Analisi
sociopragmatica dell'intervista tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro
nell'ambito della cortesia linguistica
1.
La visione della cortesia in Brown e Levinson
La cortesia linguistica
intesa da Brown e Levinson (1978, 1987) riconosce un valore
importante alla sua formulazione teorica come sostenuto ad esempio in
questo passaggio del libro “ Politeness. Some
universals in use”:
“..... is at heart
of Grice's proposals, namely that there is a working assumption by
conversationalists of the rational and efficient nature of talk. It
is against that assumption that polite ways of talking show up as
deviations, requiring rational explanations on the part of the
recipient, who finds in considerations of politeness reasons for the
speaker's apparent irrationality or inefficiency”. (1987:4).
Per Brown e Levinson, una forte
motivazione per non parlare in modo diretto, contravvenendo al
rispetto delle massime conversazionali di Grice è da ricercare nel
mantenimento della “faccia” come immagine pubblica di sé (
Goffman, 1967). Brown e Levinson riconoscono che la cortesia non è
l'unica fonte di “deviazione” ai principi di cooperazione
introdotti da Grice (1975) ma possiamo ritrovarli anche
nell'umorismo, il sarcasmo e l'ironia (Brown e Levinson, 1987).
Brown e Levinson sostengono che la
cortesia linguistica dovrebbe essere comunicata e che la sua non
comunicazione costituisce un messaggio che comporta un’implicatura
conversazionale secondo la teoria griceana (1975). Nel modello di
Brown e Levinson, la presenza o mancanza di cortesia si spiega alla
luce della cornice ideata da Goffman (1967), ripresa da Brown e
Levinson (1987), sul concetto di “faccia” inteso come un
costrutto universale elaborato culturalmente per “la propria
immagine pubblica, che ogni membro di una società vuole affermare
per se stesso” (1987:61). Brown e Levinson (1987) caratterizzano la
“faccia” come qualcosa che si può perdere, mantenere, o
rinforzare durante l'interazione e dato il carattere di vulnerabilità
sempre presente della faccia, i parlanti saranno impegnati a
difendere la loro faccia se dovesse essere minacciata. Dato il
pessimismo secondo Kebrat-Orecchioni (1992, 1996) dello scambio
conversazionale nell'approccio di Brown e Levinson, il presupposto è
che sia generalmente meglio per l'interesse di tutti conservare la
faccia dell'altro e di agire in modo tale che gli altri siano
coscienti di questo elemento.
L'idea di fondo che
governa la teoria della cortesia di Brown e Levinson è vedere che
alcuni atti sono di per sé minacciosi per la faccia (es: il
disaccordo e la protesta) e pertanto necessitano di essere mitigati.
(1987:24). Tuttavia, saranno i lavori di Wierzbicka (1991) ha mettere
in luce come ogni gruppo linguistico sviluppi dei principi di
cortesia dai quali derivano alcune strategie linguistiche che si
rifanno alle norme comunicative presenti in un dato gruppo sociale
(Wierzbicka, 1991).
Per Brown e
Levinson (1987) è attraverso la conoscenza di queste strategie di
cortesia di natura universale che il parlante ha successo nel
comunicare il suo messaggio principale dimostrando in questo modo la
sua intenzione di essere cortese e allo stesso tempo di non voler
perdere la faccia. In Brown e Levinson vengono presentati degli atti
che sono intrinsecamente minacciosi per la faccia del parlante,
dell'ascoltatore o per entrambi: ad esempio, il disaccordo viene
definito come un atto minaccioso per la faccia positiva
dell'ascoltatore insieme ad altri atti linguistici come lamentarsi,
criticare o parlare di argomenti tabù. Quando si è costretti a
produrre questi atti di minaccia per la faccia degli interagenti, il
lavoro di “face-work” deve concentrarsi sulla riduzione della
minaccia come affermano Brown e Levinson:
“we
have claimed that a face-bearing rational agent will tend to utilize
the FTA-Minimizing strategies according to a rational assessment of
the face risk to participants. He would behave thus by virtue of
practical reasoning, the inference of the best means to satisfy
stated ends” (1987:91).
Per Brown e Levinson
compiere un atto in modo diretto, senza compiere atti di mitigazione,
è il modo più chiaro e inequivocabile per compiere un atto di
minaccia alla faccia. Invece, in questo modello teorico della
cortesia, le strategie di riparazioni possono coinvolgere la cortesia
positiva (mostrando solidarietà ) oppure la cortesia negativa (
mostrando distanza).
Così come aveva
affermato Leech (1983) nel suo modello di cortesia, Brown e Levinson
riprendono l'idea di varianti che potrebbero colpire un parlante
tramite un FTA ( atto di minaccia per la faccia).
Queste varianti sono
indipendenti e sensibili al contesto culturale e giocano un ruolo
importante nel modello di Brown e Levinson:
1. la distanza
sociale (D) tra il parlante e l'ascoltatore: in pratica, si tratta di
capire il grado di famigliarità e di solidarietà condivisa.
2. Potere relativo
(P) del parlante nei confronti dell'ascoltatore: di fatto stiamo
parlando del grado d'imposizione del parlante sull'ascoltatore.
3. Grado
d'imposizione ( R) in quella cultura, in termini sia di richiesta di
bene e di servizi da parte dell'ascoltatore: in altre parole, il
diritto di realizzare alcuni atti e il grado di imposizione che
l'ascoltatore può accettare.
Il modello teorico
pensato da Brown e Levinson (1987) riconduce “il peso” (indicato
come W nella formula) dei nostri atti in termini di “faccia”
positiva o negativa durante la realizzazione di un FTA attraverso una
formula, in cui S indica il parlante, H indica l'ascoltatore e R
indica il grado d'imposizione da calcolare in questo modo:
Wx = D (S, H) + P (
H,S) + R x
In Brown e Levinson
(1987) sarà il valore di Wx ha determinare il grado di cortesia
necessario per salvare la propria faccia e queste varianti non devono
essere viste come delle costanti tra gli individui. Durante
l'interazione, i partecipanti vacillano nella loro distanza sociale
quando si trovano ad esempio in situazione di lavoro, oppure in una
situazione di nervosismo e allo stesso modo il potere relativo cambia
quando i ruoli e le responsabilità cambiano. Quindi la scelta di una
data forma linguistica va vista come una realizzazione specifica di
una strategia di cortesia alla luce della valutazione del contesto
della frase. Questo modello esplicativo di Brown e Levinson può
essere riassunto in questi passaggi (1987:90-91):
- anche se il parlante intende compiere un FTA ( atto minaccioso per la faccia) con la massima efficienza, il parlante deve determinare se si augura di raggiungere il bisogno di faccia dell'ascoltatore tramite la cooperazione dell'ascoltatore oppure con la conservazione della sua faccia.
- Il parlante dovrebbe determinare la minaccia alla faccia di un dato FTA e determinare fino a quale estensione minimizzare la perdita di faccia dovute all'atto di minaccia, considerando i fattori come il bisogno di chiarezza e quello di non sopravvalutare il grado potenziale di perdita della propria faccia.
- Il parlante deve scegliere una strategia che provveda al grado di “salvare la faccia” con quello menzionato sopra (2). La presa in considerazione della cooperazione dell'ascoltatore determina la strategia scelta per realizzare le aspettative richieste per quell'atto da parte dell'ascoltatore.
- Il parlante deve allora scegliere un significato linguistico che lo soddisfi per la conclusione di quella strategia. Ogni strategia abbraccia un'ampia gradualità di cortesia dove al parlante sarà richiesto di considerare la specifica forma linguistica usata per coglierne gli effetti quando viene usata insieme ad altri elementi linguistici.
Un elemento
importante è capire che la scelta di una forma linguistica è
determinata dalla responsabilità da parte del parlante verso il suo
interlocutore durante l'interazione. Nell'ambito degli studi di
pragmatica contrastiva appare necessario integrare la formula
pensata da Brown e Levinson per definire il come si conferisce
“faccia” all'interno di varie culture.
- Esemplicazione di un caso di disaccordo
L’intervista
avvenuta tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro, durante il programma
“Che tempo che fa”, in onda su Rai 3 il 4 Aprile 2009 in prima
serata, rappresenta un classico esempio di interazione formalizzata
ed istituzionalizzata (Orletti 1994 e 2000), nella quale il controllo
della gestione della parola da parte dell’intervistatore genera un
rapporto di asimmetria capace di influenzare molti aspetti
dell’evento linguistico. L’intervistatore, infatti, detiene
teoricamente in questa intervista il potere di influenzare
l’interazione verbale non soltanto sul piano dello sviluppo
sequenziale ( decidendo la durata dell’intervista e dei turni di
parola), ma anche sul piano delle tematiche, la formulazione di
domande o di offerte di risposta. Andando ad adoperare i principi
sociopragmatici di Spencer-Oatey e Jiang (2003), all’interno
dell’intervista tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro, possiamo
provare a definire lo stile dell’intervistatore di tipo distante,
diretto, cordiale e modesto mentre l’ospite intervistato mostra uno
stile diretto, affermato e coinvolgente. In termini di costrizioni
sociopragmatiche dei diritti e doveri/compiti interazionali, seguendo
la terminologia di Spencer-Oatey e Jiang (2003), l’ospite Di Pietro
esprime il diritto dei magistrati di poter cambiare ruolo
professionale per trasformare la “persona” del magistrato in uomo
politico, mentre per l’intervistatore Fabio Fazio risulta più
costosa che benefica (Spencer-Oatey, 2001) questa scelta in termini
di diritti per la persona del Magistrato, all'interno del contesto
culturale italiano dove si tende a delegittimare i magistrati che
rivestono anche degli incarichi di tipo politico. Davanti al
disaccordo del presentatore, vediamo come l’ospite Di Pietro
contrappone il beneficio sicuro per i più furbi quando non c’è la
discesa in campo del magistrato con il costo maggiore in termini di
faccia positiva ( Brown e Levinson, 1987) subito da parte della
cittadinanza come faccia collettiva ( Schwartz, 1992) nel mantenere
all’esterno della politica i magistrati interessati a fare
politica. L'intera durata del video può essere interpretata alla
luce di un lungo disaccordo ( Scott, 2002) mantenuto tra i due
protagonisti per colpa di due stili conversazionali divergenti in
termini sociopragmatici segnalato dal persistente disaccordo sulla
natura della “persona” del magistrato e sull'andamento stesso
dell'intervista.
Durante lo scambio
verbale, in termini di massima di quantità (Grice, 1975)78
non viene ratificato tra i due parlanti una condivisione sul come
interpretare le intenzioni presenti nelle domande e nelle risposte
offerte dall’intervistato e dall’intervistatore. Inoltre, questo
lungo disaccordo sostenuto viene segnalato da parte degli interagenti
non tanto sul contenuto offerto dall'intervistatore quanto sullo
scopo delle domande che secondo l'intenzione di Di Pietro servono a
screditare il ruolo del magistrato che decide di fare politica. Ecco
un passaggio della conversazione tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro
dove viene segnalata la presenza del disaccordo:
Fazio; però
Di Pietro;
senta a me senta a me
Fazio; ma...
non sono d'accordo con lei. Non sono affatto d'accordo
((gesto per indicare contrarietà))
Di Pietro;
a lei.... preferisce mandarci i criminali?
Fazio; io //
Di Pietro; (
? ? )
Fazio;
( ? ? )
Aspetti, aspetti, mi faccia dire, però scusi
Di
Pietro; //
a lei...... lo sa approfittiamo di questa trasmissione
Fazio;
però non sono
d'accordo con lei nel
senso che considero il diritto [...]
[...]
Di Pietro; io
mi sono dimesso prima di entrare in politica
Fazio; aveva
detto che non sarebbe mai entrato in politico però lei
Di Pietro; e:::
certo quando facevo il magistrato non sarei mai entrato
Fazio; [
non subito dopo nel 97
Di Pietro; a 50
anni finito di aver fatto il magistrato dopo 2 anni che faccio il
cittadino normale mi spiega qual è la ragione per chi non debba fare
politica per permettere a tutti
Fazio; =
// ma lei
l'aveva detto non io
Di
Pietro; l'ho detto in riferimento che facevo il magistrato
Fazio;
ma
Di
Pietro; [ mi sono dimesso, per due anni ho fatto il magistrato. Ma
si rende conto che una trasmissione come questa la sta dedicando al
fatto che critica i magistrati che vanno a fare politica
Fazio;
veramente no
Di
Pietro; ma dedichi una bella trasmissione a criticare questi
delinquentoni che fanno politica
Fazio; (( gesto
per sottolineare la sua contrarietà)) ’ veramente no, non è
così e esattamente l'opposto’ (( applauso del pubblico))
L’intervistatore
usa questa congiunzione avversativa “però“ come elemento
linguistico che fa da premessa al disaccordo nello scambio verbale
tra il presentatore e l’intervistato.
L’intervistato
Antonio Di Pietro adopera in modo ripetitivo la formula “ senta
a me senta a me” dove il verbo “sentire” è
utilizzato all'imperativo come marcatore discorsivo (Bazzanella,
1996) per indicare in termini di forza illocutoria ( Searle, 1969)
una rimessa in discussione dell'affermazione precedente realizzata
dall'intervistatore. Il raddoppiamento dello stesso enunciato
rappresenta un rafforzativo della propria posizione e allo stesso
tempo indica un disaccordo non rafforzato (Brown e Levinson, 1987)
sull’enunciato precedente perché non viene accettato il contenuto
delle domande e gli ends (Hymes, 1972) dell’intervista.
L’interazione verbale dei due protagonisti dell’evento
linguistico prosegue con una rimessa in discussione da parte
dell’intervistatore con:
Fazio: “ma...
non sono d'accordo. Non sono affatto d'accordo.”
In questo turno di
parola ( Duranti, 1997) di Fabio Fazio, il “ ma” come
congiunzione avversativa viene usato come elemento linguistico di
prefazione al disaccordo ( Caffi, 1999, Testa, 1988) seguito dal
raddoppiamento della propria affermazione, riprendendo in modo
similare la mossa compiuta da Di Pietro. In questo turno di parola,
il disaccordo viene segnalato in modo severo ( Grimshaw, 1990) con
l'atto linguistico “non sono d'accordo “ e poi con
l'avverbio di quantità “affatto” per marcare maggiormente
il disaccordo in atto tra l’interpretazione delle domande poste da
Fabio Fazio e l'interpretazione eseguita da Antonio Di Pietro. Nel
turno di parola successivo, Fazio pronuncia “però”
facendo ricomparire questa congiunzione “però” come
indicatore del disaccordo e allo stesso tempo mostrando la volontà
di riprendere il turno di parola per portare al termine il proprio
pensiero su quello che sta accadendo all’interno dello scambio
conversazionale ( Duranti, 1997) tra il presentatore e l’ospite. Il
disaccordo prosegue con il successivo turno di parola di Di Pietro,
eseguito con la forma imperativa di terza persona del verbo “
scusare”, vale a dire “scusi” il quale riveste in
questo contesto la funzione di disaccordo dato che l'ospite continua
a non accettare e sottoscrivere la visione di “persona” a
proposito del magistrato conferita da parte di Fazio. In seguito Di
Pietro utilizza il raddoppiamento della formula “Senta a me”
come marcatori linguistici funzionali per cambiare il tema
dell'argomentazione proposta dall'intervistatore e segnalare di
conseguenza un prolungato disaccordo presente tra i due interagenti.
Nel successivo turno di parola del presentatore eseguito con “
scusi non sono d'accordo con lei nel senso che....” viene
segnalato un disaccordo severo seguito da spiegazione (Scott, 2002)
che ha la funzione di mitigare la minaccia per la cortesia positiva
dell'intervistato. Questa scelta di esprimere in modo esplicito il
proprio disaccordo può essere interpretato come il bisogno di
difendere la propria faccia in termini di cortesia positiva dato che
l'andamento dell'intervista mette in pericolo l'identità
professionale del conduttore, confermando la produzione del
disaccordo forte quando la propria identità viene messa in pericolo
(Rees-Miller, 2000).
Nel turno di parola
di Antonio Di Pietro costituito dai seguenti elementi linguistici:
‘ lei sta
dedicando una trasmissione come questa nel criticare i magistrati
che decidono di fare politica’
Si ritrova in questo
enunciato come l’intervistato Di Pietro reagisca alla spiegazione
offerta da Fazio con l'argomentazione della massima di quantità di
Grice (1975), vale a dire che viene adoperato, secondo Di Pietro, un
contributo di tempo eccessivo per parlare della partecipazione alla
vita politica di alcuni magistrati, mentre non viene dedicato la
stessa massima di quantità per criticare i tanti delinquenti che
siedono nel parlamento italiano.
La replica di Fazio;
veramente no, non è così è esattamente l'opposto’
Di nuovo, in questo
turno di parola, l'intervistatore ribadisce la propria contrarietà
segnalando il disaccordo in modo ancora più forte negando il
“cultural script”79
offerto da Di Pietro, vale a dire esplicitando che il suo “cultural
script”80
è il contrario da quello fornito da Di Pietro.
L’uso
dell'avverbio “veramente” ricopre la funzione di segnalare
la propria verità, l’enunciato ‘non è così’ composto
dall'avverbio di negazione e dall'avverbio di modo indica il rifiuto
dell'analisi fatta da Di Pietro, così come l'avverbio ‘esattamente’
è di nuovo un elemento che tende ad indicare la verità e la
precisione delle proprie affermazioni. Infine, l'aggettivo “opposto”
viene utilizzato per segnalare il proprio disaccordo di fronte alle
minacce di Di Pietro in termini di cortesia positiva ( Brown e
Levinson, 1987).
Per uscire da
questa situazione, l'intervistatore cambierà argomento introducendo
una nuova domanda come elemento per sancire la fine del disaccordo
incentrato su un tema preciso della conversazione. Di fatto, la
risoluzione del conflitto interazionale tra i due interagenti si
risolve con un disaccordo tralasciato ( Vulchinich, 1990) che porta
al cambiamento di argomento per proseguire l’andamento
dell’intervista come forma di riparazione alla faccia positiva di
Fabio Fazio.
Di fatto, emergerà
una visione contrapposta della “persona” del Magistrato intesa da
Fazio secondo le intenzioni dell’ospite Di Pietro come un principio
divino, mentre la visione di Di Pietro è una giustizia dal
volto umano dove solo nella legalità le persone possono vivere
una condizione di sviluppo sociale ed economico.
Ecco l'interazione
dove si tralascia il disaccordo severo ( Grimshaw, 1990) tra i due
interlocutori, segnato dall’imbarazzo di Fazio e dalla
comunicazione non verbale proveniente dallo sguardo severo di Di
Pietro, per cambiare argomento per parlare di Mario Chiesa:
Fazio; parliamo
ancora di magistrati, e obbligatorio il revival?
Di Pietro; come?
Fazio; dico è
obbligatorio il revival? Mario Chiesa da cui tutto era cominciato. Di
nuovo, ma è.
Di Pietro;
guarda, grazie davvero per la
domanda. Non tanto per la situazione di Chiesa, ma
Fazio; questo che
vuol dire?
Anche se
l’intervistatore intende continuare a parlare di magistratura come
indica nella sua prefazione alla domanda, la domanda possiede un
elemento linguistico come la parola “revival” che ha la
funzione pragmatica di alleggerire il contenuto della domanda,
tramite l'utilizzo di un repertorio linguistico che indessicalizza
(Duranti, 2007) la conversazione in maniera differente adoperando un
cambiamento di prosodia in termini intonativi81.
Infatti, il termine “revival” appare a prima vista come non
conosciuto o non capito da Di Pietro e vediamo apparire l’aiuto
rapido di Fazio con la ripetizione della domanda, per aumentare i
benefici della sua domanda, tramite una ulteriore esplicitazione con
lo scopo di agevolare la risposta di Di Pietro. Questa domanda offre
la possibilità per la faccia dell’ospite di mettere in rilievo la
faccia positiva del suo intervistatore tramite l’enunciato “grazie
davvero per la domanda”, il
quale permette di ritornare ad un equilibrio interazionale tra
i due interagenti, in termini sia di costi/beneficio ma soprattutto
in termini di diritti/dovere che competono alla persona dell'ospite,
all’interno di un'interazione verbale compiuta in uno studio
televisivo. Questa offerta di faccia positiva, espressa con la
formula “ la ringrazio per la domanda”, potrebbe sancire
anche un gesto di riconoscimento in termini di cortesia positiva
(Brown e Levinson, 1987) verso l’intervistatore per aver
individuato una domanda interessante, secondo l’opinione
dell’ospite. Nel comportamento linguistico ed extralinguistico di
Di Pietro appare interessante evidenziare una preoccupazione per la
presenza del pubblico che si manifesta con l’indirizzare gli occhi
verso il pubblico, quasi come se volesse interpretare l’umore e la
vita quotidiana del pubblico inteso come concetto di faccia
collettiva ( Schwartz, 1992). Questo atteggiamento dimostra una
attenzione verso il reale destinatario di questa interazione, ossia
il pubblico in studio e soprattutto quello di casa.
Un altro disaccordo
viene rappresentato dalla seguente sequenza di conversazione (
Duranti, 1997):
Fazio; è
interessante la sua analisi capire come mai un uomo d’ordine, dopo
la sua carriera, la sua vicenda professionale precedente non vada più
a dare fastidio, a togliere voti al centro destra che al centro
sinistra?
Di Pietro; E
chi l’ha detto? E quello sto facendo ?io le sto dicendo.
Elettori del centro destra, guardate, non è che votando quel
governo state meglio di prima ma è come prima e peggio di prima.
In questo esempio
vediamo una presentazione di una realtà tramite una riformulazione
del presentatore, dove si propone l’azione dell’ospite Di Pietro
come di fatto un’azione che va a togliere dei voti al
centro-sinistra, valicando da parte di Fabio Fazio un'implicatura
conversazionale (Grice, 1975) di questa natura, vale a dire che un
uomo di giustizia dovrebbe attingere i suoi voti soprattutto
nell’elettorato politico del centro-destra. Possiamo interpretare
l’intervento dell’intervistatore come un tentativo di indicare
l’azione politica di Di Pietro come una azione benefica
soprattutto al centro-destra poiché di fatto indebolisce il
centro-sinistra facendo pagare un costo per il proprio
alleato.
La risposta di Di
Pietro, davanti ad una riformulazione percepita come un attacco alla
sua faccia in termini di cortesia negativa (Brown e Levinson, 1987),
avviene con la formula “E chi l’ha detto”, la quale
rappresenta un modo di capovolgere e sfidare totalmente la
presentazione dei fatti, dove la presenza di quella congiunzione
coordinativa copulativa “e” descrive un modo per
riagganciarsi al contesto (Duranti, Goodwin, 1992) precedente in
termini di “challenge” ( Grimshaw,
1990) al contenuto presentato dall’intervistatore. Quindi l’ospite
esprime il suo dovere di difendere i benefici della sua azione,
compiendo di fatto un’azione che sancisce dei costi per la faccia
collettiva ( Schwartz, 1992) del centro-sinistra, rivolgendo una
richiesta in diretta all’elettorato di destra con uno stile di
tipo affermato82
e aggiungerei un po’ ironico-comico. Questa
azione, condotta senza tenere conto che il pubblico complessivo del
programma di Fazio tende ad un orientamento politico prevalentemente
di centro-sinistra, fa scaturire un effetto di paradosso che provoca
l’ilarità del pubblico in studio.
Anche se
l’intervista ha avuto molti momenti di conflittualità evidenziati
dalla presenza di elementi di disaccordi precedentemente citati,
l’ospite Di Pietro non perde di vista la necessità di
riequilibrare il rapporto interpersonale tramite forme di risposte
che si rifanno ad uno stile coinvolgente e/o caloroso (
Spencer-Oatey, Jiang, 2003) come nel seguente frammento:
Fazio; Le devo
porre tre domande e la prego di assecondarmi nelle risposte?
Di Pietro; (Pausa)
nel senso che devo dire di sì?
Fazio; No
nel senso che deve cortesemente rispondere nel modo breve.
In questo scambio,
vediamo la domanda di Fazio come un tentativo apparente di cordialità
verso l’ospite Di Pietro, attraverso un compito da svolgere da
parte dell’ospite. Questo tentativo di coinvolgimento
dell’intervistatore viene colto da Di Pietro tramite una risposta
con un tono scherzoso e caloroso. Questa risposta non troverà un
riscontro caloroso da parte di Fazio, il quale cerca di rimettere una
certa distanza sociale (Brown e Levinson, 1987) e freddezza
interazionale per segnalare che la direzione dell’intervista
ricadde nelle sue mani e che pertanto occorre rispettare il
dovere/compito dell’intervistatore (cortesia negativa, Brown e
Levinson, 1987).
Appare in questa
prossima sequenza converzazionale (Duranti, 1997) un passaggio
singolare dell'intervista tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro dove
emerge con chiarezza la nozione di persona quando durante
l'intervista riscontriamo questo turno di parola da parte di Di
Pietro:
Di Pietro;
torno a ripetere...e allora mi lasci fare un attimo il Fazio della
situazione. Lei un condannato con sentenza panale passata in
giudicata lo ricandiderebbe o no?
Fazio; io::: no
Di Pietro; e
diglielo a Berlusconi
In questo turno di
parola, vediamo come l'intervistato cambia nozione della persona (
Duranti, 2007) rivestendo il ruolo di intervistatore, in modo tale da
poter configurare al meglio la sua intenzione di mettere in risalto
il diritto di criticare il malcostume di numerosi dirigenti politici
italiani, con lo scopo di ottenere dei benefici in termini di faccia
positiva da parte del pubblico in studio e di casa. Questa mossa
comunicativa conferma molto bene la riflessione di Orletti (1994) sul
ruolo asimmetrico e di potere conferito alla persona che gestisce
l'intervista.
78
Secondo l'intervistato Di Pietro, la massima di quantità di
Grice (“ Rendi
il tuo contributo informativo quanto richiesto. Non rendere il tuo
contributo più informativo di quanto richiesto”) non viene
rispettata da Fabio Fazio perché viene concesso troppo tempo
secondo l'ospite nello screditare l'operato dei magistrati mentre
poco tempo viene dedicato alla critica del malcostume di tanti
politici italiani.
79
La nozione di “cultural script” offerta da Wierzbicka
(1991) e ripresa da Béal (1993) rappresenta un modo originale di
tradurre le intenzioni attribuibili a Di Pietro in quanto il
cultural script di Di Pietro potrebbe essere sintetizzato in questo
modo:
- i magistrati hanno diritto di fare politica
- quelli che si oppongono a questo fatto
sono complici dei politici
- quindi non sei degno di meritare il mio
rispetto e di quello della gente normale
80
Il cultural script di Fabio Fazio potrebbe essere ripreso in
questi termini:
- Voglio parlare di questo tema in un altro
modo
- so che questo tema è complicato da vedere
in modo neutro
- ma non voglio essere considerato come
complice del potere politico
81
La prosodia rappresenta un mezzo linguistico molto utile per
segnalare le proprie emozioni durante l'interazione verbale come
viene sottolineato in Bettoni (2006:19) attraverso lo studio
dell'intonazione, del ritmo, la durata e l'accento nel linguaggio
parlato.
82
Vedi Spencer-Oatey e Jiang (2003) a proposito delle
costrizioni sociopragmatiche come indicatori per analizzare lo stile
interazionale del parlante. In questo lavoro il termine stile
interazionale viene adoperato in modo sinonimico con il termine
“ethos”..
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