Mike Bongiorno: gli inizi del mito con "Lascia o Raddoppia?"
09/09/2009
In Italia lo conosciamo tutti come L’Uomo-Televisione1, ma pochi sanno che i suoi primi passi in TV, Mike li ha mossi come‘ragazzo dei maccheroni’.
Nato a New York dall’avvocato Philip, ma di madre torinese e nonno siciliano, Michael Bongiorno si ritrovò, infatti, ancora giovanissimo, catapultato all’interno dello studio televisivo in cui si registrava un famoso quiz, con il compito di distribuire maccheroni tra il pubblico, mentre il presentatore era impegnato in quella che oggi si chiamerebbe la telepromozione di una ditta produttrice di pasta.
È perciò corretto e inevitabile che, tra le quattro ragioni che hanno permesso a Mike di vincere la propria scommessa con il successo, il giornalista Vito Di Dario nomini in seconda posizione i ritmi della televisione piantati nei cromosomi: “(...) Mike vinse subito (...) per quattro ragioni fondamentali: 1) aveva una struttura psicofisica perfetta; 2) aveva i ritmi della televisione piantati nei cromosomi; 3) era così sicuro di sé, da apparire distaccato; 4) aveva le spalle coperte da Pugliese e Bernardi”2.
Mike arrivò in Italia perché mandato a studiare a Torino dai genitori, e vi rimase fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale prigioniero della Gestapo.
Tornato finalmente nella sua New York, venne chiamato da un responsabile della Voice of America, la radio degli Italiani presenti negli Stati Uniti, per raccontare la storia della sua prigionia. Spigliato e bravo, gli offrirono di lavorare fisso per la radio, finché Vittorio Veltroni (padre del politico del PD Walter) lo invitò a lavorare per la RAI in Italia.
Oltre che in qualità di speaker radiofonico per la RAI, per le emittenti americane, per l’Usis e per gli Italiani d’America, Mike lavorò inizialmente anche come giornalista per “La Stampa” di Torino, fino a quando non inventò nel 1953, con Veltroni, il primo programma per la televisione italiana che egli stesso presentò: Arrivi e partenze.
Facilitato nel suo compito dalla perfetta padronanza della lingua inglese, mise a servizio della TV l’esperienza di speaker radiofonico intervistando numerose grandi personalità di passaggio (in arrivo o in partenza) a Roma.
Lentamente, perciò, come dirà il presentatore stesso anni dopo, “(...) senza che ne avessi la più vaga idea, stavo per diventare Mike Bongiorno”3 , colui, cioè, che è stato definito anche “il recordman della radio e della televisione italiana” 4; prima, però, di diventare tale, egli ha comunque inaugurato tutto ciò che potesse tenersi a battesimo nel mondo radiotelevisivo: è stato il primo ad utilizzare la registrazione a nastro, il primo ad impiegare il registratore a manovella portatile, il primo a fare una radiocronaca dall’ottantesimo piano dell’Empire State Building di New York, il conduttore, infine, del primo grande quiz della televisione italiana: Lascia o raddoppia?.
NASCE LA VERSIONE ITALIANA DI THE $ 64.000 QUESTION
Fu Mike Bongiorno a presentare ai vertici RAI la proposta di rifare nel nostro Paese il travolgente The $ 64.000 Question capace di tenere incollati al video milioni di Americani, ma l’iniziativa non riscosse grandi consensi.
La Televisione di Stato mandò effettivamente qualcuno a verificare la grandiosità di quel programma la cui formula si rivelò realmente coinvolgente, ma gli uomini inviati dall’amministratore delegato Filiberto Guala, al loro ritorno in patria, progettarono di affidare ad altri la conduzione del quiz italiano ormai pronto al debutto, poiché “(...) l’impressione dominante è che la trasmissione si basi sulla personalità del presentatore (...). Mike Bongiorno (...) non ha la vitalità e la personalità idonee a questa particolare trasmissione”5.
Fu Sergio Pugliese, “padrino artistico” dell’ex speaker radiofonico ed ex giornalista de “La Stampa” di Torino, ad imporne la figura come conduttore di Lascia o raddoppia? ed è perciò grazie al suo appoggio ed alla sua grande influenza all’interno della Televisione di Stato, che Mike ebbe la possibilità di dare inizio al proprio lungo ed interminabile viaggio attraverso le vie dell’etere nostrano, tra cabine isolate e buste accuratamente sigillate.
IL “MITO” DI LASCIA O RADDOPPIA? E IL FANATISMO NAZIONALE
Lascia o raddoppia? (primo nella storia della nostra TV ed unico nella sua straordinarietà) fu il telequiz italiano per antonomasia, che debuttò alle 21.00 di sabato 19 novembre 1955 al posto del previsto ’Na voce,’na chitarra e un po’ di Rascel; rappresenta l’unico vero “mito” della televisione del nostro Paese, poiché nessun altro programma successivo è mai riuscito a dar vita ad una così grandiosa partecipazione collettiva.
Sebbene giudicata ottima dai telespettatori già al primo sondaggio sull’ascolto effettuato dalla RAI, la trasmissione di Mike, fotocopia dell’incontenibile programma statunitense, non ottenne da subito un successo travolgente. Bisognava apportare alla sua formula poche ma sostanziali modifiche che consentissero di adattare il quiz alle caratteristiche dei telespettatori della Penisola, così diversi dal popolo americano.
Il problema principale era il fatto che la stragrande maggioranza degli spettatori italiani (a differenza dei “colleghi” degli Stati Uniti) non possedeva un televisore in casa; per poter assistere all’inedito programma. Essi erano, perciò, costretti ad uscire per recarsi in casa di amici o per andare al bar; fu così che si formarono al giovedì sera anche molte “ammucchiate condominiali”6.
Per costringere gli Italiani, però, a “(...) togliersi le pantofole”7, occorreva allungare i tempi della trasmissione che durava inizialmente solo trenta minuti come il quiz americano: “(...)Lascia o raddoppia? è ‘ottima’, ma dura troppo poco”8. Quando, finalmente, i titoli di coda cominciarono a scorrere non prima delle 21.50, la trasmissione si tramutò nell’elemento centrale di una rivoluzione, di un cambiamento radicale di costumi e consuetudini, vero e proprio oggetto di fanatismo nazionale.
“(...) Il paese letteralmente si fermava. Chilometriche file di auto e camion parcheggiati ai lati della strada indicavano la presenza nelle vicinanze di un bar con televisore. (...) la polizia (...) segnalava un calo vistoso degli incidenti (...). ‘Signori e signore, buonasera’, intonavano le presentatrici. E la gente rispondeva in coro ‘Buonasera’ (...), non c’era niente più di Lascia o raddoppia? che ci faceva diventare una nazione dall’oggi al domani”9.
Così si esprime il giornalista Vito Di Dario, nel suo testo Pippo, Mike & Raffaella, riguardo allo storico programma di Mike e non gli si può certo dare torto. Si arrivò al punto di insignire Bongiorno del merito di “Gran Cavaliere della Lingua Italiana”!
Alcuni studiosi avevano, infatti, scoperto che, nei dieci anni trascorsi tra il 1951 ed il 1961, le due città di Sulmona e Catanzaro avevano conosciuto un aumento dei loro abitanti in possesso di un titolo di studio e di coloro che si esprimevano più frequentemente in italiano che non utilizzando il dialetto; tutto questo senza subire l’arrivo di individui provenienti da altre località, ma con il solo aiuto della televisione e della conseguente conversazione con gli amici.
Seguire i programmi del piccolo schermo significava, inoltre, possedere un vocabolario più ampio, come dimostrò un’indagine condotta, all’epoca, tra la gente di Sulmona: su 50 parole proposte, chi era solito guardare la TV ne conosceva in media 22-23, mentre gli altri appena 3,8. Anche senza il supporto delle lezioni del maestro Alberto Manzi o di quello degli appositi programmi di Telescuola, ma sfruttando semplicemente l’opulenza di domande e risposte previste dal meccanismo del seguitissimo telequiz o i tanti giudizi e commenti intorno ad un personaggio così sui generis come Mike, la TV stava dunque compiendo i suoi primi miracoli e, del resto, non si trattava che dei primi tentativi abbozzati di arrivare a quella comunicazione globale di cui tanto ho parlato nei precedenti capitoli; aggiungo qui ciò che ha scritto a questo proposito la ricercatrice Lidia De Rita: “(...) Coloro che assistono frequentemente agli spettacoli televisivi hanno una più evidente tendenza a comunicare tra loro e con gli altri, e indubbiamente gli argomenti a loro disposizione, forniti dalle trasmissioni, rappresentano un notevole incentivo alla comunicazione” 10.
MA PERCHÉ TANTO SUCCESSO?
I quiz di ogni tempo e di ogni televisione hanno sempre sedotto moltissimo il pubblico.
Nel 1956 i sondaggi espressero un plebiscito a favore di Mike, la trasmissione contava su un 88% di spettatori dei quali il 66% la giudicava ottima; Lascia o raddoppia? surclassava il varietà, umiliava il teatro, i telefilm non riuscivano a reggere il suo passo, il telequiz, insomma, dava la polvere a tutti gli altri generi.
Due innanzitutto, erano gli elementi che consentivano di calamitare l’attenzione del pubblico sui quiz: le cospicue vincite in denaro e la personalità dei partecipanti.
Da un lato, infatti, tutti avrebbero voluto rispondere alle domande di Bongiorno immergendosi totalmente nel nuovo immaginario sfavillante offerto dalla TV.
Esisteva inoltre tutto il “contorno spettacolare”: un insieme di note di colore, di emozioni, di storie (basta pensare a Marisa Zocchi che giocava per poter comprare le medicine necessarie alla madre) celato da ciascun “tipo” di concorrente di questa sorta di teatro di caratteristi con tutti i suoi figuranti al loro posto: “(...) Il presentatore compunto e gaffeur, il notaio invisibile e cattivo, il dandy elegante e stravagante, il sosia di Montgomery Clift (...)” 11.
La cosa che meglio riusciva al presentatore americano, al di là del discorso sulle sue proverbiali gaffe, era proprio quella di far emergere e valorizzare le doti teatrali ed istrioniche dei concorrenti o le loro caratteristiche particolari: da Maria Luisa Garoppo il cui seno fu censurato perché eccessivamente prorompente, al professor Gianluigi Marianini dal frasario dotto e ricercato.
La caratteristica distintiva di Lascia o raddoppia?, era, però, soprattutto l’alternanza continua, al suo interno, di mediocrità ed eroismo.
Scrisse, infatti, Achille Campanile commentando la vittoria di un concorrente: “(...) Un nuovo personaggio dei nostri giorni, ignoto alle epoche passate, recentissimo, fresco fresco. Qualcosa di simile a un eroe. Un nuovo tipo di eroe del nostro tempo (...)” 12.
Coloro che si tramutavano di fronte a Mike in campioni del sapere, non erano in fondo, come dimostrava di essere il presentatore stesso, che persone comuni “(...) [trascinate] davanti alle telecamere per esibirsi davanti a un plotone di esecuzione. Lascia o raddoppia? era una trasmissione di eroi”13.
Proprio quel “plotone d’esecuzione" rappresentava un altro elemento cruciale per catalizzare l’attenzione del pubblico sulla gara. I quiz attraggono e coinvolgono, in altre parole, anche perché sono spettacoli crudeli, perché “(...) si aspetta la risposta sbagliata del concorrente, come il tamponamento alla partenza di un Gran premio di Formula 1”14 .
Visti i motivi dell’affermazione del primo e più grande quiz della televisione italiana, veniamo ora a cercare di comprendere meglio le ragioni che hanno permesso il grandissimo successo personale di Bongiorno.
Afferma Umberto Eco: “[...] Idolatrato da milioni di persone, quest’uomo deve il suo successo al fatto che in ogni atto e in ogni parola del personaggio cui dà vita davanti alle telecamere traspare una mediocrità assoluta unita (questa è l’unica virtù che egli possiede in grado eccellente) a un fascino immediato e spontaneo spiegabile col fatto che in lui non si avverte nessuna costruzione o finzione scenica: sembra quasi che egli si venda per quello che è e che quello che è sia tale da non porre in stato di inferiorità nessuno [...]. Lo spettatore vede glorificato ed insignito ufficialmente di autorità nazionale il ritratto dei propri limiti” 15.
Eco pubblicava nel 1961 “(...) 3000 paroline pesanti come macigni”16 che uscivano sulla rivista “Il Verri” con il titolo di Fenomenologia di Mike Bongiorno, a dichiarare a tutta la Penisola che “(...) la televisione riduce il superman del cinema all’uomo mediocre; e il caso più vistoso di riduzione è in Italia Mike Bongiorno”17.
Quelle parole di cui il presentatore dirà in seguito: “(...) Cretinerie che scrivevano senza sapere nulla della persona di cui parlavano”18, alimentarono immediatamente due scuole di pensiero: una favorevole al giovane professore, l’altra vicina a Bongiorno; secondo i suoi sostenitori “(...) Mike era soltanto un gran furbone: uno che studiava a tavolino le gaffe predisponendo accuratamente quel suo certo profilo basso”19.
Del resto, Umberto Eco si riferiva esplicitamente al “personaggio” che Mike era capace di interpretare davanti alle telecamere e questo non faceva che confermare la grande professionalità di un uomo che, pur non possedendo le doti eccelse di “un nuovo Superman”, ma, al contrario, incarnando sapientemente l’everyman, l’uomo assolutamente medio, ha saputo ritagliarsi un ruolo fondamentale in quegli “(...) anni d’oro della televisione italiana, quando compito principale delle trasmissioni era quello di far vendere più televisori e allevare così una nuova popolazione di telespettatori”20.
Non si può, allora, che essere d’accordo con Carlo Bo quando egli dice: “(...) Bongiorno sicuramente è un uomo che ha ispirato il decennio [1950–1960] cambiando attraverso la TV la scelta del divertimento degli Italiani”21 non dimenticando “(...) quella parte di risultato attivo che ha avuto la televisione per quanto riguardava la lingua e (...) anche una sorta di comunicazione della società italiana”22.
Se dunque Mike Bongiorno “(...) fin dagli inizi della sua carriera ha continuato a produrre (...) gaffe, bizze, goffaggini, battute che hanno garantito un richiamo popolare non meno forte di quello esercitato dai giochi proposti”23, sembra giusto sintetizzarne la figura con “il trionfo della banalità” , ma non si può tralasciare che tutto questo è avvenuto ed avviene “(...) un po’ per carattere, un po’ per mestiere”24, rischiando di dimenticare in tal modo la straordinaria professionalità di chi “(...) ancora oggi (...) riesce a dimostrare la sua abilità (...) e la sua capacità di interessare il pubblico”25.
Abbandonando la RAI per TeleMilano nel 1980, Mike ha dimostrato ancora di essere il primo: ha inaugurato ufficialmente la nascita di Canale 5 con il gioco I sogni nel cassetto e Grasso ricorda che “(...) per primo aveva capito che non serviva più promuovere programmi per vendere la televisione, ma occorreva realizzare spazi pubblicitari per vendere prodotti, rivelandosi anche in questo un maestro, il vero profeta del verbo berlusconiano”26.
Ultima nota della sua grandezza professionale, Mike è stato anche chiamato dalla RAI a presentare il Festival di Sanremo nel 1997, immediatamente dopo il secondo tentativo di Pippo Baudo di approdare in casa Berlusconi e la sua conseguente defezione dal palcoscenico del Teatro Ariston; la Televisione di Stato era, in tal modo, certa di affidare la manifestazione a mani esperte e sicure, come si sono poi rivelate anche quelle di Vianello l’anno successivo. In quell’occasione, Bongiorno ha saputo ancora una volta stare al gioco con battute spiritose in direzione di Valeria Marini o improvvisando duetti divertenti con l’imprevedibile Piero Chiambretti.
Dopo il 1959 Mike Bongiorno, terminato Lascia o raddoppia?, fu tenuto a riposo per un certo periodo per essere poi mandato a far crescere la seconda rete della RAI nata nel 1961.
Trionfava nel frattempo Il Musichiere condotto da Mario Riva, programma che aveva preso il via il 17 dicembre 1957; si trattava di un altro gioco a quiz in cui le prove dei concorrenti si alternavano agli sketch del presentatore romano, garbato ma anche malizioso, ed alle imbarazzate performance canore degli illustri ospiti, condendo il gioco, fatto di domande e risposte, con balli e canti: in altre parole, si stavano inconsapevolmente muovendo i primi timidissimi passi in direzione del varietà.
Nessun commento:
Posta un commento