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G. Boldini - Giuseppe Verdi - 1886 - olio su tela - Casa di riposo G. Verdi - Milano |
Tra i più celebrati di tutti i tempi, Verdi musicò 28 opere, alle quali
vanno aggiunti cinque rimaneggiamenti. In esse la magistrale padronanza
dei mezzi tecnici e drammatici è messa al servizio dell'espressione di
accese passioni romantiche.
I suoi lavori, che trovarono spesso felice assonanza nelle eroiche
vicende risorgimentali, godono tuttora di straordinaria popolarità.
Di famiglia modesta, prese le prime lezioni da musicisti locali e compose all'età di 15 anni pezzi di musica sacra e profana.
Respinto nel 1832 all'esame di ammissione al Conservatorio di Milano,
studiò poi privatamente con Vincenzo Lavigna (1776-1836), maestro
concertatore alla Scala.
Iniziò a comporre le prime opere, mentre era maestro di musica al comune di Busseto (dal 1836). Se Oberto conte di San Bonifacio nel 1839 riscosse già un buon successo alla Scala, Nabucco (1842) - il cui coro Va' pensiero fu assunto dai patrioti a simbolo della lotta per la libertà dall'oppressore - e I lombardi alla prima crociata (1843) ricevettero un'accoglienza trionfale.
Del 1844 è Ernani, primo importante frutto della collaborazione tra Verdi e il librettista Francesco Maria Piave (1810-1867).
Ormai celebre, Verdi iniziò un durissimo periodo di lavoro per
assolvere ai molti impegni con teatri italiani e stranieri. A questi
anni intensi, che il compositore definì «gli anni di galera»,
appartengono numerose opere, tra le quali Attila (1846), Macbeth (1847, poi rimaneggiato nel 1867) – dramma a forti tinte sull'ambizione – e Luisa Miller (1849).
L'esperienza e la padronanza perfetta dei mezzi tecnici produssero tre capolavori: Rigoletto (1851), Il trovatore (1853), La traviata
(1853), in cui Verdi, ormai ricco e affermato, non ebbe paura di
affrontare temi anticonvenzionali o addirittura scabrosi, con
insuperabile talento drammatico e grande capacità di introspezione
psicologica.
Sebbene colpite dalla censura e inizialmente accolte negativamente dal
pubblico, le tre opere raggiunsero presto grandissima popolarità; le
parallele vicende politiche del Risorgimento che avrebbero portato
all'Unità d'Italia aumentarono inoltre il prestigio di Verdi come
musicista nazionale.
Dopo la trilogia, le opere di Verdi furono molto più distanziate tra
loro, e gli argomenti scelti con ancora maggiore cura. Mentre in
Germania andava affermandosi la rivoluzione teatrale di Richard Wagner,
Verdi si indirizzò verso il grand-opéra francese e compose i Vespri siciliani (1855), Don Carlos (1867) – entrambe per l'Opéra di Parigi – e Aida, ambientata nell'antico Egitto, che andò in scena al Cairo nel 1871 per celebrare l'apertura del Canale di Suez.
A questi anni risalgono anche alcune opere che testimoniano una volontà di rinnovamento, come Simon Boccanegra (1857, poi rimaneggiato nel 1881), Un ballo in maschera (1859) e La forza del destino
(1862): quest'ultima, scritta per il teatro di San Pietroburgo,
sviluppa il tema, caro a Verdi, del fato che regola le vicende umane.
Dopo Aida Verdi diradò molto l'attività compositiva: al 1873 risale il Quartetto per archi e al 1874 la Messadi Requiem (in memoria di Alessandro Manzoni), ma è solo del 1887 l'opera successiva, Otello.
Il dramma è tratto da Shakespeare, come già Macbeth, e come l'ultimo capolavoro, Falstaff
(1893), opera comica venata di malinconia. Determinante nella genesi di
questi due lavori fu la collaborazione con Arrigo Boito, avviata con il
rifacimento di Simon Boccanegra nel 1881. Verdi morì a Milano,
città nella quale aveva fondato una casa di riposo per musicisti, dove è
sepolto, commemorato dall'epitaffio del poeta Gabriele D'Annunzio:
«Pianse ed amò per tutti».
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