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RIASSUNTO GENERALE INDICE
VITA E INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA
LA RIFORMA DELLA DIALETTICA HEGELIANA
I PRINCIPI FILOSOFICI DELL'ATTUALISMO
ESTETICA E RELIGIONE
PEDAGOGIA E SCUOLA
LO STATO ETICO E TOTALITARIO
Gentile è stato, con Croce, l'esponente principale del
neoidealismo italiano, ma la sua posizione filosofica è maturata attraverso
esperienze in parte diverse da quelle crociane. Nato a Castelvetrano (Trapani)
nel 1875, Giovanni Gentile si formò presso l'università di Pisa, dove ebbe come
maestri soprattutto Alessandro D'Ancona e Donato Jaja, che lo avvicinò allo
studio di Kant, di Rosmini e Gioberti, di Hegel. Il primo lavoro gentiliano, su
Rosmini e Gioberti (1898), si colloca nella prospettiva di ripresa del
pensiero criticistico-idealistico tedesco già avviata da Croce, e si ispira a
una visione fortemente speculativa (teoretico-sistematica) della filosofia.
Negli ultimi anni del secolo Gentile approfondisce, da un lato, Spaventa e,
dall'altro, Marx, che esamina nel volume La filosofia di Marx (1899). A
proposito del marxismo si tratta, per Gentile, di ritrovarne il nucleo
speculativo più autentico e di affermarlo come una "filosofia della prassi" che
unifica pensiero e azione e che occorre reinterpretare in termini idealistici.
Ciò che viene a cadere, del pensiero di Marx, è proprio il materialismo. La
realtà come materia viene interpretata come un residuo sensibile-oggettivo che
limita l'attività creatrice della prassi umana. Ma è anche attraverso la nozione
marxiana di prassi liberamente rivisitata (attraverso la lettura di Vico e degli
idealisti tedeschi) che Gentile delinea la sua concezione della soggettività
trascendentale intesa come " attività creatrice " per cui verum et
factum convertuntur , come " sviluppo necessario " che collega
soggetto e oggetto in un fare che " è insieme conoscere " e che si
manifesta nella storia. In quegli stessi anni di fine secolo Gentile stringe con
Croce un'amicizia che durerà fino a quando la differenza tra lo storicismo
crociano e l'attualismo gentiliano si farà troppo vistosa. Nel 1903 Gentile,
nella prolusione tenuta all'università di Napoli e dedicata a La rinascita
dell'idealismo , delinea la propria posizione filosofica che prende il nome
di attualismo e ch'egli svilupperà in una serie di
saggi teorici fino al 1922. Contemporaneamente si dedica anche alla ricerca
storico-filosofica con gli studi: Le origini della filosofia contemporanea in
Italia (1903-1914), Dal Genovesi al Galluppi (1903), Il pensiero
italiano del Rinascimento (1920), Studi vichiani (1915), Gino
Capponi e la cultura italiana del secolo decimonono (1922). Nello stesso
periodo il filosofo affronta anche i problemi della pedagogia ( Sommario di
pedagogia come scienza filosofica , 1913-14; La riforma
dell'educazione , 1920; Educazione e scuola laica , 1921;
Preliminari allo studio del fanciullo , 1924) e poco più tardi quelli
estetici in Filosofia dell'arte (].931). E soprattutto tra il 1911 e il
1922, che la riflessione gentiliana si articola intorno a temi prevalentemente
teoretico-sistematici. Nel 1911 esce L'atto del pensare come atto puro ,
nel 1913 La riforma della dialettica hegeliana , nel 1916 Teoria
generale dello Spirito come atto puro e, infine, dal '17 al '22, il
Sommario di logica come teoria del conoscere . Nel dopoguerra Gentile
affronta i problemi politici in Guerra e fede (1919) e si avvicina sempre
più al fascismo, fino a divenirne uno dei principali esponenti in campo
intellettuale. Dopo la marcia su Roma viene nominato ministro della Pubblica
Istruzione ed elabora, nel '23, un'importante e discussa riforma della scuola.
Negli anni successivi si occupa quasi esclusivamente di organizzazione della
cultura, è direttore dell'Enciclopedia Italiana e presidente della Accademia
d'Italia. Dopo la crisi del 25 luglio 1943 si apre ad un ripensamento in chiave
sociale della sua filosofia che prende forma nell'opera Genesi e struttura
della società (1946). Nel 1944 muore a Firenze, ucciso barbaramente dai
partigiani antifascisti.
LA RIFORMA DELLA DIALETTICA
HEGELIANA
Determinante, nella formazione filosofica di Gentile, fu
l'insegnamento di Donato Jaja (1839-1914), seguace dell'hegelismo e, sulle orme
di Spaventa, impegnato a fondare nel soggetto l'identità di pensiero ed essere.
Attraverso quell'insegnamento Gentile maturò la sua prima adesione
all'idealismo. Nella già ricordata prolusione-manifesto del 1903, intitolata
proprio La rinascita dell'idealismo , Gentile rivendicava contro ogni
dualismo e naturalismo da un lato la fondamentale unità di natura e spirito
nella coscienza, dall'altro il primato ontologico e gnoseologico di
quest'ultima. La coscienza, affermava Gentile, è " sintesi di soggetto e
oggetto ": ma una sintesi nella quale è il primo termine-concetto che 'pone'
il secondo. Correlativamente, anche "atto", e "fatto" sono strettamente uniti e
in qualche modo complementari: ma solo nel senso che, se indubbiamente il fatto
c'è ed è necessario, esso si dà solo nell'unità dell' "atto" - che è sempre atto
della coscienza. Nella prolusione del 1903 sono già contenute in nuce
alcune delle tesi chiave dell'attualismo gentiliano. Ma la definitiva
maturazione speculativa di Gentile passa (come quella di Croce) attraverso un
serrato confronto con l'hegelismo. Di Hegel il giovane filosofo siciliano
apprezza (a differenza di Croce) non tanto la prospettiva storicistica (cioè il
suo voler cogliere lo Spirito nel divenire stesso della realtà storica) quanto
l'impianto più direttamente coscienzialistico-idealistico. Per Gentile il
massimo merito di Hegel è di aver posto una Coscienza (un Logos, un Pensiero) a
fondamento e inizio di tutto il reale, contribuendo con ciò a edificare
l'idealismo moderno nella sua fase più evoluta. Hegel ha anche elaborato una
raffinata logica dialettica. Ma è proprio a proposito di questa dialettica che
Gentile (come anche Croce, seppure per ragioni e in prospettive diverse) sente
di dover muovere critiche radicali al maestro tedesco. In effetti il filosofo
tedesco ha confuso due dialettiche, che invece per Gentile devono restare
nettamente separate. Queste dialettiche non sono (come per Croce) la "dialettica
degli opposti" e la "dialettica dei distinti": sono quelle che Gentile chiama la
" dialettica del pensare "e la " dialettica del pensato ". Se
Hegel ha genialmente colto e individuato la , "dialettica del pensare" (ossia la
dialettica della Coscienza o del Pensiero attivo e vivente), egli vi ha poi
lasciato forti residui della "dialettica del pensato" (ossia la dialettica del
pensiero determinato e delle scienze) - anzi, come si è detto, ha mescolato
l'una con l'altra. E questo, per Gentile, è un errore: " La dialettica del
pensato è, si può dire, la dialettica della morte; la dialettica del pensare,
invece, la dialettica della vita. Infatti il presupposto fondamentale della
prima è la realtà o verità tutta quanta ab aeterno determinata in guisa che non
sia più concepibile una determinazione nuova, come determinazione attuale della
realtà [...]. La dialettica, invece, del pensare non conosce un mondo che già
sia, che sarebbe un pensato; non suppone una realtà al di là della conoscenza e
di cui toccherebbe a questa d'impossessarsi, perché sa, come ha dimostrato Kant,
che tutto ciò che si può pensare della realtà (il pensabile, i concetti
dell'esperienza) presuppone l'atto stesso del pensare. E' in questo atto vede
perciò la radice di tutto ". (La riforma della dialettica hegeliana, I)
Nella misura in cui Hegel ha confuso queste due dialettiche, la 'sua' dialettica
va "riformata". Va riformata soprattutto eliminando dalla "dialettica del
pensare" ogni componente oggettivistica, statica, inerte (come ad esempio la
struttura categoriale fissata in modo universale e rigido-astratto), e
conferendo invece un'assoluta libertà al vivente "dialettismo" del concreto atto
del pensiero: quel dialettismo che è la ricca, vera e inesauribile "
inquietezza del pensare ".
I PRINCIPI FILOSOFICI
DELL'ATTUALISMO
L'attualismo gentiliano si costruisce intorno ad alcuni precisi
nuclei teorici: 1. L'interpretazione di Hegel e la riforma della dialettica
hegeliana; 2. La teoria dell'atto puro 3. Il rapporto tra logica del pensare e
logica del pensato. Nella costruzione del suo sistema Hegel ha perduto, secondo
Gentile, l'unità di soggetto e oggetto raggiunta nella Fenomenologia .
L'Idea hegeliana infatti, si articola nei momenti della logica e della filosofia
della natura concepiti come anteriori alla filosofia dello spirito, il che
ripropone un sostanziale e inammissibile dualismo. Inoltre Hegel separa l'
"intelletto che concepisce le cose, dalla ragione che concepisce lo
spirito ". Da questo dualismo viene caratterizzata anche la concezione della
dialettica, irrigidita in concetti "astratti" e "immobili" che non rendono
ragione della dinamicità del reale. La dialettica va invece riformata attraverso
la lezione di Spaventa, che ha saputo cogliere l'unità viva e concreta delle
categorie nell'atto del pensiero. Attraverso Spaventa Gentile risale a Fichte e
afferma, in parte sulle orme del filosofo tedesco, la priorità dello spirito
inteso come pensiero in atto e come unità di coscienza e autocoscienza. " La
dialettica del pensare non conosce un mondo che già sia, che sarebbe un pensato;
non suppone una realtà, al di là della conoscenza, e di cui toccherebbe a questa
impossessarsi; perché sa, come ha dimostrato Kant, che tutto ciò che si può
pensare della realtà (il pensabile, i concetti, l'esperienza) presuppone l'atto
stesso del pensare. E in questo atto vede perciò la radice di tutto. " (La
riforma della dialettica hegeliana, I) L'atto del pensiero pensante, o Atto
puro, è dunque per Gentile il principio e la forma della realtà in divenire.
Esso è " autoctisi " (ossia creazione di sé) e sintesi
a priori: crea se stesso, ma attraverso un oggetto che è (fichtianamente)
condizione necessaria della sua attività e non può essere separato da essa. Ove
lo fosse, infatti, l'oggetto decadrebbe a "natura", a "pensato", a "passato",
assumendo un aspetto dogmaticamente oggettivo e inerte. La dialettica dell'atto
puro è, per Gentile, triadica e si articola nei due momenti della tesi e
dell'antitesi, ambedue unilaterali e astratti, e nel terzo momento della
sintesi. Il momento astratto della soggettività (tesi) è rappresentato
dall'arte, quello dell'oggettività (antitesi) dalla religione, mentre la sintesi
è propria della filosofia. Il compito della filosofia è, da un lato, quello di
rendere autocosciente questa dialettica dell'atto e, dall'altro, di opporsi ad
ogni interpretazione dell'attività dello spirito suscettibile di reintrodurre
rigidi dualismi e dogmatismi. In particolare Gentile sottolinea la netta
distinzione della filosofia dalla scienza, in quanto quest'ultima è dogmatistica
( " presuppone il suo oggetto "), naturalistica e priva di storia ("
non può avere svolgimento, perché presuppone una verità perfetta "). La
filosofia, invece, coincide con la storia della filosofia poiché ogni posizione
filosofica realizza, nella sua forma specifica, l'autocoscienza dello spirito in
un dato momento storico. " La nostra dottrina dunque è la teoria dello
spirito come atto che pone il suo oggetto in una molteplicità di oggetti, e
insieme risolve la loro molteplicità e oggettività nell'unità dello stesso
soggetto. Teoria che sottrae lo spirito a ogni limite di spazio e di tempo e da
ogni condizione esteriore; rende pure impensabile ogni sua reale moltiplicazione
interna, per cui un momento suo possa dirsi condizionato da momenti anteriori; e
fa quindi della storia, non il presupposto, ma la realtà e concretezza
dell'attualità spirituale, fondando così la sua assoluta libertà. " (Teoria
generale dello spirito come atto puro, XVI) Un altro aspetto centrale
dell'attualismo gentiliano è la dottrina del rapporto tra io empirico e io
trascendentale. L' io trascendentale è " quello che
si coglie nella realtà del nostro pensiero quando il pensiero si consideri non
come atto compiuto, ma, per così dire, quasi atto in atto ": un Io rispetto
al quale la nostra individualità, con le sue caratteristiche psicofisiche, si
configura come un oggetto finito e condizionato. In tal modo, l'autonomia e il
valore del soggetto umano concreto risultano nell'attualismo largamente ridotti,
e per lo stesso soggetto si delinea un preciso compito "educativo": quello della
propria autoelevazione all'universalità e all'autocoscienza dell'Io
trascendentale. Infine, dal punto di vista gnoseologico, l'atto puro si fonda
sull'opposizione Tra "logica del pensiero pensante" e "logica del pensiero
pensato", o tra "logo concreto" e "logo astratto. La prima è una logica
filosofica, dialettica e attivistica; la seconda e una logica astratta, formale
ed erronea. A questa seconda forma del pensiero appartengono le logiche formali,
antiche e moderne, che rendono invariabili e definitive le forme del pensiero,
fissandole come "cose" o "fatti". Anche l'errore è legato alla "logica
dell'astratto", in quanto scambia il pensiero coi pensati, l'atto con le sue
determinazioni, operando un'indebita astrazione dell'oggetto dal pensiero che lo
pensa.
ESTETICA E RELIGIONE
Accanto all'aspetto teoretico-sistematico, l'attualismo
gentiliano svolge anche alcune analisi concrete di momenti fondamentali
dell'esperienza e della cultura. Ciò accade, in particolare, in relazione alla
dimensione dell'arte e della religione, della pedagogia e della politica, che
vengono indagate nelle loro strutture teoretiche fondamentali. In verità questo
aspetto analitico dell'attualismo resta spesso sopraffatto dall'altro, più
teoreticistico e astratto, e le indagini gentiliane si risolvono, a volte, in un
gioco di puri concetti filosofici. Nell'opera dedicata all'arte Gentile si
sofferma essenzialmente su due temi: la soggettività dell'arte e il suo rapporto
con l'intera vita dello spirito (religione e filosofia). Sotto il primo aspetto,
l'arte si manifesta come il momento soggettivo dell'io in quanto è legata al
sentimento e alla sua immediatezza, ed esprime soprattutto l'individualità
dell'artista. Sotto il secondo aspetto, essa è però anche un atto sintetico, che
comprende tutti i momenti della vita dello spirito. L'arte, cioè, è sì
immediatezza del sentimento: ma solo in quanto questo assume consapevolezza di
sé e sa esprimere la complessità del mondo spirituale. L'arte acquista quindi
anche alcuni caratteri propri del discorso razionale. L'estetica gentiliana si
differenzia rispetto all'estetica di Croce su altri punti non meno rilevanti: il
rapporto tra forma e contenuto viene considerato come inscindibile e non
risolvibile in un privilegiamento della forma; il fondamento dell'arte è il
sentimento e non l'intuizione-espressione; lo scopo dell'estetica è non già
quello di ricavare una metodologia sulla base della quale formulare i giudizi
sull'arte e la non-arte (poesia e non-poesia), bensì l'altro di definire il
ruolo che l'esperienza artistica occupa nella dialettica del- lo spirito. Nelle
opere dedicate all' esperienza religiosa - Il
modernismo e i rapporti tra religione e filosofia (1909), Discorsi di
religione (1920), la conferenza La mia religione (1943) - Gentile
sviluppa una concezione della religione come momento dell'assoluta oggettività
dello spirito, dell'unità oggettiva del reale; ma è un momento che si rivela "
unilaterale, astratto e falso ", alla luce della filosofia. Quest'ultima,
infatti, dissolve i postulati dogmatici della religione e risolve lo stesso Dio
nell'attività dell'io trascendentale. La religione viene così, ad un tempo,
esaltata come la forma più alta della presa di coscienza del reale (prima
dell'autocoscienza filosofica) e superata in quanto concepita come inferiore
alla filosofia.
PEDAGOGIA E SCUOLA
Nell'importante saggio Il concetto scientifico di
pedagogia (1900), Gentile avvia una rifondazione in senso idealistico della
pedagogia, negandone i nessi con la psicologia e con l'etica. Affermato che
l'oggetto specifico della pedagogia è l'educazione, egli sottolinea che questo
processo, in quanto rivolto a "fare lo spirito", si risolve nel "farsi dello
spirito", nella dialettica della vita spirituale - cioè nella filosofia. La
pedagogia si identifica così con la filosofia, come l'educazione si esprime
primariamente sotto forma di autoeducazione. Questi principi generali vengono
poi svolti nelle loro implicazioni concrete. Di particolare rilievo sono le tesi
sul rapporto tra maestro e scolaro. Esso è caratterizzato da un dualismo che
deve risolversi in unità attraverso la comune partecipazione alla vita dello
spirito che, tramite la cultura, muove dall'educatore verso l'educando e lo
riassorbe nell'universalità dell'atto spirituale. Nella vita della scuola il
maestro occupa quindi il posto centrale e in lui si esprime il modello formativo
spirituale e culturale che deve guidare l'alunno. Per quanto riguarda i suoi
contenuti culturali, la scuola che emerge dalla dottrina pedagogica gentiliana è
tanto legata alla tradizione umanistico- letteraria quanto sorda nei confronti
del sapere scientifico. Relativamente alla sua organizzazione, essa è
caratterizzata da un ordinamento gerarchico e centralistico. Si tratta anche di
una scuola aristocratica, pensata per gli "studi di pochi, dei migliori", e
rigidamente suddivisa a livello secondario in un ramo classico-umanistico per le
classi dirigenti e in uno professionale per il popolo. Nella scuola, infine,
viene introdotto l'insegnamento religioso a livello primario perché Gentile
considera necessario che gli uomini, i cittadini abbiano una concezione
religiosa della vita. Onde conseguire questo risultato " è necessario
insegnare la religione ai bambini. E dato che siamo in Italia, dove la religione
cattolica è dominante, i bambini devono essere istruiti in essa ".
LO STATO ETICO E
TOTALITARIO
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