ANALISI DELL'ARTICOLO " SCUOLA SENZA CERTEZZE"
Questa analisi prende il via dall'articolo scritto da Chiara Saraceno con il titolo " Impreparati a tutto. La scuola senza certezze". Questa titolazione " Impreparati a tutti" è legato alla tipica adesione alla dimensione culturale di tipo " debole evitamento dell'incertezza" perché si vive con molta tranquillità e bassa ansietà con un senso d'incertezza che rappresenta la vita quotidiana, a proprio agio con l'ambiguità e il caos. Questa dimensione culturale è un tratto ricorrente dell'agire istituzionale della classe politica italiana per i temi legati al mondo culturale in senso allargato. Nell'articolo della Saraceno possiamo notare una impreparazione di tipo " collettivismo" dell'agire politica perché la scuola va intesa come un luogo di riduzione della distanza sociale come tratto della dimensione di bassa distanza sociale, con un " noi di tipo coscienzioso"e di creazione di una famiglia allargata come la società in sintonia con la dimensione di tipo " collettivismo". Inoltre, nella scuola abbiamo la presenza di una dimensione culturale con un "forte orientamento temporale a lungo termine" perché i fatti più importanti devono succedere nel futuro e cercare di imparare è importante. La scuola è legata alla dimensione di tipo " soddisfatti" perché si tende a ricordare delle emozioni positive e con un aumento di sensazione di controllo della propria vita. L'impreparazione e l'assenza di certezza è in ampia sintonia nell'azione della politica italiana con la dimensione culturale di " debole evitamento dell'incertezza" e pertanto è una grossa minaccia per il bisogno di faccia positiva di molti cittadini italiani interessati al progresso culturale dei cittadini italiani. Purtroppo con la crisi del covid, la scuola ha subito in pieno il costo per la perdita di faccia negativa per l'adesione istituzionale alla dimensione culturale di "debole evita dell'incertezza" con un "orientamento temporale a breve termine" come tratti tipici della classe dirigente italiana. Questi elementi comportano paradossalmente come approdo per la politica un'adesione alla dimensione di tipo " soddisfatti" perché consentono in ultima istanza una sensazione di controllo della vita istituzionale. Il covid è vissuto come una emergenza mentre de facto è una crisi di non breve durata. Questa crisi sanitaria viene gestita dalla classe politica con un "orientamento temporale a breve termine" mentre dovrebbe essere gestita con un "orientamento temporale a lungo termine" in cui un paese istituzionale competente è capace di adattarsi alle circostanze e ciò che è bene o male dipende dalle circostanze.
Per l'aspetto legato alla sicurezza all'interno della scuola è stato realizzato ampiamente ogni sforzo possibile perché la dimensione culturale di "forte evitamento dell'incertezza" è sempre molto presente nella cultura italiana. Pertanto, la scuola italiana come "emblema" di questa cultura italiana ha cercato di combattere del suo meglio la minaccia del virus. Nell'articolo della sociologa Saraceni vengono menzionati alcuni esempi per segnalare l'impreparazione istituzionale come ad esempio nella gestione dei tamponi per coloro che arrivano da altri paesi così come della possibilità di effettuare tale servizio. Il diverso modo di gestire le attività culturali tra le regioni ha creato poca chiarezza e superficialità creando sfiducia e insofferenza di fronte alle restrizioni senza cercare di riorganizzare il settore culturale. La scuola è stata gestita con impreparazione per creare un sistematico scoraggiamento nei confronti di chi cerca soluzioni come i Presidi della scuola. Quest'ultimi sono stati abbandonati dal cts ( comitato tecnico scientifico) così come dal governo in merito al tema delle responsabilità giuridiche nel caso di contagio nella scuola. La scuola è rimasta come sempre nelle mani delle persone di buona volontà e con disponibilità individuale per compiere la formazione alla didattica digitale. La didattica online diventerà sempre di più una modalità per integrare la didattica " in presenza". In un anno così particolare serviva un impegno maggiore per nuove tecniche didattiche così come i presidi dovevano già richiedere ulteriori spazi per la didattica all'esterno esulando dalla pandemia. La Ministra dell'istruzione ha scaricato il problema sugli enti locali come i veri responsabili delle chiusure della scuola mentre la Ministra è il vero garante del diritto all'istruzione in Italia. In definitiva, si può facilmente immaginare come l'incertezza dovuta al contagio sarà usata con ogni probabilità da parte della classe politica italiana per nascondere l'impreparazione del comparto scuola in Italia.
Purtroppo il bisogno di adesione ad una dimensione culturale fatta di " forte evitamento dell'incertezza" per vivere la scuola si trova di fronte il muro di gomma costituito dalla cultura istituzionale italiana innervata intorno alla dimensione culturale di " debole evitamento dell'incertezza".
Impreparati a tutto
La scuola senza certezze
Chiara Saraceno
Impreparati. Nonostante il Covid 19 sia con noi ufficialmente ormai da molti mesi, una successione di decreti di urgenza, il prolungamento dello stato di emergenza, commissioni tecniche di vario tipo ciascuna con le proprie indicazioni, il Paese appare singolarmente impreparato a convivere con il Covid 19 non dall’oggi al domani, appunto come una emergenza di breve durata, ma come dato, se non, sperabilmente, strutturale, certo di non breve periodo. Che perciò richiede provvedimenti non emergenziali, ma che facilitino i cambiamenti — di comportamenti, di organizzazione — necessari per poter lavorare, studiare, avere una vita di relazione in condizioni di ragionevole sicurezza.
Era prevedibile che l’apertura delle frontiere avrebbe aumentato i rischi di diffusione del contagio, ma ancora oggi il sistema di controllo e somministrazione dei tamponi a chi arriva appare impreparato, colto di sorpresa sia sul piano normativo sia nella disponibilità effettiva del servizio. Analogamente era prevedibile che l’apertura delle discoteche, il "liberi tutti" negli spazi di aggregazione, le diverse autonome decisioni delle regioni su questo, come su altri temi, il diverso modo con cui sono stati regolati gli eventi culturali (molto più restrittivamente) rispetto a quelli ludici, avrebbe dato un messaggio di scarsa chiarezza e superficialità, generando sfiducia e insofferenza verso le restrizioni, senza davvero facilitare una riorganizzazione del settore ludico e del divertimento.
Al solito, la scuola è il concentrato di questa impreparazione e superficialità nell’affrontare i problemi, unita a quello che sembra quasi un’opera di sistematico scoraggiamento di chi si adopera per trovare soluzioni. Hanno ragione i presidi a lamentare il ritardo con cui arriveranno i banchi monoposto, visto che il bando è stato espletato solo in agosto, a oltre cinque mesi dalla chiusura delle scuole. Hanno ragione ad essere sconcertati dell’apparente voltafaccia del comitato tecnico scientifico che, dopo aver discettato di metri statici e dinamici e di "rime buccali", è arrivato a sostenere che si può scendere sotto il metro, purché con mascherina e finestre aperte, oltre tutto senza differenziare per età. E senza che il governo e il parlamento abbiano ancora trovato il tempo di chiarire se e chi ha responsabilità penale in caso di contagio.
Mentre presidi, amministrativi, insegnanti di buona volontà hanno passato l’estate con il metro in mano, correndo dietro ad indicazioni tardive, generiche e mutevoli, non si ha notizia di un lavoro sistematico e non affidato solo alla buona volontà e disponibilità individuale, per la formazione alla didattica digitale, nonostante questa sarà sempre più necessaria non solo in caso di temporanee chiusure, ma come integrazione della didattica " normale".
Tantomeno si ha notizia di un lavoro di messa a punto di pratiche e metodologie didattiche più adeguate di quelle che già avevano mostrato i propri limiti prima dell’emergenza. Tutti hanno diritto alle ferie e al riposo. Ma in un anno così eccezionale, in cui tanto si è tolto ai bambini e ragazzi, qualche investimento di tempo e intelligenza in più, magari anche con riconoscimento economico, sarebbe stato opportuno. Anche i presidi da tempo avrebbero dovuto sapere di aver bisogno di spazi e gli enti locali avrebbero dovuto collaborare a questo scopo. Invece tutto sta avvenendo a macchia di leopardo. Là dove non si sono (ancora) trovate soluzioni, peggio per gli studenti (e le loro famiglie), con la ministra che se ne lava le mani scaricando la responsabilità solo sul livello locale.
Come se non fosse la garante ultima del diritto all’istruzione.
L’incertezza sulla ripresa non è dovuta solo alla ripresa del contagio che si sarebbe dovuto e potuto controllare meglio. Anzi c’è il rischio che si utilizzi questo per nascondere l’impreparazione.
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