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mercoledì 11 marzo 2020

Quale relazione tra pragmatica e grammatica

Quale rapporto tra pragmatica e grammatica

Per molti appare come ovvio che la grammatica debba sempre precedere la pragmatica. Riprendendo i lavori di Bettoni (2006) in questo articolo, faremmo subito menzione dei lavori di Kasper e Rose  (2002) in cui si dedica molta attenzione a questa questione che pare condurre a conclusioni opposte:

- la pragmatica precede la grammatica
- la grammatica precede la pragmatica

Queste due conclusioni sembrano contraddittorie ma sono corrette perché riferite a stadi diversi dello sviluppo dell'apprendimento, cosi come anche in contesti di apprendimento diversi e per elementi pragmatici diversi. Sembra impossibile che la pragmatica possa precedere la grammatica poiché prima di potere usare le parole per ' fare' qualcosa occorre conoscerle e collegarle insieme. Nella linguistica interazionale ( Kramsch, 2002, Pallotti, 2001) intendiamo l'apprendimento della lingua come indissolubilmente legato alle pratiche di socializzazione attraverso cui l'apprendente entra a far parte di una comunità. In questa prospettiva, la grammatica ' emerge' dalle tante interazioni concrete che si svolgono tra i parlanti. Negli stadi iniziali dell'apprendimento, soprattutto nel paese della L2, l'apprendente usa un ' pragmatic mode', ossia un modo pre-sintattico di agire linguisticamente sfruttando il contesto situazionale e discorsivo, insieme con quel minimo di lessico ed espressioni formulaiche che impara dal contesto. Una strategia pragmatica molto efficace e' quella di ' ripetere' quello che fanno i membri di una data micro-cultura. Le etero e auto-ripetizioni come avvengono nel lavoro di ricerca di Pallotti ( 1994, 2001, 2002) hanno una funzione discorsiva di coesione, di aggancio al discorso pronunciato da altri, e permette alla bambina Fatma di ' parlare della stessa cosa'.  Prendiamo un esempio tra la bambina e il ricercatore Gabriele Pallotti:

- F: come si chiama
G: questa si chiama pesce
f: pesce questo qui cosi non mangiare pesce
G: no

oppure un altro esempio tra bambini:

-Bambino 1:  mi dai acqua
bambino 2: acqua
bambino 3: mi dai l'acqua
Fatma: dai acqua

Pallotti ( 2005 b) illustra come le auto-ripetizioni tendano ad aumentare in numero e complessità nei primi mesi insieme alla voglia di comunicare del bambino, per poi ridursi gradualmente con il procedere all'apprendimento da parte della bambina Fatma. Ad esempio, in un lavoro di Dittmar ( 1990) sull'apprendimento del tedesco da parte di una donna italiana si e' notato la difficolta di adoperare le particelle modali con funzioni pragmatiche. In tedesco, alcune parole con funzione primaria ( lessicale) di avverbi e congiunzioni hanno anche la funzione secondaria ( pragmatica) di particelle modali. Queste particelle servono per regolare gli atteggiamenti, le posizioni soggettive e l'atmosfera del dialogo e sono molto importanti nella comunicazione interpersonale. Gli esempi piu rilevanti sono: ja, doch, eigentlich.

Queste particelle vengono apprese tardi dagli apprendenti di tedesco l2 ( Weydt 1981) e vengono usate poche oltre alle cause strutturali ( rilevanza fonetica e posizione sintattica) cosi come il loro ruolo deittico cambia in funzione del contesto. Questo rende difficile il loro uso per un apprendente. In questo percorso generale verso l'apprendimento, ai primi stadi la pragmatica sembra procedere la grammatica mentre agli stadi successivi il progresso sembra procedere all'inverso in tre tappe:

- uso letterale
-funzione pragmalinguistica
-distribuzione sociopragmatica

Nella prima tappa, la forma grammaticale e' nota ma non viene usata per esprimere o modificare la forza illocutoria dell'atto. Nella seconda tappa viene inteso il suo valore pragmalinguistico ma la sua distribuzione sociopragmatica non e' conforme alla norma nativa. Nella terza tappa, l'espressione e la modulazione della forza illocutoria vengono distribuiti secondo il contesto situazionale. Purtroppo queste tre tappe possono essere molto distanti le une dalle altre.

L'insegnamento della pragmatica

Come usare l'italiano efficacemente nella vita reale pare essere il mantra di tutti i corsi con un riferimento alla pragmatica poiché gli studi fanno emergere che la pragmatica sia insegnabile e che insegnarla serve. Come insegnarla rimane la grossa questione. Secondo Liddicoat e Crozet, sarebbe utile studiare questi " rich points" ( Agar 1996) con il loro alto contenuto culturale. Ad esempio, Liddicoat e Crozet hanno lavorato sul come si risponde in francese e inglese alla domanda:
Com'e' andato il tuo weekend?
In Italiano tale domanda viene trattata in modo ampio perché tale domanda non viene contemplata come forma di routine conversazionale tra persone con poca familiarità ma solo con persone vicine o intime. In francese " t'as passe' un bon week-end? ( Beal, 1992) evidenzia come tale domanda non sia una domanda di routine il lunedì mattina tra colleghi. In inglese e' una domanda formulaica e riceve una risposta formulaica mentre in francese e' l'inizio di un argomento interessante per essere svolto, pertanto sarà una conversazione più lunga e dettagliata.  Liddicoat e Crozet ( 2001) hanno provato ad insegnare queste differenze pragmatiche agli studenti australiani in 4 fasi ( consapevolezza, sperimentazione, produzione, riflessione) con varie attività ( gioco di ruolo, spiegazione, analisi) con una durata del corso di tredici settimane per lo sviluppo delle abilita' orali.

Differenza tra australiani e francesi

Australiani                                                                         Francesi

- la domanda e' di routine                                   - domanda non fatta a tutti, non è un saluto di routine
risposta corta, cordiale e reciprocata

-sii positivo, senza mostrare troppo entusiasmo   -   aspettati risposta dettagliata

- menziona attività tipiche del weekend    -  sii sincero, dà la tua opinione con i tuoi sentimenti

- menziona fatti piuttosto che opinioni              - sii divertente e vivace nella descrizione di ciò che fai

- di solo quello che e' utile o interessante per    -    mostra di conoscere i posti e le persone nominate
l'interlocutore

non interrompere chi parla                              - usa uno stile conversazionale che mostri il tuo interesse

- aspetta che chi parla si fermi completamente             -  ripeti e aggiungi qualcosa alla conversazione
prima di dire quello che vuoi dire.                                  
                                                                                  -   interrompi la persona che parla
                              
                                                                           - sovrapponetevi l'uno all'altro


Questo studio ha mostrato che l'insegnamento ha avuto successo e che è durato nel tempo sul piano conversazionale e su quello della consapevolezza. Nell'insegnamento della pragmatica è sempre importante valutare due fattori come:

- il contesto di apprendimento ( differenza tra L2 o Ls)
- l'età degli studenti ( adolescenti, pre-adulti, bambini).

Consideriamo adesso la questione dell'azione pedagogica pianificata in questi punti:

- i bisogni: che cosa devono sapere fare con la lingua gli apprendenti?
- gli obiettivi: per quale scopo insegnare?
- le sequenze: in quale ordine?
- i metodi: come?
- i materiali: con quali mezzi?
- la verifica: come valutare l'insegnamento?

Useremo questi punti per ordinare concettualmente qualche spunto di riflessione per una migliore programmazione. Infatti i bisogni, obiettivi e contenuti sono molto legati gli uni agli altri. Lo scopo è quello di capire come farebbero molti parlanti per meglio distinguere la conoscenza dalla competenza nell'esecuzione. L'abilità di comportarsi come qualcuno altro non è garanzia di essere accettati come tali. Qui la scelta tra mirare alla competenza o all'esecuzione pragmatica è una scelta " politica". Ci sono obiettivi strettamente linguistici e obiettivi più ampiamente politici. Per sapere che cosa insegnare bisogna sapere perché lo si insegna. Le lingue possono essere insegnate per assolvere a vari bisogni:

- umanitari e sociali
- intellettuali e culturali
- commerciali e industriali
- politici e strategici
- turistici e ricreativi

Da questi bisogni si determina in seguito quale lingua o lingue insegnare. Ad esempio, negli anni 50, il saluto all'interno di una piccola comunità costituiva una forma di “ informazione- controllo”; negli anni 70, il saluto diventa una norma di cortesia personale. Oggi con il processo di frammentazione della comunità, il saluto o la conversazione occasionale non esercita più alcuna funzione sociale né al livello pubblico né a livello privato. Consapevoli che il plurilinguismo sia la soluzione ottimale che non obbliga ad escludere nessuna lingua, ogni lingua insegnata porta con sé i propri fenomeni pragmatici in termini di stili conversazionali, presupposizioni, implicature, ironia, cortesia. Una volta stabiliti i bisogni degli apprendenti e gli obiettivi in generale dobbiamo operazionalizzare questi macro-obiettivi in una serie di specifici obiettivi perseguibili a lezione.
Un esempio di attività didattica in prospettiva pragmatica potrebbe essere: “ come chiudere un incontro di servizio in libreria? Quando usare “ grazie” e “ prego” diventa un modo per imparare quando e come ringraziare, accettare il ringraziamento vuol dire imparare procedure generalizzabili di negoziazione conversazionale che riguardano sia il contenuto referenziale sia il rapporto tra i ruoli degli interagenti. La chiusura dipenderà da come verrà articolato il lavoro di riparazione durante l'incontro. Il semplice scambio “ grazie-prego” sono il risultato dell'andamento di una estesa negoziazione. Comunque, alla luce di una programmazione di insegnamento informato, la selezione dei contenuti pragmatici può avvenire in due direzioni:

  • il primi elemento è capire quale lingua insegnare ( varietà linguistica, registro o stile) sono tutti elementi esterni alla lingua.
  • Il secondo elemento riguarda il materiale linguistico il quale dipende da scelte di criteri interni alla lingua. Qui molto dipende dalla distanza tra L1\C1 e L2\C2 così come dalla difficoltà.

Ad esempio il “ you” inglese come forma di un “ethos” egualitario, la titolomania italiana come forma di società gerarchizzata legata al ruolo professionale di una persona nello spazio sociale ( in pratica senza lavoro non c'è identità). Quali sono gli elementi che causano il malinteso o che irritano gli interagenti nell'incontro interculturale. Con l'aiuto della ricerca contrastiva sarà più facile identificare i punti importanti da insegnare. In che sequenza vanno proposti gli elementi pragmatici viene enunciato in Bettoni (2006):
  • elaborazione delle procedure grammaticali
  • elaborazione delle implicature

Ad esempio: per piacere come modificatore lessicale può apparire ad ogni momento del curricolo mentre i mitigatori morfosintattici “ mi scusi, potrebbe” richiede uno stadio di evoluzione grammaticale in cui il congiuntivo e il condizionale iniziano ad emergere. Personalmente credo che tali elementi grammaticali potrebbero essere trattati come lexical chunks ( Lewis, 1986) come viene sostenuto nel metodo lessicale. Infatti, l'obiettivo dell'insegnamento della lingua deve essere l'elaborazione di strategie per il discorso e la negoziazione di significato degli enunciati. Quindi si tratta gradualmente da un significato letterale, diretto, indiretto convenzionalizzato ad uno di tipo indiretto non convenzionale. Il metodo deve essere quello di avere uno studente che apprende ad interpretare piuttosto che essere informato.
Il metodo deve essere quello di portare ad una sensibilizzazione ai fenomeni da apprendere sottoponendo gli studenti ad espressioni che vengono dette in modo diverso. Così lo studente può diventare analista del discorso e della conversazione in modo da iniziare a porsi delle domande enunciate in Gumperz ( 1982):

  • Che cosa sta cercando di ottenere A parlando in quel modo?
  • Che cosa c'è nel modo in cui lo dice che ti fa pensare\capire\intuire?
  • Potrebbe cercare di volere fare\dire ?
  • Come avrebbe dovuto dirlo se avesse voluto.....?
  • Come ha interpretato B quello che ha detto A?
  • Come puoi dire che B ha frainteso?
  • Come avrebbe dovuto rispondere B per mostrare di aver capito?

Con tali domande si possono sondare le relazioni tra la nostra percezione e gli indizi presenti nell'enunciato ascoltato. La domanda cruciale rimane:
“ Quali sono i materiali didattici più utili per ottenere un comportamento linguistico culturalmente appropriato nella vita reale?”

Nell'insegnamento della pragmatica lavorare con testi autentici è molto importante. Avere un insegnante preparato, motivato e madrelingua sono altrettanti elementi importanti.
Ad esempio, l'insegnamento dei mitigatori, imbonitori, particelle negative, modificatori lessicali sono tutti indizi per indicizzare l'atteggiamento del parlante nei confronti dell'interlocutore e dell'argomento della conversazione. La lingua deve servire per comunicare al meglio fuori dall'aula resta uno obiettivo che necessita di una vera risposta.
L'insegnamento della pragmatica deve tenere conto dell'identità del parlante mantenendo chiaro due punti:
  • la differenza tra comprensione e produzione
  • le conseguenze della propria scelta

Oggi in didattica gli occhi sono aperti sui problemi dell'uso della lingua, su chi la usa come azione sociale sul mondo, come interazione tra gli interlocutori, come affermazione della propria identità e come interprete dei propri valori. Oggi l'insegnante deve valutare le implicazioni sociali del suo insegnamento. L'insegnante deve aiutare lo studente ad essere analista della conversazione. 

L'insegnamento della cultura

Insegnare cultura nell'apprendimento della lingua 2 deve concentrarsi sia sul senso antropologico della nozione di cultura così come cultura intesa come patrimonio di una data società. Infatti possiamo elencarli in questo modo:
- le pratiche di vita
- le norme sociali
- gli studi d'area: storia, geografia, arte, istituzioni
- il canone letterario

In questo approccio, la lingua è parte integrante della cultura senza volere compiere nessuna separazione tra lingua e cultura. La pragmatica rappresenta una forma di ponte tra lingua e cultura.
Hammerly ( 1982) e Stern ( 1992) hanno elencato gli obiettivi della componente culturale in ordine di difficoltà:

1.  conoscere le connotazioni culturali di parole ed espressioni
2. conoscere i comportamenti da tenere in comuni situazioni
3. sviluppare interesse e comprensione per la C2
4. capire le differenze cross-culturali C1-C2
5. capire le differenze intra-culturali
6. condurre indagini sulla C2
7. sviluppare una visione integrata della C2
8. sviluppare un senso critico nei confronti di aspetti della C2
9. sviluppare sentimenti di empatia nei confronti della C2 e della sua gente
10.  condurre ricerca accademica sulla C2

Per Stern esistono tre prospettive nell'apprendimento della cultura:

- la prospettiva dell'apprendente
- la prospettiva del parlante nativo della L2
- la prospettiva della ricerca

L'insegnamento della C2 ha anche lo scopo di oggettivare il processo di acculturazione cercando di spiegare le ragioni di un tale contesto. In questo processo di acculturazione dell'apprendente si possono riscontrare tre fasi:

- una fase iniziale di shock culturale
- una fase più lunga di stress culturale
- una fase di assestamento

Questo percorso può portare alla completa assimilazione alla nuova cultura, al completo rifiuto o un parziale adattamento. Con elementi presi dalle due culture con l'intento di creare una sintesi.

Un esempio di approccio didattico per creare delle cosiddette " capsule d'Italia" è quello dell'analisi culturale delle città italiane come ad esempio Siena dal punto di vista geografico, storico, artistico, linguistico, teatrale, economico e di vita quotidiana.
Kramsch ( 1993) stabilisce alcune linee generali per la prassi didattica:

- trattare la cultura come differenza
- stabilire una sfera di interculturalità
- trattare la cultura come un processo interpersonale
- oltrepassare i confini disciplinati

Lo scopo dell'insegnamento è quello di imparare a vivere questo incontro\scontro informato cognitivamente e vissuto affettivamente.

Conclusione

Parlando di pragmatica abbiamo discusso di cultura. La cultura è stata definita come la programmazione collettiva della mente. Nella cultura ritroviamo le tre cose che ci rendono quello che siamo: la conoscenza, l'identità e l'azione. La mediazione fra questi elementi così come tra noi e la collettività viene fatta dalla lingua. La pragmatica serve ad ancorare la lingua come sistema astratto di segni ad un mondo reale rendendolo vitale mezzo di comunicazione e di rapporto con gli altri.
Come sappiamo l'uso grammaticalmente corretto è fondamentale mentre l'uso della pragmatica è difficile perché è soggetto alla variabilità. Purtroppo in ambito interculturale, l'errore linguistico viene scusato mentre l'errore pragmatico viene percepito come una stranezza comportamentale o addirittura tipica di quel paese di provenienza. Il nostro intento è quello di evitare il malinteso conversazionale e lo stereotipo. Come fare per raggiungere questo obiettivo: imparando ad usare la deissi sociale, la cortesia, la mitigazione, la presa dei turni, la gestione della dispreferenza, parlare in modo indiretto, accettare o rifiutare un complimento. Tutto questo è da imparare culturalmente. Proprio qui risiede il problema perché per un apprendente di una LS è difficile fare il nesso tra forma linguistica e i significati culturali esistenti. La pragmatica sfugge perché le lingue sono delle mappe che devono cartografare rilievi diversi tra loro: ogni lingua determina un'immagine del mondo.
Il nesso interazionale sfugge perché quando parliamo lasciamo solo alcuni indizi ma non diciamo tutto. Questi enunciati suggeriscono un'interpretazione per coloro che sono di quella data cultura mentre sfuggono a coloro che sono di un'altra cultura. Infatti l'insegnante deve aiutare a fare capire le nuove regole in modo da fare capire i valori culturali che sostengono uno stile conversazionale in modo da comportarsi linguisticamente in modo appropriato.
Da qui si potrà capire meglio la tendenza dei cinesi a reagire con modestia ai complimenti in sintonia con una cultura più orientata all'armonia e alla cooperazione all'interno del gruppo piuttosto che al confronto. In Italia, il rappresentante delle istituzioni non sente il bisogno di fare il lavoro rimediale perché culturalmente si sente forte e il cliente si sente più debole.
Il problema della pragmatica è quello di creare due lingue non solo nella testa ma soprattutto nel cuore dei parlanti. Parlando due lingue diventiamo membro di due collettività ed esprimiamo due identità. Ma noi vogliamo forse aderire a due mondi? Così come gli altri sono pronti a farci entrare nel loro mondo? La pragmatica mette l'accento sulla singola interazione come una negoziazione dei significati come lavoro congiunto, reciproco e sempre nuovo.
Tanto più siamo distanti culturalmente è più delicato diventa il lavoro negoziale. Inoltre sarà sempre cruciale quali siano le regole pragmatiche adoperate o adottate dal nostro interlocutore: la partecipazione attiva ad un discorso può essere vista come entusiasmo o invadenza, la laconicità può essere vista come rispetto o freddezza.
Questo è il lavoro dell'analista per evitare di capire fischi per fiaschi.










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