Enews 674, giovedì 17 dicembre 2020
Avevo promesso che dopo averla mandata al Premier avrei condiviso con il popolo delle ENews la lettera annunciata tre giorni fa. Eccola qui. Come vedete si parla di tutto tranne che di rimpasto o di politichese. Aspetto le vostre opinioni all’indirizzo: matteo@matteorenzi.it
Caro Presidente,
1. Basta con il populismo della comunicazione
in questi giorni il racconto fatto dal Palazzo dice che “quelli di Italia Viva”
vogliono le poltrone. È il populismo applicato alla comunicazione. Ma è
soprattutto una grande bugia. Noi Ti abbiamo detto in Parlamento che
quando un Paese può spendere 209 miliardi di €
non si organizzano task force cui dare poteri sostitutivi rispetto al
Governo. Non si scambia una sessione del Parlamento con una diretta
Facebook. Non si chiede al Consiglio dei Ministri di approvare un
documento condiviso all’ultimo momento. Perché questi duecento miliardi
di € sono l’ultima chance che abbiamo. Come nota acutamente Mario Draghi: “Il problema è peggiore di quello che appare e le autorità devono agire urgentemente”.
2. Non va tutto bene
La situazione è seria, Presidente. Abbiamo il più alto numero di morti da Covid in Europa.
È inutile continuare con la retorica del “va tutto bene”. Nonostante la
dedizione e la qualità dei nostri medici, infermieri, farmacisti,
volontari siamo purtroppo sul gradino più alto di questo tragico podio.
Non dobbiamo colpevolizzare i cittadini che hanno
seguito con disciplina le indicazioni del Governo ma dobbiamo riflettere
su che cosa non ha funzionato, a cominciare dal difficile rapporto
Stato Regioni. Abbiamo sostenuto le Tue misure, anche quando non le
condividevamo, perché in una fase terribile di emergenza non ci si può
dividere. Possiamo soltanto auspicare che sul vaccino
non si ripetano i ritardi dei tamponi o dei banchi a rotelle: l’Italia
deve essere in prima fila per efficienza nella distribuzione.
3. Non vogliamo poltrone, vogliamo politica
Adesso
cerchiamo di non essere i peggiori anche sulla ripresa economica. Noi,
Presidente, vogliamo dare una mano sui contenuti. Perché in discussione
sono le idee, non gli incarichi di governo. Teresa, Elena, Ivan
– che hanno lavorato bene su agricoltura, famiglie e politiche di
genere, export – sono pronti a dimettersi domani, se serve. Noi infatti
non concepiamo la politica come occupazione di posti. Non tiriamo a
campare, vogliamo cambiare. Non ci basta uno strapuntino, vogliamo la politica.
4. Il G20 e le sfide geopolitiche
Sfruttiamo questa opportunità. Decidiamo insieme qual è il posto dell’Italia nel nuovo mondo dell’America di Biden e della nuova Europa.
E come ci posizioniamo davanti alle grandi sfide della Pace di Abramo e
del secolo asiatico. Andiamo in Africa per creare sviluppo e
cooperazione e non con la retorica dei decreti sicurezza del Conte-I. E
giochiamo un ruolo nel Mediterraneo dove negli ultimi anni si è fatta
meno palpabile la nostra presenza e più forte l’impatto di Turchia e
Russia. Tutte sfide che la presidenza di turno del G20, altissimo onore
cui sei chiamato, deve affrontare.
5. La COP26 e la sostenibilità
Investiamo davvero sulla sostenibilità ambientale.
Ma questo non vuol dire richiamare sempre e comunque solo il super
bonus del 110%. Eni, Enel, Snam, Saipem sono nel loro settore leader
mondiali. Come fare a creare posti di lavoro verdi? Come rilanciare
sull’economia circolare partendo da straordinarie esperienze di successo
anche italiane, magari legandole alle public utilities? Come guidare il
processo di COP26 che Biden ha affidato a Kerry mentre
noi in Italia abbiamo uno spezzatino di competenze tra Ambiente,
Farnesina e Chigi? Eppure tocca a noi guidare la COP26
quest’anno. Ricordo ciò che ha fatto Hollande quando ospitò i leader a
Parigi nel 2015: noi come ci stiamo preparando? La grande sfida
dell’idrogeno, la piantumazione di nuovi alberi, la lotta al dissesto
idrogeologico, le nuove tecnologie a servizio della sostenibilità: su
questo ci trovi appassionati e pronti alla discussione.
6. Il Next Generation UE come ultima chance
Ti facciamo questi esempi, Presidente, perché te li abbiamo già citati in Parlamento.
Ma anche perché ti dimostrano che nel piano che hai inviato alle
ministre alle due di notte, senza averlo condiviso, c’è un collage di
buone proposte senza un’anima, senza una visione, senza un’idea di come
vogliamo essere tra vent’anni. Il Next Generation UE
non è un cesto di risorse gratis al quale tutti possiamo attingere a
piene mani, con criteri di distribuzione parcellizzati. Le risorse sono
vincolate in numerose dimensioni: la destinazione, la tempistica, i
risultati, le riforme di sistema che si accompagnano alla spesa. Non è
un fondo di 209 miliardi, perché i trasferimenti a fondo perduto sono
circa 82 miliardi. Il resto sono prestiti, e quindi equivalgono a
risorse a debito. Seppur con due differenze: costeranno meno del nostro
debito tradizionale e il rapporto con gli investitori privati è mediato
dal bilancio comunitario.
7. Serve una visione, non riciclare i vecchi progetti
Che senso ha spendere 88 dei 127 miliardi dei prestiti europei
solo per finanziare progetti che già esistevano? Abbiamo una visione o
abbiamo solo svuotato i cassetti dei ministeri con le vecchie proposte?
Pensiamo di non avere idee buone da coltivare oggi? Che fine hanno fatto
i documenti di Colao che avevi coinvolto con grande eco mediatica? Hai
letto i tanti contenuti ottimi che la società civile ti sta mandando, a
cominciare da M&M
che riunisce un bel gruppo di professionisti che conoscono lo Stato e
che Ti allego per comodità? Ci sono progetti che avrebbero bisogno di
prendere tutti e 128 i miliardi dei prestiti. Il Tuo Governo, il Mef, ha
deciso di utilizzare solo 40 miliardi per nuovi progetti: sicuro che
questo sia la scelta giusta? Noi pensiamo che se ci sono buone idee,
questo è il momento per finanziarle. Si fa debito? Certo. Ma l’unico
modo di combattere il debito è la crescita, non i sussidi.
8. Il Piano Shock ancora fermo
In questo senso ci giochiamo la carta delle infrastrutture. Il nostro Piano Shock
è stato approvato solo a parole. Le lentezze non sono solo burocratiche
ma anche politiche, frutto di indecisioni. Presidente, non importa
essere keynesiani per capire che l’unica strada per crescere sono gli investimenti pubblici e privati.
Perché non parte la Gronda a Genova? Siamo ancora vittime
dell’ideologia di chi come Beppe Grillo voleva mandare l’esercito per
bloccarla? E ancora: nel piano che abbiamo letto con attenzione sono
scartate inspiegabilmente molte opere. Innanzitutto le metropolitane a
cominciare dalla prosecuzione delle linee B1 e C di Roma e della Metro 5
di Milano. Ma tanto è ancora da fare – sia al Nord con la Venezia
Trieste – sia al Sud dove tra i lotti mancanti della SS106 e l’alta
velocità Salerno Palermo ci sono ancora dieci miliardi pronti da
investire. Soldi che creano posti di lavoro, non redditi di
cittadinanza. E che fanno PIL molto più di tante altre scelte. Ma le
infrastrutture sono un campo enorme: treni, aeroporti, porti, scuole,
ospedali, fibra, carceri dove i detenuti vivono in condizioni disumane.
Non è un caso se il più brillante politico della nuova generazione
americana, Pete Buttigieg, sia stato indicato ieri come Segretario ai
Trasporti. Su questo settore ci giochiamo il futuro più che di ogni
altro. Te lo abbiamo detto assieme a Nicola Zingaretti un mese fa a
Palazzo Chigi: chi come noi ha amministrato sa che una cosa è approvare
un decreto, una cosa è veder partire un cantiere. Ci vuole cura per i
procedimenti e per i dettagli: non bastano i like su Facebook per amministrare un territorio.
9. Il digitale come svolta per il Paese
Nel mese di agosto un tuo Ministro, Patuanelli, ha chiesto al professor Cingolani, già fondatore dell’IIT di Genova e tra i massimi esperti mondiali di innovazione, di contribuire con un documento che Cingolani ha inviato poi ad altri cinque ministri sul digitale. Personalmente credo che tutto ciò che Cingolani scrive, dall’intelligenza artificiale alla cyber security,
sia ricco di spunti di grande interesse e pronto a divenire progetto
finanziabile a Bruxelles. È chiaro che su questi temi occorrono i
professionisti veri. Non possiamo permetterci le figuracce che abbiamo
fatto anche solo nella gestione dei siti dell’INPS durante la pandemia
perché un Paese che vuole costruire il futuro con il digitale e poi si
affida alla logica del click day mostra una contraddizione insanabile.
Ti aggiungo che collaborando con varie istituzioni in tutto il mondo è
impressionante vedere come molti Paesi stiano investendo grandi risorse –
umane prima che economiche – sui temi chiave di AI, IOT, Big Data, bioscienze, robotica.
Il mondo corre: noi abbiamo bisogno di una visione come quella espressa
da Cingolani, non da una gestione che si perde in mille rivoli e uffici
separati. Nel testo che abbiamo letto, invece, il disegno di Cingolani è
annacquato e spezzettato, privo di quella unità di fondo indispensabile
per una corretta execution.
10. Servono soldi sulla Sanità, serve il Mes
E come è possibile mettere solo nove miliardi sulla sanità?
In tre anni il mio Governo ha messo sette miliardi in più, senza
pandemia: ancora oggi i Cinque Stelle definiscono “tagli” questo maggior
investimento di sette miliardi in tre anni. Dopo una pandemia e con
risorse eccezionali mettiamo solo nove miliardi in cinque anni? E come possiamo dire NO al Mes
che ha meno condizionalità del Recovery Fund? Qual è la ragione del
nostro rifiuto? I nostri parlamentari hanno proposto una precisa
allocazione dei 36 miliardi del MES. Come si può dire no agli investimenti sulla sanità,
caro Presidente? Se siamo in emergenza e abbiamo il maggior numero di
morti in Europa forse dobbiamo investire di più in Sanità, non credi?
Questo rifiuto ideologico del MES mi appare ogni giorno più
incomprensibile.
11. La cultura non "fa divertire", la cultura ci ricorda chi siamo
Recuperando i denari del MES, possiamo allocare i nove miliardi originariamente previsti per la sanità su un settore decisivo per il nostro futuro: la cultura e il turismo.
Bisogna smetterla con una visione ottocentesca di musei e teatri, come
se questi possano essere considerati meri divertissements per annoiati
signori: sono la base della nostra identità. E i professionisti che vi
lavorano meritano di essere trattati come tali: gli operatori della
cultura non sono quelli “che ci fanno divertire” ma coloro che ci
ricordano chi siamo, perché viviamo, perché amiamo, perché siamo ancora
capaci di sognare. Se davanti a un piano di 200 miliardi l’Italia mette
solo 3 miliardi sulla cultura e sul turismo stiamo perdendo noi stessi.
Presidente, hai idea di come stanno soffrendo alberghi, ristoranti,
città d’arte, operatori?
12. La tragedia della scuola
Perché è il fattore umano a essere decisivo.
E questo ci porta a richiamarTi alle responsabilità che tutti abbiamo
sulla scuola. Da due mesi i nostri ragazzi non vanno più a scuola:
è una tragedia, Presidente, una tragedia. Sussistono le responsabilità
delle Regioni, certo; quelle del trasporto pubblico non organizzato per
tempo; il grave errore di aver chiuso l’unità di missione sull’edilizia
scolastica che oggi tutti dicono di voler riaprire. Ma c’è un dato di
fatto: i nostri figli hanno perso un anno rispetto ai
ragazzi tedeschi o francesi. Perché loro tengono aperte le scuole, a
differenza nostra. È un patrimonio di competenze perse, di relazioni
smarrite, di umanità infranta. Misureremo negli anni i danni psicologici
per questa generazione condannata alla solitudine in una stagione in
cui la relazione è tutto. Ma adesso lavoriamo per riaprire le scuole. I
tedeschi e i francesi, non sono migliori di noi: se loro hanno gestito
per tempo l’emergenza scolastica, cerchiamo di farlo anche noi.
Prendiamo atto che servono i tamponi e i vaccini, non i banchi a rotelle
e le autocertificazioni. La didattica a distanza, Presidente, è una
sconfitta per tutti. Ma per noi, politici e genitori, è una sconfitta
doppia.
13. Sì alle riforme, solo se sono riforme serie
Abbiamo il tavolo delle riforme da affrontare. Noi siamo per il maggioritario.
Vogliamo sapere la sera delle elezioni chi governa. Vogliamo che
governi per cinque anni. Vogliamo che abbia stabilità. Se le altre forze
politiche preferiscono un sistema diverso, siamo pronti a sederci e a
discuterne. Ma vogliamo farlo in modo serio. Mettendo in campo tutti i
correttivi che servono, a cominciare dal superamento del Titolo V della Costituzione sul rapporto Stato Regioni che ha mostrato i limiti più evidenti proprio in questa pandemia.
14. Garantismo e giustizialismo
È vero, come dici spesso, che la prima riforma che dobbiamo fare è quella legata ai tempi della giustizia civile.
E pensare di risolverla cancellando la parola prescrizione è un
controsenso. Ma è anche vero che nessuna riforma è possibile finché non
torniamo alla lettera e allo spirito della Costituzione che prevede una
netta differenza – troppo spesso ignorata – tra il garantismo e il giustizialismo.
Non si tratta dello stesso -ismo come talvolta purtroppo hai detto
anche tu, caro Presidente. Tra garantismo e giustizialismo c’è un
abisso. I provvedimenti di riforma o saranno garantisti o non saranno
credibili, in Europa come in Italia. E non servono task force contro la
corruzione: c’è l’ANAC. E non servono unità di missione al Ministero della Giustizia: basta far funzionare gli uffici che già ci sono.
15. Dai diritti all'economia sociale
Nella mia esperienza a Palazzo Chigi il momento più esaltante è stata la scrittura di una nuova pagina sui diritti.
Dal terzo settore all’autismo, dal caporalato alla cooperazione
internazionale, dai diritti civili al dopo di noi. Oggi però occorre uno
sforzo in più. Andare oltre la sfera dei diritti per capire che il
presunto Terzo Settore è già il Primo. Rappresenta
infatti i valori fondanti del Paese. L’economia sociale è già una realtà
in Italia, rappresentando oltre 360mila organizzazioni e il 5% del
nostro prodotto interno lordo. Il cosiddetto non profit, con quasi sei
milioni di volontari e un milione di occupati, rappresenta per la sua
capillarità, flessibilità e pluralità di intervento il motore sul quale
fare leva per attuare un sistema davvero resiliente. Non si tratta di un
settore cui destinare risorse in modo residuale e assistenzialistico,
bensì un modello economico stabile su cui innestare i pilastri della
ripartenza nel solco della sostenibilità, della transizione ecologica e
sostenibile, e dell’innovazione. Per sua natura, si tratta di un ambito
produttivo finalizzato alla generazione di valore sociale in molti
ambiti di interesse generale con la precipua caratteristica dell’assenza
di scopo di lucro, dove la cura e la presa in carico si esplicano in
attività di assistenza socio sanitaria, educazione e formazione,
cultura, sport, ambiente e valorizzazione del territorio e dei beni
comuni.
16. La crisi occupazionale
E questo ci porta a riflettere sulla vera emergenza di questa stagione: la crisi occupazionale.
Quando saranno rimossi i divieti di licenziare vivremo una stagione di
crisi senza precedenti. Abbiamo molto apprezzato che Tu abbia scelto la
strada della decontribuzione, pilastro di quel JobsAct
ingiustamente criticato ma che ha permesso di creare oltre un milione di
posti di lavoro. E tuttavia la decontribuzione non basta. Bene la
scelta di puntare su Industria 4.0, iniziativa che si
deve ai ministri del mio governo Guidi e Calenda. Ma occorre anche e
soprattutto una politica industriale che non può essere delegata alla
sola Cassa Depositi e Prestiti. Una politica industriale coerente,
dall’acciaio alle autostrade, ma ispirata da una visione non populista. E
capace di creare posti di lavoro, non sussidi. Perché l’Italia torni a essere davvero una Repubblica democratica fondata sul lavoro. E non sul reddito di cittadinanza.
17. Dare soldi e poteri ai Sindaci
Permettimi di dire che i sindaci
vanno sfidati su progetti di trasformazione urbana come abbiamo fatto
con il piano periferie. Se dai i soldi, finiscono nella spesa corrente.
Metti i soldi a disposizione dei comuni che hanno i progetti pronti e la
musica cambia. La filosofia del rammendo ha ispirato i progetti di
ripartenza di molte città che oggi si stanno trasformando. Mettiamo a
disposizione dei sindaci un fondo lasciando alle città la responsabilità
di spenderli per investimenti: dalla Roma del Giubileo 2025 fino al
piccolo comune di montagna, i nostri primi cittadini devono essere
sostenuti su progetti di sviluppo reali.
18. Amicus Plato, Sed Magis Amica Veritas
Infine una nota sul passato: spesso citi i Governi precedenti
come parte del Problema. Se ti riferisci all’esperienza del governo
gialloverde, siamo con Te: gli errori fatti, a cominciare da quota100,
sono ancora oggi una pesante eredità per i conti pubblici. Ma se ti
riferisci ai nostri a solo scopo di riaffermare la verità ti allego lo studio del professor Fortis sul periodo 2014-2017. Amicus Plato, sed magis amica veritas.
19. No ai pieni poteri, mai
Ti abbiamo detto, caro Presidente, che abbiamo fatto un Governo per evitare i pieni poteri a Salvini. Non li affideremo a altri. L’insistenza con cui non ti apri a un confronto di maggioranza sul ruolo dell’Autorità Delegata è inspiegabile. L’intelligence appartiene a tutti, non è la struttura privata di qualcuno: per questo Ti chiediamo di indicare un nome autorevole
per gestire questo settore. Io mi sono avvalso della collaborazione
istituzionale di Minniti, Monti ha lavorato con De Gennaro, Berlusconi
con Letta: tu non puoi lavorare con te stesso anche in questo settore.
Ci hai sempre chiesto di essere trasparenti e di dire le cose alla luce del sole.
Come vedi lo facciamo animati solo da un desiderio: che l’Italia torni a correre.
Di questi argomenti vogliamo parlare e su questi temi siamo pronti a confrontarci.
Un caro saluto, ci vediamo domani.
Matteo Renzi
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