Il grado di imposizione nel modella della cortesia linguistica di Brown e Levinson: il caso di Silvio Berlusconi per segnalare il disaccordo con Lucia Annunziata
Abstract
The
present article analyzes the function of the interview as a central
element in the production of disagreement as a feature to establish
the role and weight of the interviewee in that given context.
The corpus identified
will be an interview that took place in the television program “In
Mezz'ora” between the journalist Lucia Annunziata and the
politician Silvio Berlusconi during the period of the political
elections on 1996. The article consists of a first part focused on
the factors that allow a strong degree of imposition by the
politician Silvio Berlusconi during the interview and the following
negotiation between the two interlocutors to try to make the
interview as “a event” less unhappy with the use of positive
courtesy between the two interlocutors despite the presence of strong
disagreements during the linguistic exchange. The analysis of this
work will be carried out Brown and Levinson's linguistic politeness
model, within an ethnographic approach with the work of Duranti,
highlighting the realization of the disagreement as a result of the
failure to agree on the "scope" of the interview between
the two interlocutors.
Abstract
Il presente articolo
analizza la funzione dell'intervista come elemento centrale nella
produzione del disaccordo per stabilire il ruolo e il peso
dell'intervistato in quel dato contesto. L'esempio tratto in questo
lavoro è stato individuato all'interno di un'intervista avvenuta nel
programma televisivo In Mezz'ora tra la conduttrice Lucia Annunziata
e il politico Silvio Berlusconi durante il periodo delle elezioni del
1996. L'articolo è costituito da una prima parte incentrata sui
fattori che consentono un forte grado di imposizione da parte del
politico Silvio Berlusconi durante l'intervista e della negoziazione
durante l'intervista tra i due interlocutori per cercare di rendere
meno infelice l'evento linguistico con l'uso della cortesia positiva
tra i due interlocutori pur con la presenza di forti disaccordi
durane lo scambio linguistico. L'analisi di questo lavoro sarà
condotta con l'utilizzo del modello della cortesia linguistica di
Brown e Levinson, all'interno di un approccio di matrice etnografico
con i lavori di Duranti, mettendo in luce la realizzazione del
disaccordo come risultato sul mancato accordo sul “ come” viene
interpretato l'obiettivo dell'evento linguistico tra i due
interlocutori.
Parole
chiave: contesto- cortesia linguistica- disaccordo severo-
conversazione
1.
Introduzione
L'articolo
intende analizzare l'intervista tra Silvio Berlusconi e Lucia
Annunziata andata in onda il 12 Marzo 1996 nell'ambito della
trasmissione “In mezz’ora” presentata da Lucia Annunziata sulla
rete televisiva pubblica italiana Rai 3. Durante l'intervista si avrà
modo di vedere il forte grado di imposizione presente nello stile
conversazionale della “ persona” dell'uomo politico Silvio
Berlusconi come detentore di potere politico, istituzionale e
mediatico. La negoziazione sulla funzione dell'intervista tra i due
interlocutori ricopre la funzione di negoziare la relazione
interpersonale durante lo scambio in modo da ottenere dei cambiamenti
nella gestione dell'evento linguistico. Tuttavia questa sequenza di
conversazione ( Duranti, 1997) rappresenterà in modo chiaro ed
evidente il grado di imposizione ( Brown e Levinson, 1987) presente
nei turni di parola di chi detiene il potere politico, in modo
particolare nella persona dell'ospite Silvio Berlusconi.
2. Il grado d'imposizione nella visione della cortesia in Brown e
Levinson
Per analizzare l'intervista del
candidato Silvio Berlusconi compiuta da parte di Lucia Annunziata si
è adoperato il lavoro di Holmes ( 1997) per vedere come emerga
chiaramente che le persone in posizioni di autorità e di potere
tendano a dare più ordini, istruzioni e più consigli delle persone
in posizioni subordinate, mentre le persone con status inferiore
tendono ad esprimere comprensione e accordo con maggiore frequenza
(Holmes, 1997). Questi tratti saranno presenti ampiamente durante il
corso del confronto con il candidato Berlusconi, il quale si mostra
aderire alle parole di Morand (1996) in cui si sostiene che il potere
nelle relazioni interpersonali viene comunicato e compiuto tramite lo
scambio di comportamenti durante l'interazione faccia a faccia. Le
persone che occupano delle posizioni di potere possono sfruttare la
loro influenza adottando uno stile più assertivo, premendo per fare
cambiare opinioni agli altri e fare accettare il loro punto di vista.
Nei lavori di Holmes (1997), le persone con posizioni sociali più
elevate affermano la loro posizione in modo esplicito e senza
concedere compromessi realizzando dei disaccordi in un solo turno di
parola. Le attività discorsive mitigate sono intraprese dalle
persone con minore status con il tentativo di trovare un compromesso
o un reciproco accordo. I partecipanti con minore status
nell'interazione esprimono generalmente il disaccordo in modo meno
diretto, adoperando uno stile collaborativo di gestione del
disaccordo, cercando una risposta tramite il consenso e la
cooperazione tra gli interlocutori.
3. La cortesia linguistica per capire
il grado di imposizione presente in una data conversazione.
L'intervista presa in analisi verrà
analizzata alla luce del modello teorico della cortesia linguistica
di Brown e Levinson ( 1987), il quale rappresenta un lavoro
essenziale per capire come le variazioni nella produzione di un atto
linguistico siano in relazione con una serie di fattori nel lavoro di
Brown e Levinson (1987), riconducibili ad alcune ipotesi legate al
grado d'imposizione dell’atto, la distanza nella relazione tra gli
interlocutori e il potere tra l’ascoltatore e il parlante.
Dalla prospettiva di Brown
e Levinson, viene messo in evidenza che più elevato è il potere di
chi parla su chi ascolta meno cortesi saranno i suoi enunciati in
termini di faccia positiva ( bisogno di essere riconosciuti) e allo
stesso tempo un maggiore grado d'imposizione è spesso correlato con
una minore cortesia in termini di cortesia negativa ( bisogno di
autonomia). Per quanto riguarda le relazioni tra distanza sociale e
cortesia linguistica risulta difficile potere definire tutte le
dimensioni che intervengono nella gestione della cortesia, in quanto
la distanza sociale si colloca all'incrocio di fattori di natura
culturale, sociali, linguistici e cognitivi. Holtgraves (2005) ha
messo in rilievo come la percezione del parlante all'interno dello
scambio interpersonale possa cambiare durante l'interazione per via
delle informazioni emerse sullo status dei parlanti tramite l'uso di
certe strategie linguistiche riconducibili alle varianti indicate da
Brown e Levinson come il potere, la distanza sociale e il grado di
imposizione. Nel modello di Brown e Levinson, la presenza o mancanza
di cortesia si spiega alla luce della cornice ideata da Goffman
(1967) sul concetto di “faccia” inteso come un costrutto
universale elaborato culturalmente per “la propria immagine
pubblica, che ogni membro di una società vuole affermare per se
stesso” (1987:61). Nel modello di Brown e Levinson (1987) la
“faccia” si caratterizza come qualcosa che si può perdere,
mantenere, o rinforzare durante l'interazione e dato il carattere di
vulnerabilità sempre presente della faccia, i parlanti saranno
impegnati a difendere la loro faccia se dovesse essere minacciata.
Dato il pessimismo secondo Kebrat-Orecchioni (1992, 1996) dello
scambio conversazionale nell'approccio di Brown e Levinson, il
presupposto è che sia generalmente meglio per l'interesse di tutti
conservare la faccia dell'altro e di agire in modo tale che gli altri
siano coscienti di questo elemento. Pertanto, l'idea di fondo che
governa la teoria della cortesia di Brown e Levinson è vedere che
alcuni atti sono di per sé minacciosi per la faccia (es: il
disaccordo e la protesta) e pertanto necessitano di essere mitigati.
(1987:24). Tuttavia, saranno i lavori di Wierzbicka (1991) ha mettere
in luce come ogni gruppo linguistico sviluppi dei principi di
cortesia dai quali derivano alcune strategie linguistiche che si
rifanno alle norme comunicative presenti in un dato gruppo sociale
(Wierzbicka, 1991).
Per Brown e Levinson
(1987), il disaccordo viene definito come un atto minaccioso per la
faccia positiva dell'ascoltatore insieme ad altri atti linguistici
come lamentarsi, criticare o parlare di argomenti tabù. Quando si è
costretti a produrre questi atti di minaccia per la faccia degli
interagenti, il lavoro di “face-work” deve concentrarsi sulla
riduzione della minaccia come affermano Brown e Levinson. Per Brown e
Levinson compiere un atto in modo diretto, senza compiere atti di
mitigazione, è il modo più chiaro e inequivocabile per compiere un
atto di minaccia alla faccia. Invece, in questo modello teorico della
cortesia, le strategie di riparazioni possono coinvolgere la cortesia
positiva (mostrando solidarietà ) oppure la cortesia negativa (
mostrando distanza).
Così come aveva
affermato Leech (1983) nel suo modello di cortesia, Brown e Levinson
riprendono l'idea di varianti che potrebbero colpire un parlante
tramite un FTA ( atto di minaccia per la faccia).
Queste varianti sono
indipendenti e sensibili al contesto culturale e giocano un ruolo
importante nel modello di Brown e Levinson:
1. la distanza
sociale (D) tra il parlante e l'ascoltatore: in pratica, si tratta di
capire il grado di famigliarità e di solidarietà condivisa.
2. Potere relativo
(P) del parlante nei confronti dell'ascoltatore: di fatto stiamo
parlando del grado d'imposizione del parlante sull'ascoltatore.
3. Grado
d'imposizione ( R) in quella cultura, in termini sia di richiesta di
bene e di servizi da parte dell'ascoltatore: in altre parole, il
diritto di realizzare alcuni atti e il grado di imposizione che
l'ascoltatore può accettare.
Il modello teorico
pensato da Brown e Levinson (1987) riconduce “il peso” (indicato
come W nella formula) dei nostri atti in termini di “faccia”
positiva o negativa durante la realizzazione di un FTA attraverso una
formula, in cui S indica il parlante, H indica l'ascoltatore e R
indica il grado d'imposizione da calcolare in questo modo:
Wx = D (S, H) + P (
H,S) + R x
In Brown e Levinson
(1987) sarà il valore di Wx ha determinare il grado di cortesia
necessario per salvare la propria faccia e queste varianti non devono
essere viste come delle costanti tra gli individui.Quindi la scelta
di una data forma linguistica va vista come una realizzazione
specifica di una strategia di cortesia alla luce della valutazione
del contesto della frase. Questo modello esplicativo di Brown e
Levinson può essere riassunto in questi passaggi (1987:90-91):
- anche se il parlante intende compiere un FTA ( atto minaccioso per la faccia) con la massima efficienza, il parlante deve determinare se si augura di raggiungere il bisogno di faccia dell'ascoltatore tramite la cooperazione dell'ascoltatore oppure con la conservazione della sua faccia.
- Il parlante dovrebbe determinare la minaccia alla faccia di un dato FTA e determinare fino a quale estensione minimizzare la perdita di faccia dovute all'atto di minaccia, considerando i fattori come il bisogno di chiarezza e quello di non sopravvalutare il grado potenziale di perdita della propria faccia.
- Il parlante deve scegliere una strategia che provveda al grado di “salvare la faccia” con quello menzionato sopra (2). La presa in considerazione della cooperazione dell'ascoltatore determina la strategia scelta per realizzare le aspettative richieste per quell'atto da parte dell'ascoltatore.
- Il parlante deve allora scegliere un significato linguistico che lo soddisfi per la conclusione di quella strategia. Ogni strategia abbraccia un'ampia gradualità di cortesia dove al parlante sarà richiesto di considerare la specifica forma linguistica usata per coglierne gli effetti quando viene usata insieme ad altri elementi linguistici.
Un elemento
importante è capire che la scelta di una forma linguistica è
determinata dalla responsabilità da parte del parlante verso il suo
interlocutore durante l'interazione. Nell'ambito dell'analisi di
quest'intervista compiuta da parte della conduttrice Annunziata al
candidato Berlusconi, il metodo di analisi di Brown e Levinson sarà
adoperato per capire meglio il peso delle imposizioni compiute da
Berlusconi durante il confronto mediatico.
4. Analisi del
grado di imposizione presente nello stile conversazionale di
Berlusconi
La
seguente intervista, andata in onda il 12 Marzo 1996, è tratta dalla
trasmissione “In mezz’ora” presentata da Lucia Annunziata sulla
rete televisiva pubblica italiana Rai 3. Questa sequenza di
conversazione ( Duranti, 1997) rappresenterà in modo chiaro ed
evidente il grado di imposizione ( Brown e Levinson, 1987) presente
nei turni di parola di chi detiene il potere politico, in modo
particolare nella persona dell'ospite Silvio Berlusconi. Durante
l'intervista, l'ospite Silvio Berlusconi chiederà di avere la
gestione dei turni di parola, compiendo varie volte degli attacchi
alla faccia positiva dell'intervistatrice, abolendo ogni
diritto-dovere e\o costo-beneficio (Spencer-Oatey, Jiang, 2003)
presente all'interno di uno scambio interazionale ( Spencer-Oatey,
2001).
Questo stile
conversazionale di tipo 'affermato', con un severo grado di
imposizione presente nell'ospite serve per ridefinire l'agentività (
Duranti, 2007) della giornalista durante questo spazio
conversazionale minacciando il suo diritto\dovere interazionale di
fare delle domande. In questo evento linguistico (Hymes, 1972),
l'intervista viene percepita da Berlusconi come un contesto (
Duranti, Goodwin, 1992) dove detiene il diritto per la sua faccia
positiva (Brown e Levinson, 1987) di elencare i successi politici del
suo partito politico in termini di benefici interazionali. Vediamo
subito un esempio tratto dall’intervista tra Silvio Berlusconi e
Lucia Annunziata:
Annunziata ; Caro
presidente, caro presidente diciamo che quello che dice è vero[mi
fa dire qualcosa
Berlusconi ; che
può interessare agli elettori.
Annunziata; No,
No ma adesso stiamo arrivando
un punto (??)
Berlusconi; adesso
adesso le dico io… vorrei che lei mi domandasse perché gli
elettori devono votare per noi e non per la sinistra.
Annunziata; no
presidente, no presidente, lei avrà altri…
Berlusconi; io ho a
disposizione questa intervista… Bé lei è una violenta
lei sta veramente cercando di non farmi dire
Annunziata; io una
violenta.
Berlusconi; sì lei
sta esprimendo una violenza nei miei confronti
Annunziata; io,
no (( tono debolissimo)) io vorrei avere il privilegio di essere
una delle poche persone che riescono con lei a fare delle domande che
invece sentirsi dire quello che devo sentire dire, mi piacerebbe
farle delle domande e continuare a farlo questa è un intervista lei
avrà dibattiti, [ lei sta approfittando della mia buona
educazione lei avrà….
Berlusconi;
continuiamo..
Annunziata; no,
no. Siamo tutti e due di buona educazione presidente. Rimane il
fatto che le domande in casa mia le faccio io.... io le volevo dire
questo
Berlusconi; credevo
che questa fosse la casa della Rai, di tutti gli italiani,
Annunziata; quel
piccolissimo pezzo che è mio è mio
Berlusconi;
benissimo
Questo esempio
comincia con la presenza di un allocutivo di tipo onorifico ( Lakoff,
Sachido, 2002), accompagnato da un aggettivo qualificativo “caro
presidente”, come segnale di uno stile di tipo cordiale e
disponibile nel concedere dei benefici alla faccia positiva
dell'ospite. Il primo disaccordo segnalato con il raddoppiamento
dell'avverbio di negazione “no” comunica il disaccordo presente
sul modo di indessicalizzare (Duranti, 2007) l'intervista da parte di
Berlusconi. Questo raddoppiamento del “no” viene ripetuto con
l'aggiunta dell'onorifico “presidente” come ulteriore tentativo
di dare beneficio alla faccia positiva dell'ospite di fronte ad un
atto di imposizione molto forte (Brown e Levinson, 1987) come quello
menzionato in questo enunciato:
Berlusconi; adesso
adesso le dico io… vorrei che lei mi domandasse perché gli
elettori devono votare per noi e non per la sinistra.
Di fronte al rifiuto
della giornalista di pagare un costo troppo elevato per la sua faccia
negativa, l'ospite modifica la nozione di persona della giornalista
agentivandola ( Duranti, 2007) come “una violenta”, con la
finalità di ottenere dei benefici in termini di faccia positiva per
Berlusconi e allo stesso tempo per fare pagare dei costi
interazionali (Spencer-Oatey, Jiang, 2003) alla giornalista.
Il grado
d'imposizione di Berlusconi rientra nella visione del potere relativo
presente tra gli interlocutori (Brown e Levinson, 1987) dove chi
detiene il potere intende gestire la conversazione minimizzando i
costi per la sua faccia negativa e massimizzando i costi per la
faccia positiva della giornalista dovuti all'impossibilità di
svolgere la sua professione di giornalista. Per esemplificare il
grado di imposizione presentiamo alcuni enunciati rappresentativi
dello stile conversazionale di Berlusconi:
Berlusconi; “Allora
mi domanda”, “mi faccia dire” “me li faccia usare”,
“mi faccia dire” quello che ha fatto il governo? Che cosa farà
il governo nei prossimi 5 anni? Ci arriviamo alla fine della
trasmissione, Complimenti?
Questi enunciati
rappresentano degli esempi di forte e severa imposizione secondo
Brown e Levinson (1987) e di non riconoscimento del compito-dovere
dell’intervistatore di fare delle domande poiché vengono formulati
con l'ausilio dell'imperativo del verbo domandare e del verbo fare.
Questi enunciati in termini socipragmatici (Spencer-Oatey, 2003),
rappresentano una costrizione di tipo diretta ed affermativa ponendo
in una condizione molto costosa, in termini di faccia positiva (
Brown e Levinson, 1987), il ricevente di tale enunciato. La risposta
della giornalista si fonda sulla massima di quantità (Grice, 1975),
ovvero viene menzionato il tempo come elemento di rimedio per
mitigare ( Caffi, 1999) i benefici ricercati da parte dell'ospite.
Annunziata; Abbiamo
ancora 14 minuti di trasmissione.
Dopo questo momento
di negoziazione conversazionale (Duranti, 1997) occorre segnalare la
presenza di un disaccordo come “ma insomma”, realizzato con la
congiunzione avversativa accompagnata da un'avverbio, il quale
rappresenta nel quadro teorico della sociopragmatica ( Spencer-Oatey,
2001, 2003), un richiamo ai diritti\benefici del presentatore di fare
le domande e il dovere/compito dell’ospite di rispondere alle
domande, all’interno di un evento linguistico (Hymes, 1972) come
l’“intervista”. La presenza di un enunciato come “ma
insomma” si potrebbe interpretare come una forma di richiamo di
fronte ai costi interazionali che non s'intendono pagare per
realizzare questa intervista.
Annunziata; Ma
insomma presidente. Questa è una trasmissione fatta da
me. Lei avrà altre trasmissioni, altre situazioni.
La risposta offerta
dall’ospite davanti a questo marcatore discorsivo sarà un
ulteriore costo da pagare per la propria identità professionale in
termini di cortesia positiva mettendo in discussione la competenza
della giornalista nel valutare i fatti da trattare all’interno del
programma televisivo.
Berlusconi; allora
le chiedo di parlare di qualcosa di concreto e non di queste storie
che riguardano il passato.
Annunziata; lei non
pensa che le dichiarazioni di Montezemolo siano un segno del
fallimento della sua politica?’
Berlusconi; Ma
al contrario
Berlusconi; non è
vero che è contro di noi perché questo non è vero. Significa
esagerare alcune dichiarazioni di Montezemolo.
Questa presenza del
disaccordo “ non è vero” rappresenta un modo per ribaltare la
realtà presentata nel precedente enunciato e rientra nella categoria
dei disaccordi fondati sulla non accettazione della realtà mentale
dell'altro interlocutore (Holtgraves,
2005). Questo disaccordo non aiuta a seguire i
principi sociopragmatici poiché si dimostra di non essere disposti a
pagare nessuno costo e beneficio durante lo scambio interazionale.
Questa situazione conversazionale conduce verso un severo disaccordo
( Grimshaw, Vulchinich, 1990) oppure alla piena adesione con le
affermazioni sostenute dall’ospite in questione ( Fairclough,
1995).
Un'altra sequenza di
conversazione (Duranti, 1997) con un forte grado d' imposizione
(Brown e Levinson, 1987), formulato da parte dell’ospite si rifà
al giudizio negativo delle scarse capacità di comprensione dei
meccanismi economici da parte della giornalista Annunziata.
Berlusconi; “
capisco che lei non sia molto pratica di economia.”
Annunziata; certo me
ne rendo conto. ( poi non inaudibile)
Di fronte a questa
minaccia forte in termini di costi interazionali, la giornalista
preferisce adoperare un dispositivo di mitigazione di tipo ironico
(Caffi, 1999) per cercare di riparare (Goffman, 1971) i costi
notevoli subiti dalla sua faccia positiva con lo scopo non
dichiarato (Duranti, 1992) di potere proseguire l'andamento
dell'intervista come forma di beneficio per la sua faccia positiva
(Brown e Levinson, 1987). Proseguendo l'intervista si ripresentano
gli elementi a forte carattere di imposizione, come ad esempio con la
ripetizione della formula linguistica “ lei adesso” come
segnalazione del non rispetto della massima di quantità (Grice,
1975) da parte della giornalista per avere rimandato i
diritti-benefici ( Spencer-Oatey, Jiang, 2003) dell'ospite di
esplicitare la sua versione dei fatti, con la conseguente pronuncia
della minaccia di lasciare gli studi televisivi:
Berlusconi; lei
adesso, lei adesso, lei adesso mi lascia parlare, lei adesso mi
fa la cortesia di lasciami rispondere se non mi alzo e me ne vado.
Chiaro.
Annunziata;
presidente, presidente
In questa coppia
adiacente (Duranti, 1997), vediamo la comparsa di una minaccia
difficile da interpretare in termini sociopragmatici poiché
apparentemente l'ospite compie questa scelta linguistica come mossa
per segnalare il suo diritto-beneficio di agire come meglio crede, ma
allo stesso tempo compie un atto che potrebbe sancire un costo molto
elevato alla sua stessa faccia positiva, rivelando palesemente la sua
non disponibilità psicologica (Holtgraves,2005)
ad accettare il diritto\dovere del giornalista di compiere delle
domande.
Il raddoppiamento
degli onorifici ( Lakoff,
Sachido, 2002) “presidente” svolgono il
compito di richiamare l’attenzione dell’ospite sul proprio stile
conversazionale giudicato come troppo “affermato” (
Spencer-Oatey, Jiang, 2003) da parte della giornalista. Ecco la
sequenza conversazionale riprodotta dove possiamo analizzare alcuni
momenti di severo disaccordo ( Grimshaw, 1990):
Berlusconi; lei
mi ha fatto una domanda, io esigo che lei mi faccia
rispondere.
Annunziata; Lei “
mi alzo e me ne vado” è qualcosa che non può dire.
Berlusconi; mi
alzo e me ne vado resterà una macchia nella sua carriera
professionale. Lei mi ha fatto una domanda, mi usa la
cortesia di farmi rispondere.
Annunziata;
presidente, presidente
Berlusconi; Non,
non.
Annunziata;
presidente, intanto ritiri il discorso su il mi alzo e me
ne vado perché questo non è accettabile. Presidente
non lo faccia, sbaglierà lei, non sbaglierò io
Berlusconi; lei
non può dire a me quello che devo fare
Annunziata; ma
neanche lei a me. Ci sono delle regole nel mondo giornalistico
In questa sequenza
conversazionale, oltre la presenza di vari disaccordi ( Sornig,
1977), va posta l’attenzione sulla differenza nel nominalizzare e
indessicalizzare ( Duranti, 2007) la persona tra l’ospite
Berlusconi e la giornalista Annunziata: da parte di Lucia Annunziata,
vediamo la presenza ricorrente dell'allocutivo “presidente” come
modalità di indessicalizzare l’ospite in quanto portatore di un
notevole grado sia di potere relativo così come d'imposizione (
Brown e Levinson, 1987), mentre il “lei” come pronome di
cortesia appare come indice in termini sociopragmatici di un rapporto
interpersonale come distante e freddo da parte di Berlusconi. Nella
conversazione appare un verbo come esigere che rappresenta
una categoria degli atti linguistici di tipo assertivo (Searle, 1976)
e una modalità di imposizione forte da parte di chi detiene il
potere relativo (Brown e Levinson, 1987) durante l’intervista. La
giornalista insiste sul fatto che l'enunciato “mi alzo e me ne
vado” deve essere ritirato da parte dell’ospite per evitare di
fare pagare un costo troppo elevato in termini di scortesia positiva
( Kebrat-Orecchioni, 2001) verso la giornalista, la quale intende
mantenere fede ad alcune regole del mondo giornalistico. Possiamo
interpretare questa richiesta come un rito di riparazione ( Goffman,
1967) di fronte alle difficoltà di agentivare (Duranti, 2007)
l'intervista da parte dell'ospite poiché sembra esserci una non
condivisione del significato pragmatico (Mey, 2001, Levinson, 1983)
del termine “intervista” tra i due interlocutori. A dimostrazione
di ciò, notiamo un ricorso da parte della giornalista al suo
dovere\compito interazionale di porre delle domande, mentre
Berlusconi fa riferimento al suo diritto-beneficio di usare
l'intervista come se fosse un periodo di tempo in termini di
“Massima di Quantità” (Grice, 1975) a sua disposizione.
Quindi il lungo
disaccordo accorso durante la puntata può essere imputabile a questa
divergenza di scopi non ufficiali da attribuire all'evento
linguistico (Hymes, 1972) dell’intervista, dove per l'ospite il
pubblico a casa non è più semplice telespettatore, ma è diventato
“elettore”cambiando di fatto la sua nozione di persona (Duranti,
2007) mentre per la giornalista Annunziata l'intervista rappresenta
un momento di approfondimento sul bilancio politico dell'ospite
Berlusconi.
Tuttavia, la
giornalista per salvare quel minimo di equilibrio interazionale (
Goffman, 1967), necessario per lo svolgimento della conversazione,
cerca di consigliare l'ospite di non compiere degli atti che
potrebbero rivelarsi costosi per la sua faccia positiva: l'atto
linguistico “mi alzo e me ne vado” rappresenta
un’azione che porta soltanto apparentemente dei benefici immediati
alla faccia negativa di Berlusconi ottenuti con il sottrarsi alle
domande alle quali non intende rispondere.
Questo atto
linguistico “ mi alzo e me ne vado” può essere anche
interpretato come un costo per la faccia positiva di Berlusconi
poiché dimostrerebbe la sua scarsa disponibilità psicologica
(Holtgraves,
2005) all'evento linguistico (Hymes, 1972) dell'intervista.
In termini
sociopragmatici ( Spencer-Oatey, Jiang, 2003) notiamo uno stile
conversazionale di Berlusconi di tipo affermato, con un forte grado
di imposizione segnalato dalla presenza di un'intonazione di voce
dura e da una notevole distanza sociale con l’intervistatrice.
Questa distanza sociale da parte di Berlusconi verso la giornalista
Annunziata viene agentivata (Duranti, 2007) definendo la giornalista
come una persona che ha pregiudizi e che si colloca nel mondo della
sinistra, mentre la giornalista risponde che il presidente Berlusconi
rappresenta una persona che non sa trattare con i giornalisti,
implicando (Grice, 1975) che rappresenta una persona che non intende
pagare nessun tipo di costo interazionale ( Goffman, 1967) insito in
ogni forma d' interazione verbale.
5. Conclusione
L'intervista in
questo lavoro si caratterizza per un lungo disaccordo imputabile a
questa divergenza di scopi non ufficiali da attribuire all'evento
linguistico (Hymes, 1972) dell’intervista, dove per l'ospite il
pubblico a casa non è più semplice telespettatore, ma è diventato
“elettore”cambiando di fatto la sua nozione di persona (Duranti,
2007) mentre per la giornalista Annunziata l'intervista rappresenta
un momento di approfondimento sul bilancio politico dell'ospite
Berlusconi.
L'impossibilità di
trovare una mediazione sul ruolo dell'intervista tra l'ospite e la
giornalista ha reso impossibile qualsiasi forma di contratto
conversazionale tra i due interlocutori rendendo chiaro come lo scopo
dell'intervista non era quello di rispondere alle domande ma bensì
di convincere i telespettatori della capacità di governo del
candidato Berlusconi esulando da qualsiasi forma di dissenso per
evitare qualsiasi costo alla propria faccia positiva.
Materiale
audiovisivo
In mezz'ora di Lucia Annunziata e Silvio
Berlusconi il 12 mar 2006 Rai tre durata 7 minuti e 37 sec.
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