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martedì 26 maggio 2020

LETTERA DI UNA GIOVANE INFERMIERA A SAVIANO

Caro Roberto Saviano, perché cerchi per forza un colpevole?

Questa analisi parte da una lettera di risposta allo scrittore Saviano da parte di un'infermiera inviata al giornale italiano La Repubblica durante il periodo della crisi sanitaria per il Covid 19. Le argomentazioni mosse da parte dell'infermiera presuppongono l'accettazione di questa pandemia e della sua catastrofe sanitaria come un dato da assorbire alla luce di una dimensione culturale di " debole evitamento dell'incertezza" in cui si accetta l'incertezza della vita così come viene senza cercare colpe negli altri. Nell'articolo di Saviano, in merito alla sanità regionale lombarda, trovare il colpevole significa aderire ad una dimensione culturale di " forte evitamento dell'incertezza" perché questa catastrofe deve essere vissuta come una minaccia insopportabile per la faccia collettiva positiva degli italiani e dei lombardi in modo particolare.
Per Saviano trovare le colpe e il colpevole significa avere il bisogno di chiarezza e di strutturare il proprio reale per creare le condizioni culturali per un futuro possibile.
La lettera dell'infermiera inizia con una presentazione della propria persona come un " infermiera di 24 anni che è stata trasferita in un reparto covid allestito in fretta e furia nell'azienda privata in cui lavoro".  In questo breve paragrafo di presentazione di se stessa possiamo rinvenire dei costi molto elevati per la faccia collettiva del suo territorio, vale a dire la Lombardia. Infatti, l'infermiera che scrive è una persona giovane e pertanto una persona con poca esperienza del sistema sanitario regionale, in seguito afferma che è stata "trasferita in fretta e furia" e quindi con poca conoscenza del nuovo reparto. Queste parole rappresentano ulteriori costi molto elevati per la faccia positiva dell'azienda privata lombarda come ente di "eccellenza" della sanità pubblico-privata della Lombardia. L'azienda privata sanitaria convenzionata con il sistema sanitario nazionale rappresenta una specificità italiana. La lettera dell'infermiera continua con il racconto di una sua chiacchierata con un paziente di 50 anni che racconta la sua vicenda personale. Questa strategia discorsiva da parte dell'infermiera è volta alla ricerca delle emozioni e dell'empatia dei lettori della lettera non certo ad offrire una risposta puntuale e qualificata alle accuse mosse da Saviano. Infatti, alle parole del paziente, l'infermiera dice di rispondere commossa, vale a dire mostrando di essere pienamente empatica e questo le consente di potenziare notevolmente la sua faccia positiva dentro la cornice di tipo " individualismo". In altri termini, l'accusa compiuta da Saviano si muove sul piano del "sistema" sanitario e pertanto alla luce di un " noi coscienzioso\incoscienzioso" del sistema sanitario regionale in termini di dimensione culturale di tipo " collettivismo". La replica dell'infermiera è di tipo " individuale" mettendo in avanti la sua privata esperienza rispondendo alla luce di una logica culturale di tipo " individualismo" con il suo " io di tipo coscienzioso". Le parole dell'infermiera rivolte al paziente sono le seguenti: " sicuramente questa esperienza se la porterà per il resto della vita".
In definitiva, la sua risposta è di un'ovvietà impressionante mostrando di rientrare all'interno della dimensione di tipo " vincolati" perché tale esperienza spinge le persone ad essere poco propensi nel ricordare le emozioni positive. La risposta del paziente sarà espressa in questo modo:
" sì mi ha cambiato profondamente e secondo me cambierà tutti quanti"
Con queste parole, la risposta del paziente si colloca all'interno di una dimensione culturale di tipo " orientamento temporale a lungo termine" perché le persone cambiano in funzione degli eventi della vita. Allo stesso tempo, la sua affermazione rientra all'interno di una dimensione di tipo " collettivismo" perché si enfatizza " un noi coscienzioso" così come la possibilità di aderire ad un contesto allargato con la speranza di ottenere protezione in cambio di lealtà al territorio " lombardo". L'infermiera replica affermando: " lo spero di cuore, perché se neanche una pandemia fa cambiare siamo messi male".
L'auspicio dell'infermiera è quella di vedere questo passaggio da una dimensione culturale con un "orientamento temporale a breve termine" in cui le persone sono sempre uguali a se stesse mentre un tale evento come la pandemia dovrebbe spingere le persone ad aderire ad una dimensione culturale con un "orientamento temporale a lungo termine" perché le persone devono cambiare alla luce delle nuove circostanze dimostrando in questo modo che i fatti più importanti per sé e il proprio paese devono accadere nel futuro. Se tale cambiamento non dovesse succedere allora questo significa che siamo profondamente legati a questa dimensione culturale "a breve termine" che ci spinge sempre a vivere con questo sentimento di abbandono perché le cose non dipendono da noi come tratto tipico della dimensione di tipo " vincolati". In seguito, la lettera dell'infermiera continua con una descrizione del periodo svolta in questo modo:
" è stato un mese difficile, ambiente nuovo, colleghi nuovi, tipologia di pazienti nuovi, isolamento per non contagiare la famiglia, lontano dagli affetti, abitudini scombinate, tristezza, smarrimento. Andare ogni giorno in reparto e vedere tante persone sole e malate, spaventate e stanche di respirare mi ha segnato. "
L'elenco proposto dall'infermiera continua a costituire una forma di minaccia per la faccia positiva della sanità lombarda perché la ragazza elenca le difficoltà del suo lavoro citando " ambiente nuovo, colleghi nuovi e tipologia di pazienti nuovi", i quali sono tutti elementi di " novità" che rientrano nella dimensione della disorganizzazione e pertanto sono tipici comportamenti di un'organizzazione che vive in sintonia con una dimensione culturale di "debole evitamento dell'incertezza" con forte tolleranza, agio per il caos, l'ambiguità e con scarsa considerazione per il benessere lavorativo del personale sanitario. Questo è possibile perché di fondo i lavoratori della sanità ( infermieri) sono percepiti come incompetenti da parte del sistema sanitario in quanto sono soltanto bisognosi di un lavoro. Un ambiente nuovo può essere inteso come luogo in cui si aumenta la dimensione di tipo " individualismo" perché tutti devono badare a se stessi e gli altri sono considerati come individui e non come un " in-group" poiché occorre tempo per costruire questo " sentimento" di appartenenza. Questi elementi di " novità" spingono necessariamente l'infermiera all'adesione ad una dimensione culturale di tipo " vincolati" perché diventa prevalente il sentimento di abbandono e si vive con poca propensione nel ricordare le emozioni positive in questo genere di situazioni. Questo periodo di pandemia ha spinto notevolmente l'infermiera all'interno della dimensione di tipo " vincolati". Questa pandemia è stata vissuta da parte di molti malati dentro la cornice culturale di tipo " individualismo" perché si è vissuto la malattia con un " io coscienzioso" e con il mantenimento del diritto alla privacy per via dell'assenza di visita da parte di famigliari o amici.
E' interessante notare come in quel periodo un'intera nazione abbia abbracciato lo slogan " andrà tutto bene" costituito in termini di analisi del discorso da una terza persona al futuro con un tipico valore di tipo impersonale per rappresentare un elemento di "de-responsabilizzazione" da parte degli attori principali coinvolti nella gestione della crisi sanitaria. Questo slogan presente nella lingua italiana mette in luce una tendenza culturale per un " debole evitamento dell'incertezza" da parte delle istituzioni ( i media), i quali accettano con poco stress di vivere nell'ambiguità e caos generato dalla nuova situazione critica. Al contrario, le reazioni individuali delle persone nel loro vivere quotidiano solitamente sono collocate nella dimensione culturale di tipo " forte evitamento dell'incertezza" come nel caso di Saviano che non accetta di vivere dentro questa dimensione di " debole evitamento dell'incertezza" imposto dalle istituzioni ( i media in primis). Che cosa significa " andrà bene" in termini mediatici può tradursi come una forma di accentuazione dell'eroismo dei medici e infermieri, la creazione di un sentimento di paura con l'uso del numero di malati senza fornire nessun elemento di contestualizzazione. Se invece parliamo di " andrà tutto bene" dal punto di vista della dimensione culturale di "forte evitamento dell'incertezza" significa prima di tutto parlare del collasso del modello pubblico-privato della sanità lombarda, significa parlare di test, tamponi, imporre le mascherine nello spazio sociale per rimuovere il confinamento, avere un numero maggiore di posti letto di terapia intensiva e pensare ad una strategia nazionale per distribuire in farmacie medicinali che possano aiutare a tutelarsi contro il virus.
Invece tutti questi elementi di analisi del contesto venuti fuori dalla pandemia non trovano risposta nelle parole di un addetta ai lavori come l'infermiera. La risposta offerta dall'infermiera è legata al valore del sacrificio, dell'attesa, della misericordia e della carità. Da questo elenco offerto dall'infermiera possiamo facilmente scorgere una estrazione prettamente "religiosa" di questa persona che crede come risposta alla pandemia nei valori del "sacrificio" inteso come dimensione culturale con un "forte evitamento dell'incertezza" perché si dà poca considerazione per il proprio benessere. Inoltre, l'infermiera ci propone di aderire ad un "orientamento a breve termine" perché ci sono linee universali a proposito di ciò che è bene o male nelle situazioni, in cui essere al servizio degli altri è importante e ci sono degli imperativi che muovono le nostre vite.
In aggiunta, il sacrificio rientra ampiamente nella dimensione culturale di tipo " vincolati" perché non si vive propensi a ricordare le emozioni positive quando si aderisce a questo valore.
Il valore dell'attesa è invece legato alla dimensione culturale di un "orientamento a lungo termine" perché una persona brava si adatta in funzione delle circostanze, con una maggiore attitudine alla perseveranza.
L'attesa consente una sensazione di controllo della propria vita legati alla totale assenza della dimensione culturale di tipo " soddisfatti" nella propria vita privata. La misericordia e la carità sono valori legati alla dimensione di tipo " collettivismo" in cui le persone vivono in adesione con un parametro del tipo " noi di tipo coscienzioso", con un sentimento di appartenenza e dove le relazioni sono più importanti dei compiti. La misericordia e la carità come valori cristiani possono creare una società con " bassa distanza sociale", ma anche un "orientamento temporale a lungo termine" perché la vita individuale è legata da compiti condivisi all'interno della società. Per l'infermiera, l'articolo di Saviano lascia senza parole per il suo sfondo di tristezza e polemica. In altri termini, le categorie adoperate dall'infermiera sono lo stupore o " l'essere senza parole", vale a dire essere in sintonia con una dimensione culturale con un "forte evitamento dell'incertezza" perché sono intollerante verso le persone e le idee divergenti mentre il suo sentimento di tristezza rientra nella dimensione di tipo " vincolati" perché è difficile dirsi felice quando si è poco propensi nel ricordare le emozioni positive. Le difficoltà legate alla crisi del Covid 19 devono essere affrontate principalmente dentro la dimensione di tipo " individualismo" e soprattutto alla luce di una dimensione  culturale di tipo " vincolati" per l'infermiera mentre l'articolo di Saviano mette tutta la sanità lombarda in discussione come approccio legato ad un'adesione culturale al modello di tipo " collettivismo" e di " forte evitamento dell'incertezza".
Nella sua lettera, l'infermiera parla soltanto "per sé" mostrando tutta la sua incapacità di capire che lei fa parte di una struttura molto più grande di lei come può essere il sistema sanitario regionale lombardo.
L'infermiera sente il bisogno di interrogare il suo "fastidio" inteso come piccola forma di intolleranza verso le idee divergenti come elemento da analizzare come un'adesione ad una dimensione culturale con un "forte evitamento dell'incertezza". Per l'infermiera, la contraddizione risiede nella differenza tra la posizione della faccia collettiva italiana riassunta nello slogan " andrà tutto bene" per parlare del futuro mentre la posizione di Saviano sul futuro è di tipo polemica, con condanne per chi ha sbagliato, rabbia e tristezza.
Forse l'intento di Saviano è di uscire da una dimensione culturale di " debole evitamento dell'incertezza" come marchio di fabbrica dei media per ricercare le colpe come vero obiettivo del giornalista che non vuole essere distratto dalla retorica dell'" andrà tutto bene". Saviano ha bisogno di chiarezza per potere aderire al futuro e questi elementi non sono presenti nella gestione della crisi sanitaria. Questa assenza di dati spinge per forza di cosa nella dimensione di tipo " vincolati" dove diventa difficile ricordare momenti positivi nel contesto allargato italiano e in modo particolare quando si pensa al modello della sanità della Lombardia, il quale ha mostrato limiti molto grossi nella gestione della crisi diventando una minaccia per la faccia positiva collettiva degli italiani nel loro insieme.
Per l'infermiera questo periodo di grosse privazioni inteso come adesione alla dimensione di tipo " vincolati" dove sei abbandonato a te stesso non può non avere portato dei cambiamenti nel modo di sentire degli Italiani. Per lei da questa dimensione di tipo " vincolata" dovrebbe nascere un rinnovato interesse per la dimensione culturale di tipo " collettivismo" così come per un "orientamento temporale a lungo termine".
Nel suo scritto sembra chiaro come Saviano rimanga per l'infermiera legato alla dimensione di "forte evitamento dell'incertezza" come modalità per affrontare e vivere il futuro. Pur non avendo voglia di pagare dei costi per la sua faccia negativa con una difesa d'ufficio dei colpevoli, il comportamento dell'infermiera spinge all'indulgenza di fronte agli errori compiuti per potere costruire il futuro per il paese. Questa soluzione comporta una forte dimensione culturale di "debole evitamento dell'incertezza e un orientamento a lungo termine" da parte dell'infermiera ma poggiano su basi deboli ed inconsistente per vedere la luce in un contesto come quello della sanità pubblica-privata lombarda ed italiana. La richiesta di uno sguardo di novità rappresenta l'esortazione finale dell'infermiera da cui ripartire in termini di dimensioni culturali utili per un paese che non intenda costruire il futuro sorvolando ingiustamente sulle responsabilità altrui.







La lettera di una giovane infermiera: "Caro Roberto Saviano, perché cerchi per forza un colpevole?"

La lettera di una giovane infermiera: "Caro Roberto Saviano, perché cerchi per forza un colpevole?"
(fotogramma)


Sono un’infermiera di 24 anni che è stata trasferita in un reparto Covid allestito in fretta e furia nell’azienda privata in cui lavoro. Durante l’ultimo turno di notte, mi trovo a chiacchierare con un paziente di 50 anni che mi racconta tutto quello che ha passato e io commossa gli dico: “Sicuramente questa esperienza se la porterà per il resto della vita!” Lui: “Sì, mi ha cambiato profondamente e secondo me cambierà tutti quanti!” Io stupita replico: “lo spero di cuore, perché se neanche una pandemia fa cambiare siamo messi male”

È stato un mese difficile: ambiente nuovo, colleghi nuovi, tipologia di pazienti nuova, isolamento per paura di contagiare la famiglia, lontananza dagli affetti, abitudini scombinate, tristezza, smarrimento. Andare ogni giorno in reparto e vedere persone sole e malate, spaventate e stanche di respirare mi ha segnato.

Mi ha colpito che durante questi giorni, in cui un’intera nazione è piegata, si sente ripetere lo slogan: "Andrà tutto bene”. Fa sorridere e a me fa pensare proprio a quello che mi diceva il mio paziente. Andrà bene? Da questa situazione impareremo il valore del sacrificio, dell’attesa, della misericordia, della carità?

Il giorno dopo il dialogo con il mio paziente, mi trovo a leggere un articolo di Roberto Saviano che mi lascia senza parole e piena di profonda tristezza (La Lombardia e la debolezza di credersi invincibili. Gli errori della regione ex feudo di Formigoni e Berlusconi, 15/04/2020). Tutto quello che nel mio piccolo sto scoprendo sembra messo in discussione dal suo pezzo, in cui si parla solo di come la Lombardia ha sbagliato.





Mi interroga il fastidio che mi ha generato. Decido di rispondere a Saviano e raccontargli ciò che sto scoprendo. Mi incuriosisce sapere perché, se diciamo che andrà tutto bene e che la vita possa diventare più bella, la sua posizione sul futuro è riassunta da un articolo pieno di polemica, di condanne per chi ha sbagliato, di rabbia e di tristezza.

Essere privati di tutto non ha cambiato niente? Non ha mosso il cuore alla compassione? Perché, al posto di desiderare un futuro di rinascita, l’unica cosa che propone è processare chi è venuto meno ai suoi doveri? Io non difendo le persone che possono aver sbagliato ed è giusto guardare in faccia gli errori, ma non per condannare ed eliminare qualcuno, ma per far sì che questi errori possano aprire a uno spiraglio di cambiamento.

Auguro a tutti che questo tempo inaspettato possa veramente portare uno sguardo di novità sulle cose. A me sta capitando.

Una giovane infermiera 

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