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martedì 14 aprile 2020

DA DOVE VIENE IL CONCETTO DI " FACCIA" NELL'AMBITO DELLA CORTESIA LINGUISTICA

La nozione di "faccia" risale al periodo romano con il concetto di "dramatis personae", vale a dire la maschera indossata da ogni persona durante le interazioni sociali poiché ai romani interessava il lato universale presente in ogni persona. Nei lavori di Levinson (2007) si è messo in luce come tale concetto di "faccia" fosse già presente nella cultura cinese dove esistono 98 forme lessicali per concettualizzare la "faccia": si parla di faccia fisica, psicologica, persa, restituita, opportunità di faccia, faccia in termini di beni materiali.
Per Brown e Levinson, la comunicazione è un gioco di ruolo legato al concetto di "faccia" inteso come il luogo in cui si crea il ponte tra lingua e psicologia sociale. Per Goffman (1967), la faccia è la nostra identità pubblica sempre in gioco quando i parlanti si trovano in situazione di relazione con gli altri. Per questo motivo siamo motivati a difendere la nostra faccia e siamo interessati ad attribuire faccia all'altro interlocutore. Per svolgere questo lavoro occorre un "face-work" da parte del parlante, con delle strategie per evitare di violare il territorio altrui e con strategie di "avvicinamento" come i saluti e i ringraziamenti. Questi sono per Goffman i meccanismi di regolazione dei rapporti sociali. Brown e Levinson (1987), riprendono da Durkeim i concetti di "negative-face" e " positive-face" alla luce dell'idea che ogni atto linguistico è potenzialmente una minaccia per la faccia dell'ascoltatore e pertanto la "negative face" rappresenta un modo per non violare il territorio altrui mentre la "positive-face" rappresenta un modo per creare solidarietà e vicinanza con l'altro interlocutore.
L'uso della cortesia linguistica di fatto rappresenta un espediente per non rispettare le Massime di cooperazione di Grice (1975) " sii breve, sii chiaro, sii pertinente, sii sincero".
In molti studi si è dato per scontato e auspicabile il fatto che la " negative-face" fosse migliore della " positive-face" per via di un approccio totalmente ricalcato sul modella comunicativo anglosassone.
Per Holtgraves la possibilità di valorizzare la faccia positiva è un atto cortese e attaccare la faccia negativa è un atto scortese. Le variazioni nella produzione di un atto linguistico dipendono da fattori quali il grado di imposizione dell'atto ( possibile in quella data cultura), la distanza sociale nelle relazioni tra gli interlocutori e il potere relativo tra l'ascoltatore e il parlante.
Nella visione di Brown e Levinson, oltre al mantenimento della "faccia" tramite la cortesia linguistica abbiamo l'umorismo, il sarcasmo e l'ironia come modalità per non rispettare i principi di cooperazione di Grice (1975).
Infatti, la faccia durante un incontro si può perdere, mantenere o rinforzare durante l'arco della conversazione. Per Kebrat-Orecchioni è una visione troppo pessimista che viene offerta dello scambio interazionale ma che ritrova sempre più consenso anche in paesi latini come Francia o Italia.
Per Brown e Levinson abbiamo degli atti minacciosi di per sé per la faccia ( il disaccordo, la protesta, criticare, lamentarsi, parlare di temi tabù) e pertanto vanno mitigati.
Per Wierzbicka, le strategie linguistiche come quelle della cortesia dipendono dalle norme comunicative presenti in un dato gruppo sociale.
La scelta di una data forma linguistica va vista come una realizzazione specifica di una strategia di cortesia alla luce della valutazione del contesto della frase.
La valutazione del peso del nostro atto linguistico è collegato fortemente ai fattori menzionati prima come il grado di imposizione dell'atto, la distanza sociale nelle relazioni tra gli interlocutori e il potere relativo tra l'ascoltatore e il parlante.
Infine, un elemento importante è capire che la scelta di una forma linguistica è determinata dalla responsabilità da parte del parlante verso il suo interlocutore durante l'interazione.

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