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mercoledì 22 aprile 2020

Analisi della cortesia linguistica nell'articolo "La perdita della privatezza" di Umberto Eco

 La perdita della privatezza, o dell'inutilità della difesa della propria faccia negativa

L'articolo di Umberto Eco " La perdita della privatezza" apparso sull'Espresso il 13 Giugno 2014 sarà il motivo centrale per compiere questa analisi con gli strumenti della cortesia linguistica e della dimensione culturale. Il concetto di "privatezza" rientra in termini di cortesia linguistica nella difesa forte della propria faccia negativa in termini di protezione e tutela del mio territorio più intimo e personale. Questa prerogativa si collega ad una dimensione culturale di " forte evitamento dell'incertezza" perché vige nel portatore di tali istanze un bisogno di chiarezza nei rapporti tra sé e gli altri e le istituzioni in generale. La privatezza è senz'altro un elemento legato alla dimensione culturale di tipo " individualismo" perché tutti sono considerati come individui, dove l'io è una parola indispensabile del nostro linguaggio, e l'individuo è un concetto "sacrosanto" della nostra civiltà occidentale. Per Umberto Eco il postulato di partenza per capire la sua posizione è il seguente:

"Siamo ossessionati dalla difesa della riservatezza contro il Grande Fratello che ci osserva e ascolta. Almeno così sembra. In realtà tutti vogliono farsi vedere. Perché apparire, anche mostrando il peggio di sé, è l’unico modo per esistere"

In questa premessa Eco compie un'operazione di valorizzazione della faccia collettiva del suo lettore\sostenitore ideale con l'uso del noi " siamo ossessionati" per compiere una forte difesa ad una adesione in massa alla dimensione di " forte evitamento dell'incertezza, con una forte presenza di stress e ansia quando viene minacciata la nostra faccia negativa, in termini di difesa del nostro bisogno di salvare il sano " individualismo" presente nel concetto di " privatezza". Il nemico della privatezza per Eco è il grande fratello ( social network , facebook, enti che raccolgano i dati per conto terzo) inteso come forte minaccia al nostro diritto\bisogno di non volere essere associati con gli altri per preservare la nostra persona. Il comportamento di questo Grande Fratello è quello di " osservare e ascoltare gli altri" almeno così sembra concede Eco. In tal modo viene offerta una forma di scetticismo che offre una mitigazione al bisogno di faccia positiva da parte di questo "Grande fratello", il quale è il risultato più avanzato e temibile per ora dell'economia cognitiva. Per Eco, la realtà è differente perché in realtà afferma " tutti vogliono farsi vedere" adoperando un " tutti" come quantificatore universale che rappresenta de facto una minaccia per tutti coloro che intendono difendere il loro bisogno di faccia negativa e non vogliono aderire a tale descrizione della realtà presente in questo " enunciato".  Questo " tutti" come pronome invariabile viene spesso usato in italiano per offrire una forma di filiazione ad una "faccia collettiva" da difendere o valorizzare per compiere con maggiore forza un certo tipo di descrizione della realtà.  In questo caso, il modello culturale di tutti è " farsi vedere" come modo per conferire faccia positiva e sentirsi culturalmente "soddisfatti" nel mondo contemporaneo dove i media occupano lo spazio 24 ore su 24 e dove il lavoro è diventato raro, scadente e burocratizzato per molte fasce di popolazioni. Da qui per molti risulta inconsistente la possibilità per il lavoro di conferire faccia positiva alla maggioranza della popolazione attiva. Il mondo di oggi necessita la perdita di faccia negativa di una persona come modalità per concedergli faccia positiva di fronte alla "faccia collettiva" di una vasta platea anonima. Insomma privatezza e "farsi vedere" sembrano essere delle visioni del mondo che trovano difficile attuazione in una sintesi felice nel panorama odierno, dove la valorizzazione del proprio bisogno di riconoscimento in termini di faccia positiva avviene soltanto se si è disposti ad abbandonare il bisogno\diritto di tutelare la propria faccia negativa. In altri termini, i "social network" così come i media non amano la dimensione culturale di tipo " individualismo" ma sono interessati ad una dimensione di tipo " collettivismo" perché fare conoscere le storie delle persone è più importante che difendere il loro diritto alla privacy o di associazione con le altre persone. I media sono una forma di adesione ad un " noi di tipo incosciente" e privo di responsabilità nei confronti della vita altrui. L'articolo di Eco cerca di contestualizzare la sua analisi con espressioni come " uno dei problemi del nostro tempo" creando una forma di adesione ad una difesa della faccia collettiva presente  nella mente del lettore che legge l'articolo. In tal modo, Eco riesce a creare una forma di adesione ad una dimensione culturale di tipo " collettivo" con la creazione di un " noi di tipo coscienzioso" di fronte ad un verbo con una notevole forza di agentivazione come " ossessionati", il quale rappresenta un verbo portatore di una minaccia per la tutela di un diritto alla "privatezza" presente all'interno del gruppo difeso nell'articolo di Umberto Eco. Il concetto di "privacy" viene spiegato da Eco in questo modo: " ..... ciascuno ha diritto di farsi i fatti suoi senza che tutti, specie delle agenzie legate ai centri di potere, lo vengano a sapere".
In altre parole hai il diritto di tutelare il tuo territorio personale senza pertanto dovere subire la minaccia proveniente da centri di potere molto distanti socialmente e geograficamente dalla vita locale che quasi tutti svolgono in un dato luogo. In sostanza, il concetto di " privacy" è legato alla dimensione culturale di " individualismo", il quale è legato ad una società con bassa distanza sociale tra i suoi membri per consentire a tutti di dover legittimare le loro scelte e di essere trattati alla pari.
Invece, queste agenzie sono istituzioni che aderiscono ad una visione della società con alto indice di distanza sociale perché non intendono subire nessun costo alla loro faccia positiva di fronte ai notevoli costi inferti a grosse fasce di popolazioni che perdono la loro "faccia negativa" senza potere ottenere nessun elemento di mitigazione da parte di queste agenzie.
Per evitare questa situazione, Eco menziona la presenza di istituzioni terze o "anti-trust" che devono svolgere una funzione di mitigazione o riparazione di fronte ai costi subiti da parte di molte persone.
Nel suo articolo non manca la polemica tutta italiana sull'importanza di chiamare privatezza in inglese" privacy" per conferire maggiore rilevanza a questo concetto alla luce della faccia collettiva della comunità italiana. In questo modo, la privatezza diventando " privacy" riesce ad integrare una dimensione di alto indice di distanza sociale che dovrebbe consentirgli di avere più forza per fronteggiare le "agenzie" che rubano o usano in modo scorretto i dati personali.
I dati sensibili per la nostra privacy sono legati alle possibilità di tracciamenti tramite l'uso di carta di credito per conoscere gli acquisti fatti, gli alberghi frequentati e i pranzi compiuti.
 Queste sono minacce molto forti per coloro che vogliono proteggere il loro bisogno di faccia negativa, con la conseguenza di spingere le persone ad aderire o subire l'adesione ad una dimensione culturale di tipo " vincolati" perché si sente la perdita di controllo della propria vita.
 In pratica, gli elementi di valorizzazione della propria faccia positiva possono essere utilizzati contro le persone in modo da creare dei danni alla loro faccia negativa.
Questo fa aumentare notevolmente la cultura del sospetto e quindi l'adesione alla dimensione di " forte evitamento dell'incertezza" come reazione a tale situazione. Inoltre, non abbiamo parlato delle intercettazioni telefoniche compiute ai nostri danni facendo pagare de costi molto elevati alla popolazione "avvertita" in termini di perdita di faccia negativa senza potere ottenere nessuna forma di riequilibrio in questa interazione tra enti astratti e persone private. In sostanza ritroviamo una grossa adesione culturale verso una dimensione culturale di forte distanza sociale adottata da parte di questi enti, con un debole evitamento dell'incertezza, con una forma di collettivismo " incosciente"e infine una netta adesione alla dimensione di tipo "soddisfatti" adoperate a proprio vantaggio in questo genere di operazione mentre il resto della popolazione si ritrova a subire tali danni ritrovandosi costretti ad aderire in molte parti del mondo ( non in Italia) ad un mondo dove diventa irrilevante legittimare il proprio operato, accettare l'ambiguità, dove gli altri sono percepiti massicciamente come "out-group" e quindi distanti dal mio senso di lealtà nei loro confronti. Questi enti vivono all'interno di un "orientamento a lungo termine" mentre il resto della popolazione è costretto ad aderire ad una dimensione temporale a breve termine. Le agenzie vivono pienamente la dimensione di controllo della propria vita e di quella degli altri procurandosi in questo modo delle emozioni positive spingendo gli altri a vivere globalmente nella dimensione di tipo "vincolati" per via di un sentimento di abbandono molto diffuso. Inoltre si perde il senso della libertà di parola che non diventa più di prima necessità. Questo genere di situazione generalizzata ha messo in crisi le persone che vivono in un mondo dove è importante legittimare le proprie azioni per potere ottenere riconoscimento per la loro faccia positiva. Inoltre, spinge inevitabilmente le persone a sentire la gerarchia come forma di ineguaglianza esistenziale generalizzata, mentre in tante parti del mondo le persone si attendono di essere consultati come modo di ottenere faccia positiva. La maggioranza della popolazione ha bisogno di vivere con chiarezze i rapporti tra i servizi della rete e la loro vita privata mentre queste agenzie spingono ad accettare l'ambiguità e il caos in questo momento storico.
 Il mio diritto alla "privacy" come valore presente nella dimensione di " individualismo" viene molto ridotto e gli enti che raccolgono i dati per conto di aziende come Facebook aderiscono ad una dimensione culturale con un orientamento a lungo termine mentre molta popolazione subisce l'impossibilità di aderire all'idea di linee universali a proposito di ciò che è bene o male nelle situazioni. La domanda di Eco in questo articolo è quella di partire da questa premessa dove tutti vogliono il loro diritto alla " privacy" e quindi alla loro faccia negativa per giungere a porsi la domanda se " ci tiene davvero tanta gente alla privatezza?"
Prima esisteva il pettegolezzo come forma di minaccia per la nostra faccia negativa mettendo in rischio la possibilità di ottenere nel futuro qualsiasi riconoscimento per la nostra faccia positiva data la scarsa reputazione in termini di faccia collettiva. In sostanza, il rischio era di " lavare i panni sporchi in pubblico invece di lavarli in famiglia". In altri termini, i panni sporchi sono i costi subiti o danni inferti alla nostra persona in termini di difesa della propria faccia negativa che devono ritrovare riparazione non nello spazio della faccia collettiva di una data comunità ma soltanto all'interno di una ristretta cerchia di famigliari. In questo modo risulta possibile riacquistare faccia positiva ad un gruppo famigliare che aveva subito dei costi elevati per il comportamento erroneo in termini di mantenimento dell'armonia all'interno di una data famiglia.
In pratica, i momenti "devianti" alla norma di tipo " collettivista" della famiglia vanno ricondotti all'interno di tale dimensione per potere nuovamente enfatizzare l'appartenenza e il ritorno all'armonia e di un " noi di tipo coscienzioso". Tutto questo sembra oggi perduto perché all'interno di una società liquida per dirla alla Bauman, ossia in piena adesione\costrizione con la dimensione culturale di " debole evitamento dell'incertezza" occorre vivere ogni giorno così come viene, in sintonia con la presenza di ambiguità e caos. Notiamo, infatti, come tutti questi parametri siano dei costi molto elevati per la tutela della propria faccia negativa per la maggioranza della popolazione mentre questo sembra fornire molti vantaggi per le agenzie. Per molto tempo, la popolazione è stata abituata a volere vivere all'interno di un orientamento temporale a breve termine perché la stabilità della persona come sempre uguale era un fatto positivo per difendere la propria faccia negativa, dove ci sono linee universali per capire ciò che è bene o male. Nel mondo odierno sembra che tutto questo sia stato rovesciato con una costrizione verso l'orientamento a lungo termine in cui le persone sono costrette ad adattarsi alle circostanze, il bene o il male dipendono, tutto è modificabile a discapito del nostro bisogno di riconoscimento per i tanti sacrifici nella vita quotidiana imposti e subiti per il nostro bisogno di faccia positiva.  In aggiunta questo clima ha spinto il mondo nel rendere meno importante la libertà di parola con la dimensione di tipo "vincolati" mentre la popolazione vorrebbe avere una sensazione di controllo della propria vita in sintonia con la dimensione di tipo " soddisfatti". In pratica, la società liquida ha aderito ad una dimensione di debole evitamento dell'incertezza come forma valoriale e l'unico modo per riconquistare faccia positiva in un contesto dove nessuno conferisce il necessario riconoscimento nelle nostre interazioni vengono quindi ricercate alla luce di un riconoscimento ottenuto davanti alla "faccia collettiva" di una data comunità di parlanti. Insomma una forma di riparazione è possibile soltanto con l'adesione ad un riconoscimento da parte di un gruppo allargato per segnalare la nostra volontà di lealtà con un dato gruppo in termini di "collettivismo" di tipo quasi "incosciente". Questo si traduce con il riconoscimento " pubblico" come modo per riconquistare una sensazione di controllo della propria vita in modo parziale e limitato molto nel tempo. Per questo motivo abbiamo l'apparizione nello spazio pubblico inteso come "faccia collettiva" la figura dell'escort che non si nasconde ma assume il suo ruolo pubblico, i coniugi che raccontano in televisione i loro dissidi invece di tenerseli per loro, la gente che parla ad alta voce di quello che pensa della cognata o del suo commercialista, gli indagati che vanno in televisione preferiscono essere un ladro risaputo che un onesto ignorato da tutti.
Nella sostanza queste persone hanno in comune l'idea di aderire ad una dimensione culturale di debole evitamento dell'incertezza per potere ottenere in cambio un'adesione ad una dimensione di tipo "soddisfatti". Insomma occorre perdere la faccia negativa per potere accedere ai benefici concessi dalla valorizzazione della propria faccia positiva alla luce del riconoscimento concesso da parte della faccia pubblica. Pertanto per "esistere" e quindi aderire alla dimensione di tipo " soddisfatti", bisogna accettare di essere visti come incompetenti ed aderire con entusiasmo nel volere essere un "out-group" all'interno di un " in-group" in termini di dimensione di tipo "collettivismo". L'unico danno che subiscono queste agenzie in termini di perdita di faccia positiva è soltanto l'eccesso di informazione che conduce alla confusione, rumore e silenzio nell'interpretazione di Umberto Eco. In altre parole ritroviamo una impossibilità di gestire questa massa di dati provenienti dalla faccia collettiva dell'umanità che ha trovato come unico strumento per esistere questi "social network". E allora per riprendere le parole di Eco " perché preoccuparsi della privatezza, ossia perché preoccuparsi di questo bisogno di faccia negativa, quando non interessa a nessuno proteggere questo spazio privato e intimo mentre per "esistere", ossia per ottenere dei benefici per la valorizzazione della propria faccia negativa ( amato, apprezzato e riconosciuto) occorre "farsi vedere".





https://espresso.repubblica.it/opinioni/la-bustina-di-minerva/2014/06/11/news/la-perdita-della-privatezza-1.168822











La perdita della privatezza

Siamo ossessionati dalla difesa della riservatezza contro il Grande Fratello che ci osserva e ascolta. Almeno così sembra. In realtà tutti vogliono farsi vedere. Perché apparire, anche mostrando il peggio di sé, è l’unico modo per esistere


Uno dei problemi del nostro tempo, che (a giudicare dalla stampa) ossessiona un poco tutti, è quello della cosiddetta “privacy” - che, a voler essere molto snob, si può tradurre in volgare italiano come privatezza. Detto molto ma molto alla buona significa che ciascuno ha diritto di farsi i fatti suoi senza che tutti, specie delle agenzie legate ai centri di potere, lo vengano a sapere. Ed esistono istituzioni volte a garantire a tutti la privatezza (ma, mi raccomando, chiamandola “privacy”, altrimenti nessuno la prende sul serio). Per questo ci si preoccupa che attraverso le nostre carte di credito qualcuno possa sapere che cosa abbiamo comprato, in che albergo siamo scesi e dove abbiamo cenato. Per non dire delle intercettazioni telefoniche, quando non indispensabili ai fini dell’individuazione di criminali, e addirittura recentemente Vodafone ha lanciato un allarme per la possibilità che agenti più o meno segreti di ogni nazione possano sapere a chi telefoniamo e che cosa diciamo.

Sembra dunque che la privatezza sia un bene che ciascuno vuole difendere a ogni costo, per non vivere in un universo da Grande Fratello (quello vero, di Orwell) dove un occhio universale può monitorare tutto quello che facciamo, o addirittura pensiamo.

Ma la domanda è: ci tiene davvero tanto la gente alla privatezza? Una volta la minaccia alla privatezza era il pettegolezzo e ciò che si temeva del pettegolezzo era l’attentato alla nostra reputazione pubblica, e il portare in piazza i panni sporchi che dovevano essere legittimamente lavati in famiglia. Ma, forse a causa della cosiddetta società liquida, in cui ciascuno è in crisi di identità e valori, e non sa dove andare a cercare i punti di riferimento rispetto cui definirsi, l’unico modo di acquistare un riconoscimento sociale è quello di “farsi vedere”, a ogni costo.

E così la signora che fa commercio di sé (e una volta cercava di tener celata ai parenti o ai vicini la propria attività) oggi, facendosi magari chiamare “escort”, allegramente assume il proprio ruolo pubblico, magari presentandosi in televisione; i coniugi che un tempo tenevano gelosamente celati i loro dissidi, partecipano alle trasmissioni “trash” per recitare vuoi la parte dell’adultero vuoi quella del cornuto, tra gli applausi del pubblico; il nostro vicino di treno telefona ad alta voce quel che pensa della cognata o quello che il suo fiscalista deve fare; gli indagati di ogni risma invece di ritirarsi in campagna sino a che l’ondata dello scandalo non si sia calmata, aumentano le loro apparizioni, col sorriso sulle labbra, perché meglio ladro risaputo che onesto ignorato da tutti.

Recentemente su "Repubblica" è apparso un articolo di Zygmunt Bauman in cui si rileva che i “social network” (massime Facebook), che rappresentano uno strumento di sorveglianza dei pensieri e delle emozioni altrui, sono sì usati da vari poteri con funzioni di controllo, ma grazie alla partecipazione entusiastica di chi vi partecipa, Bauman parla di «società confessionale che promuove la pubblica esposizione di sé al rango di prova eminente e più accessibile, oltre che verosimilmente più efficace, di esistenza sociale». In altre parole, per la prima volta nella storia dell’umanità, gli spiati collaborano con le spie per facilitare il loro lavoro, e traggono da questa resa motivo di soddisfazione perché qualcuno “li vede” mentre esistono, e non importa se talora esistono come criminali o come imbecilli.

È pur vero che, una volta che qualcuno può sapere tutto di tutti, quando i “tutti” si identifichino con la somma degli abitanti del pianeta, l’eccesso di informazione non potrà produrre che confusione, rumore e silenzio. Ma questo dovrebbe preoccupare le spie, mentre agli spiati va benissimo che di loro, e dei loro segreti più intimi, sappiano almeno gli amici, i vicini e possibilmente i nemici, perché questo è il solo modo di sentirsi vivi e parte attiva del corpo sociale.

E allora perché preoccuparsi tanto della privatezza? Non ne importa niente a nessuno. L’importante, per esistere, è farsi vedere. 

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