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giovedì 7 novembre 2019

ITALIANITA' E DINTORNI: VIVERE ALL'ITALIANA


 Italianità e dintorni: vivere all'italiana

Con questo titolo si intende utilizzare i concetti presenti all'interno del testo di Lia Buono Hobart " Capire l'Italia e l'italiano" (2004) per ridare senso ad un concetto molto astratto, difficile e forse anche pericoloso in un periodo di populismo dilagante come quello dell'italianità.
Riprendo i concetti presenti nel testo Capire l'Italia e l'italiano, l'italianità è da intendersi come il carattere e il comportamento degli italiani nella loro varietà, multiformità e contraddittorietà'. Gli italiani sono contraddittori, in altri termini pensate ad una coppia di termini in opposizione e sarete sicuri di non sbagliare. Troverete italiani arroganti e gentili, sordidi e generosi, egoisti e altruisti, chiusi e cordiali, sciatti e eleganti. Questi tratti convivono senza grosse lacerazioni all'interno della stessa persona. Questo rappresenta un punto di partenza utile per comprendere questo paese.


Culture regionali e dialetti

Una peculiarità dell'italianità è il vasto mosaico di culture regionali e locali presenti nel Bel paese. L'italianità non costituisce un fatto unico e nazionale, ma vive dentro i comuni come una forma di deposito del passato capace di rinnovarsi senza soccombere totalmente alla modernità. I dialetti d'Italia sono la prova materiale di questa varietà culturale: in Italia lo " star al mondo" è tipicamente locale e si declina intorno a tematiche quali: il cibo, le feste, le abitudini e consuetudini del posto.
Queste tradizioni locali sono rimaste fortissime perché non è mai esistito un centro dominante nella penisola per imporre una supremazia politica, economica e culturale su tutto il territorio nazionale. Tutta l'Italia è da intendersi come una provincia e metropoli, un centro e una periferia allo stesso tempo. All'interno del paese vigono tra il Nord e il Sud delle grosse differenze in termini di mentalità, stile di vita, atteggiamenti culturali e modi di parlare. Ad esempio, un modo per illustrare questi modi di parlare è raffigurato nei " geo-sinonimi" come quello dei ravioli bolognesi denominati come " agnoletti" in Piemonte, anguria al nord e melone al sud, insipido e sciocco (toscanismo).
Le feste locali o padronali sono un evento importante per la comunità perché rappresenta un momento di allegria, incontro e scambio tra le persone. Queste feste rivestono un forte elemento di identificazione per la gente. Pensiamo ad alcune feste locali molto famose come il Palio di Siena, la corsa dei Ceri di Gubbio, il carnevale di Viareggio, la festa di Piedigrotta, la festa del Mandorlo ad Agrigento.
La festa padronale è un evento sociale unico per la comunità con le varie processioni, balli, sagre, lotterie, mercatini e prodotti gastronomici tipici. Parlare in dialetto è un tratto tipico dell'identità regionale degli italiani. Molti italiani prediligono l'uso del dialetto come modo per essere informali, discutere con amici stretti o per avere un rapporto più spontaneo con la gente. Il dialetto è un forte elemento di affermazione ed identificazione della propria provenienza regionale e locale su tutto il territorio nazionale. Per coloro che vivono l'esperienza dell'italianità all'estero è un modo per esprimere una forma di nostalgia con la propria terra.

L'Italia, paese di spettacolo.

L'importanza dello spettacolo nel contesto italiano può trovare una perfetta sintesi nel binomio " essere e apparire". L'italiano in senso ampio ama " fare bella figura" e percepisce il mondo esterno come il suo personale teatro e gli altri come la sua personale platea. Questo spettacolo della vita può essere di tipo misurato, naturale, garbato, talora al contrario può essere eccessivo, grossolano ed esibizionista. Questo modo di essere può trovare le sue ragioni secondo Lia Buono Hodgart ( 2004) nel testo Capire l'Italia e l'italiano nel senso di corporeità sempre presente nello spirito degli italiani. Di questa corporeità, il gesticolare e la mimica non sono che un'espressione forse un'impronta, una seconda lingua, un vero alfabeto dei gesti. Il culto dello spettacolo può essere ascritto al ruolo della "piazza" all'interno del proprio paese. In questa " piazza" come spazio antropologico dello star al mondo degli italiani tutti vogliono farsi vedere per esternare la loro persona sia in modo linguistico che estetico presso gli amici e conoscenze o presso nuove forme di rapporti.
L'importanza dello spettacolo significa un bisogno di essere " perfettini" o di essere alla moda, vale a dire un segno di " status symbol" e anche di ostentazione per molti mentre per pochi sembra essere un segno di decoro, cura di sé, uno specchio della personalità.

Vivere all'italiana può essere tradotto come una perenne voglia di divertirsi con lo scherzare in modo bonario, affabile o quasi saggio. Le persone preferiscono non preoccuparsi più di tanto facendo ampio uso del sorriso tra pari e con l'arte della sdrammatizzazione. Possiamo dire che esiste un'arte dell'accontentarsi che spinge ad un " minimalismo esistenziale" fatto da pretese più basse, con tolleranza per i difetti altrui e accettazione dei propri limiti e quelli altrui. In pratica meno rigorismo morale consente di affrontare meglio gli obiettivi di fronte a sé.
Il bisogno di adesione avviene tramite il tifo per una squadra di calcio o di un altro sport. Un altro modo di dare appartenenza in Italia è quello di identificarsi con la propria città o regione ( a volte anche con il proprio quartiere o strada).
Queste forme di appartenenza vengono dette " campanilismo". Conoscere la squadra di calcio e la provenienza geografica sono due modalità per definire una persona senza conoscerla in modo oggettivo.

Rapporto difficile con se stesso

In molti italiani convive la compresenza di xenofilia e xenofobia. Gli italiani sono presuntuosi quando parlano di cibo, pittura, musica, capacità amatoriali dimostrando in tal modo scarsa curiosità per gli altri.
La xenofilia si pone in evidenza quando molti italiani definiscono come migliori gli altri stati affermando che in Italia tutto fa schifo, tutti rubano, lo Stato ti sfrutta e le tasse sono troppo elevate. Gli italiani si sottovalutano e si avviliscono quando fanno comparatistica sul piano pubblico-amministrativo con gli altri paesi mentre sono molto generosi con se stessi quando si parla della loro vita privata.

La cucina

La cultura della tavola italiana si deve al radicamento di una cultura preindustriale, artigianale nella preparazione degli alimenti e nella ricerca dei sapori. Questa artigianalità e questo rifarsi ai prodotti della " casa" si ritrova nell'onnipresenza nei vari cibi, menu, con le dizioni " nostri" o " nostrani" per i nostri oli, nostri vini, pane nostrano, dolci nostrani. Il pasto ricopre un ruolo sociale perché è l'unico rito collettivo per vedere l'esistenza della famiglia.
Solitamente gli italiani amano mangiare in posti dove si può fare chiasso con gli amici. Pranzare e cenare sono i luoghi per esaltare il piacere della convivialità con l'ausilio della conversazione. Mangiare insieme significa rinnovare l'amicizia o l'amore tra le persone, serve per comunicare il desiderio di iniziare o mantenere una relazione d'amicizia o d'amore, socializzare o fraternizzare, fare delle intese o parlare di lavoro. Invitare una persona a casa è un segno di una socialità votata all'intimità come sembra essere maggiormente il caso al nord mentre al sud si predilige invitare fuori come forma di condivisione del proprio tempo libero con l'altra persona e per cercare di star bene in compagnia.

I ragazzi a vita sono le conseguenze di due difficoltà oggettive legate alla realtà socioeconomica del paese e da carenze provenienti dal sistema stesso. Le complicazioni per i laureati nel trovare un lavoro e le difficoltà per trovare un alloggio a prezzi ragionevoli rendono la permanenza in casa di tipo " forzata". Questa problematica dell'alloggio può apparire anche molto gravosa ed opprimente per le giovani coppie.
Accanto a questi giovani che non digeriscono facilmente questo fenomeno sociale ritroviamo invece tutti coloro che scelgono di rimanere in casa senza una vera ragione. Infatti, pur avendo un lavoro, un salario e spesso la fidanzata non hanno nessuna fretta di sposarsi e di uscire di casa per mettere su famiglia. Il mammismo è un vizio per chi ha poche aspettative mentre è una sconfitta per coloro che vogliono rendersi autonomi. Sono un ragazzo di 32 anni significa una descrizione di uno stile di vita dove si continua a vivere con i genitori, si ha un lavoro precario e una vita sentimentale senza impegni. Il lavoro precario spinge le persone a svolgere il proprio compito senza passione e attenzione. I punti di interesse possono diventare elementi centrali del proprio vivere come la musica, il cinema o la radio. Il ragazzo a vita è un modo di " star al mondo" che trova una sua definizione nel concetto di " treno della vita sociale fermo". Questo treno è fermo fuori stazione, in un territorio sconosciuto. Nei vagoni di testa ci sono anziani immobili che rendono l'Italia il paese dove non succede niente perché nessuno scende da questo treno. Questi anziani al potere pensano perché dovrebbero scendere dal treno visto che non siamo arrivati in nessuna stazione. In questo treno nessuno scende e nessuno sale mentre gli altri vagoni sono gremiti di giovani privi di futuro, ossia privi di avere delle responsabilità, casa. famiglia, figli e lavoro.

Tutta la vita è diventata precaria e la vita è diventata precaria e si è trasformata in un grande campeggio dove la famiglia diventa un passatempo e non un luogo di impegno. Questi ragazzi a vita non sono portati a diventare padre: come possono essere un modello di vita se non hanno una vita propria.  Sembra che in Italia si voglia rimanere ragazzi a vita per vivere questo spirito di eterna giovinezza italiana mentre negli Stati-Uniti anche nelle scuole medie tutti vogliono " men o women" e certamente non " girls o boys".
Questo tratto del carattere nazionale non era presente nel testo di Giorgio Bocca ( 1997) con Italiani strana gente. Bocca sostiene che gli italiani vivono con ansia e fatica il quotidiano. Vi dirà che questi italiani quando si svegliano la mattina provano un sentimento di vuoto per le cose che non capiscono, per le cose su cui si sente impotente: questi italiani che soffrono ma che pensano sempre alle vacanze, questa gente di antica tolleranza, pacifica e normale si chiede come mai questa vita normale mi pare essere un eterno affanno? A questa umanità mutevole mutevole e imprendibile manca la capacità di essere ironico, ossia la voglia di sorridere delle cose e non ridere o piangere di fronte a questa vita.
Anche l'autoironia pare essere una forma di orgoglio nel contesto culturale italiano.

Il tempo libero degli italiani

Fuori d'Italia, gli italiani sono noti per essere cordiali e socievoli, pronti all'amicizia e ai piaceri della socialità, dello star insieme. Non è facile dire se questa immagine sia fondata poiché le abitudini e gli svaghi sono in continua trasformazione e cambiano da luogo a luogo, da un contesto culturale all'altro e da una generazione all'altra.

I rapporti tra le persone si costruiscono nell'ambiente di studio e di lavoro in questo periodo storico. Questo modello di socializzazione diventa sempre più rarefatto, occasionale e circoscritto ad un ristretto " giro" di amicizie e di relazioni. L'estendersi del lavoro autonomo, l'onnipresenza di internet e della tv nella vita quotidiana, il restringersi dei consumi culturali più qualificati quali il cinema, teatro e musica hanno spinto molti italiani a vivere il loro tempo libero nelle pareti domestiche. Da qui la diffusione di nuovi spazi di socializzazione per coloro che vogliono fuggire alla solitudine: le università della terza età, la palestra, i corsi di ballo, i viaggi organizzati, il volontariato, le sagre locali e la discoteca. Anche quest'ultima diventa un luogo per ampliare la propria cerchia di conoscenti. Per alcuni giovani molto politicizzati esistono i centri sociali come luogo di aggregazione alternativi e antagonisti al modello di vita di tipo capitalista.
L'abitudine di uscire insieme agli altri o di far qualcosa con gli altri rimane ancora presente nella mentalità degli italiani. Oggi i modi con cui giovani e adulti tendono ad aggregarsi sono dettati dallo stile di vita, dalla comunanza di gusti, interessi settoriali, passioni sportive e dalla contiguità degli ambienti sociali di provenienza. Una forma di svago che resiste nonostante la crisi è quella di uscire per mangiare una pizza con amicizia, in comitiva o in famiglia. In Italia sono rimasti fermi al palo i consumi culturali mentre le attività dedicate allo sport, al benessere estetico e allo shopping sono diventate attività di masse del paese.

I dialetti italiani

I dialetti d'Italia rivestono nel contesto italiano una grande importanza perché è stato per secoli l'unico mezzo di comunicazione orale per una larghissima parte della popolazione. Le ragioni di questo predominio sono dovute a molti fattori, in modo particolare il fattore politico.
L'Italia per secoli ha subito varie dominazioni e questo ha creato una situazione di tipo " separatismo" tra dominatori e dominanti. Il secondo fattore che ha favorito i dialetti era l'alto livello di analfabetismo. Nel 1861, il 75% della popolazione erano analfabeti e nel 1921 all'epoca della seconda guerra mondiale le percentuali di analfabetismo si aggiravano fra il 50% e ancora di più nel mezzogiorno. Nel 1951 risulta analfabeto il 12,8% della popolazione che sale fino al 24% nel sud del paese. Pertanto non c'è da stupirsi che coloro che non conoscevano la lingua scritta, ossia l'italiano hanno continuato ad adoperare il dialetto, come lingua imparata in casa e parlata dentro la propria comunità. Dopo gli anni 60 con l'unità linguistica del paese e l'industrializzazione, l'italiano ha iniziato ad imporsi sul dialetto. L'urbanizzazione di massa dei contadini e le migrazioni interne sono stati cambiamenti radicali per le popolazioni in termini sociolinguistici. L'ultimo fattore di unificazione sono stato i media. Secondo molto linguisti e in particolare De Mauro ha evidenziato come la televisione abbia giocato un ruolo così importante da essere definita come la vera " scuola" degli italiani.
Questi dialetti d'Italia trovano la loro genesi dal latino parlato del 5 secolo dopo cristo, ossia con il periodo della caduta dell'impero romano di occidente ( 473 dc). Da un dialetto particolare deriva l'italiano: questo dialetto è il fiorentino. Il fiorentino fu scelto per la supremazia culturale con Dante nel periodo rinascimentale e con la supremazia politica ed economica di Firenze nel 400 e 500.
Per dirla alla Devoto ( noto linguista italiano) la storia dell'italiano è la storia del dialetto fiorentino.
Solitamente i dialetti d'Italia vengono suddivisi in quattro aree, ossia i dialetti del nord del paese, il toscano, i dialetti del centro-meridionale e il sardo.
Oggi i dialetti non definiscono lo stato sociale o socioculturale dell'individuo e non è più sinonimo di ignoranza e divisionismo. Questi dialetti vengono nella realtà odierna parlati per scelta come modo per aumentare la capacità di espressione in un contesto molto bilingue e aperto ad altre lingue straniere.
Secondo molti studiosi, l'italiano parlato più noto è quello di Milano e non quello di Firenze o Roma poiché in queste due realtà l'intreccio tra lingua e dialetto è molto forte.
La lingua nazionale gode di maggiore prestigio perché svolge tutte le mansioni ufficiali dello stato, delle transazioni economiche, nelle sedi scientifiche e accademiche, nelle cerimonie religiose, nell'amministrazione civile e militare.
E' un dato di fatto che oggi in Italia molti provano ancora disagio a parlare italiano e preferiscono esprimersi in dialetto, ossia nella lingua più familiare. Il dialetto è usato nelle espressioni di affetto e in ambito ristretto mentre l'italiano è usato in ambito formale. Per questo motivo i dialetti sono molto vivi perché ricettivi verso l'italiano così come verso le lingue straniere. Tuttavia coloro che parlano in dialetti sentono di non parlare in italiano. Il dialetto spesso viene sentito come un modo per ritornare alle radici delle cose.

La stampa, ossia storia di una crisi cronica.


La crisi che colpisce da tempo i quotidiani italiani viene addebitata alla loro scarsa diffusione e possiamo annoverare due cause essenziali: la prima e' la scarsa attitudine alla lettura e la seconda e' la concorrenza di altri media come fenomeno di portata più recente. Le difficoltà di lettura risalgono sin dalla nascita dei quotidiani più importanti come il Corriere della sera di Milano ( 1876), la Stampa di Torino (1867) e il Messaggero di Roma (1878). Questi giornali sono nati nel periodo dell'unificazione dell'Italia, vale il periodo con il 75% della popolazione ancora analfabeta. A quel tempo, i giornali erano scritti da intellettuali per altrettanto pochi lettori istruiti capaci di intenderli. La lingua di quei giornali aderiva ad un registro colto, con un lessico molto ricercato e specialistico. Questa prassi alla scrittura criptica o complicata e' stata una costante dei quotidiani italiani anche se ora i loro livelli di leggibilità sono molto aumentati nel tempo. Con l'arrivo della televisione e la mancata integrazione tra i vari sistemi di informazione, i quotidiani hanno perso la loro autonomia e l'esclusivita' nella gestione della trasmissione delle notizie: in altri termini l'immagine e il parlato hanno avuto la meglio sulla parola scritta. Anche per la pubblicità, la televisione esce fuori come la favorita presso il pubblico per il suo impatto e l'immediatezza dei suoi spot televisivi. Il successo della pubblicità fatta sui giornale con conseguente forte diminuzione degli introiti derivati da questo settore.

Anche la presenza di Internet risulta una pericolosa concorrente della stampa e dei quotidiani in particolare. La perdita dei lettori di quotidiani risale al periodo degli anni 80 e oggi un italiano su dieci compra un quotidiano. Oggi il Corriere della Sera e la Repubblica assorbono da soli un quinto dei lettori. Gli altri lettori leggono la Gazzetta dello Sport o il quotidiano economico Il sole 24 ore.
 La diffusione della grande stampa a livello nazionale non e' sinonimo di buona salute perche' le difficoltà economiche hanno portato sul piano ideologico alla perdita di identità del giornale con la scomparsa del ' padrone del giornale'. Al suo posto invece ritroviamo degli editori ( pochi) che posseggono molte testate giornalistiche. Oggi i giornali sono nelle mani di industriali e finanzieri che vengono in questo modo ad incidere fortemente sugli orientamenti politici di gran parte della stampa italiana. Inoltre anche sul piano contenutistico, i giornali hanno dovuto rinnovarsi con l'introduzione di " inserti", ossia fascicoli che accompagnano il giornale parlando di temi molto variegati ( salute, economia, finanza, politica, cultura, scienza, cinema, arte). In seguito e' stato aggiunto la consuetudine di accompagnare il giornale con un dvd. Allo stesso modo i cosiddetti giornali di partito sono entrati in grossa crisi dopo il periodo di 'tangentopoli". Fra questi giornali abbiamo il Secolo d'Italia legato al mondo della destra italiana, l'Unita' come giornale del PCI dal 1924 al 1991. Il giornale legato al partito comunista Liberazione così come il giornale della Lega la Padania sono due esempi di giornali con scarso successo editoriale ma che svolgono il ruolo di comunicazione ideologica all'interno del mondo dei militanti. Abbiamo anche giornali non di partito ma con forte orientamento ideologico come per il Manifesto a sinistra e il Giornale a destra. Molti lettori di sinistra tendono a leggere la Repubblica.Un posizionamento differente riveste la stampa cattolica con il suo numero costante di lettori: l'Avvenire e l'Osservatore romano sono i due giornali più noti. Il primo rappresenta la voce della Curia milanese mentre il secondo rappresenta la voce ufficiale del Vaticano.

Lo sport nella stampa


I quotidiani sportivi in Italia raggiungono sicuramente un livello di diffusione superiore ad altri paesi europei. Questo fenomeno e' stato in continua crescita dal momento della vittoria della Coppa del mondo nel 1982. La gazzetta dello sport con 400.000 mila copie giornaliere e' il terzo giornale più venduto in Italia. Il Corriere dello Sport vende soprattutto nelle regioni del centro-sud mentre Tuttosport vende soprattutto nelle regioni del Nord. Secondo lo storico del giornalismo Paolo Murialdi: le ragioni del boom dei giornali sportivi sono legati alla voglia di evasione, il distacco dalla politica e altri stati d'animo simili. Un fattore importante e' stato l'aumento delle trasmissioni sportive in televisione per incrementare la curiosità verso il mondo dello sport.


La stampa periodica


La stampa periodica si compone per il 60% da settimanali popolari quali ad esempio: Sorrisi e canzoni, Famiglia cristiana, Gente, Oggi). Le riviste di natura politico-culturale ( Panorama e Espresso) ricoprono solo l'8% del pubblico di lettori. L'Espresso e' stato un settimanale molto autorevole perche' ha saputo unire alle campagne di denuncia della corruzione e del malgoverno un giornalismo di qualità sui temi dell'economia, della politica, della politica interna, degli esteri, la cultura e il costume.

Famiglia cristiana come periodico cattolico usufruisce di una fitta rete di parrocchie e circoli cattolici per fare circolare i suoi contenuti. Negli ultimi anni e' diventato un settimanale apprezzato anche da coloro che non sono credenti.

La stampa specialistica


Sul piano qualitativo, la stampa specializzata risulta essere di ottima qualità raggiungendo un certo successo presso alcuni lettori. Ad esempio le riviste d'arte di Franco Maria Ricci come labirinto o FMR, i mensili di cultura politica e filosofica quali Reset, Ponte, il Mulino e Micromega.

Ci sono anche due storiche riviste di architettura denominate Domus e Lotus. Queste riviste rappresentano sicuramente il meglio di un paese come l'Italia che produce élite intellettuali molto raffinate e cosmopolite ma molto distanti dal gusto della società di massa.



La stampa femminile



Una posizione rilevante ( 16%) viene ricoperta dalla stampa femminile, la quale ha svolto un ruolo di mediazione nel processo di modernizzazione culturale del paese. Le riviste femminili affrontano temi non solo legati alla moda ma anche temi legati alla politica, economia, cultura e societa'. Queste riviste come Marie Claire, Donna Moderna, Grazia, Amica hanno permesso alle donne di avere accesso ad un'analisi intelligente dei fatti e degli eventi del mondo contemporaneo.

 Il sistema televisivo: una prospettiva del recente passato

Il sistema italiano si e' presentato come un duopolio con la presenza accanto alla televisione pubblica delle stazioni televisive private. In breve possiamo descrivere la situazione in questo modo: la RAI e' la televisione pubblica con le sue tre reti di riferimento ( Rai 1, Rai 2, Rai 3); dall'altra parte abbiamo una rete privata principale denominata Mediaset di proprietà di Berlusconi con le sue tre reti ( canale 5, retequattro e Italia 1). Una nuova rete privata e' nata negli ultimi anni facendo capo al gruppo di Cairo Communication di Urbano Cairo. Inoltre abbiamo come pay tv principale nel paese Sky Italia. Per finire il quadro d'insieme occorre menzionare la forte presenza di televisioni locali su tutto il territorio nazionale per un numero maggiore di 350 emittenti locali. La qualità di queste televisioni locali e' molto variegata ma generalmente tende ad essere debole.
La televisione pubblica e privata hanno dato vita all'inizio ad una vera guerra tra di loro per accaparrarsi gli spettatori. Per la storia, la Rai (radio televisione italiana) nasce nel 1924 ma assumerà il nome odierno soltanto nel 1944 regnando indisturbata come l'unica regina degli italiani fino al 1975. Infatti sarà il 1975 ha sancire l'inizio delle stazioni televisive private. Nel primo periodo si potranno contare fino a 434 televisioni indipendenti e più di 2500 radio libere. Nel 1984 Berlusconi diventa il proprietario di retequattro e Italia 1 oltre ad avere già Canale 5. Il successo dei suoi canali sara immediato con una programmazione di tipo moderna e innovativa. In questo modo i programmi risponderanno al gusto preciso dell'audience giovane a cui si rivolgevano come al gusto di un certo pubblico italiano. I protagonisti di questi canali privati furono " rubati" alle tv pubbliche per rendere il passaggio ad altri emittenti come fatto piu normale. Nel 1986 Berlusconi vinse per la prima volta la guerra dell'audience e della pubblicità. La Rai rispose lanciando Rai 3, la quale ebbe un grosso successo per il profilo di alta qualità dei suoi contenuti. Nel 1989 la Rai torno' a vincere la guerra degli ascolti. Nonostante lo scarso livello culturale delle reti di Berlusconi, il successo dei suoi canali rimane ancora enorme. Le ragioni di questo successo sono l'introduzione di due nuovi generi nella televisione italiana: le soap opera di origine americane e le telenovele di origine sudamericana. Il loro successo e' stato molto forte sin dall'inizio con un paese come l'Italia che si e' reso partecipe dei drammi sentimentali delle grandi soap opere americane e delle sfortunate vicende di eroine improbabili provenienti da Rio de Janeiro. In Italia un'intera generazione e' cresciuta guardando Beautiful, Dancing days e Sentieri.
Il successo delle scelte televisive di Berlusconi ha avuto due conseguenze di enorme portata sulle vicende televisive e politiche dell'Italia. La prima conseguenza e stata la distinzione dei 'generi' televisivi rendendo la 'fiction' subito un genere protagonista assoluto dei programmi televisivi.
La seconda generazione e stato il successo personale ed economico di Berlusconi che gli ha consentito di assumere un ruolo rilevante nella vita economica, politica e culturale del paese. Il ruolo del sistema televisivo in Italia e' stato molto forte perché la realtà culturale, sociale e linguistica del paese e' di tipo frammentaria. Data la forte identità provinciale e regionale di molti italiani, la TV ha ricoperto un ruolo di potente elemento di unificazione veicolando informazione ed educazione civile coinvolgendo tutti gli italiani e dando allo stesso tempo un sentimento di avvicinamento alle diverse componenti della società.
Un altro ruolo della tv e' quello di tipo politico, ossia in Italia ci sono delle testate televisive legate da sempre ad un partito politico, svolgendo di fatto la funzione di portavoce di queste televisioni. In questo modo, Rai 1 e' stata per anni il canale televisivo della DC ( democrazia cristiana), portavoce del partito nei telegiornali e specchio di una società conservatrice nei suoi programmi di intrattenimento. Rai 2 e' stata invece portavoce del PSI caratterizzandosi come un canale informativo e di divertimenti di tipo standardizzato. Rai 3 e' il canale dei partiti di sinistra parlamentare guidata da alcuni intellettuali che hanno proposto un'informazione a carattere internazionale con documentari e programmi di alto tenore culturale. Sul piano nazionale Rai 3 ha fornito programmi di critica politica e sociale ma anche di satira della società e della cultura italiana.

Il caso di Rai 3 può essere osservato da vicino con la sua programmazione giornaliera. Ad esempio la mattinata inizia con delle rassegne stampe, poi ci sono programmi utili per il cittadino ( meteo, traffico, appuntamenti culturali, economia e discussioni sugli articoli della costituzione italiana, programma per usare al meglio Internet, programmi sui libri. La programmazione di Rai 3 fa da collegamento con il canale educativo Rai Educational dove vengono proposti contenuti televisivi legati alle scienze, alla tecnologia ma anche al mondo umanistico e filosofico.
Nel pomeriggio ci sono programmi sulle bellezze artistiche italiane, sulle risorse turistiche del paese e sulla cultura italiana in generale, sempre con un taglio critico sulla gestione territoriale e con uno sguardo attento all'ecologia. I suoi telegiornali sono accattivanti per il taglio composto e serio di raccontare le informazioni. Un grande spazio viene concesso alla dimensione regionale con almeno due collegamenti con le sedi regionali della Rai. Per la serata, Rai 3 propone spesso programmi dedicati all'analisi sociale o alla visione di film di buona qualità.
I protagonisti della TV italiana intrattengono una relazione di staticità e continuità per quel che riguarda i suoi conduttori, i presentatori. La prova sono la longevità di conduttori quali Pippo Baudo, Maurizio Costanzo, Piero Angela, Mara Venier, Paolo Bonolis, Fabio Fazio e Bruno Vespa.
Svolgendo lo sguardo sulle donne nella televisione italiana notiamo la loro presenza come belle statuine, con una minima partecipazione allo svolgimento dei programmi. La loro presenza serve soltanto a rallegrare e rendere piu invitante lo spettacolo. Questo fenomeno e' andato in crescendo negli ultimi anni o decenni. Nel passato ci sono state delle conduttrici importanti quali Mina, Raffaelle Carra' mentre oggi sembra che la conduzione sia legata alla figura maschile accompagnato da belle donne che giocano un ruolo del tutto irrilevante.
In tv il talento passa in secondo luogo e prevale l'aspetto fisico. Le star televisive al femminile detengono tuttavia un grosso potere contrattuale . Per esempio la presenza di una show girl popolare ad un programma televisivo e' in grado di spostare massicce porzioni di pubblico. Quello che conta e' la presenza scenica all'interno dello spettacolo. Questo dato permette di riflettere sul carattere del pubblico italiano e sulla qualità dei programmi e in secondo luogo sulla carenza di un utilizzo culturale del mezzo televisivo in Italia.

Il sistema radiofonico in Italia

La radio come media, dopo un primo periodo di crisi con l'avvento delle TV e' tornato a conoscere una vera ripresa di ascolti e di qualità dei programmi. Prendiamo come caso esemplare quello di Radio 3 che rappresenta sicuramente una radio culturale di grande prestigio.
La sua programmazione e' fatta dalla lettura di giornale cosi' come dall'intervento degli ascoltatori in mattinata. Su Radio tre si può ascoltare musica classica, opera, lettura e analisi dei testi letterari in uscita in edicola e tanta informazione e incontri tra pensatori. La serata di Radio Tre e' spesso dedicata alla trasmissione di concerti musicali provenienti da tutto Europa. In generale, il livello culturale di questa radio e' molto elevato e fornisce al cittadino la possibilità di aggiornarsi sulla cultura italiana e internazionale.
Per quel che riguarda le altre emittenti radiofoniche possiamo dire che non sfuggono alla regola della 'lottizzazione' della Rai: Radio 2 corrisponde ad una radio incentrata sull'intrattenimento leggero e divertente, con la presenza di cabarettisti e artisti molto amati in tv. In pratica Radio 2 rappresenta un po Rai 2 nel mondo radiofonico cosi come Radio 1 e' un emittente informativa di tipo tradizionale come la sua sorella Rai 1.
Nel panorama delle Radio di partito e' sicuramente da menzionare il caso di Radio Radicale che rappresenta sicuramente la voce del partito radicale italiano ma e' diventata negli anni un vero e proprio archivio sonoro di Stato della vita parlamentare italiana cosi come il microfono all'interno delle aule giudiziarie per ascoltare i processi più importanti del paese.
Su diretto impulso delle diocesi operano su tutto il territorio numerose emittenti cattoliche con la presenza come capofila di Radio Maria. Questa radio e' fortemente cattolica e vicina ai gesuiti italiani offrendo un servizio indirizzato ad un pubblico molto conservatore in materia religiosa e politica.
Sul territorio sono presenti un numero elevatissimo di radio locali che hanno come obiettivo quello di dar voce al territorio locale e alla società civile.  Tuttavia queste emittenti locali per sopravvivere sono costrette a dedicare molto spazio della loro programmazione agli inserzionisti pubblicitari.


C'era una volta " il lettore a vita" di un quotidiano

Il famoso e compianto giornalista Giorgio Bocca racconta in un suo articolo " un terrificante circolo chiuso' come prima esisteva il ' lettore a vita' dipendente della Stampa, il Corriere, Il Messaggero o il Mattino. In modo particolare Bocca si concentra sulla figura del lettore della Stampa raccontando di aver visto questo lettore in una giornata di sciopero del suo giornale fermarsi a guardare con disgusto gli altri giornali quasi volesse sputarci sopra e andarsene, perché lui non avrebbe mai letto un altro giornale. Poteva essere anche un lettore comunista, poteva detestare quello che scriveva il suo giornale sui comunisti, ma comprare un altro giornale mai. L'appartenenza di un lettore ad un giornale diventava quasi come un partito, quasi una confraternita. In Piemonte, i lettori della Gazzetta del Popolo erano una nazione molto diversa da quella della Stampa. Soltanto guardando le persone si poteva già intuire a quale giornale aderiva.  Questi 'lettori a vita' in una giornata di sciopero del loro giornale erano disposti a digiunare piuttosto che leggere un altro giornale.
Oggi questo lettore a vita esiste ancora in numero minore ed e' legato ad una tradizione familiare o per semplice affinità elettive ma ormai accanto a lui troviamo sempre di più il lettore vagante o gadget, ossia il lettore a caccia di promozioni. Questo fenomeno ha assunto proporzioni molto elevate e si può esemplificare con il fatto che l'aggiunto di un fascicolo su viaggi o sul computer da parte di giornali quali Il Corriere o la Repubblica ha consentito ad incrementare notevolmente il numero dei loro lettori. Ad inizio degli anni 2000, questi giornali hanno visto un incremento di 300.000 copie con l'aggiunto delle promozioni. Nel periodo 2002-2004 la diffusione dei quotidiani era di 5 milioni e 600.000 copie al giorno. Con questi inserti e' nato un successo imprevisto perché l'editore non si e' rivolta alla parte conscia del lettore ma a quella inconscia, ossia quella che vuole viaggiare o imparare ad usare bene il computer nel caso specifico. Questo fenomeno del lettore a promozione può essere letto anche in un altro modo, ovverosia notiamo la presenza di molti italiani disponibili a passare da un giornale ad un altro perché di fondo i giornali dicono la stessa cosa e pertanto l'unica differenza e' quella dei gadget. Per Bocca la verità e' che il destino dell'informazione composto da questa mescolanza tra televisione, pubblicità e virtualità e' diventato un circolo chiuso che gira su se stesso, sempre più a vuoto, sempre più staccato dalla realtà. Un mondo in cui i politici fanno finta di dire ciò che pensa la gente e gli italiano a loro volta trascorrano mezza giornata davanti alla Tv e hanno dimenticato come pensare e dire le cose. E siccome i politici, i potenti, quelli che decidono scambiano la televisione per la loro 'Agorà ', anche i giornali guardano alla televisione come il luogo del potere e l'unico luogo dove si esiste. Un altro effetto del giornale-oggetto, del giornale subalterno alla televisione e' una generale mancanza di rispetto per gli utenti, un generale adattarsi alla volgarità plebea delle masse. Questo meccanismo sembra inarrestabile e le cose di questo mondo sembrano girare cosi rendendo addirittura molto difficile la possibilità di capire il nostro tempo cosi come il senso di queste misteriose aggregazioni che sono le società, le civiltà e le mode.
Questo erano le preoccupazioni più che giuste di un uomo profondo e attento conoscitore del comportamento degli italiani.
Purtroppo sembra che le profezie di Bocca erano tutte corrette e peniamo ad uscire da questi meccanismi ormai logori ma che non lasciano lo spazio ad altre forme di vita mediatica.



La televisione italiana: favorevoli  o contrari.

La televisione in Italia ha appassionati fautori ed accaniti detrattori, cosi fra il pubblico come fra i critici e gli uomini di pensiero. Pur avendo avuto un ruolo importante nella vita del paese, la tv e' molto criticata per la sua scarsa qualità culturale. Per il professore Tullio De Mauro si può elaborare l'ipotesi della televisione come " scuola di lingua" per gli italiani come ebbe modo di scrivere nella sua Storia linguistica dell'Italia Unita ( 1963). Secondo De mauro bisogna valutare gli effetti linguistici della televisione partendo dalla conoscenza del numero dei ricettori del mezzo mediatico. Dato il numero elevato di telespettatori e il numero ancora cospicuo di analfabeti negli anni 50, la tv e' stata per tutte queste persone una ' scuola' in cui gli italiani si sono  familiarizzati con la tradizione dell'italiano parlato informale e formale. La tv ha spinto i ceti colti verso l'abbandono totale della dialettofonia e l'adozione in pieno dell'italiano per ogni situazione e rapporto sociale; per i ceti medi ha portato un modello di italiano parlato tale che venisse adottato da chi fino a ieri operava in ambienti del tutto dialettale; per i più miseri ha costituito un modello di cultura e di verbalizzazione.
Secondo Umberto Eco, negli anni 50 era spontaneo pensare che quella grande finestra fosse si aperta ma su un mondo chiuso. Per questo le trasmissioni di varietà se la cavavano mettendo in onde i giocolieri e poiché qualsiasi satira era tabù, la televisione ha iniziato a prendersi in giro. Tuttavia la tendenza a parlare televisivamente della tv era contrastata da un altro dogma dominante, quello della spontaneità: lo spettatore doveva illudersi di vedere il mondo esterno e le preoccupazione di tutti era di fare dimenticare che la tv fosse la tv. Un regista rischiava il licenziamento se apriva il microfono in campo.  In un articolo di Beniamino Placido intitolato E l'Italia fu unita nel nome della televisione vengono ripresi due articoli del passato per capire il ruolo della televisione assunto nella realtà culturale italiana. In un articolo di Paolo Monelli apparso nel giornale Il tempo si affermava che l'arrivo della televisione non avrebbe modificato le abitudini del popolo italiano. In quel periodo erano molti a sostenere che gli italiani erano troppo vivaci, indipendenti, individualisti, amanti delle loro " piazze" per guardare la tv. Monelli sosteneva che gli Italiani avrebbero abbandonate le piazze, le strade per passare le loro serate davanti alla televisione. Per Monelli, tutte queste caratteristiche non erano piu presenti nella popolazione. Gli Italiani erano diventati dei falsi individualisti e dei veri anarco-conformista. Ci piazzeremo davanti alla tv e ci passeremo il tempo come tutti gli altri popoli. In un altro articolo scritto da Pier Emilio Gennarini, noto dirigente televisivo di lungo corso, aveva intuito che cosa dovesse fare la televisione in Italia: non doveva essere una cattedra ma doveva unificare il paese, ossia doveva entrare in comunicazione con quel fondo di idee, umori, giudizi e pregiudizi comuni ai quali nessuno sapeva dar voce. Doveva svolgere per quell'Italia invisibile, sommersa, un compito di intrattenimento e di coesione sociale fra gli italiani. Ed e' andata proprio cosu, gli italiani si ritrovarono di fronte alla tv per vedere Lascia o raddoppia, Il canzoniere. Si riunirono la sera intorno all'apparecchio televisivo come prima si riunirono intorno al rosario. La tv come luogo dove trovare un santo a cui rivolgersi, per avere un po' di fortuna.
Per passare al mondo contemporaneo, possiamo dire che siamo alla rottura degli argini, allo sfondamento delle dighe, allo smarrimento del comune senso del pudore. Paolo Monelli aveva ragione, guardiamo la tv con la stessa ingordigia degli altri popoli. Gennarini ha avuto ragione perché il paese e' stato unificato in questo modo ma intorno a quali valori resta una domanda inevasa.  L'unico valore e' quello della soggezione alla televisione. Di fronte alla tv abbiamo lo stesso atteggiamento che abbiamo assunto nei secoli di fronte alle potenze straniere che ci hanno dominato: un atteggiamento di irritazione, di antagonismo e  di sostanziale sottomissione. Di fronte alla tv siamo passati dallo sdegno fiero della superiorità' di chi non pensava di guardare la tv alla fervida subordinazione di oggi. Tutti vogliono andare in tv perché e' popolare e le persone sognano di incontrare questi divi della televisione ( magari per criticarli). Allo stesso modo i politici vorrebbero occupare tutti gli spazi offerti della televisione in modo sempre più in crescendo.

Bibliografia

Lia Buono Hodgart, Capire l'Italia e l'italiano, Perugia, Guerra Edizioni, 2004

Paolo Murialdi, Come si legge un giornale, Bari, La Terza, 1986.
Paolo Murialdi, Storia del giornalismo italiano, Bologna, Il Mulino, 1996.









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