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venerdì 19 gennaio 2018

La "nuova" comunicazione politica in Italia


La campagna elettorale del 1994 è ormai indicata come lo spartiacque tra la vecchia e la nuova politica italiana. Nel quadro della transizione internazionale dopo la caduta del muro di Berlino, dopo gli scandali di Tangentopoli e i suoi tanti suffissoide - poli applicabile per ogni scandalo, gli Italiani producono un terremoto politico facendo nascere la seconda Repubblica dopo quarant'anni di Prima Repubblica. I fattori principali del cambiamento sono la riforma elettorale in senso maggioritario del 1993 e il ruolo sempre più centrale della televisione come arena del dibattito. Le forze politiche devono sembrare nuove e viene coniata l'espressione " il nuovo che avanza" rendendo tutto " nuovo\vecchio". La comunicazione politica si adatta sempre di più alle tecniche televisive e alla contrapposizione bipolare di stampo angloamericano. Da qui nasce la maggiore attenzione per la costruzione del leader ( liderismo) e alla sua personalità, con il suo aspetto fisico, abbigliamento, preferenze sportive e gastronomiche. Il simbolismo diventa sempre più importante con la parola " partito" che diventa tabù in quanto legata alla "partitocrazia", al dominio di una classe di politicanti ritenuta corrotta è sostituita da parole quali " alleanza, polo, coalizione, movimento, patto, rete, aggregazione e da ultimo da unione. I vecchi simboli dei partiti vengono sostituiti da vari animaletti: asinelli, coccinelle, elefantini, gabbiani o trasformati in flora come querce, ulivi e cespugli, margherite, girasoli e quadrifogli con colori vivaci, brillanti e gioiosi. I vari sostenitori politici adoperano un nuovo armamentario ( spille, badges, pupazzi, sciarpe, cappellini) in piena imitazione delle conventions statunitensi. Nelle feste di queste nuove aggregazioni si cantano inni e si partecipa a riti con alto tasso simbolico come il giuramento di Pontida, le cerimonie sul Po o vari -day ( tax day, labour day, family day, ecc). Tutto questo avviene seguendo i dettami delle tecniche pubblicitarie: il marketing politico trionfa tramite la mediatizzazione mentre l'uso di Internet è ancora molto ingenuo. Il lessico dei politici inonda la lingua con i suoi neologismi come quelli provenienti dai nomi dei vari leaders come ( berlusconiano, dalemiano, prodiano, veltroniano, dipietrino); i vari gruppi politici producono relativi aggettivi come ( aennino, piddiessino, diessino, forzitaliota, rifondarolo. Queste denominazioni sono spesso scherzose o polemiche e non sempre neutre. La propensione in politica di cambiare campo politico produce termini come " ex, post, neo" mentre la contrapposizione bipolare fa proliferare gli " anti, contro, no global, no partisan". Il repertorio di riferimento non è più quello giuridico ma quello tecnico economico con le sue formule evocative ma oscure come lo scudo fiscale, il cuneo fiscale, la cartolarizzazione, inoptato, con sigle impronunciabili quali il " dpef, pil, ecofin, nasdaq". L'inglese diventa onnipresente con " welfare, governance, bipartisan, exit poll, premier, devolution. Il francese è presente con parole quali il " rassemblement", il partenariato, calendarizzare, la forchetta intesa come il divario o la sinistra plurale.
Di questi nuovi politici o antipolitici ( provenienti dalla società civile) si apprezza l'eloquio chiaro, fatto di lingua quotidiana, immagini espressive e frasi brevi: i tempi rapidi della televisione premiano la battuta incisiva e icastica, persino la barzelletta, l'irradiazione deformata, ossia la ripresa ironica di parole pronunciate da altri. Si è passati dal paradigma della superiorità con l'argomentazione di tipo umanistico-giurdico che si imponeva per l'aura di mistero e superiorità al " paradigma del rispecchiamento" ( Antonelli, 2000). La politica parlata tende a saturare gli spazi della comunicazione: la politica presiede ogni genere di programma di analisi e d'intrattenimento, con l'effetto anestetizzante per la vita sociale del paese, con una generale assuefazione al chiacchiericcio da talk-show, alla banalizzazione e alla confusione dei temi; in modo indiretto, con questa agenda setting, ovvero con una sapiente modulazione delle gerarchie degli eventi da sottolineare ovvero da emarginare e nascondere. In questa prospettiva il controllo dei media risulta decisivo per il successo finale.
L'italiano di Umberto Bossi o di Antonio Di Pietro è l'italiano della gente comune con i loro tratti regionali. Umberto Bossi era noto per le sue intemperanze verbali, le uscite anche triviali nella focosa oratoria comiziale utilizzando anche le metafore dell'ambito militare. In questo periodo storico, le metaforiche politiche prediligono le metafore calcistiche o sportive con " scendere in campo, scendere in piazza, la squadra del sindaco, prendere in contropiede, entrare a gamba tesa, remare contro, smarcarsi. Bossi ha evocato invece " kalashnikov" e " pallottole", il " pugno di ferro", la " lotta di liberazione" combattuta dalla Lega. Berlusconi viene dal mondo dell'economia e pertanto usa il prestigio delle cifre e percentuali per suscitare consenso emotivo con espressioni come " vi amo, vi abbraccio". Berlusconi parla sempre in prima persona e usa verbi che indicano certezza come " voglio, credo, ho in mente" ed è diretto verso i suoi avversari che scredita come " illiberali, comunisti e campagne di odio"; il lessico è semplice, ricco di metafore religiose ( miracolo, unto dal signore) e imprenditoriali come " cultura del fare, contratto con gli italiani". Prodi invece sembra più didattico che riesce a smussare con il suo fare affabile e confidenziale usando la prima persona al plurale quando afferma " abbiamo risanato il bilancio, la gente ha fiducia in noi" e si riferisce a interlocutori e avversari in modo indiretto e impersonale ( gli altri si dividono, noi camminiamo insieme). Il suo modo di parlare è composto da frasi brevi, intercalate da pause, inadatte alla comunicazione faccia a faccia perché l'altro interlocutore può prendere il suo turno di parola.
Lo scontro mediatico con la visione della politica come un match non ha annullata la vecchia retorica. Negli ultimi anni sembra far ritorno un certo politichese con il suo gergo autoreferenziale fatto di rimpasto, verifiche, discontinuità. In ampia discordanza con tale andamento sono stati i presidenti Scalfaro e Ciampi i quali sono molto attenti nel soppesare ogni parola. I presidenti della Repubblica nell'ultimo periodo hanno rilanciato una simbologia nazionale anche in funzione antisecessionista.
Inoltre è anche da vedersi contro un certo revisionismo della storia con la riproposizione di un asse preferenziale costituito dal Risorgimento, Resistenza, Repubblica in nome di una memoria condivisa e consapevole della sua forza così come nella sua tolleranza verso gli sconfitti.

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