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giovedì 15 aprile 2010

Il ruolo dello sport nella nostra società

Il ruolo dello sport nella nostra società

Lo sport nella società detta occidentale gioca il ruolo di “sostituto” di tutta quella vita antecedente che va sotto il marchio di “vita associativa”. Da qui la mia necessità di capire questo ruolo cosi tanto enfatizzato nel periodo storico che viviamo. Il corpo è un codice da decifrare in quanto diventa la nostra vetrina, il nostro capitale sociale, umano e culturale al quale fare affidamento in questo mondo. Lui ha sostituito il ruolo delle letture, della conversazione, dello scontro o incontro delle persone. Questa pratica dello sport può avvenire in modo solitario oppure condiviso ma contiene in sé una perdita di spazio per tutto quello che concerne una vita fatta di riflessione, di analisi del mondo circostante. Sia chiaro per tutti lo sport è senz’altro un’attività utile per il benessere dell’essere umano e per il suo benessere mentale. Tuttavia, anche questa è la classica risposta data dalla cultura americana, la quale risponde al disagio psicologico proponendo la pratica sportiva come un toccasana per tutti i malanni dell’umanità. Io non credo a questa sostituzione come risolutiva del sentimento di vuoto di senso che incombe sul nostro essere in relazione con gli altri perché questo taglio a discapito della vita sociale ricompare in forme più violente (alcolismo, violenza di genere o stalking) dovute alla frustrazione molto alta presente in tutti questi corpi “prestanti” ma non pronti per interagire con il linguaggio delle parole con altri corpi a loro volta desemanticizzati, perché privi di umana interazione. Questo sport deve ridare spazio alla vita associativa la quale deve rinascere per capire le strade dove camminiamo, gli sguardi che incrociano, i nuovi riti che avvengono nelle città, capire la storia della precarietà esistenziale e lavorativa. Tutto questo lo sport non ti permette di capirlo al limite ti permette di incontrare questa complessità in modo rapido durante una corsa a piedi all’interno della città. Questa sostituzione dello sport alla vita associativa è anche lei stessa frutto della cellula integralista dell’ideologia di destra che vede la migliore risposta al bisogno degli uomini nel soddisfacimento del suo ego in termini sociali ed edonistici (la fisicità detiene il potere assoluto).
Questo sport va praticato come momento di condivisione e di confessione per dirla alla San Agostino e non come unica risposta di tipo individualizzata alle nostre nevrosi.



Lo sport nella società detta occidentale gioca il ruolo di “sostituto” di tutta quella vita antecedente che va sotto il marchio di “vita associativa”. Da qui la mia necessità di capire questo ruolo cosi tanto enfatizzato nel periodo storico che viviamo. Il corpo è un codice da decifrare in quanto diventa la nostra vetrina, il nostro capitale sociale, umano e culturale al quale fare affidamento in questo mondo. Lui ha sostituito il ruolo delle letture, della conversazione, dello scontro o incontro delle persone. Questa pratica dello sport può avvenire in modo solitario oppure condiviso ma contiene in sé una perdita di spazio per tutto quello che concerne una vita fatta di riflessione, di analisi del mondo circostante. Sia chiaro per tutti lo sport è senz’altro un’attività utile per il benessere dell’essere umano e per il suo benessere mentale. Tuttavia, anche questa è la classica risposta data dalla cultura americana, la quale risponde al disagio psicologico proponendo la pratica sportiva come un toccasana per tutti i malanni dell’umanità. Io non credo a questa sostituzione come risolutiva del sentimento di vuoto di senso che incombe sul nostro essere in relazione con gli altri perché questo taglio a discapito della vita sociale ricompare in forme più violente (alcolismo, violenza di genere o stalking) dovute alla frustrazione molto alta presente in tutti questi corpi “prestanti” ma non pronti per interagire con il linguaggio delle parole con altri corpi a loro volta desemanticizzati, perché privi di umana interazione. Questo sport deve ridare spazio alla vita associativa la quale deve rinascere per capire le strade dove camminiamo, gli sguardi che incrociano, i nuovi riti che avvengono nelle città, capire la storia della precarietà esistenziale e lavorativa. Tutto questo lo sport non ti permette di capirlo al limite ti permette di incontrare questa complessità in modo rapido durante una corsa a piedi all’interno della città. Questa sostituzione dello sport alla vita associativa è anche lei stessa frutto della cellula integralista dell’ideologia di destra che vede la migliore risposta al bisogno degli uomini nel soddisfacimento del suo ego in termini sociali ed edonistici (la fisicità detiene il potere assoluto).
Questo sport va praticato come momento di condivisione e di confessione per dirla alla San Agostino e non come unica risposta di tipo individualizzata alle nostre nevrosi.

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