- Pace 1 non trovo, et non ò da far guerra 2;
- e temo, et spero; e ardo, e sono un ghiaccio 3;
- et volo sopra 'l cielo, et giaccio in terra;
- e nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio 4.
- Tal m'à in pregion, che non m'apre né serra,
- né per suo mi riten né scioglie il laccio 5;
- e non m'ancide Amore, et non mi sferra,
- né mi vuol vivo, né mi trae d'impaccio.
- Veggio senza occhi 6, e non ò lingua et grido 7;
- et bramo di perire, et chieggio aita;
- e ò in odio me stesso, et amo altrui 8.
- Pascomi di dolor 9, piangendo rido 10;
- egualmente mi spiace 11 morte e vita:
- in questo stato son, donna, per voi 12.
- Non ho pace e tuttavia non ho mezzi per combattere,
- ho paura e speranza; ardo e sono impassibile;
- e volo sopra il cielo, e mi giaccio inerte a terra;
- e non ho nulla in mano, e mi slancio ad abbracciar tutto.
- Laura mi tiene in prigione, non mi libera e non mi rinchiude,
- né mi tiene in suo possesso, né mi lascia libero;
- e non mi uccide Amore, né mi libera,
- non mi vuole vivo ma al contempo non mi salva.
- Vedo senza aver occhi, non ho lingua eppure grido;
- desidero la morte e invoco aiuto;
- e odio me stesso, e amo altri da me.
- Mi nutro della mia sofferenza, rido tra le lacrime;
- allo stesso modo ho in odio la morte e la vita:
- in questa condizione mi trovo, o Donna, a causa vostra.
La prima quartina presenta una serie di coppie in cui viene messo in luce il forte dissidio interiore del poeta che non ha la capacità di darsi pace per la sofferenza che gli provoca l’amore per Laura.
2 Pace non trovo, et non ò da far guerra: il primo verso è già significativo per le tecniche utilizzate da Petrarca nel sonetto; si noti la disposizione a chiasmo dei sostantivi (“pace” e “guerra” sono agli estremi del verso) e l’anafora della negazione “non”, che indica come la situazione del poeta si definisca più constatazioni negative che per affermazioni positive.
3 Anche qui compare un chiasmo: “temo - spero | ardo per la speranza - sono di ghiaccio per il timore”, cui si aggiunge l’antitesi tra il timore e la speranza (ovviamente rispetto alle possibilità di conquistare Laura) e tra il fuoco della passione e il ghiaccio della disillusione.
4 e nulla stringo, et tutto ‘l mondo abbraccio: Il vv. 3-4 sono ancora costruiti sull’idea dell’antitesi e del parallelismo: da un lato, Petrarca sembra abbandonarsi a slanci quasi irrazionali di entusiasmo (“volo sopra ‘l cielo”, “et tutto il mondo abbraccio”) ed altri di abbattimento e prostrazione (“giaccio in terra”, “et nulla stringo”).
5 laccio: il laccio d’amore, tradizionale strumento con cui la divinità Amore o l’amata tormentano l’io lirico. Si noti anche qui come la situazione petrarchesca sia quella dell’indecisione e dell’incertezza: egli si tormenta perché non è né libero (“non m’apre”, “né scioglie il laccio”) né definitivamente imprigionato da Laura (né serra, né per suo mi riten”). Sono concetti ed immagini che ritornano anche nella seconda parte della quartina (vv. 7-8).
6 veggio senza occhi: e cioè “vedo senza il lume della ragione, spinto solo dagli istinti e dalle passioni”.
7 non ò lingua e grido: il poeta è talmente traviato dalla forza di Amore che vorrebbe parlare, ma pur avendone la capacità fisica non riesce ad articolare una parola di senso compiuto a livello razionale, ma solamente ad esternare delle grida e delle urla. Il motivo dell’ammutolire di fronte alla donna amata è di tradizione stilnovistica (si pensi a Tanto gentile e tanto onesta pare, v. 3: “Ch’ogne lingua deven tremando muta”).
8 altrui: naturalmente, Laura.
9 Pascomi di dolor: l’unico nutrimento del poeta è il dolore provocatogli da Amore.
10 piangendo rido: la presenza dell’esternazione fisica di due stati d’animo opposti serve a creare l’immagine visiva del dissidio interiore del poeta.
11 mi spiace: il verbo in Petrarca ha una connotazione assai forte, nel senso di “mi disgusta, provo odio per”.
12 L’explicit rende ulteriormente chiaro lo stato del poeta, che, rivolgendosi a Laura, rende esplicito il fatto di trovarsi in questa condizione a causa di lei. Si noti la rima siciliana “altrui - vui” (vv. 11-14).
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