Archivio blog

martedì 19 maggio 2020

CACCIARI Pensiamo bene alle limitazioni delle libertà che stiamo accettando. Oppure ce ne pentiremo

Pensiamo bene alle limitazioni delle libertà che stiamo accettando. Oppure ce ne pentiremo

In questi giorni abbiamo accettato necessarie riduzioni dei diritti. Ma occorre vigilare perché non dilaghino. E ricordare come per alcuni poteri politici ed economici questa situazione sia estremamente vantaggiosa

Pensiamo bene alle limitazioni delle libertà che stiamo accettando. Oppure ce ne pentiremo
Massimo Cacciari
Sembra essere legge di natura che nei momenti di svolta o di crisi, quando “cresce il pericolo”, e massimamente dovremmo impegnarci per comprenderne cause e conseguenze, la nostra attenzione, la nostra voglia di pensare, invece, vadano rapidamente affievolendosi.

La fatica del giorno per giorno, il duro mestiere di tirare avanti in qualche modo, divorano lo spazio che, in momenti più normali, destiniamo qualche volta anche all’esercizio dell’analisi e della critica. E diventiamo propensi ad affidarci ai cosidetti “dati di fatto”, a volte comunicati da esperti veri, altre volte decretati a mo’ di dogmi dal Condottiero di turno e dalle sue “task force”.

Non si vuole tornare qui ora su ciò che è stato scritto e detto, anche dal sottoscritto, in questi mesi sulla gestione dell’“emergenza” coronavirus. Sul fatto (questo sì incontestabilmente tale!) che l ’“emergenza” è anche dovuta ai continui tagli per ricerca, strutture, personale subiti dalla sanità nel corso degli ultimi decenni; che la crisi ha evidenziato ancora una volta l’assenza di ogni sistema di efficace collaborazione tra poteri centrali, Regioni e Autonomie locali; che nessuna strategia si va definendo sul modo di “convivere” con l’epidemia nel medio-lungo periodo, dal momento che è verosimilmente impossibile bloccare sine die l’attività di settori fondamentali e il movimento delle persone. Aggiungo che non mi interessa neppure spigolare sui recenti provvedimenti, se non per quegli aspetti che si connettono a tendenze culturali-antropologiche di fondo; le palesi illogicità, contraddizioni, improvvisazioni che li caratterizzano potrebbero apparire, alla fine, dettagli trascurabili, fonte solo di molti fastidi e disagi (e per certuni, ahimè, di fallimento economico). Ciò che andrebbe davvero pensato è la prospettiva storica generale in cui questa crisi si colloca e quale ruolo essa sia destinata a giocare al suo interno.

Circola un documento-manifesto della Fondazione Vargas Lllosa, che ha avuto larga eco in Spagna, Francia e Oltreoceano, da noi pressochè ignorato, che ci ricorda un’ovvia “regolarità” storica: la situazione di emergenza (reale o fatta vivere per tale) genera per sua natura spinte “autoritarie”. In alcuni Paesi queste possono essere assunte all’interno di consapevoli strategie politiche. Il manifesto - che è firmato da numerosi ex-premier di Stati latino-americani - si riferisce in particolare a quanto accade in Venezuela, Cuba, Nicaragua, Messico. In altri casi, di democrazia più “matura”, la tendenza può procedere inavvertita, perché, in fondo, non si presenta che come il naturale palesarsi di quanto in atto da tempo.

Esautorato il Parlamento? Ma da quanti anni è in quarantena? Da quanti anni non svolge sostanzialmente altra funzione che quella di ratifica dei decreti dell’esecutivo? Una volta lo si diceva anticamera dei partiti, che almeno erano organismi politici - ma ora? E chi non ha invocato task force, che nessuna assemblea democratica ha nominato, per risolvere le perenni emergenze? Non vedo alcun segnale nella gestione di questa crisi di un possibile cambio di punto di vista. Nessun segnale che se ne voglia uscire con riforme radicali del Parlamento e del rapporto tra i diversi livelli dello Stato. All’opposto, proprio la crisi viene nei fatti interpretata come dimostrazione della necessità di accelerare il processo di “liberazione” degli esecutivi, dei governi e dei loro capi da ogni impedimento “assembleare”. Se nel mondo contemporaneo l’emergenza è endemica, al Sovrano, chiunque esso sia, e solo al Sovrano tocca decidere. Ritornano le antiche metafore della nave in tempesta e del suo nocchiero: è bene che uno solo comandi.

Prima che sia troppo tardi, prima di adottare poco alla volta, mitridatizzandoci con giudizio, modelli cinesi o putiniani, prima di diventare tutti sostenitori convinti di Trump e dei suoi nipotini europei, pensiamoci. La crisi genera pulsioni che possono diventare irresistibili verso soluzioni burocratico-centralistiche. Il populistico appello alla pseudo-sovranità degli staterelli si fonda su tali oggettive pulsioni. O insicurezza e, magari, morte, oppure bisogna affidarsi alla Madre-patria antica; lei vi vuol bene, i suoi politici vi amano. Fuori dalle sue mura regna l’anonimo nemico senza volto dei Poteri Forti.

Queste mura non esistono più, ma la tendenza a nuove forme di statalismo, contrabbandate magari per stato di necessità, possono dilagare. Pensiamoci , ora, non dopo. Pensiamo a come già vengono interpretate certe trasformazioni dei nostri comportamenti in questo periodo in cui ragionevoli limitazioni dei nostri diritti sono ovviamente comprensibili. Perfino queste limitazioni sembrano essere considerate da certuni un preambolo a una sorta di obbligo giuridico della salute, a introdurre norme per cui sia lecito essere seguiti, “tracciati” e interrogati sulle proprie condizioni fisiche.

Vi è poi la scoperta della bellezza del lavoro a distanza. Quanto sarebbe economico “stare a casa” sempre: un professore potrebbe magari servire mille classi, niente traffico, niente tempi e spazi sprecati. Convegni, conferenze, uffici, che arcaica organizzazione del lavoro! Che bisogno abbiamo del contatto personale? Dal contatto al contagio il passo è breve; questa esperienza lo insegna, non è vero? Impariamo da essa e proseguiamo sulla sua strada.

L’informazione è tutto, la comunicazione (che avviene soltanto attraverso il rapporto diretto, il guardarsi in volto) un lusso. Tutti mezzi-busto tv. Lo “stare a casa”, il muoversi solo col web, non va vissuto come una triste necessità imposta dal virus, immaginiamolo come il nostro radioso futuro. Formidabile prevenzione a ogni pandemia.

Pensiamoci - perché queste pulsioni, corrono ovunque, si esprimono sempre più nettamente, e si esprimono nei fatti. Pensiamo anche alle grandi potenze che le sostengono, che ne condividono l’implicita visione del mondo. Ogni giorno di crisi per Amazon, Google e compagnia sono miliardi di utile. Il colossale sistema dei big data raccoglierà miliardi di ulteriori informazioni, “conoscerà” ciascuno di noi, smantellerà ogni residua privacy . E continuerà a non pagare tasse o per l’impotenza dei piccoli Stati o per la sua simbiosi con i grandi sistemi politici. La libertà dello “stare a casa” avrà questo prezzo inevitabile. Vi è nell’uomo una “naturale servitù”, dicevano i saggi, e può darsi perciò che questo prezzo lo si voglia pagare. Pensiamoci.

ARTICOLO PRESENTE NEL SEGUENTE LINK:
 https://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2020/05/12/news/massimo-cacciari-liberta-limitazione-1.348038?ref=HEF_RULLO

Nessun commento:

Posta un commento