Archivio blog

domenica 31 maggio 2020

ETNOPRAGMATICA E GRAMMATICA ITALIANA NEI LAVORI DI ALESSANDRO DURANTI

 http://www.sscnet.ucla.edu/anthro/faculty/duranti/reprints/Duranti2012Pragmatica_tra_antropologia_e_fenomenolo.pdf

 http://www.sscnet.ucla.edu/anthro/faculty/duranti/2004.Duranti.Il.Fare.pdf

 http://www.sscnet.ucla.edu/anthro/faculty/duranti/Duranti.Ochs.LaPipa.pdf

http://www.sscnet.ucla.edu/anthro/faculty/duranti/Husserl-Intersubject-AT.pdf

.........................................................................................................................

Il ruolo della grammatica in un approccio antropologico " John Dubois"

Il ruolo della grammatica nell'antropologia fa uscire la grammatica dal suo ruolo limitato alla descrizione dei rapporti interni fra le categorie linguistiche. La grammatica si ritrova all'interno di una comunità in molti modi possibili: ad esempio con le strategie di persuasione al lavoro, del pettegolezzo, all'imposizione di sanzioni, dalla speculazione religiosa allo scherzo sino alle forme di espressione estetica ed altre innumerevoli forme di vita. La grammatica rappresenta una forma di mediazione tra la parola e il discorso. La grammatica informa del sapere, delle informazioni, dei rapporti sociali, dei testi, delle istituzioni, delle prassi su cui si basa l'interazione e così via.
La grammatica crea uno specifico schema per classificare i fenomeni che la circondano.
Le categorie grammaticali obbligatorie spingono verso alcune osservazioni obbligatorie. La persona e il tempo del verbo ci obbligano ad alcune scelte. La grammatica organizza i rapporti sociali con i pronomi personali di potere o di solidarietà, con degli indicatori di status, l'assenza di potere o solidarietà indica la natura del rapporto tra gli interlocutori.
La grammatica organizza l'informazione perché esiste una informazione nuova e un'informazione già data nel testo. La grammatica serve come strumento per superare il baratro che separa un partecipante dall'altro, il presente dal passato, ciascun attore sociale dalle risorse culturali di cui può disporre. La grammatica consente di classificare le infinite particolarità degli eventi.



Il fare del linguaggio per Duranti

La pragmatica è rimasta fedele all'impegno cognitivista di interpretare gli atti linguistici come aventi origine e spiegazione in processi mentali come la memoria, le classificazioni, le inferenze logiche e le intenzioni dei parlanti- ascoltatori. In pragmatica, il contesto si definisce come un insieme di conoscenze o credenze. Come possiamo interpretare nel contesto i deittici, i pronomi personali " io, tu, noi" o gli avverbi di tempo e luogo, espressioni che cambiano significato in funzione delle situazioni. Oppure quelle parole che realizzano delle azioni sociali ( ad esempio come fare le promesse, una richiesta, una protesta, un complimento). Il contesto " circonda" il fare linguistico fornendo e assorbendo " conoscenze". Per Paul Grice, lo scopo del parlare è quello di fare sapere e fare credere. Le parole per Austin oltre ad avere un significato hanno anche una forza. Il concetto di faccia è stato molto utile per analizzare l'agire sociale di natura linguistico. Insomma si può fare bella o cattiva figura in italiano. Dall'analisi conversazionale prendiamo il concetto di sequenza, turni di parola, la costruzione del proprio turno di parole. Nell'analisi pragmatica sono molto importanti gli elementi di indessicalità, ossia gli elementi che rimandono al contesto spazio-temporale, discorsivo ( i dimostrativi, pronomi personali, avverbi di tempo e luogo). Ad esempio, il dimostrativo " questo" per capire il significato e la forza di questo deittico occorre capire il significato nel e del contesto. Il deittico può essere dislocato a sinistra o destra in funzione della procedura di rilevanza nel discorso. Questa dislocazione conferisce " forza" alle parole soprattutto se viene accompagnato da un gesto. Nell'interazione è possibile anche notare la collaborazione o la gerarchizzazione. Le espressioni deittiche fanno capire la forza delle parole. I saluti ad esempio sono dei rituali che selezionano alcune persone e ne escludono delle altre; in una folla ad esempio ci sono poche persone che si salutano mentre nei luoghi di lavoro avviene una perenne selezione.
La dislocazione a sinistra indica un costituente della frase ( sintagma nominale) spostato a sinistra rispetto alla sua posizione non-marcata.
Esempi di dislocazioni a sinistra ( tuo fratello, lui, proprio non sa come comportarsi).
Quella macchina vorrei liberarmene il più presto possibile.
A noi, questo non piace come richiesta.
A lei, se aprono le valigie non riescono più a chiuderle.

In italiano, la dislocazione a sinistra viene svolta con pronomi clittici come copie pronominali ed è una costruzione conversazionale molto comune nell'interazione verbale informale ( tra amici, in famiglia). In questo studio si propone di studiare le proprietà grammaticali delle dislocazioni a sinistra e delle costruzioni soggetto-verbo ( SV); il tipo di copie pronominali, l'apparente nascita di un nuovo accordo verbale, la frequenza della dislocazione rispetto alla "topicalizzazione"

L'accordo soggetto-verbo e i pronomi clittici

In Italiano, i pronomi personali definiti vanno distinti in due tipi: i cosiddetti pronomi tonici ( lei, lei, noi, voi, ne, tu, te, io) e i pronomi clitici ( lo, la, li, le, gli, me, te\ti).
Un altro tratto caratteristico dell'italiano è la presenza obbligatoria dell'accordo soggetto-verbo.
Da questo punto di vista, i soggetti preverbali ( SV) e i costituenti dislocati a sinistra sembrano fare parte di uno stesso tipo grammaticale. Le informazioni del soggetto nella frase sono: la persona, il numero e il genere. I pronomi clitici riflettono la persona, il numero e per la terza persona anche il genere e la funzione grammaticale ( oggetto diretto: lo, la, le, li) o oggetto indiretto ( gli).

Il ruolo interazionale delle dislocazioni a sinistra

In una conversazione spesso chi parla " tiene banco" in una data comunità di parlanti, ossia ha la possibilità di controllare il materiale verbale espresso, ma anche il tipo di interazione tra i partecipanti alla conversazione. Così mediante il controllo degli argomenti trattati, un parlante è in grado di ottenere alcuni risultati che hanno un significato sociale, come ad esempio quello di dimostrare di essere competente rispetto ad un dato argomento oppure la funzione di solidificare o ristabilire certi vincoli sociali con alcuni partecipanti alle conversazioni con altri, la sua appartenenza ad un particolare gruppo, il proprio status sociale. Conservare il banco può volere dire cercare di esercitare la propria influenza sugli interlocutori e impedire che un altro dei presenti possa farlo. La dislocazione a sinistra è spesso all'inizio del turno di parola.
Il concetto di prima importanza nella visione del linguaggio di Duranti è l'agentività:

la proprietà di quegli enti che hanno un certo grado di controllo sulle loro azioni le cui azioni hanno un effetto su altri enti ( a volte su se stessi e le cui azioni sono oggetto di valutazione).



SERIE DI APPUNTI TRATTI DAL LAVORO DI ALESSANDRO DURANTI SUL CONCETTO DEL FARE DEL LINGUAGGIO CON LA LINGUA ITALIANA

Etnopragmatica e grammatica italiana

Lo strutturalismo ha insegnato che è fondamentale conoscere la gamma di scelte possibili all'interno di un sistema linguistico per poterne interpretare il significato e l'uso in un dato sistema linguistico. Ad esempio, l'italiano distingue tra singolare e plurale, l'uso di una parola al singolare come “ bottiglia” fa scattare l'inferenza che elimina la possibilità di diverse “ bottiglie”. L'uso dell'articolo restringe ancor più le possibilità. “ prendi la bottiglia” è un'istruzione che mi fa cercare una bottiglia particolare e non una bottiglia qualsiasi. Se ci sono più bottiglie devo capire quale sarà il criterio di inclusione ed esclusione. In questo caso il contesto mi aiuta ma anche la grammatica con la presenza di due forme grammaticali presenti: l'articolo “ la” è in opposizione con l'articolo indeterminativo ( uno\ una) e la desinenza – a si trova in opposizione alla desinenza – e). Per prendere la bottiglia occorre capire questi elementi grammaticali. La grammatica ha una sua logica che i parlanti sono obbligati a seguire ed è per questo che spesso si pensa alla lingua come un “ tiranno” a cui bisogna obbedire. La grammatica dell'italiano, con la sua distinzione tra nomi maschili e femminili, costringe il parlante ad essere esplicito in aree che possono rimanere implicite o vaghe in altre lingue. Il genere grammaticale in italiano è quasi sempre presente con un'identità di genere maschile o femminile. Bisogna sempre dire se stiamo parlando di una donna o un uomo. Questa scelta ha un valore denotativo e connotativo diverso. Il valore dell'enunciato in termini pragmatici di uscire con un “ amico” o “ amica” sono diversi. L'italiano come lingua tende a distinguere chiaramente la particolare persona coinvolta con i pronomi e la coniugazione verbale.

Ecco alcune proprietà del sistema linguistico storico-naturale dell'italiano:

1Il sistema fonologico italiano è costituito da 5 vocali ( a e i o u) con la presenza di accento aperto ( accento grave) o chiuso ( accento acuto).
2 Le sillabe hanno una struttura del tipo CCC VVVV ( consonante + vocale)
3L'accento principale in italiano cade spesso sulla penultima sillaba della parola
4Il verbo viene dopo il soggetto quando si menziona il soggetto oppure il verbo viene prima dell'oggetto in assenza del soggetto
5In italiano, il soggetto di una frase può essere omesso ( lingua pro-drop)
6 Il sostantivo contiene solitamente informazioni sul numero e il genere ( singolare, plurale o maschile e femminile)

In Italiano, l'uso del pronome personale porta con sé un significato contrastivo o d'enfasi.
Ad esempio: è simpatico. Lui è simpatico.

Nella visione odierna della lingua, parlare viene inteso come fare, ossia un azione sociale, con delle regole di grammatica ma anche delle condizioni di successo. Per Austin, un enunciato ha “ forza” proprio perché è proteso verso il compimento di un'azione. La forza di una promessa è di impegnarsi a fare qualcosa come ad esempio: Ti sposo, ti compro una moto, ti lascio)
La forza di un comando è di fare qualcosa a qualcun altro ( alzati, muoviti, svegliati)
La forza di un complimento è di riconoscere in modo positivo qualcosa fatto da qualcun altro ( che bel cappello) e la forza di un'affermazione ( ci sono nove ore di differenza tra Roma e Tokyo) è di trasmettere delle informazioni. L'intersoggettività nello studiare il contesto consente l'analisi delle nostre azioni e quelle degli altri legate tra loro da un legame di necessità. In pratica possiamo dire che ogni cosa detta nel contesto implica cose non dette. Se dico “ due persone litigano” nascondo che queste due persone si “ dimostrano affetto, forza, indipendenza o coraggiosi)

In italiano, l'uso dei pronomi dimostrativi come “ questo, questa, quello, quella” per parlare delle persone implica un atteggiamento negativo verso tali persone o cose. Il pronome dimostrativo con il nome comune crea maggiore distanza simbolica con il referente contribuendo ad un ritratto negativo del personaggio. Da come si parla di qualcuno sappiamo subito se lo si sta esaltando o criticando. I nomi propri hanno la funzione di definire in modo unico le persone presenti in un dato contesto. Le forme referenziali come Benedetto Croce, Maria Callas, Benigni, il fratello di mia moglie, la spiaggia più vicina non sono delle etichette per identificare di chi o che cosa si sta parlando ma sono sempre dei modi per collocare le persone, i luoghi o gli eventi in un mondo sociale con caratteristiche particolari. Tramite queste collocazioni le forme referenziali rendono tale mondo sociale possibile ed interpretabile. I referenti costruiscono e riproducono il contesto.
La lingua vive e si riproduce nella società e quindi nell'interazione quotidiana, la quale comporta sempre delle prese di posizioni e delle negoziazioni. La verifica empirica della teoria degli atti linguistici di Austin per cui le parole non solo descrivono ma “ fanno” è basata sull'uso dei verbi performativi, ossia verbi usati al presente indicativo e nella prima persona singolare. Si tratta di verbi come “ promettere, ordinare, proibire, approvare, chiamare, insistere, ricordare, accusare, incoraggiare”. Come analisti dobbiamo trovare delle espressioni linguistiche convenzionali che ci consentono di “ fare” con la lingua. In un certo senso fare parte di una comunità di parlante implica la capacità di riconoscere tali valenze, una capacità che acquistiamo tramite la socializzazione. In altre parole, certi tratti linguistici come l'accento, certi suffissi ( i diminutivi come – ino; - etto), certe parole come casa invece di residenza o bimbo al posto di neonato, certi tratti prosodici ( l'intonazione del lamento di un bambino) acquistano la capacità di evocare quelle attività o rapporti che sono tipici tra le persone coinvolte in tali attività.

In Italia sembra una vera preferenza della comunità dei parlanti, di parlare per metafora soprattutto quando il tema potrebbe essere problematico. Una metafora molto diffusa è quella che vede il tempo come denaro ( si guadagna, si spreca, si perde tempo).

Interessante notare come lo scherzo possa spesso segnalare una linea di confine all'interno di una conversazione.

Agentività rappresentata

Consideriamo una serie di esempi:

La strada è bloccata. ( nessun tipo di cambiamento è percepibile)
La strada è stata bloccata ( cambiamento avvenuto da poco)
Hanno bloccato la strada ( non sappiamo chi abbia bloccato la strada)
I vigili del fuoco hanno bloccato la strada ( il sintagma nominale è sintatticamente il soggetto ( i vigili del fuoco) e semanticamente l'agente dell'azione espressa dal verbo.
Le fiamme hanno bloccato la strada. ( “ le fiamme” come fenomeno fisico viene trattato come agente. Molte costruzioni impersonali simili a quelle che si trovano in italiano, ma ho altri meccanismi per attenuare il livello o il grado di agentività di una data azione da parte di un partecipante.

Nessun commento:

Posta un commento