La teoria della prostituzionalizzazione della società
Questa teoria della Prostituzionalizzazione (d’ora in avanti “teoria della P”) è la diretta conseguenza dell’ideologia sociale presente nel mondo contemporaneo. La “teoria della P” serve nel consolidamento del modello economico liberista e precarizzante insito nella società di oggigiorno.
La mia premessa intende sostenere che il comportamento sociale delle persone inserite in date strutture professionali ed economiche devono impiegare ogni energia della propria vita per il successo economico della propria azienda che diventa in seguito quello della propria persona. Tale modello professionale spinge, coscientemente o incoscientemente, a non avere/ricercare la disponibilità di tempo e di risorse mentali per vivere o investire all’interno di una relazione affettiva ed amorosa con una persona “cara” ed “altra” dal proprio sé.
Da questa scelta professionale, dettata dalla combinazione di un modello egemonico dell’economia liberista e dal culto dell’immagine, questa persona si ritrova a non avere tempo ed energia da dedicare per avere un rapporto ricco e fecondo con un’altra persona. Da qui il passaggio alla “coseficazione” della persona e del suo “corpo” come unico residuo utile per soddisfare i miei istinti sessuali, percepiti come ultimo baluardo della mia pulsione alla ricerca del piacere attraverso un’altra persona e non soltanto nell’autarchia del mio egocentrismo . Dato il contesto culturale, vediamo che queste persone ai vertici dell’economia e della politica, si trovano come obbligati a “comprare” la prestazione sessuale per assecondare il loro appetito sessuale ed egocentrico. Tale situazione è resa facilmente gestibile in termini economici e psicologici per via della notevole disponibilità economica, la quale sancisce in termini di “marchio forte” anche il valore simbolico e monetizzato della propria “conquista amorosa” tramite un lauto compenso.
Tale modello sociale, veicolato dalla combinazione diabolica tra l’economia e i media (che sono sinonimi necessari per la riproduzione dell’”homo consumatore” vitale per la prosperità di questa società),ha creato negli ultimi anni una vera e propria tempesta di immagini con la finalità di inondare la sempre più indifesa “società civile”, sempre più esposta a questi corpi maschili e femminili perfettamente ritoccati (con il Photoshop) ma difficilmente raggiungibili ed incontrati nella propria vita sociale.
La società civile è diventata consumatrice di corpi da vetrina in allestimento, apparentemente, disponibili intorno a sé ma che nella realtà ti spingono ad allontanarti nella vita quotidiana quando ti trovi troppo vicino ad un corpo fatto in carne ed ossa.
Questa situazione di bombardamento mediatico e di slogan iconografico spinge le persone ad una perenne insoddisfazione nella ricerca attiva o passiva di un “partner” per dare senso al proprio vissuto, in quanto ogni “incontro” non è mai all’altezza delle tue “malriposte” aspettative o delle tue “buone” intenzioni.
Questa situazione emozionale crea nella società un sentimento di frustrazione molto forte e allo stesso tempo, crea in molti cittadini la figura del perfetto consumatore pronto ad appagare tutte le sue frustrazione all’interno di un supermercato per sentirsi di “esistere” e di “combattere”, in maniera del tutto superficiale questo sentimento di insoddisfazione. L’uscita da questa situazione è tremendamente difficile anche per le persone coscienti di questi meccanismi socio-psicologici.
Il primo ostacolo da mettere in conto è la storico-culturale necessità della “bellezza” all’interno della coppia che viene dalla storia antica, dove il bello era sinonimo di buono ( forse anche per questo si dice che “la sposa deve essere bella, non ho mai sentito questo per lo sposo) mentre oggi è essenziale per fare nascere quell’alchimia fisica tra le persone. Ad un secondo piano ci troviamo sullo sfondo la questione della famosa “ intesa mentale” come condimento essenziale (una volta superata lo scoglio della bellezza) per poter dare un seguito alla ricerca di una “persona partner” che possa fare nascere un rapporto duraturo e solido.
Tuttavia, prima di proseguire questa disamina dell’interazione tra mondo esterno e ricerca della “persona partner” da amare, occorre sapere quale sia il proprio modello di “intesa mentale” che stiamo cercando attraverso un’altra persona. In altre parole, dobbiamo sapere cosa cerchiamo : l’amore passionale o la tenerezza affettiva, l’intelligenza emotiva o l’intellettualità, un’infermiere/a dell’anima o un programmatore della propria vita.
Da questo piccolo elenco vediamo come la semplice individuazione del proprio modello di partner rende complessa questa ricerca e pertanto molto più facile la scorciatoia della “teoria della P”.
A tutta questa descrizione cacofonica amorosa (possiamo usare finalmente questo termine) va tenuto in mente il periodo odierno di transizione della questione mai risolta del genere, inteso come ruolo o maschera sociale da adoperare per realizzare le proprie azioni sociali. In altri termini, è necessario potere parlare di una riformulazione dei rapporti tra uomini e donne, visti come persone socializzate all’interno di un genere di appartenenza reso sempre più fluido ed aperto negli ultimi decenni. Tuttavia, secondo il mio parere, questo modello è ancora prigioniero di schemi tradizionali o da modelli famigliari tradizionali abbastanza positivi dalla prospettiva dei figli oppure di modelli famigliari completamenti fallimentari sempre dal punto di vista dei figli.
Quando parlo di modelli famigliari tradizionali sottintendo la coppia marito/moglie retta da una cultura della coppia o dalla cultura della reciproca o maggiore femminile “sopportazione” davanti alle difficoltà del vivere insieme. Per modello fallimentare intendo dire il modello di marito/moglie che mettono in scena quotidianamente il loro odio reciproco davanti ai figli-telespettatori di questo triste spettacolo.
Da tutta questa storia antecedente dei rapporti affettivi e amorosi traggono spunto le nostre aspettative sempre più variegate e contraddittorie nella loro concreta applicazione con la “persona partner” da individuare.
A prima vista, sembra che l’uomo sia eternamente interessato e colpito dal corpo e dalla bellezza della donna, mentre, spesso nel suo intimo vorrebbe trovare una donna naturale con la quale instaurare un facile e buon rapporto comunicativo dove il “parlarsi” risulta essere facile e naturale.
In breve, l’uomo è prigioniero del “tutto corpo e bellezza” mentre le sue richieste profonde sono di tipo comunicative e di comprensione della propria persona con lo scopo di condividere con qualcuno il suo modo di vedere e sentire il mondo e la vita.
Parlando delle donne, mi paiono essere diventate molto indipendente e libere nella loro ricerca di vita affettiva. La parola indipendente in questo contesto significa essere capace di prendere delle decisioni autonome in funzione dei propri interessi senza farsi influenzare da scelte fatte da terzi. Mentre la parola “libere” significa prendere le distanze da ogni costrizione dovuta alla pressione sociale di un dato contesto, emancipando il proprio destino da quello degli altri membri simili di una eventuale comunità di appartenenza.
Questa posizione delle donne, secondo il mio avviso, sembra mascherare un’insoddisfazione dovuta da una supplenza da parte delle donne, le quali rivestono un di più di ruolo nei confronti dell’uomo per colmare in un certo modo la mancanza di decisionismo da parte dell’uomo. Data questa situazione, la donna colma questa situazione con un aumento delle proprie richieste con l’intenzione velata e neppure tanto di nascondere il perché si trova “privata” di un uomo.
In questa analisi dei generi sembra che le donne siano incapace di “interpretare” il comportamento linguistico di un uomo, rimanendo di fatto vittima di una doppia categorizzazione degli uomini, ossia quelli che “ci provano” e/o “ è proprio scemo” oppure entrambe le categorie come ventaglio di possibilità offerto per una donna di interpretare il comportamento linguistico di un uomo.
Questo scenario è percepito come molto frustrante da parte degli uomini che hanno l’intenzione di aver un comportamento linguistico di tipo liberale e senza retro pensiero nell’iniziare una conversazione con una persona che non si conosce in precedenza. Questa situazione di stallo mette in crisi molti uomini che cominciano ad essere stanchi da questa interpretazione semplicistica del proprio comportamento verso la donna, con delle forme di ripiegamento che possono andare dalla ricerca di partner di culture diverse alla famigerata “teoria della P” citata come titolo.
Da alcune osservazioni realizzate in luoghi pubblici come negozi, centri commerciali o supermercati, mi è parso di intuire che le donne vorrebbero degli uomini capaci di raccogliere i segnali emessi dalla donna tramite l’ausilio dello sguardo oppure durante una conversazione quando vengono lanciate alcune frasi piene di senso secondo la prospettiva femminile. Purtroppo, accade spesso che l’uomo è troppo concentrato sul contenuto del messaggio e pertanto non riesce a cogliere i tanti segnali emessi in modo non verbale dalla donna in questione. In altre situazioni, vediamo che l’uomo ha intravisto questi segnali ma comincia a porsi delle domande sul “senso” reale di questi segnali. In altre parole, può pensare che stia parlando con una persona molto socievole, simpatica ed aperta e che tali segnali non vanno interpretati come necessariamente una forma di interessamento da parte della donna in questione. In seguito esiste la situazione di chi intende bene i segnali della donna ma si sente impreparato a gestire questo genere di situazione con una persona che potrebbe interessarla oppure non. Non va dimenticato il vecchio fantasma sempre pronto a riapparire che vede come l’intraprendenza femminile di male occhio quando viene indirizzata alla sua persona.
Questi scenari, analizzati in modo succinto, sono alcuni dei motivi del “perché” non stia funzionando la relazione e l’intercomprensione tra gli uomini e donne.
Un punto di speranza è da ravvisare nelle risorse affettive e comunicative investite da entrambe le parti, purtroppo ancora in modo separato, per giungere ad una maggiore comprensione reciproca e capacità di “inferire” il senso effettivo delle parole provenienti da una donna o da un uomo di nostro interesse.
La mia soluzione è di tipo pragmatico-pedagogico, ossia una capacità di agire con le parole per ottenere un qualche risultato o effetto sul proprio interlocutore, tenendo come punto fermo la capacità di esplicitare il proprio sistema valoriale, emotivo, affettivo e comunicativo offrendo alla persona interessata il “senso” inteso come la chiave di lettura del proprio messaggio comunicativo. Questo esercizio va esercitato, anche a fatica, con la persona di nostro interesse e provare a ridurre l’uso del telefonino, degli amici vari e di facebook per ottenere queste preziose “inferenze”. E dal virtuale all’inferenza che dobbiamo passare.
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