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giovedì 8 aprile 2010

history of italian and french "politeness"

Storia della cortesia in Italia vis à vis della cortesia odierna francese.
L’articolo che presento verte sulla storia della cortesia linguistica nel contesto linguistico italofono ponendolo in confronto con la situazione contemporanea francese. Sin dal periodo medievale alla nascita della civiltà comunale, la cortesia ha giocato un ruolo primordiale nella vita culturale italiana. La cortesia linguistica è stata intesa come fulcro centrale delle buone maniere e del “come” comportarsi in termini linguistici nella vita sociale. In questo contesto si diffonde in tutta Europa questo senso comune di “cortesia e di pulitezza”, il quale oltre a rappresentare le buone maniere, riflette soprattutto la costituzione di una gerarchia sociale, fatta da status sociale e dai desideri individuali dei membri di una comunità.
Tali aspetti sono stati precedentemente trascurati dalla linguistica e soltanto da alcuni decenni si è costituita una 'teoria della cortesia' che vede l'interazione verbale come un'attività sociale svolta dalle persone in determinati contesti.
Questa 'teoria della cortesia' si rifà ai lavori di Brown e Levinson (1987) e di Leech (1983) dove viene realizzata una cornice di riferimento per analizzare il continuo “lavoro di faccia” con le conseguenti strategie adoperate (Goffman, 1969). Nell'ambito della ricerca sulla cortesia in Italia rimangono ancora pochi i contributi scientifici che possiamo citare sull'argomento ( Benincà 1977, Mullini 1982, Stati 1983, Pierini 1983, Elwert 1984).
Secondo la tesi di Held (1995), tale lacuna è forse da ricercare nella vecchia questione della lingua, la quale impedirebbe i linguisti italiani di trattare temi di interessi universali o di ordine antropologico. Anche se il contesto linguistico italiano resta marcato storicamente da una discrepanza tra oralità e scrittura e da una forte differenziazione geopolitica della realtà linguistica, questo non spiega la scarsità di interesse verso la cortesia linguistica italiana.
Pur nutrendo perplessità nei confronti dell'impianto metodologico di Held dove viene analizzata la cortesia italiana utilizzando il testo letterario di Castiglione sul perfetto cortegiano. Secondo Held gli elementi chiave si trovano sul continuum tra la grazia e la sprezzatura, intese come caratteristiche tipiche del modo di comportarsi degli italiani.
Queste caratteristiche, usando il ragionamento di Held (1995) ci riportano direttamente al famoso culto della “facciata” o della “bella figura” accompagnato dal suo senso di teatralità, composto da un forte bisogno di rappresentazione della persona e di confidenzialità. Tali caratteristiche sono presenti nel concetto di intimità e di espressività sviluppatosi in vari paesi del mediterraneo.
Per fare un'analisi attenta della cortesia in Italia occorre sempre mantenere vivo la tensione tra l'universalità antropologica e la specificità culturale, il lato storico e la dimensione comparativa.
Inoltre è molto utile per l'analisi della cortesia cogliere le implicazioni culturali presenti durante l'interazione verbale. Le parole centrali della cortesia italiana, secondo Held sono: grazia, sprezzatura, disinvoltura, affettazione, sociabilità e prudenza. Da queste parole chiavi emerge un elemento significativo della cultura italiana, vale a dire la diffusione dell'idea che lo stile interazionale italiano sia uno stile di tipo aperto, centrato sulla persona, divertente ed amichevole.
Proprio questa attitudine alla cortesia, fondata nel periodo rinascimentale, oggi viene ad essere tradotto nella realtà moderna nel modello odierno di tipo cooperativo e diplomatico con una forte tendenza ad evitare il conflitto.
Nel contesto italiano, a differenza di quello francese caratterizzato storicamente dal culto per la galanteria, si è diffuso il culto della cortesia come il risultato di una forte gerarchia sociale e da un rigido rispetto dei ruoli sociali, trasformando il bisogno di rappresentazione della propria persona in forme esagerate di stilizzazioni del sé.
Nell'ambito di una ricerca etnografica, lo studioso Burke (1987) a ricollegato il concetto di “fare bella figura” ad una attitudine presente nelle interazioni delle persone durante il periodo di “rifeudalizzazione”dell'Italia avvenuta nel 17 e 18 secolo. Il concetto di “bella figura” significa essere costantemente preoccupato della propria immagine e del proprio aspetto. Da qui, entra in gioco il concetto di faccia di Goffman che potrebbe essere legato a specifici elementi culturali che riflettono ancora il contesto sociale legato ai concetti di attitudine, di facciata, di teatralità e di simulazione.
Se consideriamo le interazioni di ogni giorno, composte da saluti, discorsi, auguri, richieste, consigli, rifiuti o critiche, si potrà osservare un inventario di espressioni di cortesia che riflettono le strutture sociali del potere con le varie modalità di costruzioni del modello “padrone-servo”.
Tale effetto viene ottenuto con l'uso di forme verbali e non verbali che creano un clima di uguaglianza sociale e un clima di armonia (Held 1999). Potremmo citare come esempio di formule di cortesia presenti nel recente passato della storia culturale italiana che traggono origine dal periodo goldoniano: bacio le mani; vostro (schiavo > ciao) (De Boer 1999); servo umilissimo; per obbedirla; obbligatissimo; la riverisco divotamente; sono a' vostri comandi; mi raccomando.

Da questi elementi nasce una 'grammatica sociale' rappresentata dal sistema del 'tu/lei' e dalla titolomania, vale a dire: dottore, ingegnere, ragioniere, professore, Direttore, Ministro, Eccellenza, Presidente, Cavaliere.
Da questi elementi nascono le considerazioni sulla 'cortesia sociale' (Arndt/Janney 1994), dove le espressioni linguistiche menzionate prime come forme di cortesia vivono una forte perdita di significato nel contesto contemporaneo.
Tale situazione di inflazione delle forme di cortesia è dovuta ad un abuso, ad una totale desemanticizzazione delle parole ( ciao, mi raccomando) con la conseguenza sociale naturale di dover rivisitare questo ambito di studio (Haferland/Paul 1996).
Eelen (2001) afferma che durante i secoli del 17 e del 18 secolo, in Italia si sviluppa un regime di cortesia che l'autrice definisce “first-order politeness”, nel quale ogni membro della società era obbligato ad usare un numero limitato di forme di cortesia in conformità alla sua provenienza sociale e alle sue intenzioni sociali. Da qui nasce il cosiddetto “social tact” dove gli italiani secondo Eelen sono dei perfetti artisti nel combinare garbo e virtuosità raggiungendo anche il compiacimento di se stesso. Secondo Barzini (1964) e Kainz (1965), tali elementi vengono ricondotti come elementi culturali associati alla felicità e al proverbiale senso della vita che caratterizza la civiltà italiana.
L'unicità della cortesia italiana risiederebbe in una specifica sensibilità interpersonale creata dal desiderio di rappresentazione di sé e di assertività coniugata allo stesso tempo, in linea con il principio di reciprocità, con la stima e la preoccupazione per l'altra persona.
Quindi, se è vero che la letteratura degli etno-stereotipi interpreta gli italiani come persone dotate di temperamento caldo, di spirito di curiosità, di eloquenza allora non c'è da meravigliarsi che gli italiani siano dei grossi consumatori di telefonini, email, chat, utilizzando le tecnologie della modernità per soddisfare un bisogno tradizionale di comunicazione interpersonale.

2.0 La “Cortesia” in Francia: il caso dell'uso della cortesia nel “come comprare il pane” in maniera corte secondo la visione di Catherine Kebrat-Orecchioni

Secondo Kerbrat-Orecchioni l'obiettivo di offrire una rappresentazione esaustiva della cortesia presente oggigiorno in Francia è praticamente un compito impossibile.
In primo luogo non va dimenticato che le forme di cortesia possono variare notevolmente all'interno di una stessa società. Anche prendendo una definizione molto ampia di cortesia, intesa come “ tutte le procedure o strategie che aiutano a mantenere un livello minimo di armonia all'interno di ogni scambio” ( anche se il rischio di conflitto è inerente in ogni scambio) si rivela il carattere multiforme e pervasivo della cortesia nel linguaggio.
Le “maniere” di esprimere la cortesia variano da una regione all'altra all'interno dello stesso paese e dipendono da numerosi parametri sociolinguistici come l'età del parlante e il retroterra sociale e culturale. La stessa cortesia dipende molto dal contesto della situazione e dal tipo di interazione: l'interazione può essere pubblica o privata, informale o istituzionale, faccia a faccia, a telefono, in radio o televisione, scritta o su Internet.
L'uso dei dati “naturali”, in sintonia con il pensiero di Kebrat-Orecchioni, rappresenta la modalità essenziale per avere un'idea chiara di come funziona il linguaggio. Di fatto, durante la somministrazione di test, questionari o di interviste, emerge una distanza tra quello che le persone pensano di dire e quello che realmente dicono. Questo discorso è ulteriormente vero per un paese come la Francia, dove la pressione esercitata dall' Académie française nell'usare correttamente forme standard di parlato rimane molto presente. In questo lavoro di Kebrat-Orecchioni (1999) si prenderà in considerazione il funzionamento della cortesia all'interno di un piccolo panificio situato nella periferia di Lione (Francia) rappresentativo di un certo uso 'ordinario' della lingua in Francia, a metà strada tra la familiarità delle conversazioni informali e la formalità tipica delle situazioni istituzionali. Il Quadro di riferimento teorico è rappresentato dal modello di Brown e Levinson rivisitato dalla prospettiva di lavoro di Kebrat-Orecchioni, la quale intende anche la cortesia come un elemento positivo per la faccia e non sempre una minaccia come sembra apparire nei lavori di Brown e Levinson.

2.1 La cortesia come “lavoro di faccia”

Kerbrat-Orecchoni prende in prestito l'idea centrale dalla teoria di Brown e Levinson ( teoria che si rifà ai lavori di Goffman), dove il concetto di cortesia equivale a quello di “lavoro di faccia”:
da un lato, molti atti linguistici eseguiti nella vita quotidiana sono potenzialmente “minacciosi” in relazione ad uno o più aspetti della “faccia” degli interlocutori e vengono chiamati “FTA” ( face threatening act).
Questo concetto di “FTA” ( in italiano detto “atto minaccioso per la faccia”) introduce un elevato rischio di perdere la “faccia” durante l'interazione secondo il pensiero presente nella teoria della cortesia di Brown e Levinson.
Il ”lavoro di faccia” detto anche “face-work” avrà come finalità di mitigare e rendere meno forte le eventuali minacce per la faccia dei nostri interlocutori. Questo lavoro di “faccia” viene svolto tramite l'uso di atti linguistici indiretti, mitigatori o ammorbidenti. A tutti questi elementi linguistici potremmo aggiungere altre tipologie di mitigatori: i preliminari, i disarmanti, i cespugli, i riparatori, i minimizzatori. Di questi esempi, ogni sistema linguistico predilige una certa tipologia di mitigatori come indicatore prevalente di una norma linguistica risultato di una norma sociale.

2.2 FTA (face threatening act) e FFA (face flattering act)

Il quadro teorico edificato da Brown e Levinson è criticato da Kebrat-Orecchioni come troppo pessimistico o addirittura come avente una visione “paranoica” dell'interazione umana.
Anche se numerosi comportamenti “cortesi” si ritrovano in questa teoria di Brown e Levinson, rimane il fatto che la cortesia linguistica consiste anche nella produzione di atti di “ anti-minacce” in quanto la propria faccia vuole salvare la propria faccia accrescendola tramite l'approvazione degli altri. Mentre ci sono tanti atti linguistici potenzialmente minacciosi per la faccia dell'interlocutore, queste stesse facce possono essere rafforzate con un grazie/un augurio/ un complimento (considerato, invece, secondo il modello di Brown e Levinson come una minaccia per la faccia negativa del nostro interlocutore). Gli atti linguistici sono potenzialmente minacciosi, gradevoli o un insieme di queste due cose. Da qui giungiamo a due forme di cortesia definite: la cortesia negativa che implica l'evitare o l'alleggerimento di formulazioni minacciose e dall'altro canto la cortesia positiva, la quale implica la produzione di atti di lode, possibilmente svolti in modo rafforzato.

(1)Cortesia negativa: A offende B tramite un atto minaccioso per la sua faccia, e immediatamente cerca di riportare le cose nel giusto ordine chiedendo scusa (FFA). Maggiore è il peso della minaccia subita ( la quale può essere misurata soltanto dentro un contesto nel quale l'atto ha preso luogo) maggiore sarà il lavoro di cortesia negativa ( scusarsi o chiedere riparazione).
(2)Cortesia positiva: A compie un favore a B (FFA), e sarà compito di B di riportare in equilibrio il rapporto con un appropriato FFA ( un grazie o altri segni di riconoscimento) come modalità per riequilibrare il rapporto con l'interlocutore (nella logica del “dare e avere” o in quella che vede un piacere restituito con un altro piacere).
Maggiore il peso dell'iniziale FFA, maggiore dovrà essere lo sforzo nella produzione del FFA.


L'introduzione della nozione di FFA consente maggiori chiarimenti sul concetto di cortesia “negativa” e “positiva” in modo tale da potere riesaminare in profondità la classificazione di queste strategie di cortesia. In modo particolare, la formulazione degli atti linguistici è dipendente ampiamente dallo status degli atti considerati in relazione al sistema delle facce.
Gli atti di minacci alla faccia (FTA) tendono generalmente ad essere alleggeriti con formule indirette convenzionali o meno. Per esempio, in un bar, un modo di chiedere da parte di un cameriere francese ad un cliente se vuole consumare qualcosa potrebbe essere “ Vous prenez quelque chose?” mentre un cliente non potrebbe rispondere al cameriere dopo aver consumato
“Je vous dois quelque chose?” in quanto sarebbe considerato di cattivo gusto pretendere da parte del cliente di non pagare dopo aver consumato.
Al contrario, gli FFA tendono ad essere rafforzati. Per esempio, un “grazie” in francese viene spesso rafforzato con formule di questo tipo: “merçi beaucoup/mille fois/infiniment”; ma non viene mai diminuito come ad esempio “ merçi un peu” sarebbe considerato da un punto di vista pragmatico non corretto.
In altre circostanze, l'atto linguistico contiene entrambe le forme di cortesia conferendo una formulazione sia rafforzata che alleggerita. Ad esempio: “Mais reprenez-en donc un peu” è un enunciato dove i rafforzativi “mais” e “donc” si accordano con le componenti FFA dell'atto linguistico (dimostrando interesse per l'ascoltatore), mentre “un peu” come alleggerimento coincide con un FTA ( dovuto al suo carattere impositivo nella frase).

Dai dati raccolti all'interno del panificio vengono fuori alcune conclusioni secondo Kebrat-Orecchioni:

(1)La cortesia in Francia si rivela essere molto pervasiva all'interno dei vari incontri sociali e non certamente un fenomeno periferico o marginale: più della metà della produzione linguistica dentro il corpus del panificio è il risultato di funzioni rituali piuttosto che di tipo transazionale.
(2)La strategia principale della cortesia alla “francese” è un “merçi” associato con espressioni di cortesia positiva; l'uso del condizionale (je voudrais) accompagnato da elementi di cortesia negativa; oppure l'uso di minimizzatori che ritroviamo all'interno di tutta la transazione, con parole come “petit”, “un peu”, “juste”.

I termini di allocuzione ( con l'uso dei titoli e/o onorifici) sono raramente adoperati nelle situazioni comunicative della Francia odierna. Dietro il loro uso tradizionale di identificazione e di riconoscimento, sembrano emergere soltanto quando la “tensione” viene ad aumentare tra i due parlanti, raggiungendo i toni della polemica. Tuttavia, sarebbe errato valutare sistematicamente come non cortese nel contesto francese una mancanza di termini di allocuzione oppure un mancato “grazie”, anche se vengono raccomandati dai manuali sulle buone maniere.

2.3 Alla ricerca di un ethos francese

Il tentativo di individuare il principio soggiacente di un dato profilo comunicativo rappresenta il momento teorico dove vengono fuori i rischi della generalizzazione.
È molto difficile sapere se la Francia si situa tra i paesi con un uso prevalente della cortesia negativa ( tipica delle nazioni del nord Europa) oppure tra i paesi con cortesia positiva ( tipica dei paesi del sud europeo). Sicuramente, in Francia, la cortesia negativa è ben rappresentata: ad esempio, le scuse sono sistematicamente impiegate per 'riparare' l'incursione fatta nel territorio dell'interlocutore ( il contatto fisico è 'fuori luogo', così come essere ritardatario oppure dare fastidio), le domande vengono regolarmente mitigate con formulazioni indirette, giustifiche o altre forme di distanziamento. Tuttavia, in questo ambito tutto è questione di relatività dato che le richieste fatte in francese sembreranno spesso ruvide per l'orecchio inglese e la nostra nozione di puntualità sarà differente da quella tedesca. Inoltre non va dimenticato il ruolo giocato dalla cortesia positiva nel contesto culturale francese dove con molta frequenza ritroviamo forme di complimenti, ringraziamenti e di auguri.

La situazione è più confusa quando si tratta della gestione delle relazioni interpersonali all’interno della comunità di parlanti italofoni:

(1)Il lavoro di Hofstede ha reso famoso il senso di gerarchia presente nel mondo del lavoro francese. Tuttavia, se questa situazione può dirsi vera per il mondo commerciale e per gli impiegati statali, non deve essere generalizzata a tutta la comunicazione interpersonale francese.
Ad esempio nel mondo accademico francese, l'uso di termini di allocuzione per rivolgersi ai docenti è virtualmente sparito. Sono molto rare quelle situazioni asimmetriche con l'uso dei pronomi “tu-vous” per esprimere una relazione gerarchica mentre sono maggioritarie quelle relazioni simmetriche dove i parlanti usano lo stesso pronome per esprimere distanza o famigliarità.

(2)L'utilizzo del pronome “vous” a discapito del “tu” è maggiore in Francia che negli altri paesi che circondano il paese. Allo stesso tempo, la prossemica francese tollera maggiormente la vicinanza in comparazione con i paesi del nord europeo. L'uso del contatto oculare rimane molto più frequente del contatto fisico ( tralasciando la “ bise” come primo contatto fisico).

(3)I francesi hanno la reputazione di esser predisposti maggiormente verso il conflitto piuttosto che verso il consenso: il loro stile molto assertivo ( “moi je pense que”), e con la presenza di molti disaccordi ( con espressioni come “oui mais”, “mais non”, “oui mais attends”), il loro gusto per il contrattacco, la loro incapacità al compromesso e la loro mancanza di rispetto per il diritto dell'altra persona di parlare e di essere ascoltata ( interruzioni permanenti, continui accavallamenti durante la conversazione). Tutti questi elementi hanno reso i francesi portatori di una certa “arroganza” nella letteratura sugli stereotipi nazionali.

Senza volersi soffermare sulla bontà di questo stereotipo e sulla necessità di ulteriori analisi, Kerbrat-Orecchioni sottolinea come, ad esempio, le interruzioni non vanno viste sempre come elementi di non cortesia: in varie occasioni possono diventare un modo per rendere più viva la conversazione, conferendo più calore, spontaneità e un senso di coinvolgimento di tutti. Tutte queste caratteristiche sono valutate come positive da parte della società francese.
Al contrario, una conversazione con turni di parola lenti e rispettati in modo meccanico senza nessun tipo di interruzioni e di accavallamenti può essere valutata come noiosa da parte dei membri di una comunità di parlanti che valuta positivamente le interruzioni e gli accavallamenti.
Tuttavia rimane il fatto che i paesi del nord Europa hanno dei diversi valori culturali attraverso i quali essi continuano a vedere questa tendenza ad interrompere permanentemente come qualcosa di aggressivo e di insopportabile. Quindi, non è soltanto il comportamento che varia da una cultura ad un'altra ma anche il modo nel quale viene giudicato quel profilo comunicativo dentro il sistema di valore della propria cultura. In conclusione si può osservare che lo stile conversazionale francese sembra per tanti aspetti essere a metà strada tra quelli dei paesi del nord europeo e quelli dell'Europa del sud. Tuttavia dobbiamo essere prudenti nel produrre generalizzazioni di questo tipo, fin quando non abbiamo prove empiriche.
I dati autentici rimangono di vitale importanza nella salvaguardia dagli stereotipi e dai preconcetti, entrambi utili nello sviluppo delle ricerche in ambito interculturale, senza dimenticare che proprio gli stereotipi e i preconcetti rimangono il nostro peggiore nemico.

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