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venerdì 3 aprile 2020

ANALISI SOCIOPRAGMATICA DEL DISACCORDO TRA RENATO BRUNETTA E DARIA BIGNARDI




Analisi sociopragmatica del disaccordo nell’intervista tra Renato Brunetta e Daria Bignardi

Abstract

Il presente articolo analizza la funzione del riconoscimento della nozione di “ persona” come elemento centrale nella produzione del disaccordo tra i due interlocutori. L'esempio tratto in questo lavoro è stato individuato all'interno di un'intervista avvenuta nel programma televisivo “ Era Glaciale” tra la conduttrice Daria Bignardi e il politico Renato Brunetta. L'articolo è costituito da una prima parte incentrata sui dati conversazionali che consentono un forte grado di imposizione da parte del politico Renato Brunetta durante l'intervista e la successiva negoziazione tra i due interlocutori per cercare di rendere meno infelice l'evento linguistico. L'analisi di questa intervista evidenzierà come il non riconoscimento della “ persona” inteso come “ essere con e per” sia al cuore del fallimento dell'intervista secondo il “cultural script” della giornalista Bignardi. Da canto suo, il ministro Brunetta interpreta l'evento come piacevole mettendo in crisi l'idea che il disaccordo sia fonte di minaccia sempre per la faccia positiva dell'altro interlocutore.

Parole chiave: stile conversazionale- persona- disaccordo- cortesia positiva- cultura

Abstract

The present article analyzes the recognition of the notion of "person" as a central element in the production of the disagreement between the two interlocutors. The corpus data in this work was identified in an interview that took place in the television program "Era Glaciale" between the journalist Daria Bignardi and the politician Renato Brunetta. The article consists of a first part focused on conversational data that allow a strong degree of imposition on the part of the politician Renato Brunetta during the interview and the subsequent negotiation between the two interlocutors in order to make the linguistic event less unhappy. The analysis of this interview will highlight how the non-recognition of the "person" understood as "being with and for" is at the heart of the failure of the interview according to the "cultural script" of the journalist Bignardi. For his part, Minister Brunetta interprets the event as pleasant, undermining the idea that disagreement is always a source of threat for the “positive face” of the other interlocutor.


Keywords: conversational style – persona – disagreement- politeness - positive face - culture



1. Introduzione

In questo articolo si cercherà di analizzare le ragioni sociopragmatiche del prolungato disaccordo avvenuto tra il Ministro Brunetta e la giornalista Daria Bignardi all’interno del programma televisivo “ Era glaciale” sulla rete pubblica italiana Rai 2 nella giornata del 24 Aprile 2009. Questo programma si è svolto in uno spazio temporale collocato in seconda serata, con lo scopo non dichiarato ( Hymes, 1979) di fare emergere il volto umano dei personaggi politici italiani. La collocazione in seconda serata conferisce in modo implicito maggiore libertà di parola poiché si presuppone che il pubblico ascoltatore sia composto da persone adulte. Nonostante la finalità implicita del programma sia quella di “ umanizzare” i personaggi della politica italiana si vedrà come dal punto di vista dei principi di sociopragmatica apparirà una grossa differenza di stile conversazionale tra il Ministro Brunetta e l’intervistatrice Bignardi: il Ministro Brunetta sembra aderire ad uno stile di tipo diretto e affermato, mentre la giornalista Bignardi appare come una giornalista con uno stile “cordiale-gentile” e con una certa deferenza per il proprio ospite ( Spencer-Oatey, Jiang, 2003). Per cogliere il disagio profondo della giornalista occorre capire che i due interlocutori hanno una visione divergente “ sull'essere per e con”( Duranti, 2007) di due persone nella relazione interpersonale. Di fatto, il Ministro Brunetta sembra a suo agio durante l’intervista nonostante i tanti disaccordi, mentre la giornalista Bignardi afferma di essere a disagio in questa intervista. Di fatto, il Ministro Brunetta sembra a suo agio durante l’intervista nonostante i tanti disaccordi, mentre la giornalista Bignardi afferma di essere a disagio in questa intervista. Nello stile interazionale di Brunetta possiamo vedere in sintonia, con Schiffrin (1984) e Kakava (2002), una nozione del disaccordo come elemento di socialità presente sia nella comunità ebraica di New York così come nel caso dei parlanti greci ( Kakava, 2002). Inoltre tale divergenza di agentività della persona (Duranti, 2007) sembra essere riconducibile ad una nozione della persona fondata sulla considerazione ( Scollon, 2001) in Daria Bignardi, mentre il Ministro Brunetta sembra aderire ad una nozione della persona fondata sulla “franchezza” ( Béal, 1993). Infatti, i lavori di Duranti (2007) si concentrano su quale sia l'idea di persona “con e per gli altri” durante un evento linguistico. Il concetto di persona di Duranti si rifà a qualcosa degno di “rispetto” per riprendere i termini provenienti da Goffman (1959, 1967) e Levinas (1980, 1982) e si ricollega all'idea di fiducia verso l'altro dove la faccia dell'altro manifesta la nostra responsabilità nei suoi confronti, da qui l'ipotesi di Duranti (2007) dove la nostra stessa rappresentazione della fiducia può variare tra le comunità linguistiche, vale a dire che il nostro “essere con e per” la persona varia seguendo le norme comunicative presenti in una data comunità di parlanti.


2. Lo stile conversazionale nel lavoro di Spencer-Oatey

Per ritornare nell'ambito della sociopragmatica per analizzare l'intervista in questione, Spencer-Oatey (2003) sostiene che l'uso del linguaggio fatto dalle persone non è soltanto influenzato da fattori contestuali immediati, come la distanza (D), il potere relativo (P) e il grado di imposizione (R) come viene sostenuto da Brown e Levinson (1987), ma anche dall'importanza di principi socioculturali. Questi principi socioculturali nel lavoro di Spencer-Oatey (2003) agiscono ad un livello più alto di altri fattori e ci aiutano a gestire le motivazioni basiche dell'interazione tra le persone: l'importanza accordata alla faccia, i diritti e i doveri ( in termini di costi e benefici). Secondo l'analisi di Spencer-Oatey viene conferita importanza a questi due fattori ma l'elemento che caratterizza la differenza è da ricercare nella nozione di diritto. Andando sul piano operativo possiamo elencare i principi del “SIP” in questo modo:
- lo stile personale, l'essere diretti o indiretti, umili-affermati, calorosi/coinvolgenti, cordiali\distanti, abitudinari\innovativi, chiari\vaghi oppure freddi/distanti (Spencer-Oatey, Jiang, 2003:1645).
Questi principi “ SIP” saranno molto utili per definire in seguito lo stile conversazionale di entrambi gli interlocutori durante l'evento linguistico.
Nei lavori di Spencer-Oatey (2001, 2003) emerge l’idea che il rapporto idealmente armonioso tra le persone può essere minacciato da due fattori: il primo fattore si associa ad un comportamento minaccioso per la faccia e l’altro fattore è un comportamento minaccioso per i nostri diritti.
Spencer-Oatey sostiene che quando le persone minacciano i nostri diritti, esse infrangono le nostre prerogative sociali e questo succede quando qualcuno ci spinge a fare qualcosa, ma avvertiamo che in quel dato contesto quel parlante non ha il diritto di avanzare una tale richiesta. In questa circostanza, secondo l'approccio adottato da Spencer-Oatey (2001, 2003), l'altra persona sta minacciando i nostri diritti di uguaglianza, mentre se qualcuno parla con noi in un modo troppo personale, secondo il nostro giudizio, noi ci sentiamo come minacciati nel nostro diritto di associazione con gli altri. In questa tipologia di incontri ci sentiamo offesi, in imbarazzo, irritati o arrabbiati, anche se non sentiamo necessariamente di aver “perso la faccia”. Appare come fondamentale nell'approccio di Spencer-Oatey credere che la cortesia riguardi la (dis)-armonia nelle relazioni sociali e che la percezione di questo fenomeno sia soggetta ai giudizi sociali (Spencer-Oatey, 2005:97). Per ampliare il metodo di lavoro di Spencer-Oatey si deve aggiungere il concetto di cultura (Spencer-Oatey, 2005:108) in cui si rinvia ad un insieme di attitudini, credenze, convenzioni comportamentali, supposizioni di base e valori che sono condivisi da un dato gruppo di persone e che influenza il comportamento di ogni membro, così come l'interpretazione del comportamento di altri gruppi di persone. Inoltre, in questa intervista, il concetto di cultura, pur essendo entrambi membri della comunità dei parlanti italofona risulta interessante perché Spencer-Oatey afferma che la cultura si occupa delle regolarità all'interno di un gruppo di persone e che tali regolarità vanno di pari passo con la presenza di variabilità, pertanto le regolarità che costituiscono la cultura di un gruppo secondo Spencer-Oatey (2001, 2003, 2005) possono variare e vengono identificate dai seguenti elementi:
- supposizioni di base e i valori
- credenze, attitudini e ideologie
- leggi, regole, regolamenti
- scopi e missione
- obiettivi e strategie
- percezione del proprio ruolo nell'interazione, includendo i diritti e doveri collegati al proprio ruolo
- riti comportamentali, le convenzioni, le routine (linguistiche e non linguistiche), la loro comprensione e interpretazione
- artefatti e prodotti
In questa intervista è molto probabile che le supposizioni di base così come i valori non siano condivisi tra i due parlanti così come le attitudini e le ideologie di fondo sull'atto di comunicare non sono percepite come le stesse.
Per sostenere la sua idea di cultura, Spencer-Oatey ( 2005) rinvia ai lavori di Avruch (1998) nei quali la cultura è intesa come un derivato delle esperienze individuali, qualcosa di imparato o creato da altri individui o tramandato tramite dei contemporanei o degli antenati. Collegando la cultura agli individui e mettendo in rilievo il numero e la diversità dal punto di vista sociale e di esperienze che l'individuo incontra, noi riusciamo ad espandere l'ambito della cultura a partire da quella di un gruppo o di un quasi gruppo ( tribù, gruppi etnici e nazioni sono i più noti) fino a gruppi costituiti dalle professioni, occupazioni, classe sociale, religione e regione.
In questa prospettiva Avruch (1998) sostiene l'idea che gli esseri umani riflettano o incorporino molteplicità di culture e che la loro “cultura” sia sempre psicologicamente e socialmente distribuita all'interno di un gruppo.





3. Il ruolo della cortesia linguistica per capire l'intervista tra Brunetta e Bignardi

L'intervista tra il ministro Brunetta e la giornalista Bignardi è molto significativa per il fatto di essere in ampia dissonanza con il modello della cortesia linguistica offerto dal modello di Brown e Levinson.
Per Brown e Levinson, una forte motivazione per non parlare in modo diretto, come nel caso del ministro Brunetta, contravvenendo al rispetto delle massime conversazionali di Grice è da ricercare nel mantenimento della “faccia” come immagine pubblica di sé ( Goffman, 1967).
Brown e Levinson riconoscono che la cortesia non è l'unica fonte di “deviazione” ai principi di cooperazione introdotti da Grice (1975) ma possiamo ritrovarli anche nell'umorismo, il sarcasmo e l'ironia (Brown e Levinson, 1987).
Brown e Levinson sostengono che la cortesia linguistica dovrebbe essere comunicata e che la sua non comunicazione costituisce un messaggio che comporta un’implicatura conversazionale secondo la teoria griceana (1975). Nel modello di Brown e Levinson, la presenza o mancanza di cortesia si spiega alla luce della cornice ideata da Goffman (1967), ripresa da Brown e Levinson (1987), sul concetto di “faccia” inteso come un costrutto universale elaborato culturalmente per “la propria immagine pubblica, che ogni membro di una società vuole affermare per se stesso” (1987:61). Brown e Levinson (1987) caratterizzano la “faccia” come qualcosa che si può perdere, mantenere, o rinforzare durante l'interazione e dato il carattere di vulnerabilità sempre presente della faccia, i parlanti saranno impegnati a difendere la loro faccia se dovesse essere minacciata. Dato il pessimismo secondo Kebrat-Orecchioni (1992, 1996) dello scambio conversazionale nell'approccio di Brown e Levinson, il presupposto è che sia generalmente meglio per l'interesse di tutti conservare la faccia dell'altro e di agire in modo tale che gli altri siano coscienti di questo elemento.
L'idea di fondo che governa la teoria della cortesia di Brown e Levinson è vedere che alcuni atti sono di per sé minacciosi per la faccia (es: il disaccordo e la protesta) e pertanto necessitano di essere mitigati. (1987:24). Tuttavia, saranno i lavori di Wierzbicka (1991) ha mettere in luce come ogni gruppo linguistico sviluppi dei principi di cortesia dai quali derivano alcune strategie linguistiche che si rifanno alle norme comunicative presenti in un dato gruppo sociale (Wierzbicka, 1991). Lo stile conversazionale mostrato da Brunetta sembra essere in sintonia con i lavori di Kakava e Schiffrin sullo stile conversazionale in Grecia o presso gli ebrei newyorchesi.
Al contrario, secondo Brown e Levinson (1987) è attraverso la conoscenza di queste strategie di cortesia di natura universale che il parlante ha successo nel comunicare il suo messaggio principale dimostrando in questo modo la sua intenzione di essere cortese e allo stesso tempo di non voler perdere la faccia. In Brown e Levinson vengono presentati degli atti che sono intrinsecamente minacciosi per la faccia del parlante, dell'ascoltatore o per entrambi: ad esempio, il disaccordo viene definito come un atto minaccioso per la faccia positiva dell'ascoltatore insieme ad altri atti linguistici come lamentarsi, criticare o parlare di argomenti tabù. Quando si è costretti a produrre questi atti di minaccia per la faccia degli interagenti, il lavoro di “face-work” deve concentrarsi sulla riduzione della minaccia come affermano Brown e Levinson:

we have claimed that a face-bearing rational agent will tend to utilize the FTA-Minimizing strategies according to a rational assessment of the face risk to participants. He would behave thus by virtue of practical reasoning, the inference of the best means to satisfy stated ends” (1987:91).

Per Brown e Levinson compiere un atto in modo diretto, senza compiere atti di mitigazione, è il modo più chiaro e inequivocabile per compiere un atto di minaccia alla faccia. Invece, in questo modello teorico della cortesia, le strategie di riparazioni possono coinvolgere la cortesia positiva (mostrando solidarietà ) oppure la cortesia negativa ( mostrando distanza).
Così come aveva affermato Leech (1983) nel suo modello di cortesia, Brown e Levinson riprendono l'idea di varianti che potrebbero colpire un parlante tramite un FTA ( atto di minaccia per la faccia).
Queste varianti sono indipendenti e sensibili al contesto culturale e giocano un ruolo importante nel modello di Brown e Levinson:

1. la distanza sociale (D) tra il parlante e l'ascoltatore: in pratica, si tratta di capire il grado di famigliarità e di solidarietà condivisa.
2. Potere relativo (P) del parlante nei confronti dell'ascoltatore: di fatto stiamo parlando del grado d'imposizione del parlante sull'ascoltatore.
3. Grado d'imposizione ( R) in quella cultura, in termini sia di richiesta di bene e di servizi da parte dell'ascoltatore: in altre parole, il diritto di realizzare alcuni atti e il grado di imposizione che l'ascoltatore può accettare.
Il modello teorico pensato da Brown e Levinson (1987) riconduce “il peso” (indicato come W nella formula) dei nostri atti in termini di “faccia” positiva o negativa durante la realizzazione di un FTA attraverso una formula, in cui S indica il parlante, H indica l'ascoltatore e R indica il grado d'imposizione da calcolare in questo modo:

Wx = D (S, H) + P ( H,S) + R x

In Brown e Levinson (1987) sarà il valore di Wx ha determinare il grado di cortesia necessario per salvare la propria faccia e queste varianti non devono essere viste come delle costanti tra gli individui. Durante l'interazione, i partecipanti vacillano nella loro distanza sociale quando si trovano ad esempio in situazione di lavoro, oppure in una situazione di nervosismo e allo stesso modo il potere relativo cambia quando i ruoli e le responsabilità cambiano. Quindi la scelta di una data forma linguistica va vista come una realizzazione specifica di una strategia di cortesia alla luce della valutazione del contesto della frase. Questo modello esplicativo di Brown e Levinson può essere riassunto in questi passaggi (1987:90-91):

  • anche se il parlante intende compiere un FTA ( atto minaccioso per la faccia) con la massima efficienza, il parlante deve determinare se si augura di raggiungere il bisogno di faccia dell'ascoltatore tramite la cooperazione dell'ascoltatore oppure con la conservazione della sua faccia.
  • Il parlante dovrebbe determinare la minaccia alla faccia di un dato FTA e determinare fino a quale estensione minimizzare la perdita di faccia dovute all'atto di minaccia, considerando i fattori come il bisogno di chiarezza e quello di non sopravvalutare il grado potenziale di perdita della propria faccia.
  • Il parlante deve scegliere una strategia che provveda al grado di “salvare la faccia” con quello menzionato sopra (2). La presa in considerazione della cooperazione dell'ascoltatore determina la strategia scelta per realizzare le aspettative richieste per quell'atto da parte dell'ascoltatore.
  • Il parlante deve allora scegliere un significato linguistico che lo soddisfi per la conclusione di quella strategia. Ogni strategia abbraccia un'ampia gradualità di cortesia dove al parlante sarà richiesto di considerare la specifica forma linguistica usata per coglierne gli effetti quando viene usata insieme ad altri elementi linguistici.
Un elemento importante è capire che la scelta di una forma linguistica è determinata dalla responsabilità da parte del parlante verso il suo interlocutore durante l'interazione. Nell'ambito degli studi di pragmatica contrastiva appare necessario integrare la formula pensata da Brown e Levinson per definire il come si conferisce “faccia” all'interno di varie culture.

4. Analisi dell'interazione verbale tra il politico Renato Brunetta e la giornalista Daria Bignardi

In questo paragrafo sarà possibile vedere da vicino i vari fenomeni linguistici e sociopragmatici presenti all'interno dell'intervista televisiva tra il politico Renato Brunetta e la giornalista Daria Bignardi.
Sin dall’inizio del frammento riprodotto da questa intervista interviene un forte e lungo disaccordo ( Rees-Miller, 2000) che possiamo vedere in questa trascrizione:

Bignardi; dopo la sua carriera universitaria a Padova arriva il primo incarico romano alla fondazione Brandolini
Brunetta; N::::::::o, cosa dice?
Bignardi; leggo il suo libro
Brunetta; le hanno scritto, le hanno scritto Brodolini.
Bignardi; uffa
Brunetta; il padre dello statuto italiano dei lavoratori
Bignardi; Ma sì Bradolini Brodolini ma dai
Brunetta; che dice
Bignardi; non sono queste le cose che contano
Brunetta; posso, posso dire lei in questo momento ha detto una bestemmia.
Bignardi; Oh dio, mi dispiace
Brunetta; Giacomo Brodolini, il padre dello statuto dei lavoratori, morì di cancro mentre stava facendo approvare una legge fondamentale per i diritti dei lavoratori.
Bignardi; ammetto la mia ignoranza
Brunetta; guardi::: io ho diretto per 20 anni la fondazione dedicata a questo grande italiano e mi dispiace che proprio una persona sensibile come lei abbia detto (inaudibile)
Bignardi; non si figura la mia era una battuta. E massimo rispetto e mi scuso
Brunetta; non lo conosce?
Bignardi; non lo conosco, lo ammetto però io volevo arrivare ad una altra cosa.

In questa intervista, il primo disaccordo dell’ospite Brunetta avviene immediatamente dopo la breve introduzione fatta dalla giornalista Bignardi in merito alla carriera del Ministro, il quale con l’enunciato composto dalla congiunzione avversativa “ ma” e dalla formula interrogativa “ cosa dice” afferma il suo diritto di difendere la sua faccia positiva e nel medesimo tempo di ottenere riparazione (Pomerantz, 1975) davanti ad un errore che costa troppo per la propria faccia in termini di cortesia positiva, compiendo un disaccordo molto severo ( Rees-Miller, 2000), segnale di un grado d'imposizione indicatore del potere relativo (Brown e Levinson, 1987) presente all’interno di questa conversazione tra il Ministro e la giornalista. La giornalista per difendersi da questa minaccia, in termini di cortesia positiva (1987) e in termini di scortesia ( Kebrat-Orecchioni, 2005), difende la propria “faccia” affermando per ottenere qualche beneficio alla sua persona che le sue affermazioni sono frutto della lettura del libro. A tale replica, ritenuta non veritiera in termini di massima di qualità ( Grice, 1975) da parte del ministro Brunetta, l’ospite fa arrivare il suo sostegno come forma di beneficio alla cortesia positiva della giornalista dicendo che sarà stato un errore di lettura dato che la fondazione in questione si chiama Brodolini e non Bradolini. Davanti a questa forma di sostegno, percepito dalla giornalista come una minaccia per la sua faccia in termini di cortesia positiva, replica con una risposta di tipo onomatopeica come “uffa” che indica l'utilizzo di un registro famigliare e popolare presente diatopicamente nel centro-nord dell’Italia per segnalare la propria stanchezza e per indessicalizzare ( Duranti, 2007) la necessità di cambiare lo svolgimento della conversazione. Il disaccordo si fonda, a mio parere, sulla diversa interpretazione dell'errore nel pronunciare il nome del giurista Brodolini con Bradolini, innescando di fatto una serie di precisazioni da parte del Ministro Brunetta, con lo scopo di salvare la sua faccia positiva di fronte ad una giornalista che intende tralasciare dei fatti che vengono ritenuti irrilevanti con la finalità di mitigare i costi subiti dalla sua faccia in termini di cortesia negativa ( Vulchinich, 1990, Brown e Levinson, 1987). Questo disaccordo troverà una risoluzione per il Ministro Brunetta, soltanto quando la giornalista prenderà atto dell’importanza del punto di vista del Ministro, quando quest'ultimo utilizzando la massima di rilevanza ( Grice, 1975) pronuncerà questi due enunciati:

Brunetta; “giacomo Brodolini, il padre dello statuto dei lavoratori, morì di cancro mentre stava facendo approvare una legge fondamentale per i diritti dei lavoratori.”
Brunetta; “guardi::: io ho diretto per 20 anni la fondazione dedicata a questo grande italiano….”

Questi due enunciati svolgono una funzione di riparazione ( Goffman, 1967, Pomerantz, 1975) e di beneficio in termini sociopragmatici per la faccia del Ministro Brunetta, poiché il riconoscimento dell’importanza dell’opera di Brodolini da parte della giornalista Bignardi serve implicitamente a dare faccia al Ministro in termini di cortesia positiva ( Brown e Levinson, 1987) riconoscendo il lavoro dell'ospite all’interno di questa fondazione. Questo riconoscimento, attribuito alla persona intesa come “ essere per e con” del Ministro Brunetta, non avviene subito da parte della giornalista in quanto si percepisce come inizialmente troppo elevato il costo di tale riconoscimento in termini di faccia positiva. Tuttavia, dato il grado di imposizione ( Brown e Levinson, 1987) del Ministro nella difesa della faccia negativa di questo personaggio politico italiano, la giornalista sarà costretta ad ammettere la non conoscenza dell’opera di Brodolini e pertanto dovrà subire i costi pesanti per la sua faccia positiva tramite la formulazione di scuse con l'intenzione ( Hussell, 1960) e il beneficio in termini sociopragmatici di poter proseguire la propria intervista.
In questa conversazione, i benefici possono sembrare di poco rilievo ma all’interno di un evento linguistico ( Hymes, 1972) come quello di un’intervista televisiva, i benefici per l’identità del giornalista possono essere maggiori nel proseguimento della propria intervista pagando in termini di costi per la propria faccia positiva, piuttosto che rimanere arroccato nella difesa della propria faccia positiva rispettando i principi della cortesia di Brown e Levinson (1987). Tale atto linguistico, compiuto dalla giornalista, è invece in sintonia con la visione di perdita di faccia momentanea introdotta da Béal (1993) a proposito dei parlanti francesi e rappresenta una segnalazione di disaccordo tralasciato secondo Vulchinich (1990).
Un altro passaggio dell’intervista molto significativo per cogliere il nesso tra segnalazione del disaccordo e nozione della persona è rappresentato da questo frammento:

Brunetta; se fosse una mia allieva la boccerei.
Bignardi; Meno male che non lo sono.

Vediamo in questa coppia adiacente (Duranti, 1997) come la giornalista non accetta di essere indessicalizzata (Duranti, 2007) come “allieva”, in quanto i costi sarebbero troppi elevati per la propria faccia in termini di cortesia positiva ( Brown e Levinson, 1987) e in termini di scortesia ( Kebrat-Orecchioni, 2005). Nella conversazione con il Ministro Brunetta, la giornalista ritiene maggiori i benefici in termini sociopragmatici (Spencer-Oatey, Jiang 2003) nel segnalare il suo disaccordo in maniera netta ( Rees-Miler, 2000) di fronte alla nozione di persona come “allieva” con la quale il ministro vorrebbe agentivare ( Duranti, 2007) la giornalista Daria Bignardi. In questa conversazione vediamo, in sintonia con Grimshaw e Vulchinich (1990), come la produzione del disaccordo duro prodotto da Daria Bignardi sia legata alla forte minaccia presente nella nozione di “allieva” in termini di identità professionale durante un evento linguistico come l'intervista.

In un altro momento dell'intervista, vediamo un disaccordo espresso in modo diretto in concordanza con la definizione dello stile di Brunetta come diretto, secondo i principi di sociopragmatica:

Bignardi; “allora quando si dice privatizziamo il pubblico?”
Brunetta; “ io non ho mai detto. Io non ho mai detto”.

Questo disaccordo viene affermato con un raddoppiamento del proprio enunciato, in cui si antepone il pronome personale “io” per rafforzare la propria contrarietà con l'utilizzo dell'avverbio di tempo “mai” indice di una massima di qualità ( Grice, 1975) e di una verità oggettiva ( Searle, 1995) perché rappresenta la presunta sincerità del Ministro Brunetta. Inoltre tale replica segnala, all'interno della conversazione, un grado di imposizione ( Brown e Levinson, 1987) abbastanza forte sul proprio interlocutore. Questa conversazione prosegue con una ulteriore produzione di disaccordo, a proposito della lettura del libro del Ministro Brunetta, chiamando in causa da parte dell'intervistato la massima di qualità ( Grice, 1975) per replicare al disaccordo prodotto da parte della giornalista Bignardi.
Il passaggio della conversazione in questione si riferisce alla privatizzazione dei servizi pubblici:


Bignardi; “ allora lei non è d’accordo con…. di privatizzare ?
Brunetta; se lei avesse letto il libro.
Bignardi; e dai Ministro stia tranquillo. Il libro l’ho letto
Brunetta; non l’ha letto bene.
Bignardi; non faccia il professore con me
Brunetta; non l’ha letto bene.

È interessante vedere come la giornalista, di fronte ai ripetuti attacchi del ministro, antepone un registro più colloquiale (e dai) come indice di contestualizzazione (Gumperz, 1982) per fare capire la “chiave”dell'evento linguistico ( Hymes, 1972), dove la finalità è di svolgere un'intervista con uno stile conversazionale di tipo cordiale ( Spencer-Oatey, Jiang, 2003) segnalato con l'atto linguistico “ stia tranquillo”. Invece, lo stile conversazionale del Ministro Brunetta rappresenta secondo la sua cultura dell’intervista una minaccia per la giornalista, in termini di costi sociopragmatici, perché deve subire dei costi per la propria faccia in termini di cortesia negativa ( Brown e Levinson, 1987) che non intende pagare. Infatti nella continuazione della conversazione, la richiesta della giornalista è di ottenere un cambiamento agentivale ( Duranti, 2007) della persona (non faccia il professore con me ) da parte del Ministro Brunetta, passando da uno stile definito da “ professore” confermato dall’enunciato “se lei avesse letto il libro, non l’ha letto bene ” ad uno stile più cordiale in sintonia con lo scopo non dichiarato ( Hymes, 1972) del programma televisivo. Tuttavia la giornalista, dopo questo sostenuto disaccordo ( Grimshaw, 1990), sente il bisogno di riparare la propria faccia per ottenere dei benefici alla sua faccia positiva attaccando il Ministro affermando una prima volta “ io la trovo permaloso più di me” e poi in un secondo momento “lei sa che è antipatico maestro”.
La produzione dell'allocutivo realizzato con il titolo di “maestro”, avvenuta in maniera involontaria, fa emergere una ridefinizione della nozione della persona del “Ministro” da parte della conduttrice sotto una veste diversa da quella indossata finora (Duranti, 2007, Enfield, Stivers, 2007). Infatti la persona del ministro viene indessicalizzata come “maestro” conferendo una nozione negativa a questo titolo, all’interno di questo evento comunicativo, dove occorrerebbe mostrare una certa disponibilità in termini di cortesia positiva verso la faccia dell’intervistatrice. Nella prossima trascrizione osserveremo i turni conversazionali (Duranti, 1997) dove si produrrà un disaccordo severo ( Grimshaw, 1990, Sornig, 1977) tra la giornalista e il Ministro Brunetta a proposito del lavoro compiuto dalla redazione del programma per preparare le interviste.

Brunetta; allora ha anche una redazione di quasi 40 persone.
Bignardi; [ veramente siamo in (??)
Brunetta; 25 più 15 mi hanno detto.
Bignardi; allora siamo in 15 e la prego di cambiare tono, ha capito.
Brunetta; [ anche lei.
Bignardi; ha capito
Brunetta; [ anche lei.
Bignardi; perché io sono gentilissima nei suoi confronti.
Brunetta; anche io... anche io
Bignardi; quindi la prego di cambiar tono.
Brunetta; anche lei.
Bignardi; bene cambiamo tono.
Brunetta; cambiamo tono.
Bignardi; be' (ne).

L’enunciato “la prego di cambiare tono, ha capito” viene prodotto come reazione alle parole di Brunetta dopo avere nominato il numero di componente della redazione del programma manifestando un atto di minaccia molto severo in termini di cortesia negativa ( Brown e Levinson ,1987) e anche dal punto di vista della massima del tatto di Leech (1983). Tale enunciato dell’ospite Brunetta viene percepito come un ennesimo attacco forte alla propria identità professionale di giornalista poiché citando la redazione si può implicare ( Grice, 1975) un attacco severo alla professionalità della conduttrice e dei membri della redazione. In sintonia con Grimshaw e Vulchinich (1990), in questa sequenza di conversazione, possiamo dire che il disaccordo sarà prodotto in maniera forte quando l’attacco sarà percepito come rivolto alla propria identità morale o professionale. Allo stesso tempo vediamo, nella prospettiva sociopragmatica, la realizzazione di due enunciati come “ io la trovo permaloso più di me” e “lei sa che è antipatico maestro”come segnali di un cambiamento di stile da parte della giornalista, la quale passa da uno stile cordiale-reverenziale (Scollon, 2001) ( io sono gentilissima nei suoi confronti) e colloquiale ( Berruto, 1983) ( e dai ministro) ad uno stile più affermato e distante ( la prego di cambiare tono) secondo i principi ideati da Spencer-Oatey e Jiang (2003). Di particolare rilievo è il turno di parola incentrato sulla necessità di cambiare “tono” da parte del Ministro, il quale non accetta l’attacco per i costi elevati alla sua faccia in termini di cortesia positiva ( Brown e Levinson, 1987) ribadendo che anche la giornalista deve cambiare “tono” ripetendo più volte: “anche lei”. Tale ripetizione viene prodotta perché dovrebbe comportare per il Ministro dei benefici per la sua faccia positiva e il suo diritto di non vedersi accollare tutto i costi in termini di cortesia positiva ( Brown e Levinson, 1987) ma di ripartire i costi e i benefici ( Spencer-Oatey, 2003, Kim, 1994) per l'andamento difficoltoso dell’intervista tra i due interlocutori. Inoltre, dal punto di visto dell’evento linguistico (Hymes, 1972), possiamo interpretare la nozione di “tono” come un segnale di confine interno ( Duranti, 1992) all’evento e che indessicalizza ( Duranti, 2007) la necessità di superare questa situazione ( Hymes, 1972) caratterizzata da un lungo disaccordo di tipo conflittuale ( Grimshaw, 1990) indicatore di una pessima qualità dell' “essere con ed essere per” tra di due interlocutori. Nonostante l’accordo del ministro sul cambiamento di “tono” occorre notare che l’evento linguistico viene definito come “dialogo” da Brunetta e non viene inteso da parte sua come conflittuale. Il ministro sembra avere una diversa concettualizzazione dell’intervista/dialogo ricollegando questa nozione del lungo disaccordo presente tra i due interlocutori alla nozione di socialità citata precedentemente con i lavori di Schiffrin (1984) a proposito della comunità ebraica di New York oppure di Kakava (2002) per i parlanti grecofoni. A conferma di questa visione diversa tra i due interlocutori in merito all’andamento dell’intervista abbiamo questo frammento:

Bignardi; ma la smetta con questo modo di fare
Brunetta; anche lei. Io faccio dell’autoironia. io faccio
Bignardi; [io non lo so, non mi sono mai trovata in una condizione del genere in vita mia.
Brunetta; forse è la prima volta e fa bene
Bignardi; veramente mi sento molto in imbarazzo… ma….. per lei
Brunetta; io no, io no
Bignardi; io non vorrei mai mettere i miei ospiti in imbarazzo.
Brunetta; ma io no, non sono in imbarazzo
Infatti, l’ospite afferma di non essere in imbarazzo in questo “dialogo” mentre la giornalista prima con una richiesta realizzata con uno stile di tipo cordiale “ma la smetta con questo modo di fare “ e poi con l’esplicita ammissione del suo imbarazzo per la situazione conversazionale tra i due interlocutori afferma:

non mi sono mai trovato in una situazione del genere in vita mia”

Tale enunciato comporta un costo elevato in termini di cortesia negativa per l’intervistatrice perché il beneficio di poter ottenere un riequilibrio nella gestione delle facce è molto basso dinnanzi ad una persona con uno stile diretto e affermato come il Ministro Brunetta, il quale sostiene al contrario i benefici per la faccia positiva della giornalista affermando “forse è la prima volta e fa bene” per sancire l'andamento positivo di questa intervista.

5. Conclusione

In queste sequenze conversazionali si è potuto notare come il disaccordo sulla nozione dell’evento linguistico ( Hymes, 1972) sia molto forte e rende chiaro l’importanza della condivisione sociopragmatica di uno stile interazionale ( Spencer-Oatey, 2001, 2003, 2005) e culturale ( Hofstede, 1997, Spencer-Oatey 2003) di un evento come l'intervista per raggiungere un esito “felice” ( Austin, 1962 e Searle,1969) in termini sia di costi e benefici che di diritti e di dovere, riconosciuti ai partecipanti di un evento linguistico. Infatti, la differenza di stile conversazionale in termini sociopragmatici ( Spencer-Oatey, 2001, 2003) ha rappresentato un forte elemento di malinteso ( Béal, 1993) e di disaccordo ( Grimshaw, 1990) sul senso profondo da attribuire all'intervista.
Usando i termini di Duranti (1992), possiamo dire che gli scopi di questo evento linguistico sono in disarmonia ( Spencer-Oatey, 2005): vale a dire la giornalista esprime uno stile di tipo “cordiale-gentile” e di “considerazione” (Scollon, 2001) per il suo ospite, mentre il Ministro Brunetta esprime uno stile “diretto” e “affermato” privo di attenzione per la cortesia negativa ( Brown e Levinson, 1987) dell’interlocutrice, dato che il bisogno di esprimere la propria nozione di “persona” ( Duranti, 2007) passa in primo ordine senza tenere conto della faccia positiva dell’interlocutrice. Questo stile comunicativo di Brunetta sembrerebbe in piena consonanza con un “ethos” comunicativo francese dove il bisogno di esprimere le proprie convinzioni e anche la propria rabbia secondo Béal (1993) oltrepassa il bisogno di cortesia negativa per il proprio interlocutore. Tale consonanza dello stile conversazionale del Ministro Brunetta con il modello comunicativo francese pensato da Béal (1993), posto in correlazione con l'ammissione dell'imbarazzo da parte della conduttrice Daria Bignardi, sarebbe un modo per confermare l'ethos ( Brown e Levinson, 1987, Wierzbicka, 1991) conversazionale italiano in un dato evento comunicativo come l'intervista televisiva fondato sul bisogno di categorizzare la persona, con un stile basato sulla considerazione e la deferenza ( Scollon, 2001). Invece, in questa intervista il non riconoscimento dell'evento linguistico così come dell'“ essere con e per” è stato al cuore del fallimento dell'intervista secondo il canovaccio culturale della giornalista Bignardi mentre per il ministro Brunetta l'evento è stato interpretato come piacevole mettendo in crisi l'idea che il disaccordo sia fonte di minaccia sempre per la faccia positiva dell'altro interlocutore. Questo dato merita sicuramente maggiore riflessioni all'interno della conversazione mediatica italiana.

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Materiale audio
Renato Brunetta e Daria Bignardi in Era glaciale Rai due il 24-4-2009 durata 9 min e 36 secondi



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