Internet e il potere
Pubblicato il
16/04/2011
Sono domande che è ormai ora di prendere in considerazione, anche per evitare che tali riflessioni stategiche vengano lasciate ai soli governi di alcuni paesi – come avverrà nel corso del prossimo G8, presieduto da Sarkozy e dedicato appunto a Internet - o ai soli addetti ai lavori. Sono infatti domande che toccano aspetti fondamentali delle nostre democrazie, come la formazione del consenso, la trasparenza dei poteri dello Stato, la libertà di espressione, il futuro dei partiti politici e altro ancora. Sul potere di Internet inteso come infrastruttura di comunicazione basta dire che nessun paese evoluto può più permettersi di spegnere la rete senza pagare un prezzo economico elevatissimo. L’economia, la pubblica amministrazione, persino le forze armate dipendono dalla Rete. È, quindi, semmai una questione di grado di libertà della Rete, come in Cina e in altri paesi autoritari; non più se averla o non averla.
Ma il potere di Internet sta crescendo rapidamente anche nel senso di capacità di influenzare o determinare i comportamenti. Capacità che deriva dalla grande facilità con cui la Rete veicola informazioni in tempo reale da persona a persona (email, chat, telefonia su Internet), da persona a moltitudini (blog, reti sociali) e da molti a molti (le matasse delle connessioni sociali). Un «big bang» che sta cambiando sia la dieta informativa dei cittadini, sia il modo in cui comunicano e si organizzano tra di loro - facilitando in particolar modo le mobilitazioni, come dimostrato dalla campagna elettorale di Obama del 2008. È l’onda di cambiamento che procede più rapidamente nei paesi amanti del nuovo, come gli States, ma che per motivi culturali e anagrafici sta arrivando ovunque, anche in paesi relativamente poveri come quelli del Nord Africa e del Medio Oriente.
È, quindi, importante cercare di capire chi ha potere su questa realtà. Col crescere del potere di Internet stanno crescendo le pressioni per ridisegnare la geografia del potere in Internet. Il potere ce l’ha chi costruisce i nostri computer e il software che li fa funzionare? O chi possiede i cavi e ci vende l’accesso alla Rete, potenzialmente monitorando tutti i nostri flussi? Chi ci permette di trovare cosa cerchiamo nell’oceano del virtuale? Chi ha tasche profonde per creare i siti più popolari e per garantire la miglior fruibilità dei contenuti? O chi gestisce le grandi piattaforme di aggregazione di blog, foto, video e le reti sociali? Ognuna di queste domande richiede risposte specifiche, spesso complementari e a volte tutt’altro che intuitive. Quel che è certo è che la libertà su Internet – ovvero un potere il più possibile nelle mani degli individui – richiede il mantenimento di uno strato trasversale di libertà a tutti i livelli, dall’effettivo controllo del nostro computer e dei nostri dati, alla possibilità di comunicare online riservatamente e senza discriminazioni.
Tale strato di libertà si può in parte assicurare con azioni dal basso, per esempio utilizzando software che protegga la riservatezza della corrispondenza elettronica e della navigazione. Ma l’intervento normativo rimane indispensabile. Da quelli volti a dichiarare l’accesso alla Rete un diritto costituzionale, come proposto dal giurista Stefano Rodotà e come ripetutamente richiesto anche dall’inventore del Web, Tim Berners-Lee, a una serie di interventi legislativi miranti a preservare le componenti fondamentali della libertà online a tutti i livelli. Se riusciremo ad applicare alla Rete i principi democratici, evitando in particolare le concentrazioni di potere, la Rete a sua volta potrà venire in aiuto delle nostre democrazie, spesso fragili, aiutandoci a renderle più compiute. In particolare, la Rete potrebbe aiutarci a riempire l’angosciante vuoto tra un evento elettorale e il successivo, articolando quel dialogo continuo tra eletti ed elettori che dovrebbe essere, al fianco dei dibattiti che avvengono tra eletti nelle istituzioni rappresentative, la fibra di ogni democrazia. Dialogo di cui c’è un urgente bisogno e che né i sondaggi né tanto meno il vociare spesso grezzo della televisione possono sostituire. È un tipo di dialogo – sia chiaro - che già avviene online tutti i giorni, coinvolgendo migliaia di cittadini. Ma sono ancora solo frammenti, avvisaglie di qualcosa che potrebbe essere e ancora non è. Occorre costruire su tali primi esperimenti, per dar loro forma e peso. In tal senso discutere del potere nella Rete coincide col parlare di una parte importante del futuro della democrazia.
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