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lunedì 7 ottobre 2019

Come usare correttamente le doppie consonanti in italiano

Le lettere che raddoppiano in alcune parole e non in altre, come la "t" in “sette” o la "g" in “reggia”, sono un ostacolo non solo per gli stranieri ma anche per gli italiani. A parte gli errori di ortografia, conoscere bene la lingua italiana è anche una questione di pronuncia e gli stranieri non si rendono conto dell’importanza di pronunciare le doppie lettere.


Molti lettori mi scrivono con quesiti su come imparare correttamente a usare le doppie consonanti . L’italiano è una lingua abbastanza facile ma con regole grammaticali a volte complesse per gli stranieri e l’apprendimento dell’ortografia è una sfida nelle classi d’italiano. Le lettere che raddoppiano in alcune parole e non in altre, come la “t” in “sette” o la “g” in “reggia”, possono essere un ostacolo non solo per gli stranieri ma anche per gli italiani. Però, per chi studia l’italiano, le doppie rappresentano un vero problema e soprattutto una sfida per gli studenti di madre lingua spagnola.
A parte gli errori di ortografia, le doppie lettere sono anche una questione di pronuncia. Infatti, in altre lingue le consonanti doppie non hanno una pronuncia diversa da quelle singole e molti stranieri non si rendono conto dell’importanza di pronunciare le doppie lettere bene. Per questo, spiegare che le doppie consonanti si pronunciano con una durata maggiore rispetto a quelle semplici e con suono leggermente più forte, è fondamentale per la comprensione di alcune parole italiane. In più, per distinguere le doppie dalle singole bisogna avere buon orecchio, fare molta pratica e sottolineare le consonanti per favorire l’acquisizione e l’apprendimento di questi termini apparenti facili ma complessi. La pratica si può fare anche con la musica; un ottimo esercizio è fare pratica delle doppie consonanti cantando o recitando filastrocche con un ritmo a piacere.  A volte in classe ci sono studenti molto creativi che inventano ritmi piacevoli e divertenti.
Per lingua italiana le doppie sono fondamentali anche perché servono a distinguere quelle parole che si confonderebbero, come nei casi delle “coppie minime”: “Note e notte” (in note la vocale o è molto lunga e si pronuncia noote, mentre in notte si pronuncia NoTTe, e la o è corta). Altri esempi sono: “Fata e fatta”, (in faata, la a è lunga, mentre in FaTTa la a è corta); seta e setta (in seeta la e è lunga, ma in SeTTa la e invece è corta). Ci sono simili pronunce con il raddoppio delle lettere nelle seguenti parole: ala ~ alla, bela ~ bella, dita ~ ditta, casa ~ cassa, camino ~ cammino, capelli ~ cappelli, caro ~ carro, coro ~ corro, mese ~ messe, moto ~ motto, nono ~ nonno, pala ~ palla, papa ~ pappa, pani ~panni, pena ~ penna, peli ~pelli, polo ~ pollo, poro ~porro, rosa ~ rossa, sete ~ sette, sera ~ serra, sono ~ sonno. Pertanto, come si nota, la doppia consonante nella lingua italiana serve anche a distinguere le parole ‘identiche’ con significato diverso. Consiglio attività visive per facilitare l’apprendimento corretto di queste e altre parole apparentemente simili ma con significato diverso. Per motivare gli studenti includo anche sue divertenti filastrocche:
La pala non è palla
e l’orsacchiotto balla
la casa non è cassa
un nano ride e passa
la sera non è serra
la pace non è guerra
la rena non è renna
la torre non è antenna
la sete non è sette
chi sbaglia ci rimette
la fola non è folla
il chiodo non è molla
il caro non è carro
al sole sta il ramarro
il nono non è nonno
l’aringa non è tonno
le note non son note
il tino non è botte.
La ballata delle doppie
La pala è per spalare
e la palla è per giocare.
Il Papa è per pregare
e la pappa è per mangiare
Con la penna si scrive
chi è in pena non ride.
I pani dal fornaio e i panni dal merciaio.
La sera è dopo il mattino
e la serra è nel giardino.
La rosa ha più di un colore,
a volte è rossa ed ha sempre odore.
Alle sette mi levo
e se ho sete bevo.
Sette note per cantare
e la notte per sognare.
Nono vien dopo l’ottavo
e mio nonno si chiama Gustavo.
Dubbi e incertezze, quando vanno usate?
Sull’uso delle consonanti doppie è necessario rispettare alcune regole, anche se non ci sono prescrizioni precise. Tuttavia, le regole dicono che la consonante iniziale di una parola raddoppia quando si unisce alle congiunzioni e, , se, o, come negli esempi: e- eppure, ebbene; nemmeno, neppure; se-semmai, sebbene, seppure; o- oppure, ovvero. Alle preposizioni a, da, fra, su: a- alla, apprendere, arrossire, attendere; da- dabbene, dapprima, dappertutto; fra- frattempo, frapporre; su-supplementi e suddetto. Agli avverbi , più, , così: là- lassù; piùpiuttosto; sì- siffatto; così cosiddetto. Ai prefissi sopra, sovra, contra: sovra-sovraccaricare, sopra- soprattutto; contra- contraddire e contrapporre. Altri esempi sono: ra-raggruppare, rappresentare, raccogliere; so-soccorrere, sorridere, soprattutto, sopravvivere, soprammobile, sovrabbondante, sovrappeso; da-dapprima; i- irreparabile; tra tracimare.
Altre regole: la lettera q raddoppia solo nella parola “soqquadro” (che vuol dire “confusione”), e mai con la combinazione delle consonanti cq, acquario, acquatico, acqua; non si ha raddoppiamento dopo i prefissi contro-, pre-, tra-, sotto-, intra- (controbattere, controluce, prevedere, precedere, trapiantare, sottoporre, sottobosco, sottovento, intravedere, intramuscolare).
Non raddoppiano mai: La consonante b davanti al suffisso –bile: abile, adorabile, agibile, inabile, imitabile, indelebile, incedibile, bevibile, leggibile, preferibile, amabile, mobile, nobile, automobile, flebile, imitabile, impossibile, visibile. La c davanti a vocale u e un’altra vocale non raddoppia mai, a parte con la parola taccuino. Le lettere z e g non raddoppiano mai davanti a parole che finiscono in –ione: automazione, azione, collezione, eccezione, emozione, lezione, interruzione, moltiplicazione, ripetizione, promozione, stazione, guarigione, damigiana, cortigiana, ragione, parmigiano, partigiano, stagione. Con i nomi terminanti in –zia, – zie, –zio: amicizia, egiziano, malizia, negozio, grazia, pazienza, polizia, giudizio, ospizio, prozio giustiziere, e i loro derivati, poliziesco, giudiziario ecc.. Non raddoppia la consonante z davanti alle terminazioni –ia, -ie, io, es. furbizia, spezie, ospizio. Bensì, a questa regola generale ci sono alcune eccezioni: si scrivono con zz le parole pazzia, razzia, razziale, carrozziere, tappezziere, corazziere, mazziere; la z si scrive sempre doppia nelle parole composte con i suffissi: –ozzo, –uzzo, –izzare, e nei loro derivati: predicozzo, peluzzo, organizzare, organizzatore, e i loro derivati pazzo, razzia, e aizzare. Le parole con suffisso -iere vogliono la doppia z: corazziere, tappezziere, biscazziere.
Come abbiamo notato, nelle parole composte, l’iniziale della seconda parola raddoppia. Da + prima diventa “dapprima”; sopra + vivere si scrive “sopravvivere”. In ogni caso dipende sempre dal prefisso, ad esempio “dapprima” raddoppia, ma contro + vento diventa “controvento”, e in questo caso non raddoppia. Contra + passo si scrive “contrappasso” e qui invece “contra” raddoppia. Un altro esempio, ri- + vederci diventa rivederci, ma “ri” raddoppia con a- + rivederci che si scrive “arrivederci”. Non raddoppia sotto + pagato = sottopagato, ma raddoppia sovra + prezzo (sovrapprezzo), ma non con sovra + stimato (sovrastimato) perché la combinazione “sst” non esiste in italiano.
La sillaba –zio- non raddoppia in razione, rimozione, promozione, grazioso, rimozione, e via di seguito, anche se nel parlato la Z è pronunciata con maggior forza non è scritta con la doppia “zz”. Le parole che contengono zia e zie, come grazia, pazienza non raddoppiano, ad eccezione di pazzia e razzia
Per finire, non c’è una regola precisa per il raddoppio delle consonanti. L’uso corretto delle doppie è anche legato alla capacità di compiere la divisione sillabica. Per questo, per riconoscere se una consonante raddoppia, oppure no, ci vuole molta pratica, tempo, orecchio, tanta pazienza e creatività.
tratto da: 
 
 https://www.lavocedinewyork.com/arts/lingua-italiana/2017/03/15/attenti-alle-doppie-la-trappola-della-lingua-italiana

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