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sabato 4 aprile 2020

L’intervista avvenuta tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro: esempio di disaccordo linguistico







Analisi sociopragmatica dell'intervista tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro nell'ambito della cortesia linguistica

1. La visione della cortesia in Brown e Levinson


La cortesia linguistica intesa da Brown e Levinson (1978, 1987) riconosce un valore importante alla sua formulazione teorica come sostenuto ad esempio in questo passaggio del libro “ Politeness. Some universals in use”:
..... is at heart of Grice's proposals, namely that there is a working assumption by conversationalists of the rational and efficient nature of talk. It is against that assumption that polite ways of talking show up as deviations, requiring rational explanations on the part of the recipient, who finds in considerations of politeness reasons for the speaker's apparent irrationality or inefficiency”. (1987:4).
Per Brown e Levinson, una forte motivazione per non parlare in modo diretto, contravvenendo al rispetto delle massime conversazionali di Grice è da ricercare nel mantenimento della “faccia” come immagine pubblica di sé ( Goffman, 1967). Brown e Levinson riconoscono che la cortesia non è l'unica fonte di “deviazione” ai principi di cooperazione introdotti da Grice (1975) ma possiamo ritrovarli anche nell'umorismo, il sarcasmo e l'ironia (Brown e Levinson, 1987).
Brown e Levinson sostengono che la cortesia linguistica dovrebbe essere comunicata e che la sua non comunicazione costituisce un messaggio che comporta un’implicatura conversazionale secondo la teoria griceana (1975). Nel modello di Brown e Levinson, la presenza o mancanza di cortesia si spiega alla luce della cornice ideata da Goffman (1967), ripresa da Brown e Levinson (1987), sul concetto di “faccia” inteso come un costrutto universale elaborato culturalmente per “la propria immagine pubblica, che ogni membro di una società vuole affermare per se stesso” (1987:61). Brown e Levinson (1987) caratterizzano la “faccia” come qualcosa che si può perdere, mantenere, o rinforzare durante l'interazione e dato il carattere di vulnerabilità sempre presente della faccia, i parlanti saranno impegnati a difendere la loro faccia se dovesse essere minacciata. Dato il pessimismo secondo Kebrat-Orecchioni (1992, 1996) dello scambio conversazionale nell'approccio di Brown e Levinson, il presupposto è che sia generalmente meglio per l'interesse di tutti conservare la faccia dell'altro e di agire in modo tale che gli altri siano coscienti di questo elemento.
L'idea di fondo che governa la teoria della cortesia di Brown e Levinson è vedere che alcuni atti sono di per sé minacciosi per la faccia (es: il disaccordo e la protesta) e pertanto necessitano di essere mitigati. (1987:24). Tuttavia, saranno i lavori di Wierzbicka (1991) ha mettere in luce come ogni gruppo linguistico sviluppi dei principi di cortesia dai quali derivano alcune strategie linguistiche che si rifanno alle norme comunicative presenti in un dato gruppo sociale (Wierzbicka, 1991).
Per Brown e Levinson (1987) è attraverso la conoscenza di queste strategie di cortesia di natura universale che il parlante ha successo nel comunicare il suo messaggio principale dimostrando in questo modo la sua intenzione di essere cortese e allo stesso tempo di non voler perdere la faccia. In Brown e Levinson vengono presentati degli atti che sono intrinsecamente minacciosi per la faccia del parlante, dell'ascoltatore o per entrambi: ad esempio, il disaccordo viene definito come un atto minaccioso per la faccia positiva dell'ascoltatore insieme ad altri atti linguistici come lamentarsi, criticare o parlare di argomenti tabù. Quando si è costretti a produrre questi atti di minaccia per la faccia degli interagenti, il lavoro di “face-work” deve concentrarsi sulla riduzione della minaccia come affermano Brown e Levinson:

we have claimed that a face-bearing rational agent will tend to utilize the FTA-Minimizing strategies according to a rational assessment of the face risk to participants. He would behave thus by virtue of practical reasoning, the inference of the best means to satisfy stated ends” (1987:91).

Per Brown e Levinson compiere un atto in modo diretto, senza compiere atti di mitigazione, è il modo più chiaro e inequivocabile per compiere un atto di minaccia alla faccia. Invece, in questo modello teorico della cortesia, le strategie di riparazioni possono coinvolgere la cortesia positiva (mostrando solidarietà ) oppure la cortesia negativa ( mostrando distanza).
Così come aveva affermato Leech (1983) nel suo modello di cortesia, Brown e Levinson riprendono l'idea di varianti che potrebbero colpire un parlante tramite un FTA ( atto di minaccia per la faccia).
Queste varianti sono indipendenti e sensibili al contesto culturale e giocano un ruolo importante nel modello di Brown e Levinson:

1. la distanza sociale (D) tra il parlante e l'ascoltatore: in pratica, si tratta di capire il grado di famigliarità e di solidarietà condivisa.
2. Potere relativo (P) del parlante nei confronti dell'ascoltatore: di fatto stiamo parlando del grado d'imposizione del parlante sull'ascoltatore.
3. Grado d'imposizione ( R) in quella cultura, in termini sia di richiesta di bene e di servizi da parte dell'ascoltatore: in altre parole, il diritto di realizzare alcuni atti e il grado di imposizione che l'ascoltatore può accettare.
Il modello teorico pensato da Brown e Levinson (1987) riconduce “il peso” (indicato come W nella formula) dei nostri atti in termini di “faccia” positiva o negativa durante la realizzazione di un FTA attraverso una formula, in cui S indica il parlante, H indica l'ascoltatore e R indica il grado d'imposizione da calcolare in questo modo:

Wx = D (S, H) + P ( H,S) + R x

In Brown e Levinson (1987) sarà il valore di Wx ha determinare il grado di cortesia necessario per salvare la propria faccia e queste varianti non devono essere viste come delle costanti tra gli individui. Durante l'interazione, i partecipanti vacillano nella loro distanza sociale quando si trovano ad esempio in situazione di lavoro, oppure in una situazione di nervosismo e allo stesso modo il potere relativo cambia quando i ruoli e le responsabilità cambiano. Quindi la scelta di una data forma linguistica va vista come una realizzazione specifica di una strategia di cortesia alla luce della valutazione del contesto della frase. Questo modello esplicativo di Brown e Levinson può essere riassunto in questi passaggi (1987:90-91):

  • anche se il parlante intende compiere un FTA ( atto minaccioso per la faccia) con la massima efficienza, il parlante deve determinare se si augura di raggiungere il bisogno di faccia dell'ascoltatore tramite la cooperazione dell'ascoltatore oppure con la conservazione della sua faccia.
  • Il parlante dovrebbe determinare la minaccia alla faccia di un dato FTA e determinare fino a quale estensione minimizzare la perdita di faccia dovute all'atto di minaccia, considerando i fattori come il bisogno di chiarezza e quello di non sopravvalutare il grado potenziale di perdita della propria faccia.
  • Il parlante deve scegliere una strategia che provveda al grado di “salvare la faccia” con quello menzionato sopra (2). La presa in considerazione della cooperazione dell'ascoltatore determina la strategia scelta per realizzare le aspettative richieste per quell'atto da parte dell'ascoltatore.
  • Il parlante deve allora scegliere un significato linguistico che lo soddisfi per la conclusione di quella strategia. Ogni strategia abbraccia un'ampia gradualità di cortesia dove al parlante sarà richiesto di considerare la specifica forma linguistica usata per coglierne gli effetti quando viene usata insieme ad altri elementi linguistici.
Un elemento importante è capire che la scelta di una forma linguistica è determinata dalla responsabilità da parte del parlante verso il suo interlocutore durante l'interazione. Nell'ambito degli studi di pragmatica contrastiva appare necessario integrare la formula pensata da Brown e Levinson per definire il come si conferisce “faccia” all'interno di varie culture.


    1. Esemplicazione di un caso di disaccordo

L’intervista avvenuta tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro, durante il programma “Che tempo che fa”, in onda su Rai 3 il 4 Aprile 2009 in prima serata, rappresenta un classico esempio di interazione formalizzata ed istituzionalizzata (Orletti 1994 e 2000), nella quale il controllo della gestione della parola da parte dell’intervistatore genera un rapporto di asimmetria capace di influenzare molti aspetti dell’evento linguistico. L’intervistatore, infatti, detiene teoricamente in questa intervista il potere di influenzare l’interazione verbale non soltanto sul piano dello sviluppo sequenziale ( decidendo la durata dell’intervista e dei turni di parola), ma anche sul piano delle tematiche, la formulazione di domande o di offerte di risposta. Andando ad adoperare i principi sociopragmatici di Spencer-Oatey e Jiang (2003), all’interno dell’intervista tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro, possiamo provare a definire lo stile dell’intervistatore di tipo distante, diretto, cordiale e modesto mentre l’ospite intervistato mostra uno stile diretto, affermato e coinvolgente. In termini di costrizioni sociopragmatiche dei diritti e doveri/compiti interazionali, seguendo la terminologia di Spencer-Oatey e Jiang (2003), l’ospite Di Pietro esprime il diritto dei magistrati di poter cambiare ruolo professionale per trasformare la “persona” del magistrato in uomo politico, mentre per l’intervistatore Fabio Fazio risulta più costosa che benefica (Spencer-Oatey, 2001) questa scelta in termini di diritti per la persona del Magistrato, all'interno del contesto culturale italiano dove si tende a delegittimare i magistrati che rivestono anche degli incarichi di tipo politico. Davanti al disaccordo del presentatore, vediamo come l’ospite Di Pietro contrappone il beneficio sicuro per i più furbi quando non c’è la discesa in campo del magistrato con il costo maggiore in termini di faccia positiva ( Brown e Levinson, 1987) subito da parte della cittadinanza come faccia collettiva ( Schwartz, 1992) nel mantenere all’esterno della politica i magistrati interessati a fare politica. L'intera durata del video può essere interpretata alla luce di un lungo disaccordo ( Scott, 2002) mantenuto tra i due protagonisti per colpa di due stili conversazionali divergenti in termini sociopragmatici segnalato dal persistente disaccordo sulla natura della “persona” del magistrato e sull'andamento stesso dell'intervista.
Durante lo scambio verbale, in termini di massima di quantità (Grice, 1975)78 non viene ratificato tra i due parlanti una condivisione sul come interpretare le intenzioni presenti nelle domande e nelle risposte offerte dall’intervistato e dall’intervistatore. Inoltre, questo lungo disaccordo sostenuto viene segnalato da parte degli interagenti non tanto sul contenuto offerto dall'intervistatore quanto sullo scopo delle domande che secondo l'intenzione di Di Pietro servono a screditare il ruolo del magistrato che decide di fare politica. Ecco un passaggio della conversazione tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro dove viene segnalata la presenza del disaccordo:

Fazio; però
Di Pietro; senta a me senta a me
Fazio; ma... non sono d'accordo con lei. Non sono affatto d'accordo ((gesto per indicare contrarietà))
Di Pietro; a lei.... preferisce mandarci i criminali?
Fazio; io //
Di Pietro; ( ? ? )
Fazio; ( ? ? ) Aspetti, aspetti, mi faccia dire, però scusi
Di Pietro; // a lei...... lo sa approfittiamo di questa trasmissione
Fazio; però non sono d'accordo con lei nel senso che considero il diritto [...]

[...]

Di Pietro; io mi sono dimesso prima di entrare in politica
Fazio; aveva detto che non sarebbe mai entrato in politico però lei
Di Pietro; e::: certo quando facevo il magistrato non sarei mai entrato
Fazio; [ non subito dopo nel 97
Di Pietro; a 50 anni finito di aver fatto il magistrato dopo 2 anni che faccio il cittadino normale mi spiega qual è la ragione per chi non debba fare politica per permettere a tutti
Fazio; = // ma lei l'aveva detto non io
Di Pietro; l'ho detto in riferimento che facevo il magistrato
Fazio; ma
Di Pietro; [ mi sono dimesso, per due anni ho fatto il magistrato. Ma si rende conto che una trasmissione come questa la sta dedicando al fatto che critica i magistrati che vanno a fare politica
Fazio; veramente no
Di Pietro; ma dedichi una bella trasmissione a criticare questi delinquentoni che fanno politica

Fazio; (( gesto per sottolineare la sua contrarietà)) ’ veramente no, non è così e esattamente l'opposto’ (( applauso del pubblico))

L’intervistatore usa questa congiunzione avversativa “però“ come elemento linguistico che fa da premessa al disaccordo nello scambio verbale tra il presentatore e l’intervistato.
L’intervistato Antonio Di Pietro adopera in modo ripetitivo la formula “ senta a me senta a me” dove il verbo “sentire” è utilizzato all'imperativo come marcatore discorsivo (Bazzanella, 1996) per indicare in termini di forza illocutoria ( Searle, 1969) una rimessa in discussione dell'affermazione precedente realizzata dall'intervistatore. Il raddoppiamento dello stesso enunciato rappresenta un rafforzativo della propria posizione e allo stesso tempo indica un disaccordo non rafforzato (Brown e Levinson, 1987) sull’enunciato precedente perché non viene accettato il contenuto delle domande e gli ends (Hymes, 1972) dell’intervista. L’interazione verbale dei due protagonisti dell’evento linguistico prosegue con una rimessa in discussione da parte dell’intervistatore con:

Fazio: “ma... non sono d'accordo. Non sono affatto d'accordo.”

In questo turno di parola ( Duranti, 1997) di Fabio Fazio, il “ ma” come congiunzione avversativa viene usato come elemento linguistico di prefazione al disaccordo ( Caffi, 1999, Testa, 1988) seguito dal raddoppiamento della propria affermazione, riprendendo in modo similare la mossa compiuta da Di Pietro. In questo turno di parola, il disaccordo viene segnalato in modo severo ( Grimshaw, 1990) con l'atto linguistico “non sono d'accordo “ e poi con l'avverbio di quantità “affatto” per marcare maggiormente il disaccordo in atto tra l’interpretazione delle domande poste da Fabio Fazio e l'interpretazione eseguita da Antonio Di Pietro. Nel turno di parola successivo, Fazio pronuncia “però” facendo ricomparire questa congiunzione “però” come indicatore del disaccordo e allo stesso tempo mostrando la volontà di riprendere il turno di parola per portare al termine il proprio pensiero su quello che sta accadendo all’interno dello scambio conversazionale ( Duranti, 1997) tra il presentatore e l’ospite. Il disaccordo prosegue con il successivo turno di parola di Di Pietro, eseguito con la forma imperativa di terza persona del verbo “ scusare”, vale a dire “scusi” il quale riveste in questo contesto la funzione di disaccordo dato che l'ospite continua a non accettare e sottoscrivere la visione di “persona” a proposito del magistrato conferita da parte di Fazio. In seguito Di Pietro utilizza il raddoppiamento della formula “Senta a me” come marcatori linguistici funzionali per cambiare il tema dell'argomentazione proposta dall'intervistatore e segnalare di conseguenza un prolungato disaccordo presente tra i due interagenti. Nel successivo turno di parola del presentatore eseguito con “ scusi non sono d'accordo con lei nel senso che....” viene segnalato un disaccordo severo seguito da spiegazione (Scott, 2002) che ha la funzione di mitigare la minaccia per la cortesia positiva dell'intervistato. Questa scelta di esprimere in modo esplicito il proprio disaccordo può essere interpretato come il bisogno di difendere la propria faccia in termini di cortesia positiva dato che l'andamento dell'intervista mette in pericolo l'identità professionale del conduttore, confermando la produzione del disaccordo forte quando la propria identità viene messa in pericolo (Rees-Miller, 2000).

Nel turno di parola di Antonio Di Pietro costituito dai seguenti elementi linguistici:

lei sta dedicando una trasmissione come questa nel criticare i magistrati che decidono di fare politica’

Si ritrova in questo enunciato come l’intervistato Di Pietro reagisca alla spiegazione offerta da Fazio con l'argomentazione della massima di quantità di Grice (1975), vale a dire che viene adoperato, secondo Di Pietro, un contributo di tempo eccessivo per parlare della partecipazione alla vita politica di alcuni magistrati, mentre non viene dedicato la stessa massima di quantità per criticare i tanti delinquenti che siedono nel parlamento italiano.

La replica di Fazio; veramente no, non è così è esattamente l'opposto’

Di nuovo, in questo turno di parola, l'intervistatore ribadisce la propria contrarietà segnalando il disaccordo in modo ancora più forte negando il “cultural script”79 offerto da Di Pietro, vale a dire esplicitando che il suo “cultural script”80 è il contrario da quello fornito da Di Pietro.
L’uso dell'avverbio “veramente” ricopre la funzione di segnalare la propria verità, l’enunciato ‘non è così’ composto dall'avverbio di negazione e dall'avverbio di modo indica il rifiuto dell'analisi fatta da Di Pietro, così come l'avverbio ‘esattamente’ è di nuovo un elemento che tende ad indicare la verità e la precisione delle proprie affermazioni. Infine, l'aggettivo “opposto” viene utilizzato per segnalare il proprio disaccordo di fronte alle minacce di Di Pietro in termini di cortesia positiva ( Brown e Levinson, 1987).
Per uscire da questa situazione, l'intervistatore cambierà argomento introducendo una nuova domanda come elemento per sancire la fine del disaccordo incentrato su un tema preciso della conversazione. Di fatto, la risoluzione del conflitto interazionale tra i due interagenti si risolve con un disaccordo tralasciato ( Vulchinich, 1990) che porta al cambiamento di argomento per proseguire l’andamento dell’intervista come forma di riparazione alla faccia positiva di Fabio Fazio.
Di fatto, emergerà una visione contrapposta della “persona” del Magistrato intesa da Fazio secondo le intenzioni dell’ospite Di Pietro come un principio divino, mentre la visione di Di Pietro è una giustizia dal volto umano dove solo nella legalità le persone possono vivere una condizione di sviluppo sociale ed economico.
Ecco l'interazione dove si tralascia il disaccordo severo ( Grimshaw, 1990) tra i due interlocutori, segnato dall’imbarazzo di Fazio e dalla comunicazione non verbale proveniente dallo sguardo severo di Di Pietro, per cambiare argomento per parlare di Mario Chiesa:

Fazio; parliamo ancora di magistrati, e obbligatorio il revival?
Di Pietro; come?
Fazio; dico è obbligatorio il revival? Mario Chiesa da cui tutto era cominciato. Di nuovo, ma è.
Di Pietro; guarda, grazie davvero per la domanda. Non tanto per la situazione di Chiesa, ma
Fazio; questo che vuol dire?

Anche se l’intervistatore intende continuare a parlare di magistratura come indica nella sua prefazione alla domanda, la domanda possiede un elemento linguistico come la parola “revival” che ha la funzione pragmatica di alleggerire il contenuto della domanda, tramite l'utilizzo di un repertorio linguistico che indessicalizza (Duranti, 2007) la conversazione in maniera differente adoperando un cambiamento di prosodia in termini intonativi81. Infatti, il termine “revival” appare a prima vista come non conosciuto o non capito da Di Pietro e vediamo apparire l’aiuto rapido di Fazio con la ripetizione della domanda, per aumentare i benefici della sua domanda, tramite una ulteriore esplicitazione con lo scopo di agevolare la risposta di Di Pietro. Questa domanda offre la possibilità per la faccia dell’ospite di mettere in rilievo la faccia positiva del suo intervistatore tramite l’enunciato “grazie davvero per la domanda”, il quale permette di ritornare ad un equilibrio interazionale tra i due interagenti, in termini sia di costi/beneficio ma soprattutto in termini di diritti/dovere che competono alla persona dell'ospite, all’interno di un'interazione verbale compiuta in uno studio televisivo. Questa offerta di faccia positiva, espressa con la formula “ la ringrazio per la domanda”, potrebbe sancire anche un gesto di riconoscimento in termini di cortesia positiva (Brown e Levinson, 1987) verso l’intervistatore per aver individuato una domanda interessante, secondo l’opinione dell’ospite. Nel comportamento linguistico ed extralinguistico di Di Pietro appare interessante evidenziare una preoccupazione per la presenza del pubblico che si manifesta con l’indirizzare gli occhi verso il pubblico, quasi come se volesse interpretare l’umore e la vita quotidiana del pubblico inteso come concetto di faccia collettiva ( Schwartz, 1992). Questo atteggiamento dimostra una attenzione verso il reale destinatario di questa interazione, ossia il pubblico in studio e soprattutto quello di casa.

Un altro disaccordo viene rappresentato dalla seguente sequenza di conversazione ( Duranti, 1997):

Fazio; è interessante la sua analisi capire come mai un uomo d’ordine, dopo la sua carriera, la sua vicenda professionale precedente non vada più a dare fastidio, a togliere voti al centro destra che al centro sinistra?
Di Pietro; E chi l’ha detto? E quello sto facendo ?io le sto dicendo. Elettori del centro destra, guardate, non è che votando quel governo state meglio di prima ma è come prima e peggio di prima.

In questo esempio vediamo una presentazione di una realtà tramite una riformulazione del presentatore, dove si propone l’azione dell’ospite Di Pietro come di fatto un’azione che va a togliere dei voti al centro-sinistra, valicando da parte di Fabio Fazio un'implicatura conversazionale (Grice, 1975) di questa natura, vale a dire che un uomo di giustizia dovrebbe attingere i suoi voti soprattutto nell’elettorato politico del centro-destra. Possiamo interpretare l’intervento dell’intervistatore come un tentativo di indicare l’azione politica di Di Pietro come una azione benefica soprattutto al centro-destra poiché di fatto indebolisce il centro-sinistra facendo pagare un costo per il proprio alleato.
La risposta di Di Pietro, davanti ad una riformulazione percepita come un attacco alla sua faccia in termini di cortesia negativa (Brown e Levinson, 1987), avviene con la formula “E chi l’ha detto”, la quale rappresenta un modo di capovolgere e sfidare totalmente la presentazione dei fatti, dove la presenza di quella congiunzione coordinativa copulativa “e” descrive un modo per riagganciarsi al contesto (Duranti, Goodwin, 1992) precedente in termini di “challenge” ( Grimshaw, 1990) al contenuto presentato dall’intervistatore. Quindi l’ospite esprime il suo dovere di difendere i benefici della sua azione, compiendo di fatto un’azione che sancisce dei costi per la faccia collettiva ( Schwartz, 1992) del centro-sinistra, rivolgendo una richiesta in diretta all’elettorato di destra con uno stile di tipo affermato82 e aggiungerei un po’ ironico-comico. Questa azione, condotta senza tenere conto che il pubblico complessivo del programma di Fazio tende ad un orientamento politico prevalentemente di centro-sinistra, fa scaturire un effetto di paradosso che provoca l’ilarità del pubblico in studio.
Anche se l’intervista ha avuto molti momenti di conflittualità evidenziati dalla presenza di elementi di disaccordi precedentemente citati, l’ospite Di Pietro non perde di vista la necessità di riequilibrare il rapporto interpersonale tramite forme di risposte che si rifanno ad uno stile coinvolgente e/o caloroso ( Spencer-Oatey, Jiang, 2003) come nel seguente frammento:

Fazio; Le devo porre tre domande e la prego di assecondarmi nelle risposte?
Di Pietro; (Pausa) nel senso che devo dire di sì?
Fazio; No nel senso che deve cortesemente rispondere nel modo breve.

In questo scambio, vediamo la domanda di Fazio come un tentativo apparente di cordialità verso l’ospite Di Pietro, attraverso un compito da svolgere da parte dell’ospite. Questo tentativo di coinvolgimento dell’intervistatore viene colto da Di Pietro tramite una risposta con un tono scherzoso e caloroso. Questa risposta non troverà un riscontro caloroso da parte di Fazio, il quale cerca di rimettere una certa distanza sociale (Brown e Levinson, 1987) e freddezza interazionale per segnalare che la direzione dell’intervista ricadde nelle sue mani e che pertanto occorre rispettare il dovere/compito dell’intervistatore (cortesia negativa, Brown e Levinson, 1987).
Appare in questa prossima sequenza converzazionale (Duranti, 1997) un passaggio singolare dell'intervista tra Fabio Fazio e Antonio Di Pietro dove emerge con chiarezza la nozione di persona quando durante l'intervista riscontriamo questo turno di parola da parte di Di Pietro:

Di Pietro; torno a ripetere...e allora mi lasci fare un attimo il Fazio della situazione. Lei un condannato con sentenza panale passata in giudicata lo ricandiderebbe o no?
Fazio; io::: no
Di Pietro; e diglielo a Berlusconi

In questo turno di parola, vediamo come l'intervistato cambia nozione della persona ( Duranti, 2007) rivestendo il ruolo di intervistatore, in modo tale da poter configurare al meglio la sua intenzione di mettere in risalto il diritto di criticare il malcostume di numerosi dirigenti politici italiani, con lo scopo di ottenere dei benefici in termini di faccia positiva da parte del pubblico in studio e di casa. Questa mossa comunicativa conferma molto bene la riflessione di Orletti (1994) sul ruolo asimmetrico e di potere conferito alla persona che gestisce l'intervista.
78 Secondo l'intervistato Di Pietro, la massima di quantità di Grice (“ Rendi il tuo contributo informativo quanto richiesto. Non rendere il tuo contributo più informativo di quanto richiesto”) non viene rispettata da Fabio Fazio perché viene concesso troppo tempo secondo l'ospite nello screditare l'operato dei magistrati mentre poco tempo viene dedicato alla critica del malcostume di tanti politici italiani.

79 La nozione di “cultural script” offerta da Wierzbicka (1991) e ripresa da Béal (1993) rappresenta un modo originale di tradurre le intenzioni attribuibili a Di Pietro in quanto il cultural script di Di Pietro potrebbe essere sintetizzato in questo modo:
- i magistrati hanno diritto di fare politica
- quelli che si oppongono a questo fatto sono complici dei politici
- quindi non sei degno di meritare il mio rispetto e di quello della gente normale
80 Il cultural script di Fabio Fazio potrebbe essere ripreso in questi termini:
- Voglio parlare di questo tema in un altro modo
- so che questo tema è complicato da vedere in modo neutro
- ma non voglio essere considerato come complice del potere politico
81 La prosodia rappresenta un mezzo linguistico molto utile per segnalare le proprie emozioni durante l'interazione verbale come viene sottolineato in Bettoni (2006:19) attraverso lo studio dell'intonazione, del ritmo, la durata e l'accento nel linguaggio parlato.
82 Vedi Spencer-Oatey e Jiang (2003) a proposito delle costrizioni sociopragmatiche come indicatori per analizzare lo stile interazionale del parlante. In questo lavoro il termine stile interazionale viene adoperato in modo sinonimico con il termine “ethos”..

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