In questo lavoro verrà svolta un'analisi delle dimensioni culturali presenti nell'articolo del sociologo Giuseppe De Rita intitolato " Si rifiutano i sacrifici che i figli richiedono". Questo articolo è apparso sul giornale La Stampa del 12/02/2020 descrive una scena culturale italiana in cui prevale l'assenza della natalità nel paese. Questa assenza può essere interpretata come una forma di adesione alla dimensione di tipo "vincolati" sia la causa principale della denatalità crescente in Italia. La titolazione scelta dalla "Stampa" rappresenta una forma di minaccia al bisogno di faccia positiva collettiva di tanti italiani costretti a vivere nella dimensione culturale di tipo "vincolati" sul piano economico mentre alla luce del pensiero di De Rita il problema della denatalità sembra risiedere principalmente nell'adesione ad una dimensione culturale di tipo " individualismo" ( egolatria) e un " forte evitamento dell'incertezza" in cui si combatte la minaccia dell'incertezza presente nella nascita di una prole.
A mio modo di vedere, questa interpretazione del sociologo De Rita è una forma di minaccia per il bisogno di faccia negativa collettiva per tutte le persone costrette ad aderire alla dimensione di tipo " vincolati" come causa essenziale per non fare figli. Per il sociologo De Rita sarebbe necessario ricostruire il concetto di comunità da intendere come adesione ad una dimensione di tipo " collettivismo" in cui si crea un " noi coscienzioso" con l'enfatizzazione dell'appartenenza e dove la relazione sono più importanti dei compiti. Al contrario, la scena culturale italiana si caratterizza per la presenza di una dimensione culturale di tipo " individualismo" dove la parola " io" è una parola fondamentale. All'origine di questo problema culturale secondo De Rita troviamo l'idea della natalità come moltiplicatore di povertà, la quale si potrebbe tradurre come un bisogno di non fare figli per non dovere aderire ad una dimensione culturale di "forte evitamento dell'incertezza" in cui l'incertezza della vita viene combattuta e la povertà riporta alla dimensione di tipo "vincolati" perché si perde controllo sulla propria vita riducendo la possibilità di dirsi felice economicamente e riducendo il proprio tempo libero. Nella situazione socio-economica italiana, la possibilità di avere un figlio riduce la mobilità economica, vale a dire non consentirebbe la possibilità di aderire ad una dimensione culturale di " bassa distanza sociale con il potere" con la riduzione della distanza sociale tra sé e gli altri. Inoltre, tale denatalità comporta la modifica la psicologia collettiva di un paese in assenza di figli, ossia si perde il concetto di " famiglia allargata" e un noi di tipo " coscienzioso" ( collettivismo) per fare prevalere la dimensione culturale di tipo "individualismo" inteso come un " io di tipo coscienzioso" e " io" è una parola indispensabile nel nostro linguaggio quotidiano e i compiti sono più importanti delle future relazioni tra le generazioni.
Questa situazione viene descritto nel lavoro di De Rita come il risultato di un paese impaurito, ripiegato sul presente e incapace di pensare al futuro. In altri termini, il paese ha paura come risposta nel vivere in un modo costante nella dimensione culturale di tipo "forte evitamento dell'incertezza" in cui l'incertezza viene combattuta con una forma di intolleranza verso qualsiasi idea divergente legata al tema della bassa natalità nel paese. Detto in altro modo significa che non intendo certo cambiare parere perché il paese ha bisogno di figli. Il paese è ripiegato sul presente è da interpretare come adesione alla dimensione culturale di tipo "orientamento temporale a breve termine" in cui i fatti della vita sono avvenuti nel passato e dove prevale spendere soldi per la vita sociale e per i consumi nel momento presente. Pertanto l'assenza del futuro si può interpretare come una incapacità di aderire ad un "orientamento temporale a lungo termine" collocando i fatti della propria vita nel futuro con una maggiore capacità di adattarsi alle nuove circostanze. Per De Rita, il problema della denatalità è legato al narcisismo di massa in cui prevale una gratificazione legata soltanto alla propria persona per evitare di ritrovarsi senza volerlo nella dimensione culturale di tipo "vincolati" per colpa di un impoverimento economico avvenuto con la nascita della prole. Per il sociologo, il problema è l'io di tipo egoistico all'interno di una dimensione di tipo "individualismo" dove "io" è una parola indispensabile nel nostro linguaggio, con la prevalenza del bisogno di badare solo a se stesso. Al contrario, secondo il mio modo di intendere, la denatalità trova una sua causa nelle dimensioni culturali di tipo "vincolati" e di " forte evitamento dell'incertezza" da comprendere come sensazione di essere vincolati perché le cose non dipendono dal mio volere mentre la dimensione di tipo " forte evitamento dell'incertezza" si ritrova nel bisogno di lottare contro l'incertezza della vita. In altri termini, la prole rappresenta l'elemento di incertezza per eccellenza nella vita delle persone da evitare per non incappare verso una degradazione della propria condizione economica . L'impatto della crisi ha spinto ad aderire alla dimensione di tipo " vincolati" perché questa scena culturale non consente di compiere i vari passaggi della vita adulta da comprendere come una mancata adesione ad una dimensione di tipo "orientamento temporale a lungo termine" in cui una persona brava si adatta alle circostanze della vita, con la capacità di collocare i fatti più importanti della vita nel futuro e la propria vita viene guidata da compiti condivisi. In Italia, l'alternativa alla natalità è rappresentata dal divertimento o dal risparmiare per il futuro, ossia prevale un "orientamento temporale a breve termine" con la tendenza a spendere soldi per la vita sociale e il consumo oppure al contrario un'attitudine al risparmio per future situazioni impreviste in sintonia con un'adesione ad una dimensione culturale incentrata sull' "orientamento temporale a lungo termine" nella vita delle persone. La possibilità di "fare figli" è un balzo completo nella dimensione culturale di "debole evitamento dell'incertezza" perché si è costretti a vivere la vita così come viene, con poco stress e ansia con una tendenza a vivere a proprio agio nell'ambiguità e nel caos.
Per De Rita l'assenza della dimensione di tipo " collettivismo" è il frutto della perdita dell'equilibrio nei rapporti sociali. In altri termini, in Italia è prevalso il modello di società in cui gli altri sono percepiti come " in-group" o " out-group" sul piano "collettivismo" mentre nella dimensione di tipo " individualismo" prevale il criterio in cui tutti sono tenuti a badare a se stessi e dove parlare per sé è cosa buona e dove la parola "io" sono cruciali nel nostro linguaggio quotidiano. Il cambiamento di società invocato dal sociologo De Rita implica una serie di valori individuati nell'umiltà, la volontà di fare e di migliorare, vale a dire l'umiltà da intendere come il bisogno di aderire ad un "debole evitamento dell'incertezza" con la tolleranza verso le altre idee e con la possibilità di dire " non lo so". In aggiunta, l'umiltà è in adesione ad un "orientamento a lungo termine" perché cercare di imparare dalle altre persone è cosa buona. La nozione di "volontà di fare" rientra nella dimensione culturale di un "orientamento temporale a breve termine "perché essere al servizio degli altri è importante e si è in sintonia con la dimensione culturale di tipo " soddisfatti" perché si crea una sensazione di controllo della propria vita e con una tendenza nel ricordare le emozioni positive. La possibilità di " miglioramento" è un modo per aderire ad una dimensione culturale fatta dall'" orientamento temporale a lungo termine" perché i fatti più importanti della propria vita devono succedere nel futuro, con la ricerca di imparare degli altri come cosa buona, con la capacità di investire per il proprio futuro. Da non dimenticare che l'umiltà rappresenta un modo di aderire alla dimensione di tipo " femminilità" con una differenza di genere bassa in termini sociali\emozionali e con il bisogno di apparire modesti e intenzionati. In opposizione, la voglia di " migliorare" significa fare prevalere il lavoro sulla famiglia come tratto della dimensione di tipo " mascolinità".
In Italia, secondo il sociologo De Rita, il ceto medio inteso come faccia collettiva degli italiani vive nell'incertezza, nella rabbia e con l'onnipresenza dei social come fenomeno riduttore degli orizzonti mentali legati alla genitorialità. In altri termini, la dimensione culturale di " forte evitamento dell'incertezza" e la dimensione di tipo " vincolati" collegati alla rabbia del ceto medio riducono gli orizzonti culturali, vale a dire si compie una forma di riduzione della possibilità di aderire ad un "orientamento temporale a lungo termine" spingendo invece ad un "orientamento a breve termine" incentrato sull'importanza del presente e del passato e dove la propria vita viene guidata da imperativi. Per De Rita, la dimensione culturale di tipo " individualismo" prevale nell'interpretare la mancata natalità italiana perché il paese è abitato da perenni " Peter Pan", ossia da persone legate ad un "orientamento temporale a breve termine" perché il presente è l'unica categoria del mio agire e la stabilità delle persone come sempre uguali resta un tratto essenziale del vivere all'italiana. Alla fine, De Rita ci parla della nuove generazioni che partono all'estero adoperando la metafora della mucillagine: quest'ultima è composta da monadi scomposte che si riaggregano in poltiglie indistinte, senza un progetto di bene comune o di natura famigliare. Per il sociologo De Rita "non c'è più speranza di migliorare e crescere". In definitiva, le nuove generazioni vivono dentro la dimensione di tipo " individualismo" in cui gli altri sono considerati come individui in assenza della dimensione di tipo " collettivismo" come possibilità di enfatizzare un senso di appartenenza. In sostanza, questa generazione è rilegata alla dimensione culturale di tipo " vincolati" perché è difficile dirsi felice in questa scena culturale rimanendo permanentemente nella dimensione di un "orientamento temporale a breve termine" perché esiste solo il presente e le restrizioni come le vere cause per giovani e ceto medio per non mettere al mondo una prole in un paese come l'Italia.
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