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venerdì 31 gennaio 2020

SIMPATIA, ANTIPATIA: UN MODO SPONTANEO DI ESSERE DEGLI ITALIANI

SIMPATIA, ANTIPATIA: UN MODO SPONTANEO DI RIFERIRCI AGLI ALTRI.

Il nostro modo di rapportarci con gli altri corrisponde probabilmente al numero di persone con cui abbiamo avuto qualcosa a che fare nel corso della nostra vita. Ciò vuol dire che con ogni singolo interlocutore abbiamo avuto un rapporto diverso. Quindi la grande varietà dei sentimenti che di volta in volta abbiamo messo in campo ci ha portato a dei comportamenti relazionali diversi. Ma se volessimo dare un ordine e una classificazione a quello che opera nella nostra mente quando entriamo in rapporto con gli altri, potremmo dire che per una persona possiamo provare simpatia, antipatia o indifferenza. Le sfumature quasi infinite che si possono verificare sono riconducibili sempre a questi sentimenti principali.
La simpatia e l'antipatia sembrano nascere fin dal primo contatto, senza una vera consapevolezza delle ragioni da parte nostra. La successiva frequentazione spesso non fa che rinsaldare la primitiva impressione. Nel caso della simpatia, allora, cominciamo a sentirci attratti da quella persona perché troviamo tante affinità con noi stessi. Tante volte si tratta di affinità ideali o idealizzate, che coinvolgono insieme al come siamo il come vorremmo essere. La condivisione del modo di vestire, del tipo di educazione, della cultura, dello status sociale, delle opinioni, delle convinzioni politiche e religiose non fanno che catalizzare in positivo la simpatia.
Tutti noi riconosciamo teoricamente il diritto di libertà di opinione agli altri ma di fatto ci risultano simpatiche solo le persone che la pensano più o meno alla nostra maniera. In ogni parte del mondo, in ogni cultura le persone provano simpatia esclusivamente per chi ha sostanziali affinità con loro stesse.
Un altro elemento che polarizza molto la simpatia è il sapere che l'altro ha dimostrato tale sentimento nei nostri confronti. Quindi in questo senso non facciamo che restituire quello che ci viene dato. In tal modo è facile amare chi ci ama, trovare gradevole chi a sua volta ci trova gradevole, riconoscere intelligenza e sensibilità a chi ha mostrato di fare in qualche modo la stessa cosa con noi.
Nel restituire la simpatia normalmente siamo più generosi verso coloro che ci hanno mostrato simpatia con il tempo, magari conoscendoci meglio. E siamo implacabili con l'antipatia con quelli a cui inizialmente eravamo simpatici e che poi hanno mutato orientamento nei nostri confronti.
Il vero meccanismo della simpatia risiede nel piacere enorme di essere riconosciuti e valutati per quello che siamo. Per ottenere questo siamo disposti ad aspettare che l'altro si decida a "riconoscerci", e forse gli diamo anche il tempo di ravvedersi da qualche fraintendimento iniziale. Poi, siccome nessuno pensa realmente di essere antipatico, se a lungo andare non otteniamo "consenso" applichiamo duramente la regola della reciprocità, e ripaghiamo l'altro con franca antipatia.
Alla nascita della simpatia e al suo grado di intensità, contribuisce molto quello che siamo venuti a sapere di quella data persona prima di incontrarla. Se un amico ce l'ha descritta con entusiasmo siamo praticamente già entrati nel campo della simpatia e il nostro giudizio già pende in tal senso. La prima impressione dopo il primo incontro risente delle informazioni iniziali e forse un ribaltamento di atteggiamento a causa di oggettive situazioni "distoniche" avrà bisogno di più tempo ed elementi di peso.
L'aspetto fisico costituisce un cospicuo elemento predittivo della simpatia. Una persona fisicamente attraente ha buone possibilità di riscuotere sentimenti positivi in ogni contesto e in ogni ambiente. L'essere belli costituisce fin da piccoli un lasciapassare per un maggior successo sociale. Tale caratteristica è capace a volte di far passare inosservati altri aspetti meno positivi. Così il bambino bello riceve dalla maestra un voto relativamente migliore del bambino meno avvenente. Spesse volte un aspetto fisico poco accattivante può mettere in ombra fattori molto importanti come la personalità e l'intelligenza. C'è da dire che la persona bella, di tutti gli indubbi vantaggi che può avere, potrebbe avere lo svantaggio di presumere troppo dal suo aspetto fisico e trascurare la cura di altre componenti comportamentali. Una ragazza bella, per esempio, potrebbe orientarsi più sull'apparire che sull'essere correndo qualche rischio in più di fallimento. Oltre che a cercare di arrivare a Salsomaggiore per la finale di Miss Italia, potrebbe incongruamente alimentare i sogni di diventare una nuova Claudia Schiffer o una nuova Claudia Gerini. Questa ragazza potrebbe mettere nel proprio carniere solo qualche servizio fotografico in cui appare senza veli, che peraltro passeranno inosservati agli occhi di Tinto Brass.
Nonostante il fatto che tutti dicano che nella scelta del partner badano molto al carattere e all'interiorità (è questo il termine usato) la verità è che l'avvenenza risulta spesso l'unico elemento sul quale si effettua l'opzione. Quello che davvero può essere decisivo per l'insorgere di una reciproca simpatia è un muso e un corpo attraenti. Per un muso e un corpo attraenti ognuno di noi è disposto a chiudere uno o tutt'e due gli occhi su difetti sostanziali. Fino a quando non si è costretti ad aprire gli occhi! Infatti superata la fase iniziale del rapporto perché questo diventi stabile si richiedono altri fattori oltre all'attrattiva fisica. Comunque nel gioco delle parti l'equivoco e il fraintendimento la fanno da padrone e spesso solo dopo molti anni gli ultimi veli dell'illusione cadono lasciando nuda e cruda la verità di una persona molto distante da quella che si credeva.
D'altra parte il criterio dell'attrattiva fisica va traguardato nell'ottica dell'autostima che si aveva al momento della scelta. Un abissale sentimento di inferiorità può produrre scelte che un giorno, colmato in qualche modo l'iniziale "abisso", ci possono apparire in tutta la loro incomprensibilità, provocando la stessa sorpresa e lo stesso stupore che provava Fantozzi al mattino quando scorgeva la moglie che gli dormiva accanto. Nella scelta di un compagno per la vita dunque tendiamo a preferirne uno la cui bellezza soddisfa l'autostima e l'immagine estetica che abbiamo di noi stessi. Nel concetto di autostima entrano tanti elementi: oltre a quelli ovvi di natura psicologica hanno un grosso peso la famiglia d'origine, il ruolo lavorativo, la posizione economica. Le donne in particolare tengono d'occhio oltre all'avvenenza, il potere. La storia politica recente del nostro Paese ci dice che il potere, in tutte le sue forme, è un grande meccanismo generatore di simpatia.
Quando proviamo simpatia per qualcuno tendiamo ad attribuirgli quello che di positivo gli compete, ma anche molti pregi che in realtà non gli appartengono. Chi ci piace diviene perciò stesso intelligente, capace, bravo, competente ecc. E' quello che in psicologia sociale viene definito "effetto alone". Se sei daccordo con me su un punto, allora sei valido e intelligente sotto tanti altri aspetti. Se sei del mio stesso partito politico sei una persona affidabile e degna di considerazione. Se sei un bravo attore sicuramente la tua visione del mondo è degna di un pensatore. L'effetto alone è uno dei più diffusi meccanismi che producono errori di giudizio e anche disastrose scelte del partner. "Mi sono innamorato della sua voce... dell'attaccatura dei suoi capelli... del suo modo disinvolto di indossare la minigonna... del suo carattere metodico e preciso... della sua gentilezza e delle sue attenzioni...".
A volte bastano pochi secondi dal primo impatto e immediata scatta l'antipatia. Il perché non è facile da racchiudere in una definizione. A volte non riusciamo a ravvisare nulla che giustifichi l'antipatia; non una scortesia, non una parola "rivelatrice", non qualcosa di poco lunsinghiero che sappiamo di lui. Ma una ragione c'è sempre. Le cause dell'antipatia a prima vista possono essere ricondotte a tre categorie.
Spesso quella persona ci ricorda qualcuno che ci è antipatico. Basta una vaga somiglianza o un elemento insignificante come il tono della voce o un'inflessione dialettale. E' molto facile che ci sia una trasfusione di antipatia da una persona "colpevole" a una "innocente", attraverso complessi meccanismi della memoria. La statura, la barba, il sorriso possono richiamare esperienze antipatiche patite in passato. Tante volte è semplicemente il nome. "Piacere, Alfredo...". Alfredo, esattamente come quel farabutto che approfittò della mia amicizia. Certo, dopo il primo negativo impatto altri elementi positivi possono ribaltare la primitiva impressione, ma ciò non toglie che quella conoscenza parte un po' svantaggiata.
Altra situazione frequente è quando quella persona ci ricorda qualche cosa che non approviamo in noi stessi. Un signore che è continuamente alle prese con una sigaretta accesa, ci potrebbe ricordare il vizio che ci ha afflitto per tanti anni e da cui solo recentemente e con fatica siamo usciti. Quella signora che dice che è molto amica di una nostra parente con cui da molti anni non corre buon sangue, ci ricorda periodi non lusinghieri della nostra vita. Quello che nel passato ha costituito fatica, angoscia, trauma giustamente lo vogliamo dimenticare e ovviamente non ci fa piacere che qualcuno con la sua stessa presenza ce lo ricordi.
Ci risulta antipatico chi in qualche modo può costituire una minaccia per la nostra stabilità e per la nostra sicurezza. Forse ci è capitato la prima volta alla scuola elementare quando abbiamo avvertito antipatia per quel compagno così bravo e corretto che ci ha rubato il primo posto nella stima della maestra. Ugualmente sul posto di lavoro quel collega così efficiente ci sta proprio sullo stomaco poiché rischia di insidiare il nostro ruolo e il nostro prestigio faticosamente conquistati. La nuova vicina di casa così prestante e appariscente ci appare subito odiosa e civetta poiché temiamo che nostro marito possa metterle gli occhi sopra. A quella festa ci è risultato insopportabile e pieno di arie quel ragazzo così brillante e spiritoso che ha catalizzato l'attenzione delle ragazze che con fatica cercavamo di convogliare su di noi. Può darsi che l'antipatia iniziale si stemperi e diventi addirittura simpatia una volta rassicurato il nostro io concorrente, ma sta di fatto che tante personalità insicure ed ombrose dividono l'umanità in simpatici e antipatici sulla base di quest'unico e perdurante criterio. Il timore di essere soppiantati, sminuiti, sottovalutati, trascurati, traditi, derubati della nostra posizione conquistata a duro prezzo, è tale da poter togliere la pace alla nostra esistenza. Gli altri talvolta ci appaiono come possibili usurpatori capaci di mangiare il nostro cibo, di dormire nel nostro letto, di copulare con il nostro consorte, di fare carriera al nostro posto. All'apparire dell'usurpatore (perlopiù immaginario) scatta l'antipatia a prima vista, e da questa (non si sa mai!) può derivare anche il delitto contro la vita.
Sarebbe davvero auspicabile se al risveglio di una antipatia improvvisa riuscissimo a inquadrarla nella sua vera dinamica. Ciò ci consentirebbe di far evaporare buona parte di quel sentimento che non sempre ci fa onore. Capendo i nostri sentimenti ci metteremmo sulla buona strada per capire di più noi stessi e dunque per trovare le chiavi giuste per accedere a una più autentica comunicazione con il nostro prossimo.

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