io vecchio amico di giorni e pensieri da quanto tempo che ci conosciamo,
venticinque anni son tanti e diciamo un po' retorici che sembra ieri.
Invece io so che è diverso e tu sai quello che il tempo ci ha preso e ci ha dato:
io appena giovane sono invecchiato, tu forse giovane non sei stato mai.
Ma d' illusioni non ne abbiamo avute, o forse si, ma nemmeno ricordo,
tutte parole che si son perdute con la realtà incontrata ogni giorno.
Chi glielo dice a chi è giovane adesso di quante volte si possa sbagliare,
fino al disgusto di ricominciare perchè ogni volta è poi sempre lo stesso.
Eppure il mondo continua e va avanti con noi o senza e ogni cosa si crea
su ciò che muore e ogni nuova idea su vecchie idee e ogni gioia su pianti.
Ma più che triste ora è buffo pensare a tutti i giorni che abbiamo sprecati,
a tutti gli attimi lasciati andare e ai miti belli delle nostre estati.
Dopo l'inverno e l' angoscia in città quei lunghi mesi sdraiati davanti,
liberazione del fiume e dei monti e linfa aspra della nostra età.
Quei giorni spesi a parlare di niente sdraiati al sole inseguendo la vita,
come l' avessimo sempre capita, come qualcosa capito per sempre.
Il mio Leopardi, le tue teologie: "Esiste Dio ?" Le risate più pazze,
le sbornie assurde, le mie fantasie, le mie avventure in città con ragazze.
Poi quell' amore alla fine reale tra le canzoni di moda e le danze:
"E' in gamba sai, legge Edgar Lee Masters. Mi ha detto no, non dovrei mai pensare."
Le sigarette con rabbia fumate, i blue jeans vecchi e le poche lire,
sembrava che non dovesse finire, ma ad ogni autunno finiva l' estate.
Poi tutto è andato e diciamo siam vecchi, ma cosa siamo e che senso ha mai questo
nostro cammino di sogni fra specchi, tu che lavori quand' io vado a letto.
Io dico sempre non voglio capire, ma è come un vizio sottile e più penso
più mi ritrovo questo vuoto immenso e per rimedio soltanto il dormire.
E poi ogni giorno mi torno a svegliare e resto incredulo, non vorrei alzarmi,
ma vivo ancora e son lì ad aspettarmi le mie domande, il mio niente, il mio male...
venticinque anni son tanti e diciamo un po' retorici che sembra ieri.
Invece io so che è diverso e tu sai quello che il tempo ci ha preso e ci ha dato:
io appena giovane sono invecchiato, tu forse giovane non sei stato mai.
Ma d' illusioni non ne abbiamo avute, o forse si, ma nemmeno ricordo,
tutte parole che si son perdute con la realtà incontrata ogni giorno.
Chi glielo dice a chi è giovane adesso di quante volte si possa sbagliare,
fino al disgusto di ricominciare perchè ogni volta è poi sempre lo stesso.
Eppure il mondo continua e va avanti con noi o senza e ogni cosa si crea
su ciò che muore e ogni nuova idea su vecchie idee e ogni gioia su pianti.
Ma più che triste ora è buffo pensare a tutti i giorni che abbiamo sprecati,
a tutti gli attimi lasciati andare e ai miti belli delle nostre estati.
Dopo l'inverno e l' angoscia in città quei lunghi mesi sdraiati davanti,
liberazione del fiume e dei monti e linfa aspra della nostra età.
Quei giorni spesi a parlare di niente sdraiati al sole inseguendo la vita,
come l' avessimo sempre capita, come qualcosa capito per sempre.
Il mio Leopardi, le tue teologie: "Esiste Dio ?" Le risate più pazze,
le sbornie assurde, le mie fantasie, le mie avventure in città con ragazze.
Poi quell' amore alla fine reale tra le canzoni di moda e le danze:
"E' in gamba sai, legge Edgar Lee Masters. Mi ha detto no, non dovrei mai pensare."
Le sigarette con rabbia fumate, i blue jeans vecchi e le poche lire,
sembrava che non dovesse finire, ma ad ogni autunno finiva l' estate.
Poi tutto è andato e diciamo siam vecchi, ma cosa siamo e che senso ha mai questo
nostro cammino di sogni fra specchi, tu che lavori quand' io vado a letto.
Io dico sempre non voglio capire, ma è come un vizio sottile e più penso
più mi ritrovo questo vuoto immenso e per rimedio soltanto il dormire.
E poi ogni giorno mi torno a svegliare e resto incredulo, non vorrei alzarmi,
ma vivo ancora e son lì ad aspettarmi le mie domande, il mio niente, il mio male...
...Quei giorni spesi a parlare di niente
Sdraiati al sole inseguendo la vita
Come l’avessimo sempre capita,
come qualcosa capito per sempre...
É l’immagine più significativa che mi viene in prestito per parlare di amicizia.
E
la “Canzone per Piero” di Guccini, che dopo tanti anni ascolto con
la stessa emozione di allora, quando sentimenti come l’amicizia,
l’amore, li si viveva in maniera del tutto totalizzante, può essere lo
spunto per parlare di amicizia.
Nella
semplicità delle parole della canzone, apparentemente vuote, c’è tutto
il senso dell’amicizia, che non ha bisogno di parole per esprimersi; i
veri amici, come due innamorati, si sentono a loro agio anche in
silenzio, provano una sensazione fisica e psicologica di benessere solo
dallo stare insieme.
L’amicizia,
come bisogno di comunicare, condividere ideali, aspirazioni, delusioni
con qualcuno che sia sulla tua stessa lunghezza d’onda e possa vedere e
sentire con il tuo stesso cuore e i tuoi stessi occhi è un bisogno di
sempre per tutti, scrittori, poeti e comuni mortali anche se spesso,
nel corso della vita l’abbiamo dovuta rivedere, rivalutare,
ridimensionare a seconda delle vicende belle o brutte che hanno
contrassegnato il nostro vissuto.
Scrittori
e poeti hanno scritto capolavori sull’amicizia, elevandola al più alto
rango e facendo comprendere quanto sottile sia la differenza tra
amicizia e amore quando questa sia un valore che nobilita l’animo umano.
Amicizia
è lo scoprire che nel dolore trovi l’amico ma spesso tale scoperta si
accompagna al dolore ben più grave, provato, nel riconoscere il falso
amico.
L’amico
vero, nel bisogno non parla, agisce, precede la tua telefonata, è più
puntuale di sempre, ti ascolta, ti aiuta a tua insaputa per non
umiliarti, è presente, soffre e gioisce con te, dei tuoi successi,
della tua riuscita, della tua salute, del tuo benessere.
E’ questo il vero amico e può essere quello che senti o vedi magari una volta all’anno e col quale non ceni o bevi da una vita.
E’
la persona che comunque sa mettersi in disparte quando hai bisogno di
ritrovarti, senza esprimere giudizi, è quella che non invade la tua
sfera privata in virtù di un malinteso senso dell’amicizia.
E’
sempre più difficile trovare un vero amico in una società, dove parole
come riuscita sociale, immagine, opportunismo, convenienza hanno preso
il posto di autenticità, solidarietà, empatia.
Ma
a chi crede che l’amicizia sia un valore, concludo con queste
bellissime parole tratte dal libro “L’amico ritrovato” di Uhlman che ho
letto molto tempo fa ma che ricordo mi colpirono molto:
“Non
ricordo esattamente quando decisi che Konradin avrebbe dovuto diventare
mio amico, ma non ebbi dubbi sul fatto che, prima o poi, lo sarebbe
diventato.”
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