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martedì 24 marzo 2020

Che cosa vuol dire parlare per Bourdieu

In questo lavoro viene presentato in modo succinto l'intervento di Bourdieu tenutosi al convegno dell'AFEF di Limoges nel 1977 apparso in seguito nella rivista Le Français aujourd'hui, 41, Marzo 1978, pp 4-20 e supplemento 41 pp 51-57.

Bourdieu in questa conferenza intende consegnare degli strumenti per interpretare e capire in termini sociologici i problemi pedagogici. La domanda di partenza sarebbe la seguente : " E' possibile insegnare l'eccellenza?" Nell'antichità Platone avrebbe detto se fosse stato possibile insegnare qualcosa che non si apprende? E' possibile insegnare il linguaggio? La domanda essenziale sarebbe: Quale competenza orale insegnare resta la domanda cruciale a cui rispondere.
Partendo da questi interrogativi possiamo immaginare che volere insegnare l'orale sia un modo per volere insegnare " il linguaggio da strada". Per esempio nella cultura accademica francese, les "grandes écoles" come l'ENA o sciences Po insegnano quello che viene denominato come un "grand oral", il quale è in sostanza una conversazione di salotto, con la richiesta di un certo tipo di rapporto con il linguaggio, un certo tipo di cultura. L'orale viene già insegnato da molto tempo ma non viene definito se insegniamo l'orale della conversazione mondana o l'orale utile per partecipare ad un congresso internazionale. Per Bourdieu è fondamentale il concetto di "accettabilità" perché non impariamo mai il linguaggio senza imparare " nello stesso tempo" le condizioni di accettabilità di questo linguaggio. In altri termini, imparare un linguaggio significa imparare nello stesso momento un linguaggio capace di dare i suoi frutti in quella o quell'altra situazione. Noi impariamo sempre a parlare e valutare in anticipo il prezzo\valore che riceverà il nostro linguaggio. In ambito scolastico, luogo ideale per le analisi, il valore del nostro linguaggio è il voto all'interrogazione. Nel contesto francese, il voto implica anche un valore materiale: ad esempio se non avete un voto alto al concorso del Polytechnique diventerebbe probabilmente un amministratore all'INSEE e il vostro stipendio sarà molto più basso. Quindi in ogni situazione linguistica funziona come un mercato nel quale qualcosa si scambia, ossia le parole. Queste parole non servono soltanto per essere capite ma hanno anche un valore economico in cui si gioca il valore di colui che parla: ha parlato bene o male? e brillante o meno? posso sposarlo o meno?
Pertanto uno dei problemi è quello di capire "chi" gestisce la situazione linguistica a scuola? E' veramente l'insegnante il padrone della classe? e lui che decide ciò che è accettabile o meno? Conosce le leggi di questo mercato linguistico? Il diritto dell'insegnante è quello di diventare come una forma di giudice in ambito linguistico: infatti ha il diritto di correggere e di sanzionare il linguaggio dei suoi allievi. Per Bourdieu. una linguistica molto attenta al contesto sociale significa una ricerca in cui vengono esplicitati i presupposti della comunicazione. L'essenza di ciò che avviene nella comunicazione si ritrovano nelle condizioni sociali che rendono possibile la comunicazione. Affinché il discorso didattico classico sia enunciato e ricevuto come naturale, funzionante occorre un rapporto autorità- credenza, un rapporto tra il docente autorizzato e uno scolaro pronto a ricevere tale prodotto, e purtroppo non è la situazione scolastica a produrre queste condizioni. In modo sintetico si può formulare questo fatto in questo modo: la comunicazione in situazione di autorità pedagogica suppone un docente legittimato, ossia una persona che riconosca le leggi implicite del sistema e pertanto venga riconosciuto o cooptato. Servono degli studenti riconosciuti dal docente come di ricevere questo contenuto, questo implica che il docente abbia il potere di escludere "coloro che non dovrebbero essere lì". Inoltre, occorrono degli studenti che siano pronti a riconoscere il docente come docente e dei genitori che diano credito all'insegnante firmando una forma di cambiale in bianco con il docente. Inoltre occorre idealmente che gli studenti siano relativamente omogenei linguisticamente ( vale a dire socialmente), omogenei nelle conoscenze della lingua e nel riconoscimento della lingua e che tale gruppo non debba funzionare come un sistema di censura capace di interdire il linguaggio che deve essere adoperato. In alcuni ambiti scolastici, prevalentemente popolare, gli studenti di classe popolare possono imparare la norma linguistica del loro ambito sociale e svalutare tutti quelli che parlano " bene" come il docente, ossia che parlano in modo effeminato e un po' da ruffiano. Può succedere che la norma linguistica scolare sia in conflitto o una " contro-norma" con altre strutture sociali. La situazione legittima è qualcosa che fa intervenire sia la struttura del gruppo sia lo spazio istituzionale all'interno del quale il gruppo agisce. Ad esempio, esiste un linguaggio di importanza con tutta la sua retorica costruita per fare capire quanto sia importante quello che si sta per dire.
Questo linguaggio d'importanza regge ancora meglio quando ci ritroviamo in uno spazio " devoto" a questo genere di discorso. Un linguaggio legittimo con le sue forme fonologiche e sintattiche legittime in conformità ai criteri di grammaticalità e un linguaggio che dice permanentemente quello che dice e lo dice nel modo giusto. Pertanto, l'effetto politico di tale linguaggio risulta essere: " lo dice bene e pertanto è molto probabile che sia vero. Questo insieme di proprietà che fanno sintassi e che sono riuniti nello stato organico di un sistema scolastico definiscono l'accettabilità sociale: in altri termini è un discorso che viene ascoltato, creduto, capito ed obbedito.
In tempi di crisi delle istituzioni tutto questo viene a cadere.

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