una canzone di Gino Paoli del 1991. Il brano, uno dei suoi maggiori successi, racconta le ambizioni, i sogni e le speranze di un gruppo di amici che crescendo scelgono la certezza di un lavoro fisso e una famiglia. Ma proprio quando gli amici se ne sono andati, arriva una nuova generazione di sognatori.
testo
Eravamo quattro amici al bar
che volevano cambiare il mondo,
destinati a qualche cosa in più
che a una donna ed un impiego in banca.
Si parlava con profondità di anarchia e di libertà,
tra un bicchier di coca ed un caffè
tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi “farò…”.
Eravamo tre amici al bar
uno si è impiegato in una banca,
si può fare molto pure in tre
mentre gli altri se ne stanno a casa.
Si parlava in tutta onestà di individui e solidarietà
tra un bicchier di vino ed un caffè
tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi “però…”.
Eravamo due amici al bar
uno è andato con la donna al mare,
i più forti però siamo noi
qui non serve mica essere in tanti.
Si parlava con tenacità di speranze e possibilità
tra un bicchier di whisky ed un caffè
tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi “sarà…”.
Son rimasto io da solo al bar
gli altri sono tutti quanti a casa
e quest’oggi verso le tre son venuti quattro ragazzini
son seduti lì vicino a me con davanti due coche e due caffè,
li sentivo chiacchierare han deciso di cambiare
tutto questo mondo che non va.
Sono qui con quattro amici al bar
che hanno voglia di cambiare il mondo.
definizione di amicizia in Treccani
amicizia Vivo e scambievole affetto fra due o più persone, ispirato in genere da affinità di sentimenti e da reciproca stima. Nella filosofia greca il termine a. (ϕιλία) si incontra dapprima come concetto fisico in Empedocle con il significato di forza cosmica, e insieme anche di divinità, che spinge in armonica unità gli elementi (aria, acqua, terra, fuoco). Come concetto etico, l’a. nelle prime determinazioni datene dai pensatori antichi (e particolarmente da Platone nel Liside) non veniva ancora nettamente distinta dal concetto dell’ἔρως, cioè dell’amore, della tendenza affettiva in genere. Una prima delimitazione del concetto fu data da Aristotele, che definì l’a. come amore di benevolenza (per cui l’amante vuole, non il bene proprio, come nell’amore di concupiscenza, ma quello dell’amato), caratterizzato altresì dalla reciprocità e dal ‘convivere’, cioè dalla comunanza di ideali e di vita. Dopo Aristotele, il tema fu largamente sviluppato, specie dai peripatetici, dagli stoici e dagli epicurei. All’argomento è dedicata una delle operette filosofiche di Cicerone, il Laelius. Il concetto dell’a. sulla base della definizione aristotelica è stato assunto dal cristianesimo e insieme elevato: al disopra dell’a. naturale e umana vi è quella cristiana, fondata sull’amore fraterno che congiunge gli uomini fra loro e con Dio, Padre comune. Secondo una concezione già manifesta nella Bibbia (dove Abramo è detto «amico di Dio» e questi parla a Mosè come a un amico e Gesù chiama amici, non servi, i discepoli) e che ha risonanze anche fuori del cristianesimo (Filone, mandeismo, manicheismo), esiste inoltre un’a. soprannaturale, divina. S. Tommaso, sviluppando concetti aristotelici e cristiano-neoplatonici (pseudo-Dionigi Areopagita), vede in essa l’essenza della carità infusa, in quanto questa implica la benevolenza mutua tra il giusto, che vuole la gloria di Dio, e Dio che vuole il bene del giusto e gli conferisce la grazia santificante, per cui potrà vedere Dio faccia a faccia. Questa concezione venne fatta propria specialmente dai domenicani tedeschi e acquistò un’importanza speciale nella mistica tedesca del sec. 14°, tra i gruppi degli Amici di Dio.
definizione della parola amicizia nel dizionario Garzanti
1. legame tra persone basato su affinità di sentimenti, schiettezza, disinteresse e reciproca stima: rapporto di amicizia; fare, stringere amicizia con qualcuno; rompere, troncare l’amicizia; amicizia interessata, che mira a un utile, non sincera | buone relazioni: l’amicizia tra due paesi, stati, nazioni | (prov.) patti chiari, amicizia lunga
2. relazione amorosa (quando non la si vuole nominare in modo esplicito)
3. (spec. pl.) persona con cui si ha un legame di amicizia: la cerchia delle amicizie | persona, specialmente influente, con cui si ha una relazione sociale e che può tornare utile: avere amicizie nella magistratura
Etimologia: ← dal lat. amicitĭa(m), deriv. di amīcus ‘amico’.
Amicizia tra Svevo e Joyce
L'amicizia tra Svevo e Joyce nacque da circostanze del tutto casuali. Infatti
Joyce, esule dalla sua Irlanda, insegnava a Trieste presso la Berlitz School, e Svevo prese da lui lezioni di inglese, lingua di cui aveva bisogno per i suoi
viaggi e le esigenze commerciali della fabbrica di vernici del suocero in cui
lavorava.
Per Joyce “fu un sollievo immenso, nella noia mortale dell'insegnamento, trovare almeno un alunno con cui poter conversare”. Quelle lezioni si trasformarono ben presto in discussioni letterariei. Pertanto, durante le visite a casa di Svevo, lo scrittore irlandese non disdegnò di parlare dei suoi progetti letterari e Svevo ben presto potè così leggere e ammirare alcune sue opere. In quello stesso autunno anche Svevo sottopose al giudizio di Joyce i suoi primi due romanzi Una vita e Senilità, pubblicati senza successo alcuni anni prima. Joyce li apprezzò tanto da incitare il triestino a proseguire nella scrittura letteraria. Fu probabilmente grazie
agli incoraggiamenti di Joyce che Svevo portò a termine La coscieza di Zeno e che reagì all'indifferenza con cui l'universo letterario italiano accolse anche il suo terzo romanzo. Convinto della bontà della sua opera, spedì una copia all'amico che la guerra aveva costretto a soggiornare in Francia. Questi fece conoscere l'opera ai suoi amici francesi i quali, anche sulla base della pubblicità dell'inglese, rimasero affascinati da quest'ultima opera e ne proposero a Svevo una pubblicazione in francese. Nel giro di pochi mesi il nome di Svevo cominciò a circolare sempre più frequentemente nei circoli culturali francesi e europei.
Joyce, esule dalla sua Irlanda, insegnava a Trieste presso la Berlitz School, e Svevo prese da lui lezioni di inglese, lingua di cui aveva bisogno per i suoi
viaggi e le esigenze commerciali della fabbrica di vernici del suocero in cui
lavorava.
Per Joyce “fu un sollievo immenso, nella noia mortale dell'insegnamento, trovare almeno un alunno con cui poter conversare”. Quelle lezioni si trasformarono ben presto in discussioni letterariei. Pertanto, durante le visite a casa di Svevo, lo scrittore irlandese non disdegnò di parlare dei suoi progetti letterari e Svevo ben presto potè così leggere e ammirare alcune sue opere. In quello stesso autunno anche Svevo sottopose al giudizio di Joyce i suoi primi due romanzi Una vita e Senilità, pubblicati senza successo alcuni anni prima. Joyce li apprezzò tanto da incitare il triestino a proseguire nella scrittura letteraria. Fu probabilmente grazie
agli incoraggiamenti di Joyce che Svevo portò a termine La coscieza di Zeno e che reagì all'indifferenza con cui l'universo letterario italiano accolse anche il suo terzo romanzo. Convinto della bontà della sua opera, spedì una copia all'amico che la guerra aveva costretto a soggiornare in Francia. Questi fece conoscere l'opera ai suoi amici francesi i quali, anche sulla base della pubblicità dell'inglese, rimasero affascinati da quest'ultima opera e ne proposero a Svevo una pubblicazione in francese. Nel giro di pochi mesi il nome di Svevo cominciò a circolare sempre più frequentemente nei circoli culturali francesi e europei.
Cesare Pavese
A me piace parlare con Nuto; adesso siamo uomini e ci conosciamo; ma prima, ai tempi della Mora, del
lavoro in cascina, lui che ha tre anni più di me sapeva già fischiare e suonare la chitarra, era cercato e ascol-
tato, ragionava coi grandi, con noi ragazzi, strizzava l’occhio alle donne. Già allora gli andavo dietro e alle
volte scappavo dai beni per correre con lui nella riva o dentro il Belbo, a caccia di nidi. Lui mi diceva come
fare per essere rispettato alla Mora; poi la sera veniva in cortile a vegliare con noi della cascina.
C. Pavese,La luna e i falò 1950
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