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venerdì 9 aprile 2010

Breve rassegna storica della parola “cortesia” negli studi di linguistica.

La parola “cortese” e “cortesia” vengono adoperati partendo dalla loro origine a proposito della pulizia, raffinatezza, controllato e civilizzato nelle proprie attività linguistiche. La parola “cortesia” si riferisce alla parola latina “polire” che significa pulizia. La parola “cortesia” prende le sue origini direttamente dalla parola latina alludendo in questo modo al comportamento “pulito” e “controllato” da adoperare alla corte.
Le descrizioni del comportamento cortese si riferiscono generalmente all’utilizzo corretto della lingua, della deferenza e della considerazione per gli altri. Ad esempio, nel dizionario telematico Webster, la definizione di cortesia si caratterizza per “un corretto uso delle norme sociali”, oppure si evidenziano per un’”apparenza di considerazione, tatto e deferenza”. Moliner (1979) ha definito la cortesia come quell’insieme di regole da mantenere nel sociale dalle persone per dimostrare considerazione e rispetto reciproco.
In questo lavoro si intende superare questa visione storica della cortesia per occuparci della cortesia da due punti di vista: una cortesia detta di “primo-ordine” (cortesia di 1) ossia come viene percepita la cortesia dai membri di gruppi culturali differenti, la cortesia di secondo-ordine (cortesia 2) ossia la cortesia come costrutto scientifico per concettualizzare teoricamente la cortesia 1(Eelen 2001; Watts 2003, 2005; Watts, Ide, & Ehlich 1992).
La cortesia di “primo ordine”
La cortesia detta di “primo-ordine” si riferisce alla nozione di cortesia nel senso comune, vale a dire come la cortesia si manifesta nelle interazioni comunicative: la cortesia come pratica quotidiana dell’interazione interpersonale. La cortesia 1 comprende tre tipologie di cortesia:
La cortesia espressiva si riferisce alla cortesia codificata nel linguaggio riflettendo in questo modo le intenzioni cortese del parlante e può essere compiuta tramite un insieme di allocutivi, onorifici e espressioni convenzionali di tipo formulaiche (grazie, chiedo scusa) e altri accorgimenti linguistici, come quelli utilizzati per mitigare la forza illocutoria delle nostre richieste oppure per ridurre la forza di una risposta negativa, l’uso della parola “per favore”, l’uso del condizionale per esprimere un comportamento cortese all’interno di un appropriato contesto situazionale.
La cortesia classificatrice si riferisce alla cortesia come strumento di categorizzazione: comprende i giudizi dell’ascoltatore a proposito del comportamento cortese o non cortese delle altre persone.
La cortesia metapragmatica si riferisce a come le persone parlano a proposito della cortesia come concetto nell’interazione quotidiana, e come le persone percepiscono la cortesia all’interno delle varie interazioni.
In generale, la cortesia di primo ordine detiene un carattere di tipo valutativo, ricorrente all’uso delle norme sociali, e ricoprendo vari aspetti della nozione di cortesia e come la cortesia è codificata intenzionalmente nel linguaggio da parte dei parlanti all’interno delle varie attività comunicative, cosi come la cortesia è percepita e valutata da parte degli altri partecipanti all’interazione. Quando la cortesia rappresenta un aspetto dell’interazione sociale allora si può parlare di cortesia di “primo-ordine”, e questi studi di natura empirici sono stati condotti nell’ambito della pragmatica cross-culturale ((Eelen 2001; Ide 1993).
La cortesia di secondo ordine.
La cortesia di secondo ordine si riferisce alla concettualizzazione scientifica della cortesia di primo ordine e rappresenta una teoria dei principi universali che governano l’interazione umana. La costruzione di una teoria della cortesia di secondo ordine potrebbe aiutarci a darci una visione di come la cortesia funziona all’interno dell’interazione sociale, quale ruolo gioca nella società, come il comportamento cortese si distingue da quello non cortese e quali sono le caratteristiche del comportamento cortese e non cortese. Inoltre, potrebbe aiutare a stabilire l’esistenza di universali linguistici nella cortesia linguistica ed offrire la possibilità di capire al meglio quello che la cortesia è oppure non è all’interno delle varie pratiche comunicative della vita quotidiana. Dopotutto, la cortesia di secondo ordine è stata presentata in diversi modelli teorici che maggiormente esaminano la cortesia come costrutto teorico, come all’interno del modello universale proposto da Brown & Levinson (1987).
Per una visione più ampia della storia, della percezione, della variazione e della sociopragmatica e della concettualizzazione scientifica della cortesia vedi Bravo & Briz (2004), Eelin (2001), Lakoff & Ide (2005), Márquez Reiter & Placencia (2005), Mills (2003), Watts (2003), & Watts, Ide, and Ehlich (2005).
Ecco alcune delle definizioni più citate della cortesia provenienti dalla letteratura scientifica citata sopra: Lakoff (1990): la cortesia è un sistema di relazione interpersonali designate per facilitare l’interazione minimizzando il potenziale di conflitto e di confronto insito in ogni scambio umano (1990: 34).
Leech (1983): il modello di Leech è basato sulla retorica interpersonale e vede la cortesia come l’evitamento del conflitto. Leech introduce i principi di cortesia. La funzione dei principi della cortesia è quello di mantenere l’equilibrio sociale e le relazioni di tipo amichevoli le quali permettono di percepire il nostro interlocutore come cooperativo con noi. (p.82).

Brown and Levinson (1978, 1987): Brown and Levinson inizialmente propongono un modello linguistico universale della cortesia e affermano che la cortesia è realizzata linguisticamente attraverso varie strategie di tipo positive o negative attraverso le varie culture. In sintonia con Brown e Levinson, la faccia è investita come qualcosa che puo’ essere persa e deve pertanto essere difesa costantemente nell’interazione.
Fraser e Nolen (1978), Fraser (1990): Fraser (1978) e Fraser e Nolen (1981) presentano una prospettiva diversa elaborata da Fraser (1990) presentando la nozione di cortesia come un contratto conversazionale. Fraser afferma: entrando all’interno di una data conversazione, i partecipanti portano con loro un iniziale set di diritti e di doveri che determinano, sin dai primi momenti della conversazione quello che i partecipanti si possono aspettare dagli altri. Con il tempo oppure per un cambiamento del contesto, esistono sempre delle possibilità di rinegoziare il contratto conversazionale: le due parti in causa possono riaggiustare quali diritti e doveri possono aspettarsi gli uni dagli altri (1990: 232).
Spencer-Oatey (2000): Spencer-Oatey offre una cornice di gestione del rapporto fornendo un’alternativa per analizzare il comportamento socioculturale nelle interazioni sociali. Questa cornice esclude la nozione originale di faccia negativa concepita da Brown e Levinson, nella quale la persona è intesa come un individuo indipendente all’interno della società; al contrario, l’identità di gruppo cattura la nozione di individuo che desidera essere percepito come membro di un gruppo. La nozione di diritti di associazione si riferisce all’interazione sociale come comportamento appropriato e la gestione del rapporto come qualcosa di co-costruito dal parlante e dall’ascoltatore in consonanza con le aspettative socioculturali di una data cultura e degli assunti presenti nel subcosciente dell’interlocutore.
Scollon and Scollon (2001): Scollon e Scollon (2001) propongono un modello di interazione sociale per analizzare la negoziazione della gestione della faccia all’interno della comunicazione interculturale. Gli autori propongono il termine “coinvolgimento” come modo di ricordarci che l’enfasi è presente nel retroterra, illuminando “i diritti e i bisogni delle persone di essere considerati normali, partecipi o e membri sostenitori della società” (2001: 46). Il coinvolgimento si realizza tramite delle strategie discorsive per ottenere l’attenzione degli altri, dimostrando l’appartenenza dell’altro al proprio gruppo, chiamando l’altro con il proprio nome oppure mostrando che l’altro ascoltatore è intimamente legato con il parlante. D’altro canto, gli autori Scollon e Scollon (2001) utilizzano il termine “indipendenza” per enfatizzare l’individualità dei partecipanti. L’indipendenza è evidenziata con delle strategie discorsive che tendono a minizzare gli assunti, utilizzando forme formali di individuazione della persona con titoli, oppure offrendo delle alternative all’interlocutore.
Il comportamento politico di Watts e il lavoro relazionale (2003,2005): il comportamento politico si riferisce a quel comportamento linguistico o non linguistico con il quale i partecipanti costruiscono in modo appropriato la loro interazione sociale. La costruzione puo’ avvenire anche prima dell’interazione, ma è sempre negoziabile durante l’interazione anche a discapito delle aspettative che possono avere i partecipanti all’interno dell’interazione ere delle priorità (2003, p. 20). In consonanza con Locher e Watts (2005), Watts (2005) propone un’ampia visione del lavoro di faccia che si svolge dietro il comportamento cortese o appropriato definendo tale comportamento nell’interazione sociale il lavoro relazionale. Il lavoro relazionale si riferisce all’interazione durante la negoziazione del lavoro di faccia e comprende vari aspetti dell’interazione sociale come essere indiretti, non cortesi oppure avere un comportamento inappropriato (Locher e Watts 2005; Watts 2003, 2005).

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