
Tra
piccoli gioielli e album fotocopia il mito dei Pooh insiste e resiste.
Come se si trattasse degli highlander della musica italiana, gli
immortali del pop. Capaci sempre e comunque di emozionare stuoli di fan,
di ogni età, che con encomiabile fedeltà affollano i loro concerti.
Come l’altra sera in un Teatro Nuovo che ha fatto registrare il sold out
e dove i Pooh hanno dato vita alla seconda tappa (la prima è stata a
Senigallia) del nuovo tour teatrale ““Dove comincia il sole”. Proprio
dal brano che dà il nome all’ultimo album della band, il primo
realizzato dai Pooh senza lo storico batterista Stefano D’Orazio, la
serata ferrarese ha preso le mosse catapultando sul palco un’insolita
formazione a sei.

Oltre
al trio ben noto, composto da Roby Facchinetti, Dodi Battagli e Red
Canzian, si sono trovati Danilo Ballo alle tastiere, Ludovico Vagnone
alla seconda chitarra e Phil Mer alla batteria. Un insieme di musicisti
ben assortito, che nel corso del concerto ha affrontato canzoni recenti
e del passato mostrando di saper “svecchiare” il sound dei Pooh e
rivitalizzarlo con particolare attenzione alla ritmica e, soprattutto,
alla pulizia del suono. Feeling immediatamente stabilito con gli
spettatori ferraresi grazie all’energia del trio storico e all’ottimo
supporto delle ‘seconde linee’, con una prima parte di serata affidata
alle tracks del nuovo album, da “L’aquila e il falco” a “Musica”, da
“Amica mia” a “Un anno in più che non hai”, fino alla romantica
“Isabel”.
Poi, quasi senza soluzione di continuità – dopo un breve saluto degli
artisti a Ferrara e a un ricordo di Dodi Battaglia riferito alle
origini emiliano romagnole dei suoi familiari – gli ‘evergreen’ dei Pooh
hanno fatto capolino sia sotto forma di ‘medley’ che di intere
esecuzioni cariche di energia. I brani più melodici e cantabili come
“Canterò per te”, “Io sono vivo” e “Chi fermerà la musica” l’hanno fatta
da padroni, ma i Pooh sono anche quegli affreschi orchestrali de “Il
tempo, una donna, la città” e del “Parsifal” che provengono dal periodo
del pop-rock sinfonico anni Settanta, che aveva avvicinato la band al
‘prog’ internazionale di quegli anni. Solo una parentesi, ma forse la
più interessante, di un momento che a livello creativo è risultato
felice e più ‘impegnato’, appena fuori dalle logiche che hanno fatto dei
Pooh una vera industria musicale.

Un’industria
che sembra non avere ancora intravisto la fine. La forma fisica
permette ancora a Facchinetti-Canzian-Battaglia di reggere oltre due ore
di concerto live, di non risparmiarsi nei bis e di affrontare tour
estenuanti. La forma e, evidentemente, l’entusiasmo per il loro lavoro.
Il momento della ‘pensione’, insomma, sembra ancora lontano.
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