I valori culturali presenti nel modello d'integrazione alla francese delle persone immigrate possono essere ricondotti ad un concetto paradossale che si potrebbe denominare una " disintegrazione" per meglio integrare le persone come individui isolati, privati da peculiari appartenenze culturali all'interno dello spazio sociale. In un contesto culturale dove prevale un forte evitamento dell'incertezza e dove la dimensione di tipo “ collettivismo” con il parametro che vede le persone aderire a delle famiglie allargate deve essere ridotto in modo da implementare la dimensione di rigido “ individualismo” dove tutti sono tenuti a badare a se stessi, gli altri sono considerati come individui e non come membri di tipo “ in-group” o “ out-group”.
Il modello d'integrazione non prevede teoricamente " né comunitarismo né integrazionismo" in altri termini la dimensione di tipo “ collettivismo” necessaria per aderire ad una nuova comunità non viene contemplata in cambio di lealtà al paese. In altre parole si mette in avanti un parametro di “ noi astratto di tipo coscienzioso” per aderire a questa nuova dimensione culturale di tipo “ collettivismo”. L'intento è quello di ridurre l'indice di distanza sociale presente nella società cercando di trattare tutte le persone in modo paritario. Per ottenere questo risultato, il modello culturale francese offerto agli stranieri è diffidente nei confronti delle identità culturali per garantire la riduzione della dimensione di tipo “ collettivismo” presente nelle peculiari identità culturali e allo stesso tempo si prova a ridurre la distanza sociale all'interno della società. Infatti, l'utilizzo del termine " multiculturale" nel contesto francese può essere percepito come un paradosso o una provocazione perché prevale una dimensione culturale di forte evitamento dell'incertezza nel contesto culturale francese. La comprensione di tale diffidenza come “ modus vivendi” è essenziale per capire il contesto culturale francese, in cui prevale un forte evitamento dell'incertezza, un orientamento temporale a breve termine e un senso di adesione alla dimensione di tipo " vincolati".
La dimensione di forte evitamento dell'incertezza si ritrova con una intolleranza verso le persone divergenti perché la differenza è sentita come pericolosa, esiste un bisogno di chiarezza e di strutturazione nella realtà francese. La diffidenza spinge la società verso un orientamento temporale a breve termine perché ci sono delle linee universali a proposito di ciò che è bene o male nelle situazioni, la vita del paese è guidata da imperativi che consentono di essere orgogliosi del proprio paese. Questa diffidenza comporta una forte presenza della dimensione di tipo “ vincolati” perché poche persone si possono dirsi felice e poca propensione nel ricordare le emozioni positive.
Questi elementi riscontrati intorno al concetto di diffidenza risultano molto cogenti per capire al meglio lo spazio sociale della Francia. La storia di Francia è fatta di restituzione al mittente nei vari tentativi di introduzione di altri modelli di vita collettiva. Ad esempio abbiamo il caso di Robespierre nel 1792 quando i girondini intendono importare il modello federalista americano. Oppure quando si è parlato nel passato di " popolo corso" cercando di mettere in crisi l'idea che il popolo francese sia una categoria unitaria e non sia suscettibile di alcuna divisione. Oppure quando Chirac nel 2003 sostenne che il " communautarisme” non potrà mai essere la scelta della nazione poiché esso sarebbe contrario alla nostra storia, alla nostra tradizione e alla nostra cultura". La diffidenza francese nasce da un'interpretazione rigorosamente unitaria della nazione a cui, sin da tempi della rivoluzione francese, la tradizione repubblicana si dichiara fedele.
Questi esempi mettono in avanti come il parametro di un “ noi astratto coscienzioso” non possa essere sostituito da un principio in cui le persone aderiscono a famiglie allargate in cambio di lealtà con il paese o di partecipazione attiva alla cittadinanza del paese.
Dopo la rivoluzione nasce l'ostilità nei confronti dei corpi intermedi. Di fatto la rivoluzione è una liberazione contro tutti i privilegi, vale a dire quei diritti speciali allocati ad una minoranza di cittadini. L'identità francese si ritrova idealmente nella dimensione culturale con “ bassa distanza sociale con il potere” perché l'uso del potere va legittimato e la gerarchia è una forma di ineguaglianza dei ruoli e non tipo esistenziale. L'idea centrale è quella di sottoporre tutto il corpo sociale all'idea della legge uguale per tutti. Il principio repubblicano cardine è l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. La storia di Francia dopo la rivoluzione è quella di una nazione che ha lottato contro il particolarismo che minaccia l'interesse generale. Insomma, l'introduzione di un parametro in adesione ad un “ debole evitamento dell'incertezza” con una maggiore tranquillità nell'accettare l'inerente incertezza della vita così come una maggiore tolleranza verso le idee divergenti. In modo sintetico si può sostenere che la “nazione” in Francia sia un progetto politico e non un sentimento collettivo di appartenenza. In altri termini, questo progetto politico, nato con la dimensione culturale di un orientamento a breve termine, con delle linee universali a proposito di ciò che è bene o male nelle situazioni, dove i fatti più importanti della vita sono avvenuti nel passato, il paese deve sempre essere uguale a se stesso espone la sua declinazione per coloro che giungono in Francia come un orientamento temporale a lungo termine perché le persone brave si sanno adattare alle circostanze e cercare di imparare dagli altri è cosa buona.
La nazione serve per superare le differenze presenti nella popolazione, in altri termini la dimensione di debole evitamento dell'incertezza presente nel progetto di “ nazione” in Francia è raggiungibile solo con l'attuazione del parametro di intolleranza verso le persone o gruppi di persone portatori di differenze da quel dato progetto. La possibilità di tollerare le varie preferenze culturali dei tanti cittadini che vivono in Francia è contemplata all'interno della dimensione di tipo “ individualismo” tramite il diritto alla “ privatezza” del cittadino.
De facto, la comunità francese deve idealmente e repubblicanamente parlando essere costituita da “ cittadini in astratto, spogliati dalle loro caratteristiche e in primo luogo dai loro legami e dalle loro reti sociali”. Questo significa dovere abbandonare una certa adesione ad un “ collettivismo” molto diffusa tra le popolazioni di immigrati con il parametro di “ enfatizzazione dell'appartenenza” mentre il cittadino ideale della “ Repubblica” è da intendersi come aderente alla dimensione di tipo “ individualismo” dove tutti sono tenuti a badare a se stessi, con un io di tipo coscienzioso e gli altri sono considerati come individui e non come membri di altri gruppi. In questo progetto di “ nazione” la diversità viene intesa come impedimento verso l'uguaglianza e un rigido individualismo. La spiegazione dei valori culturali presenti nel modello francese possono trovare una spiegazione con l'ausilio dei lavori di Weber a proposito delle campagne francesi della fine dell'ottocento ed inizio novecento in cui il sociologo tedesco mostra come la civiltà rurale francese venga assimilata dalla civiltà francese. Secondo Weber, la modernizzazione delle campagne in Francia può essere descritta come una forma di colonialismo all'interno della stessa nazione, resa necessaria dalla presenza sul suolo nazionale di territori sviluppati e sottosviluppati. In pratica, i rurali erano considerati come popolazioni selvagge che bisognava educare pazientemente. Queste spiegazioni di Weber rientrano nella dimensione di “ forte evitamento dell'incertezza” perché si prova intolleranza verso la differenza presente in altri territori e con poca considerazione per lo star bene degli altri. Inoltre la dimensione di orientamento temporale a breve termine è presente con il parametro che vede la vita di un paese guidato da imperativi da seguire o perseguire per essere orgoglioso del proprio paese.
Secondo Weber, il colonialismo praticato all'interno del paese sarà poi adoperato allo stesso modo nei territori coloniali da parte della politica metropolitana. La violenza in senso generale viene giustificata da Weber come modalità di raggiungimento della modernizzazione. Nel caso dei paesi colonizzati è interessante capire per cogliere meglio le implicazioni con le popolazioni migranti come la cultura non sia stata eliminata del tutto nei paesi colonizzati o all'interno del paese con le popolazioni migranti. Il tema con le popolazioni stranieri sarebbe da interpretare come una prassi politica che punti ad “ immobilizzare, mummificare e neutralizzare” per evitare il rischio di etnicizzare l'identità francese. In termini culturali, si è attuata una forma rigida di adesione alla dimensione di tipo “ individualismo” cercando di atomizzare le persone in sintonia con il parametro che vede le persone tenute a badare a se stesse, aumentando il senso di privatezza. In tal modo la dimensione di tipo “ vincolato” si è amplificata con la difficoltà di dirsi felice, con la libertà di parola come dato non di prima necessità e con poca propensione a ricordare le emozioni positive.
Questi sono alcuni elementi di riflessione per cogliere al meglio il ruolo delle dimensioni culturali nel caso “francese” per capire in profondità la posta in palio quando si parla di modelli culturali d'integrazione dei migranti.
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