Frasi di Curzio Malaparte
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Sottili
fili di acciaio, avvolti intorno a quella stessa sorta di viti di legno
che negli strumenti musicali servono a tender le corde, tenevano aperte
le labbra di quelle orrende ferite: si vedeva il cuore nudo pulsare, i
polmoni dalle venature dei bronchi simili a rami d'albero, gonfiarsi
proprio come fa la chioma di un albero nel respiro del vento, il rosso,
lucido fegato contrarsi adagio adagio, lievi fremiti correre sulla polpa
bianca e rosea del cervello come in uno specchio appannato, il
groviglio degli intestini districarsi pigro come un nodo di serpi
all'uscir dal letargo. E non un gemito usciva dalle bocche socchiuse dei
cani crocifissi. (...) A un tratto, vidi Febo. Era disteso sul dorso,
il ventre aperto, una sonda immersa nel fegato. Mi guardava fisso, e gli
occhi aveva pieno di lacrime. Aveva nello sguardo una meravigliosa
dolcezza. Non mandava un gemito, respirava lievemente, con la bocca
socchiusa, scosso da un tremito orribile. Mi guardava fisso, e un dolore
atroce mi scavava il petto. "Febo" dissi a voce bassa. E Febo mi
guardava con una meravigliosa dolcezza negli occhi. Io vidi Cristo in
lui, vidi Cristo in lui crocifisso, vidi Cristo che mi guardava con gli
occhi pieni di una dolcezza meravigliosa. "Febo" dissi a voce bassa,
curvandomi su di lui, accarezzandogli la fronte. Febo mi baciò la mano, e
non emise un gemito. Il medico mi si avvicinò, mi toccò il braccio:
"Non potrei interrompere l'esperienza", disse, "è proibito. Ma per
voi... Gli farò una puntura. Non soffrirà". (...) Anche gli altri cani,
distesi sul dorso nelle loro culle, mi guardavano fisso, tutti avevano
negli occhi una dolcezza meravigliosa, e non il più lieve gemito usciva
delle loro bocche. A un tratto un grido di spavento mi ruppe il petto:
"Perché questo silenzio?", gridai, "che è questo silenzio?". Era un
silenzio orribile. Un silenzio immenso, gelido, morto, un silenzio di
neve. Il medico mi si avvicinò con una siringa in mano: "Prima di
operarli", disse, "gli tagliamo le corde vocali".
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È
sempre la solita storia, dopo una guerra. I giovani reagiscono
all'eroismo, alla retorica del sacrificio, della morte eroica, e
reagiscono sempre allo stesso modo. Per disgusto dell'eroismo, dei
nobili ideali, degli ideali eroici, sai che fanno i giovani come te?
Scelgono sempre la rivolta più facile, quella della viltà,
dell'indifferenza morale, del narcisismo. Si credono dei ribelli, dei
blasés, degli affranchis, dei nichilisti e non son che puttane (...). Ne
ho conosciuti migliaia come te, dopo l'altra guerra, che credevano
d'essere dadaisti o surrealisti, e non erano che puttane. Vedrai, dopo
questa guerra, quanti giovani crederanno d'essere comunisti. Quando gli
alleati avranno liberato tutta l'Europa, sai che troveranno? Una massa
di giovani delusi, corrotti, disperati, che giocheranno a fare i
pederasti come giocherebbero al tennis.
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